Non la solita “post” rock/metal band. I Long Distance Calling lo avevano già dimostrato con “Avoid The Light”, ma è con il nuovo e già fortunatissimo “Long Distance Calling” che le loro ambizioni sono state completamente svelate. Una ricerca del groove più assidua e un impianto sonoro che ora guarda spesso a realtà americane tutt’altro che oscure stanno trasformando i cinque tedeschi in un gruppo trasversale e potenzialmente in grado di attirare l’interesse di numerosi tipi di ascoltatori. Abbiamo parlato di questo e altro con la sezione ritmica del gruppo – il bassista Jan Hoffmann e il batterista Janosch Rathmer – poco prima di uno showcase che ha avuto luogo il mese scorso in quel di Londra…
IL NUOVO ALBUM È ENTRATO NELLA CLASSIFICA DI VENDITE TEDESCHE, PERGIUNTA IN UNA POSIZIONE DI TUTTO RISPETTO. IMMAGINO SIATE CONTENTISSIMI…
Jan: “Assolutamente! Abbiamo esordito alla posizione #36, che è fenomenale se consideri che siamo un gruppo che proviene dall’underground e, soprattutto, che propone musica prevalentemente strumentale. Ciò dimostra che là fuori c’è ancora sete per questo genere di proposte e per la musica vera in generale. Per vari aspetti siamo una band ostica, ma questi risultati fanno ben sperare… c’è ancora chi ha la pazienza di ascoltare con attenzione, senza farsi ingannare da mode o apparenze”.
IL DISCO SI INTITOLA “LONG DISTANCE CALLING”. PERCHÈ AVETE DECISO DI PUBBLICARE UN OMONIMO A QUESTO PUNTO DELLA VOSTRA CARRIERA?
Jan: “Ci sono due ragioni. La prima è la classica motivazione del terzo disco… viene considerato spesso il più importante per una band e volevamo sottolinearlo. Per noi questo è il miglior lavoro sin qui realizzato e ne andiamo fieri. La seconda ragione è la sensazione che la nuova musica ci ha trasmesso… siamo tutti dell’idea che rimandi al tempo, allo spazio, alle distanze. Il nostro monicker riassume bene questo concept”.
A LIVELLO STILISTICO, DOVE PENSATE CHE STIATE ANDANDO A PARARE?
Janosch: “Tutti i nostri brani nascono da lunghe jam session. Improvvisiamo tutto il tempo, eppure è curioso notare come, senza aver mai discusso nulla a tavolino, tutti noi ci stiamo muovendo nella stessa direzione. Il nuovo lavoro segna un generale indurimento del nostro sound, ma anche la ricerca di una forma canzone maggiormente definita. Ovviamente, essendo un gruppo prevalentemente strumentale, non abbiamo versi e ritornelli, però in alcune tracce puoi rintracciare uno sviluppo che a grandi linee segue quel modello. Ci piace proporre delle suite o comunque delle canzoni ricche di sfaccettature, ma ora ci stanno venendo anche queste tracce più dirette che per noi sono una scoperta. Anche il nostro spettro di influenze si è allargato e oggi come oggi possiamo realmente affermare di non avere alcun tipo di barriera”.
Jan: “In generale, ci siamo un po’ staccati dalla cosiddetta scena ‘post’ rock/metal. L’album a tratti è molto groovy e potente e le atmosfere non sono esattamente malinconiche, come spesso invece succede in quel genere. È già sorto qualche paragone con gli A Perfect Circle e persino con Soundgarden e Deftones e tutto sommato mi trovano d’accordo, sono senz’altro band che amiamo e che fanno parte del nostro background”.
E COME DESCRIVERESTE OGGI LA VOSTRA MUSICA?
Jan: “Parlerei semplicemente di rock/metal strumentale, senza aggrapparmi a termini come ‘post’ o ‘progressive’. Nel nuovo album vi è poco o nulla che rimanda a quelle scene. Le dinamiche sono di tutt’altro tipo e anche le atmosfere. Inoltre vi è molta più elettronica che in passato. Anche la produzione è molto diversa: ha un tiro che non abbiamo mai avuto prima d’ora. Gli Horus Studios di Hannover, in Germania, sono stati una scelta azzeccatissima: abbiamo lavorato con Benni Schäfer, che in passato ha prodotto i Celtic Frost, e siamo riusciti a ottenere un sound organico ma potentissimo”.
SECONDO VOI CHI È IL FAN MEDIO DEI LONG DISTANCE CALLING OGGI?
