LENTO – Verso il decimo cerchio

Pubblicato il 12/02/2013 da

Mettono sincerità nelle proprie risposte tanto quanto mettono passione nella propria musica. Verrebbe da dire semplicemente questa breve frase dopo aver letto le repliche della band capitolina alle nostre domande. Non c’è comunque da meravigliarsi visto che parliamo dei Lento, formazione che si è sempre contraddistinta per l’impegno e per la professionalità celati dietro il proprio ambizioso progetto strumentale, lontano da qualsiasi tipo di compromesso e tuttavia da sempre riconosciuto da molti seguaci della scena musicale metal italiana come uno dei più interessanti e intensi mai sentiti nella nostra penisola. Dal canto loro, i ragazzi non hanno mai sentito di dovere niente a nessuno, evitando di standardizzare la proposta ma, anzi, arricchendola gradualmente con nuovi pensieri musicali in continua evoluzione, come dimostra il da poco uscito “Anxiety, Despair, Languish”, l’album più maturo del quintetto romano. A consolidare il tutto e a svelarci qualche aneddoto dietro questo crepuscolare dipinto musicale è il chitarrista Donato Loia, che ci conferma la volontà di non avere la benché minima intenzione di creare dei veri e propri punti di riferimento. Una discesa verso l’ignoto che la band ha soltanto iniziato a percorrere, siete avvisati…

 

lento - intervista - 2013


CIAO RAGAZZI, PARTIAMO SUBITO PARLANDO DEL NUOVO ALBUM, “ANXIETY DESPAIR LANGUISH”. SEMBRA INIZIATO UN NUOVO CORSO MUSICALE PER I LENTO, DICO BENE?

“E’ vero, il gruppo ha attraversato un importante cambio di formazione e anche musicalmente certi equilibri si sono modificati. La nostra musica attuale risente ancora di quello che sono stati i Lento finora, ma ‘Anxiety Despair Languish’ rappresenta soprattutto un nuovo inizio”.

A QUESTO GIRO AVETE VOLUTO ABBRACCIARE SOLUZIONI PIU’ VARIEGATE, PROVANDO A CIMENTARVI CON QUALCOSA CHE SI AVVICINA MAGGIORMENTE AD UNA TRADIZIONALE FORMA-CANZONE. COME MAI QUESTI NETTO DISTACCO DAI PRIMI LAVORI?
“Siamo tuttora contenti di quanto abbiamo fatto in ‘Earthen’ e in ‘Icon’, ma ora ci sentiamo molto più liberi da un punto di vista compositivo. In questo senso c’è stato spazio anche per strutture differenti, come tu giustamente ci hai fatto notare”.

SEMBRA DIFFICILE INQUADRARE LA VOSTRA ULTIMA FATICA IN UN DETERMINATO GENERE. CERTAMENTE VI SIETE SGANCIATI DAI SUONI “POST” SLUDGE CHE VI AVEVANO PRECEDENTEMENTE CARATTERIZZATO. A TRATTI, SONO ADDIRITTURA PERCEPIBILI CERTE INFLUENZE ESTREME…
“Rispetto al passato c’è in noi una coscienza maggiore degli strumenti e delle soluzioni sonore che adottiamo e questo ci ha permesso di andare più agevolmente da un ambito all’altro provando a mantenere una certa coerenza compositiva e stilistica. Non ti nego che l’etichetta di sludge o di doom non l’abbiamo mai sentita così azzeccata. Ciò che ci interessa oggi ancor più che in passato è il fatto di provare a non fare musica esclusivamente per appassionati del genere”.

PRIVANDOVI DELLE LIRICHE, QUALI SONO I CONCETTI CHE VOLEVATE TRASMETTERE CON IL DISCO?
“Non credo che il contenuto della nostra musica possa essere un concetto e in generale non attribuisco un messaggio alla musica strumentale”.

