Tra i segreti meglio riposti del fervido circuito underground californiano troviamo senza dubbio i Larvae, terzetto di Oakland che quest’anno, senza troppi squilli di tromba, ha dato alla luce un vero gioiellino di death-doom come “Entitled to Death”. Un’opera avvincente e curatissima in grado di esplorare gli anfratti del genere con padronanza e ingegno invidiabili, miscelando influenze a dir poco lampanti (Dismember, Bolt Thrower, primi Paradise Lost, ecc.) in un flusso tanto pesante quanto emotivo, da cui emerge sempre una certa personalità nel dosaggio e nella compenetrazione dei vari elementi. Un disco che probabilmente, complice l’attitudine schifa e do-it-yourself del gruppo, non si ritaglierà lo spazio che merita nello scenario attuale, e che a maggior ragione – attraverso questa intervista con il cantante/chitarrista Brad Kobylczak, dopo la recensione di qualche settimana fa – vi invitiamo ad approfondire quanto prima…
AVETE MOSSO I VOSTRI PRIMI PASSI UNA DOZZINA D’ANNI FA, MA SIETE RIMASTI ‘SOTTO I RADAR’ PER LA MAGGIOR PARTE DEL TEMPO. TI ANDREBBE DI RIASSUMERE LA NASCITA E LO SVILUPPO DEL PROGETTO LARVAE DAGLI INIZI AD OGGI?
– Io e Simon Masiewicki, il batterista originale, non volevamo definirci in nessun modo; ci interessava soltanto suonare in modo pesante, oscuro e apocalittico. All’epoca ascoltavo molto black metal francese, e stavo acquisendo sempre più familiarità con la scena funeral doom, ma ricordo di aver provato a trasmettere l’idea che avevo in mente a Nick (Katich, chitarra) come ‘i Darkthrone che incontrano gli Swans’. A ben vedere, musicalmente è molto lontano da ciò che proponiamo, ma è una definizione che trasmette sia oscurità che un tipo specifico di emozioni.
Nel corso degli anni abbiamo dovuto cambiare formazione svariate volte, quindi anche la scrittura si è evoluta in base alle persone. Wyatt (Culbertson, basso, ndR) si è unito dopo l’uscita del nostro demo, e da allora è diventato un punto fisso della line-up. Abbiamo registrato “Grave Descent” con questa formazione e pubblicato il disco con l’aiuto della Parasitic Records. Poco dopo, Nick se ne andò per unirsi ai Botanist e fu sostituito alla chitarra da Dara Santhai (Serpent Crown). Complice l’arrivo di Dara abbiamo iniziato a rendere le cose un po’ più death/thrash, con parti soliste più lunghe, ritmiche raddoppiate e meno contrappunti da parte delle chitarre. A quel punto siamo stati finalmente in grado di tenere qualche data live, ma non siamo mai riusciti a promuovere “Grave Descent” adeguatamente.
Poi Simon si è trasferito, e ci siamo ritrovati senza un batterista. Volevo registrare ciò che avevamo prima che passasse troppo tempo, così ho contattato Raul Varela (Impaled, Landmine Marathon) per registrare la batteria dell’EP “Necroptuary”. In quel momento ci saremmo anche potuti sciogliere, visto che ero diventato da poco genitore e che stavo passando sempre meno tempo in studio. Ad ogni modo, abbiamo pubblicato la cassetta e accolto Eric Evert come batterista permanente, dopodiché abbiamo suonato una manciata di show locali prima che Dara se ne andasse per dedicarsi ai Phantasmal Abyss. A quel punto è arrivato il 2020, e ci siamo dedicati alla scrittura aspettando che le cose tornassero alla normalità. In quel periodo abbiamo anche vagliato l’ipotesi di aggiungere una chitarra solista, ma alla fine abbiamo deciso di no. Volevamo mantenere una certa coerenza, andando avanti come trio per la lavorazione di “Entitled to Death”.
IL VOSTRO STILE CONTINUA AD OSCILLARE TRA VARIE SCUOLE DEATH E DEATH-DOOM, CON UNA PUNTA DI BLACK METAL IN ALCUNE PARTI. TUTTO SUONA MOLTO NATURALE E SPONTANEO, MA MI DOMANDAVO SE CI FOSSE UNA SORTA DI PREMEDITAZIONE IN QUESTO MODO DI COMPORRE MUSICA…
– La maggior parte dei riff è stata suonata e risuonata prima di finire su disco. Faccio una demo di tutto per poi portare le canzoni alla band, elaborandole insieme e vedendo come si traducono in sala prove. Penso troppo a tutta questa merda. I riff sono stati sezionati e ricuciti insieme da varie fonti per creare queste canzoni. È un disco lunatico, e ci tenevo che fosse dinamico e di grande impatto.