Jan: “Un paio di anni avrei detto un ascoltatore del cosiddetto ‘post’ rock/metal, ma oggi non ne sono tanto sicuro. Soprattutto agli ultimi concerti che abbiamo tenuto in Germania, dove appunto il disco sta andando benissimo, ho notato che il pubblico era decisamente eterogeno. In particolare, pare che ora stiamo riuscendo a far breccia soprattutto fra quegli ascoltatori di rock ‘pesante’ come Alter Bridge o A Perfect Circle, che sino a poco tempo fa non sapevano della nostra esistenza”.
CONSEGUENZA FORSE DEL FATTO CHE DA QUALCHE TEMPO SIETE SOLITI SUONARE LIVE CON GRUPPI DI DIVERSA ESTRAZIONE…
Jan: “Assolutamente, per noi non vi è niente di meglio. Non avremmo nulla in contrario nel ripetere un’esperienza come il tour con Katatonia e Swallow The Sun, che era prettamente metal, ma siamo sempre pronti a suonare con qualsiasi tipo di band del panorama rock, purchè questa sia allineata a grandi linee con quanto proponiamo”.
METTIAMO CHE DOBBIATE ORGANIZZARE UN CONCERTO PER CELEBRARE LA PUBBLICAZIONE DEL NUOVO ALBUM. QUALI GRUPPI INVITERESTE A DIVIDERE IL PALCO CON VOI E QUALE LOCATION SCEGLIERESTE?
Jan: “(dopo una attenta valutazione e una frenetica discussione in tedesco, ndR) Allora, ci piacerebbe esibirci presso la Royal Albert Hall di Londra e alla serata inviteremmo Muse, Petter Carlsen e Crowbar!”.
IN OGNI VOSTRO ALBUM È PRESENTE UN SINGOLO BRANO CANTANTO, CHE OSPITA UN CANTANTE DI FAMA INTERNAZIONALE. DOPO PETER DOLVING DEI THE HAUNTED E JONAS RENKSE DEI KATATONIA, QUESTA VOLTA È STATO IL TURNO DI JOHN BUSH (ANTHRAX, ARMORED SAINT). COME È NATA QUESTA COLLABORAZIONE?
Janosch: “Siamo grandi fan degli Anthrax. Un giorno sul furgone stavamo ascoltando uno dei loro album e ci siamo chiesti se non fosse il caso di provare a contattare John per proporgli di cantare su un nostro pezzo. per fortuna abbiamo un amico in comune e la cosa si è concretizzata in tempi brevi. Non conosceva la nostra band, ma gli è bastato ascoltare qualche traccia su MySpace per accettare. È stato davvero molto disponibile”.
Jan: “Per noi è stata un’esperienza particolare perchè abbiamo iniziato a comporre il brano soltanto una volta assicurataci la sua presenza. Praticamente lo abbiamo scritto su misura per lui. Ha un sound piuttosto americano, che ad alcuni ha ricordato gli Alice In Chains. Credo sia un’ottima aggiunta al nostro repertorio, è davvero qaulcosa di unico, se lo paragoni a tutti gli altri nostri pezzi”.
AVETE GIÀ IN MENTE UN CANDIDATO PER IL PROSSIMO ALBUM?
Jan: “No, solitamente ci pensiamo quando effettivamente iniziamo a lavorare a un nuovo album. Vogliamo sempre tenere aperta ogni porta. Chissà, un giorno potremmo anche realizzare un disco interamente cantato! Come dicevamo, a oggi non ci poniamo alcun limite. Siamo stati una band strumentale sino a qui, ma nessuno ci vieta di cambiare completamente direzione. Non vi sono ‘must’ all’interno dei Long Distance Calling”.
COME SI PROSPETTA IL 2011 PER I LONG DISTANCE CALLING?
Janosch: “Il nuovo album ci sta dando grandi soddisfazioni, quindi cercheremo di proporlo live il più possibile. Speriamo in qualche apparizione a festival di prestigio, in un tour piuttosto esteso dopo l’estate e magari in delle date fuori dall’Europa. A un certo punto inizieremo anche a pensare a dei nuovi brani, ma con la dovuta calma, senza forzare le cose. Io e Florian stiamo anche pensando di avviare un progetto black metal, visto che, dopo lo scioglimento dei Misery Speaks, ci manca un po’ suonare qualcosa di più estremo. Tuttavia per ora è solo un’idea, la priorità restano i Long Distance Calling”.