E’ INTERESSANTE NOTARE COME ANCHE LA COPERTINA PRENDA LE DISTANZE DAL PASSATO. CHI HA CREATO L’OPERA? QUALI SONO GLI ELEMENTI IN COMUNE TRA ESSA E LA MUSICA?
“L’immagine di copertina è un dettaglio tratto dall’Altare di Isenheim di un grande pittore tedesco del XVI secolo, Matthias Grunewald. Il fatto che l’angelo si trovi nell’atto di suonare ci è parso un ottimo motivo per scegliere questa immagine per la nostra copertina. Tuttavia, ha anche pesato molto sulla scelta di questa immagine il desiderio di allontanarsi da quell’immaginario minimalista che aveva caratterizzato l’artwork di ‘Icon'”.

AVETE GIA’ UN QUADRO PRECISO DEL PERCORSO MUSICALE CHE TRACCERETE VISTO IL VOSTRO PERIODO DI PIENA EVOLUZIONE?
“Ci siamo sentiti molto a nostro agio arrangiando in maniera più articolata e complessa ‘Anxiety Despair Languish’, ad esempio facendo largo utilizzo di synth e di sample ed è molto probabile che questa dimensione sarà mantenuta anche nel prossimo lavoro. Posso anticiparti che Paolo Tornitore, che ha collaborato sia nella scrittura di un brano sul disco sia su diversi arrangiamenti di synth, potrebbe far parte a tutti gli effetti del prossimo corso musicale dei Lento e se ciò dovesse non accadere sarebbe solo per ragioni di natura pratico-organizzativa. Il nostro intento particolare rimane quello di fare musica estranea ad un ambito determinato e questo aspetto di indeterminatezza stilistica ci appare come un metodo perfetto per mantenere vivi sul lungo termine l’ispirazione e l’impegno musicale. Inoltre, anche per il prossimo disco continueremo a lavorare con Matteo Spinazzè, il quale ha sempre avuto un ruolo decisivo per i nostri lavori in studio, come ha ben dimostrato curando i missaggi di ‘Anxiety Despair Languish'”.

PENSATE CHE UN GIORNO TORNERETE A COMPORRE BRANI DAL MINUTAGGIO PIU’ ELEVATO COME IN “SUPERNATURALS” O “EARTHEN”?
“Ciò non è escluso, tuttavia posso dirti che provo un senso di allergia nei confronti dei brani che si sviluppano attorno ad un riff unico ripetuto innumerevoli volte. Tranne in rarissime eccezioni, mi sembra una soluzione davvero abusata che ha smesso di essere interessante. Credo che solo pochissimi musicisti, tra questi mi viene in mente Scott Walker, sono in grado di gestire con grande capacità dei tempi musicali molto dilatati, quindi prima di tentare soluzioni simili credo che sarebbe giusto per noi avere un progetto necessario”.

A PROPOSITO DI “SUPERNATURALS”, COME RICORDATE L’ESPERIENZA CONDIVISA CON GLI UFOMAMMUT? ATTUALMENTE CHE RAPPORTO AVETE CON LORO?
“E’ stato divertente fare quel disco, nonostante non credo abbia mai rappresentato la nostra musica. Per quanto riguarda il rapporto con gli Ufomammut, non ti nego che ci sono stati momenti di tensione quando abbiamo comunicato loro che avremmo lasciato la Supernatural Cat, ma ciò era la conclusione naturale dopo un periodo di malcontento generale. Attualmente siamo di nuovo in buoni rapporti con loro, Vita si sente spesso con Federico ed Emanuele, allo stesso modo Lorenzo ha continuato a lavorare con loro. Sarò sincero, io credo che la nostra musica con la loro non c’entri veramente niente, gli unici brani o momenti che vagamente hanno qualcosa di assimilabile alla loro musica sono nel nostro primo disco, ‘Earthen’. Ciò nonostante tutti noi abbiamo grande stima di loro sia come musicisti che come persone”.