TROVO LA MUSICA DEI LARVAE MOLTO IMMERSIVA E ‘CINEMATOGRAFICA’. SIETE INDUBBIAMENTE PESANTI E AGGRESSIVI, MA CIÒ CHE PIÙ MI ARRIVA QUANDO ASCOLTO UN VOSTRO DISCO SONO L’ATMOSFERA E UN CERTO TIPO DI RICERCA INTERIORE. CONCORDI?
– Cerco sempre di scrivere musica che sia cerebrale e al tempo stesso coinvolgente per l’ascoltatore. Prima di comporre questo album, avevo iniziato a scrivere dei racconti e una colonna sonora per una sorta di programma radiofonico/podcast di fantascienza. Ho iniziato a fare dei demo per quel progetto, ma alla fine ho deciso di dedicarmi prima ad un altro disco dei Larvae. L’album ha una trama concisa che la musica segue in maniera precisa e intenzionale. Stessa cosa dicasi per i testi.
IL DEATH METAL, PUR ESSENDO UN GENERE ESTREMO E UNDERGROUND, SI BASA SU MODE IN CUI SPESSO PREVALGONO LE BAND CHE NON FANNO ALTRO CHE OFFRIRE LE SOLITE COSE. PENSI CHE L’ESSERE ORIGINALI NON SIA PIÙ COSÌ IMPORTANTE NELLA SCENA MUSICALE ODIERNA?
– È importante per me, e credo ci siano molte altre persone che sarebbero d’accordo. Al tempo stesso, però, parliamo di una faccenda complicata. Le band che riscuotono successo fanno ciò che fanno molto bene, sera dopo sera, ma tendono a pubblicare sempre gli stessi dischi. Questo è ciò che gli irriducibili dei vari generi hanno imparato ad amare e ad aspettarsi. Mi diverte anche quello, dato che parliamo di musicisti incredibili in grado di ‘recitare’ le proprie canzoni nota per nota. Ad ogni modo, i Larvae sono stati qualcosa di diverso fin dal principio, ed è quasi normale che siano stati isolati e poco considerati. Il nostro stile è un mix di death, doom, black, punk… ci consideriamo semplicemente una band metal, che rende omaggio agli innovatori degli anni Novanta e che trae ispirazione dall’intero spettro di influenze della musica pesante.
UN ELEMENTO CARATTERISTICO DI “ENTITLED TO DEATH” È SICURAMENTE LA PRODUZIONE DI GREG WILKINSON. IL SUONO È DAVVERO ENORME E PESANTE: COME E PER QUANTO TEMPO CI AVETE LAVORATO?
– Per quanto riguarda le registrazioni, il mixing e il mastering, abbiamo dato a Greg la possibilità di entrare a far parte della partita e di metterci la sua firma. Prima di registrarlo, abbiamo fatto una demo dell’intero album nella nostra sala prove, poi abbiamo trascorso circa tre giorni negli EarHammer Studios a registrare batteria e basso. Nel frattempo, sono riuscito a sovra-incidere tutte le tracce di chitarra nel mio studio casalingo, i Condemned Recording. A quel punto siamo tornati da Greg per fare un po’ di re-amping e di sovraincisioni vocali. Dopo alcuni passaggi di mixaggio, abbiamo capito che quello che stavamo ottenendo ci soddisfaceva appieno. Volevo che “Entitled to Death” uscisse quest’anno, e sapevo che mi ci sarebbe voluto troppo tempo per completarlo da solo. Nel corso degli anni sono diventato un buon amico di Greg, e sapevo di potermi fidare delle sue scelte. È stato bello lavorare finalmente con lui. Complessivamente, è occorso circa un anno per registrare, mixare, masterizzare e stampare il disco da soli.
IN CHE MODO TITOLI E ARTWORK SI RELAZIONANO FRA LORO? OLTRETUTTO, LA COVER MI È SEMBRATA UNA SORTA DI ‘SEQUEL’ DI QUELLA DEL VOSTRO ESORDIO…
– Il cavaliere del nostro primo disco, “Grave Descent”, nasceva da un’idea del nostro batterista dell’epoca. Questa volta ho mostrato ad Andre Bouzikovi tutti i nostri vecchi artwork, dicendogli che mi sarebbe piaciuto un campo di battaglia desolato. È tornato con l’immagine di un altro cavaliere (ride, ndR)! Lo vedo come una sorta di uroboro che mette il punto sull’ultimo decennio della band, anche se da un punto di vista del concept non c’è nessun collegamento con l’esordio. Ci sono nuove cose in arrivo che ci allontaneranno ancora di più dal passato.
PENSI CHE VIVERE IN UN POSTO COME OAKLAND, MOLTO ATTIVO E PROLIFICO DA UN PUNTO DI VISTA DELL’UNDERGROUND MUSICALE, ABBIA AVUTO UN SUO RUOLO NEL VOSTRO MODO DI APPROCCIARVI ALLA MUSICA?
