LIVGONE – Calmare il dolore

Pubblicato il 19/04/2024 da

“Almost There” è uno di quei dischi trasversali e non perfettamente inquadrabili che la Svart Records, con una certa regolarità, ci sa proporre. Si tratta dell’opera prima dei Livgone, band francese nato per volontà della cantante e principale compositrice Elise Aranguren, alla quale si sono in seguito uniti Emil Svensson e Michal Kielbasa, a formare un trio dalle esperienze musicali piuttosto variegate.
L’esordio discografico li pone nell’ampio alveo delle sonorità cupe ed atmosferiche, in una miscellanea di doom e gothic metal, ambient, post-rock, darkwave intrigante e inafferrabile: un viaggio tra i generi che ha per collante l’altera voce di Elise e solo raramente cerca l’orecchiabilità e la circolarità, preferendo estensioni e astrattismi che fanno diventare diversi brani qualcosa di molto vicino a delle piccole colonne sonore.
Un disco, come leggerete nell’intervista, scaturito da un periodo di sofferenza fisica e psicologica, plasmato proprio come reazione a tali difficoltà e un modo per trovare pace e benessere. Elise non ha remore ad aprire le porte del suo mondo, dandoci l’idea di un’artista autentica, che dalle proprie fragilità e incertezze è riuscita a trarre qualcosa di positivo e prezioso, come la musica di “Almost There” ci rivela.

SE DOVESSI RISPONDERE A UNA DOMANDA DIRETTA SUL TIPO DI MUSICA SUONATO DAI LIVGONE, SAREI IN DIFFICOLTÀ A RIASSUMERE LA VOSTRA IDENTITÀ IN POCHE PAROLE. QUINDI, TI CHIEDO PER INIZIARE PROPRIO QUESTO: CHI SONO I LIVGONE E COME DEFINIREBBERO, SINTETICAMENTE, LA PROPRIA MUSICA?
– I Livgone nascono dalla necessità di scrivere musica per esprimere una certa cupezza interiore, scaturita da un periodo di angoscia personale. Livgone, da mio progetto personale, è diventato un trio con l’aggiunta di Emil Svensson e Michal Kielbasa, che hanno dato un forte contributo per il suono che oggi possediamo.
La nostra musica si pone al crocevia di molti generi ed è in effetti difficile da etichettare sotto una singola definizione: ci puoi sentire tracce di post-rock, doom, shoegaze e musica sperimentale.
La Svart Records, la nostra casa discografica, utilizza il termine ‘emotional doom metal’ per descriverci: ha senso per me, l’intero concept del progetto è basato sulle emozioni. Mi piace pensare al nostro primo disco come alla colonna sonora della vita di una persona. Un filtro per dolore ed emozioni.

“ALMOST THERE” È UNO STRANO, SPETTRALE VIAGGIO IN UNA MUSICA OSCURA, ONIRICA E SPERIMENTALE: GOTICA, ETEREA, TRACCIA UNA LINEA FLEBILE TRA METAL, POST-ROCK, CROONING, DARKWAVE E TANTE ALTRE COSE NEL MEZZO. CI PUOI RACCONTARE QUALE È STATO IL PUNTO DI PARTENZA, IL FULMINE CHE HA PROVOCATO LA MOTIVAZIONE A DAR VITA AI LIVGONE E A PROGREDIRE IN QUESTA DETTAGLIATA DIREZIONE SONORA?
– Durante la pandemia sono stata chiusa in casa con un blocco totale di tutte le mie attività. Tutte le emozioni che ho compresso dentro di me e ho sotterrato mi stavano travolgendo. Non essendo la miglior comunicatrice di questo mondo, ho cercato di far venir fuori in qualche modo il dolore che sentivo dentro di me, invece di proseguire ad attuare dei comportamenti autolesionistici. Così, sono nati i Livgone.

DA DOVE PROVIENE LA DENSA OSCURITÀ CHE POSSIAMO PERCEPIRE ASCOLTANDO L’ALBUM? PROBLEMI PERSONALI, ESPERIENZE PRIVATE, UNA RIFLESSIONE SUI GRANDI TEMI CHE IL MONDO STA AFFRONTANDO?
– Negli ultimi due anni, quelli precedenti la scrittura del disco, ho sviluppato una forma di anoressia: sarei morta di fame, pur di avere il perfetto controllo di ogni cosa. Mi ero isolata dal resto del mondo ed ero incapace di apprezzare la compagnia di chiunque. Quando mi sono accorta di aver toccato il fondo, ho deciso di reagire.
Questo disco per me è stato una specie di terapia. Se l’eco di quanto racconto in “Almost There” dovesse riecheggiare in altre persone, facendole sentire vicino ai temi trattati, facendo sentire loro delle similitudini coi disordini che stanno vivendo, e li aiutasse a farli sentire meno soli, allora avrei raggiunto il mio scopo, avrei ottenuto qualcosa di buono con quest’album.