SEMPRE RIMANENDO SUGLI UFOMAMMUT: CREDO CHE SIANO UNA DELLE POCHE BAND HEAVY ITALIANE CHE POSSANO TRANQUILLAMENTE AFFERMARE DI ‘AVERCELA FATTA’. PENSATE CHE I LENTO MERITEREBBERO QUALCOSA DI PIU’ DI QUANTO RACCOLTO FINO AD ORA?
“Sarebbe una risposta di circostanza se ti dicessi che non diamo peso al grado di approvazione e di seguito che riusciamo ad ottenere. Sì, credo che la nostra musica meriterebbe un’attenzione maggiore”.

MOLTE FORMAZIONI ITALIANE EMERGENTI SEMBRANO PORTARE UN CERTO RISPETTO AI LENTO. LA COSA VI FA PIACERE? PENSATE CI SIA QUALCHE NOME IN PARTICOLARE CHE SIA DEGNO DI MOLTA PIU’ ATTENZIONE?
“La cosa ci fa tantissimo piacere e credo sia motivata dal fatto che le band che ci hanno conosciuto hanno constatato l’impegno che mettiamo in quello che facciamo. così come il nostro modo di non essere delle persone pretenziose o istupidite dal risalto, seppur minimo, che abbiamo avuto. Ci sono tanti gruppi italiani di cui abbiamo stima e che mettono grande passione in quello che fanno. Un gruppo che mi ha recentemente impressionato in modo molto positivo sono i Fuzz Orchestra”.

SIETE MOLTO APPREZZATI PER LE VOSTRE INTENSE ESIBIZIONI DAL VIVO. QUAL E’ IL VOSTRO RAPPORTO CON I CONCERTI CHE SIETE SOLITI TENERE?
“Ci piace tantissimo sfinirci sul palco e questo totale dispendio di energie per noi è appagante. Proviamo ad essere attenti quanto più possibile anche ad alcune semplici soluzioni sceniche, come fare delle lunghe scivolate sul palco mentre facciamo gli assoli!”.

ESISTE UN QUALCHE FESTIVAL AL QUALE SARESTE PARTICOLARMENTE INTERESSATI A SUONARE?
“Ci piacerebbe suonare a tutti i festival più vicini al tipo di musica che facciamo, ma anche in festival che non hanno un ambito esclusivo. In questo senso, uno molto bello è il Friction Fest di Berlino. Insomma, in tutti”.

IMMAGINO CHE LA VOSTRA MUSICA NON SIA CERTO LA VOSTRA PRINCIPALE FONTE DI GUADAGNO. COSA FATE NELLA CAPITALE DURANTE LA VITA DI TUTTI I GIORNI?
“Lorenzo è l’unico che lavora esclusivamente nel mondo della musica, sia come sound engineer che come fonico live e ora anche partecipando attivamente ad altri gruppi come sta facendo con i nostri cari amici Edible Woman. Federico ed Emanuele lavorano in aeroporto e passano le loro ferie da diversi anni a suonare in giro per l’Europa, io mi sono recentemente laureato e sto cercando lavoro, farò il concorso per fare l’insegnante e sto lavorando a un progetto di dottorato”.

PER CONCLUDERE, PERCHE’ IL NOME LENTO? PENSATE CHE LA VOSTRA MUSICA ATTUALE RAPPRESENTI ANCORA IL MONICKER CHE SCEGLIESTE NEL 2004?
“Il nome Lento è stato scelto da Giuseppe, chitarrista dei Lento che dopo ‘Icon’ ha smesso di suonare con noi per motivi innanzitutto lavorativi. Credo che il nome rappresentasse meglio una fase della band più legata alla musica post-rock, ma oggi è semplicemente un nome come un altro o, meglio, una firma per indicarci come autori di quello che facciamo. Forse all’inizio si è pensato ad un nome che potesse essere rappresentativo del suono della band, ma questo nome ci è rimasto addosso come accade ad una persona per il proprio nome di battesimo. Ci va benissimo!”.

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