– Sì e no. È fantastico perché un sacco di tour passano in città e questa cosa ci permette di vedere tantissimi gruppi. Oakland è sempre stato un luogo prolifico per le band punk e metal, ed entrambi questi generi fanno parte del nostro background. Ma le persone che vivono qui, per la situazione che descrivevo, hanno visto quasi tutto ciò che c’è da vedere e negli spettatori c’è molta voglia di giudicare, con poco entusiasmo da parte degli over 21. Non lo so. Non penso neanche che sia una cosa voluta e cosciente.
RICORDI IN CHE MODO TI SEI AVVICINATO AL MONDO DELL’HEAVY METAL?
– Da bambino adoravo il punk e l’hardcore, ma ero sempre in cerca di qualcosa di più pesante. Ricordo di essere stato esposto alle prime band metal andando ai concerti punk/grind al Gilman St o in altri locali DIY. Con gli amici, ci ammucchiavamo nel furgone di qualcuno e andavamo a San Francisco o in qualsiasi altro posto della California; ci picchiavamo, pogavamo, compravamo birra e risaltavamo sul furgone per tornare a casa in piena notte con i CD a tutto volume. Eravamo (e siamo) tutti punk nel cuore, e in quel periodo vidi un sacco di band crust suonare brani death/punk che plasmarono la mia visione della musica. Ad una certa parte di me piace pensare a Larvae in quel senso e a “Entitled to Death” come ad un disco crossover.
QUALI SONO GLI ULTIMI DISCHI CHE TI HANNO COLPITO?
Sono davvero indietro sulle ultime uscite, ma ti dico:
Virus – “Black Flux”
Hooded Menace – “The Tritonus Bell”
Qualsiasi cosa dei Runemagick
Blut Aus Nord – “Epitome”
Consummation – “The Fires of Calcination”
Comprese le band sopraelencate, la mia playlist è composta da:
disembowlment
Dismember
Entombed
Bolt Thrower
Amebix
Bauhaus
Candlemass
Dio
Goblin
Immolation
CREDI CHE I VALORI DI QUESTA MUSICA SIANO CAMBIATI RISPETTO AGLI ANNI OTTANTA E NOVANTA?
– In una certa misura sì. Ovviamente non sono un’autorità su questo, ma credo che le scene siano diventate meno chiuse verso gli ascoltatori più giovani e inesperti. I generi si stanno espandendo e diversificando, così come la società in cui viviamo. In generale, penso che l’arte sia un riflesso della cultura, e viceversa.
SO CHE LA MUSICA RAPPRESENTA UNA GROSSA PARTE DELLA TUA VITA, LAVORANDO ANCHE COME INGEGNERE DEL SUONO. QUAL È STATA L’ESPERIENZA MIGLIORE IN QUESTO AMBITO?
– Essere tecnico backline dei Green Day per un intero ciclo di tour è stata un’esperienza incredibile, che mi ha davvero cambiato la vita. Non sono più un roadie e non mi dedico più alla musica a tempo pieno, ma finora tutto ciò che ho fatto in campo musicale è stato super. Negli ultimi anni mi sono defilato per concentrarmi maggiormente sulla famiglia e sulla scrittura, ma sto pensando di ricominciare. Passavo così tanto tempo in studio a lavorare alla musica di altre persone che non ero più in grado di esercitarmi e di dedicarmi alla mia.
CINQUE ALBUM CHE PORTERESTI CON TE SU UN’ISOLA DESERTA…
– Neurosis – “Through Silver in Blood”
Questo disco è stato un grande punto di svolta per la mia concezione di musica oscura e pesante. Ho visto i Neurosis live negli anni di questo album e di “Enemy of the Sun”, e quei concerti furono dei momenti incredibili che ancora oggi ricordo. Il tocco industrial e i soundscape sono ciò che ispira anche i soundscape dei nostri dischi.
Morbid Angel – “Covenant”
La mia introduzione ai Morbid Angel. Anche oggi, a 20 anni di distanza, continuo ad ascoltare quel nastro senza mai stancarmene. È veloce, malvagio e la line-up al top della ferocia e della compattezza.
Katatonia – “Brave Murder Day”
I primi dischi dei Katatonia sono fantastici. Deprimenti in una maniera romantica che mi ha sempre toccato nel profondo. Mi hanno un po’ perso come fan nel corso degli anni, ma questo lavoro è ancora molto importante per me.
Judas Priest – “Sad Wings of Destiny”
Non il disco più pesante dei Priest, ma il primo che ho ascoltato. Ha avuto un impatto degno dei più grandi dischi di tutti i tempi. È dinamico, è rock e possiede un flow pazzesco.
Pink Floyd – “Dark Side of the Moon”
Probabilmente il miglior disco doom di sempre. Inoltre, ha riscritto le regole dei dischi atmosferici. Un’eccellenza imbattibile. Sono cresciuto ascoltandolo e non lo trovo invecchiato di un giorno.