LEGGO NELLA PRESENTAZIONE DEL DISCO CHE EMIL E MICHAL HANNO SUONATO IN PROGETTI LEGATI AL BLACK METAL IN PASSATO: COME PENSI CHE SIANO FILTRATE QUESTE PASSATE ESPERIENZE NEI LIVGONE E QUALI POTREBBERO ESSERE LE ANALOGIE TRA IL BLACK METAL E LA MUSICA DI LIVGONE?
– Emil e Michal hanno indubbiamente più esperienza di me per quanto riguarda il creare e produrre musica. Loro hanno registrato musica per diversi progetti in precedenza e hanno anche maturato una solida esperienza nel suonare dal vivo. Per me è tutto un po’ nuovo, ed è bello essere supportata da loro e beneficiare delle loro conoscenze in materia.
Il black metal gioca un ruolo importante nella nostra storia: senza di esso, non ci saremmo mai incontrati. Anche se la musica di Livgone è qualcosa di ben diverso, probabilmente ti puoi accorgere di qualche tocco black metal in alcuni riff. Il lavoro di batteria di Emil porta inoltre un approccio un po’ più brutale alle eteree atmosfere che i sintetizzatori, l’ambient e le parti vocali creano. Questi contrasti producono in buona sostanza quello che i Livgone sono attualmente.

C’È MOLTO AMBIENT IN “ALMOST THERE”, UN GUSTO PALPABILE PER I DISTURBI DEL NOISE E IN GENERALE SONORITÀ ASTRATTE: DA DOVE ARRIVANO QUESTE INFLUENZE E PERCHÉ AVETE UTILIZZATO COSÌ IN ABBONDANZA QUESTE TIPOLOGIE DI SUONO IN “ALMOST THERE”?
– Ci sono due tipi di ambient nel disco: il primo è atmosferico e sperimentale, potrebbe ricordare qualcosa dei Pink Floyd, la mia band preferita di ogni tempo. Queste sonorità vorrebbero farti volare, farti perdere nella nostra musica. Per via dei miei disordini alimentari che stavo vivendo, cercavo di relazionarmi con esperienze ‘non corporee’, di scollegamento della mia mente dal corpo. Ho cercato di ricreare questo tipo di sensazione attraverso sfumature di suono sognanti, evocate appunto dall’ambient.
La seconda componente ambient è quella che potremmo definire ‘noise’: infatti l’ultima traccia, “There”, è integralmente strumentale e noise. Qui intensi strati di saturazione sonora si accumulano per creare un luogo immaginario scomodo e insopportabile. Il titolo dell’album, “Almost There” si riferisce a “There” come tappa finale, l’obiettivo di questo disordine: la morte. Dobbiamo la creazione di quei suoni interamente a Michal, che padroneggia bene l’arte dell’ambient, ha un’ottima conoscenza tecnica ed è una mente creativa davvero inarrestabile.

-IN “ALMOST THERE” OGNI CANZONE RAPPRESENTA UN VIAGGIO SONORO DIFFERENTE: NON CI SONO A MIO AVVISO MOLTI COLLEGAMENTI TRA LE SINGOLE TRACCE, SE NON NEL SENSO CHE OGNUNA RAPPRESENTA UN’ESPLORAZIONE ONIRICA. VOI INTERPRETATE “ALMOST THERE” COME QUALCOSA DA APPREZZARE NELLA SUA INTEREZZA, OPPURE PENSATE CHE OGNI BRANO COME UN QUALCOSA A PARTE, CON UNA SUA SPECIFICA INDIVIDUALITÀ?
– Penso che “Almost There” sia un concept che racconta una storia dall’inizio alla fine. Quindi lo interpreto come un album da ascoltare e comprendere nella sua interezza. Il disco parte dall’esposizione dei sintomi, quindi indaga i sentimenti di solitudine, la perdita di connessione con il proprio corpo. Lentamente ma inesorabilmente si arriva al punto finale, il momento in cui si scompare.

PARLANDO DI ALCUNE ANALOGIE CON ALTRE BAND, NELLA PRESENTAZIONE DELLA VOSTRA DISCOGRAFICA CI SONO RIFERIMENTI A MESSA, GODSPEED YOU! BLACK EMPEROR, EMMA RUTH RUNDLE, RUSSIAN CIRCLES.
IO A QUESTI, EFFETTIVAMENTE COERENTI A QUELLO CHE SUONATE, AGGIUNGEREI (DOLCH), GGGOLDDD AND A.A. WILLIAMS, TRE ENTITÀ CHE LAVORANO CON L’OSCURITÀ IN MODO PERSONALE ED ELUSIVO. QUALI SONO I GRUPPI CON I QUALI SENTITE DI AVERE LE MAGGIORI ASSONANZE, PER APPROCCIO E SUONO?

– Sono contenta che la Svart Records abbia parlato di questi gruppi per definirci, perché rientrano tra le band che ascolto più spesso. Le altre band che hai menzionato sono anch’esse piuttosto vicine a quello che facciamo.
Hanno partecipato in maniera importante alla creazione di Livgone. Per esempio Gggolddd e Warning mi hanno aiutato a sentirmi capita e ad aprire una nuova porta nel mio modo di essere: non si fanno problemi a parlare di traumi, depressione, e lo fanno in una maniera molto bella e che ti ispira a fare altrettanto.

OGNI TRACCIA POSSIEDE QUALCHE ASPETTO MISTERIOSO E INESPLICABILE, DANZANDO NELL’OSCURITÀ A RITMI INCOSTANTI. PER ESEMPIO, IN “DANCE SO I CAN” CI SONO VOCALIZZI SOAVI E QUASI CONFORTEVOLI, MA UN SUONO MOLTO POTENTE, CHE SEMBRA GUARDARE AD ORIZZONTI SOGNANTI, SENZA ABBANDONARE UN FILO DI ANGOSCIA. CI DESCRIVERESTI CHE COSA ESPRIME, NELLA TUA INTERPRETAZIONE, QUESTA CANZONE?
– “Dance So I Can” è posta verso il finale dell’album, a significare che è l’ultimo passo prima della distruzione. Il testo recita: “Balla, così posso sgattaiolare fuori da qui”, dove il ‘qui’ è il mondo. In questa canzone esprimo il mio desiderio di scomparire, ma in modo dolce e sognante, come se fosse l’ultimo ballo ad una festa. L’accettazione della propria condizione. Potresti anche sentire un frammento di valzer che ho messo all’interno del pezzo, proveniente da un vecchio diffusore vintage. È questo anche il primo brano che ho scritto per Livgone.


DI ATMOSFERA BEN DIVERSA, È LA CUPA E TERRIFICANTE “J’Y SUIS PRESQUE”, CANTATA IN FRANCESE. POSSIEDE UN FASCINO SPAVENTOSO, COME FOSSE UN RITUALE DI STREGHE. QUAL È IL SIGNIFICATO DI QUESTO BRANO?
– “J’y suis Presque” è la traduzione di “Almost There” in francese. L’abbiamo improvvisata in studio, suonandola tutti e tre assieme: volevamo qualcosa di minimale, così da poter rivolgere tutte le attenzioni alle liriche. Ho scritto in un breve paragrafo tutti i dettagli dei miei comportamenti durante la malattia, e li ho ripetuti ossessivamente come in un mantra.
Ho registrato le parti vocali integralmente la prima volta che l’ho cantata e non ho più cambiato nulla. Oggi quella traccia mi dà una sensazione emotivamente troppo brutale, ammetto che attualmente non sono in grado di ascoltarla, se riascolto “Almost There” la salto.

PER “WATCHING THEM FEEL” AVETE REALIZZATO UN VIDEO, PER QUELLA CHE È PROBABILMENTE LA CANZONE PIÙ SCORREVOLE E ‘FACILE’ DEL DISCO. PERCHÉ L’AVETE SCELTA COME SINGOLO E QUAL È IL CONCEPT DEL VIDEO?
– “Watching Them Feel” offre una vasta di suoni e di generi. L’abbiamo scelta come singolo perché la riteniamo ideale per introdurre alle caratteristiche dei Livgone: dolore, brutalità ma anche sogni, dolcezza e innocenza. Il video mostra momenti di realtà e solitudine, in contrasto a un mondo onirico dove è permesso esplorare, esprimere se stessi, lasciarsi andare e danzare. Il personaggio principale del video, quando si trova nel mondo onirico, veste un velo e gioca con esso. È una metafora dolorosa, significa che la vita se n’è andata.

QUAL È L’AMBIENTE CULTURALE DELLA TUA TOLOSA E COME HA INFLUENZATO LA MUSICA CHE SCRIVI?
– Sono cresciuta a sud di Tolosa, lontana dalla città, in un piccolo villaggio tra le montagne: eventi culturali, e in generale l’accesso a progetti culturali di qualsiasi tipo erano molto limitati, ancor di più in relazione a progetti artistici alternativi.
In compenso, l’ambiente mi ha offerto una speciale connessione con la natura, opportunità per riflettere e stare per conto mio. Mi piace pensare che i Livgone siano più una band europea che francese. Detto questo, noi tre proveniamo da paesi diversi e abbiamo retroterra culturali differenti, che arricchiscono tutti quanti il progetto. Puoi anche sentire un tocco di Svezia e Polonia nel nostro suono, riflettendo quindi le nazionalità di Emil e Michal.

PER CONCLUDERE, QUALI PROGRAMMI AVETE ORA PER PROMUOVERE “ALMOST THERE”? QUALI SONO I VOSTRI PIANI PER I MESI A VENIRE?
– Siamo eccitati dall’idea di portare il progetto sul palco. Stiamo mettendo assieme una line-up per i live, dobbiamo essere in cinque per riuscire a suonare le canzoni senza perdere nulla di quanto senti su disco. Pensiamo di tenere i nostri primi concerti in autunno e di cercare di partecipare a qualche festival nel 2025.

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