LUCIFER – Vintage rock’n’roll

Pubblicato il 27/01/2024 da

Arrivati al quinto disco, i Lucifer sono da tempo una realtà consolidata dell’hard rock europeo.
Quella di Johanna Sadonis e Nicke (Andersson, batterista della band, nonché marito di Johanna, noto soprattutto per il suo ruolo in Entombed e The Hellacopters) è una band che ha attraversato la scena hard’n’heavy del vecchio continente, per certi versi, un po’ sottotraccia: gli album finora prodotti non si sono caratterizzati per picchi particolari, o per scelte stilistiche chissà quanto distintive.
C’è stato, però, in questi anni, l’affinamento di una formula sicura: un misto di rock settantiano, garbate sfumature dark, qualche svolazzo doom, innalzato dalla voce di carattere della frontwoman.
Difficilmente parleremmo di ‘classici’ riferendoci alle canzoni del gruppo, ma quanto prodotto ha il merito, comunque non banale, di farsi ascoltare volentieri e risultare sempre un minimo orecchiabile e accattivante. Così, un passettino alla volta, i Lucifer sono diventati un nome di un certo respiro internazionale.
“Lucifer V” non rimescola granché le carte in tavola, e se da un lato ha un incedere abbastanza soft e felpato, d’altro canto mette assieme un lotto di episodi vivaci nelle melodie, moderatamente oscuri, efficaci nell’intrattenere. Musica probabilmente fin troppo moderata per tanti fruitori di heavy metal e hard rock dal taglio plumbeo, con la cupezza che nel caso di “Lucifer V” si fa solo patina lieve. Eppure il discorso generale funziona, e ce lo confermano anche le parole della leader, a suo agio nel ruolo di guida artistica della formazione.

“LUCIFER V” È IL VOSTRO QUINTO ALBUM, IL PRIMO PER NUCLEAR BLAST. È ‘SOLTANTO’ UN ALTRO DISCO DEI LUCIFER, OPPURE DATE A QUEST’ULTIMA USCITA UN SIGNIFICATO PARTICOLARE?
– No, non è mai ‘soltanto’ un nuovo album. C’è dentro tutto di noi stessi, sentimenti, impegno, passione, forse per noi cinque questo è stato un album ancora più importante di quelli che l’hanno preceduto.

C’È UNA CERTA VARIETÀ DI APPROCCI NEL CORSO DELLA TRACKLIST, SI PASSA DA CANZONI ABBASTANZA LEGGERE, AD ALTRE PIÙ SULFUREE E CUPE. COSA LEGA ASSIEME LE DIVERSE TRACCE E DÀ LA SUA SPECIFICA IDENTITÀ A “LUCIFER V”?
– Non è un concept album, non c’è un’idea comune ad unire le canzoni. Diciamo che la variabilità dei pezzi riflette la variabilità dei nostri stati d’animo, quelli che ognuno prova durante le sue giornate. Ci sono momenti in cui ti senti in cima al mondo, altri in cui vorresti morire.
L’energia e le atmosfere delle nostre canzoni sono una conseguenza di come ci sentiamo, non ci sono grandi riflessioni dietro. Quindi quando sei carico e positivo potresti finire per scrivere qualcosa di adrenalinico, mentre se scrivi della perdita di una persona cara l’atmosfera sarà molto più triste, la canzone più lenta e pesante.

COME PRIMO SINGOLO AVETE SCELTO “SLOW DANCE IN A CRYPT”, LENTA E SOFFICE, MA A SUO MODO SOTTILMENTE OSCURA. SU QUALE SITUAZIONE VI SIETE FOCALIZZATI PER PENSARE TESTI, MELODIE E ARRANGIAMENTI?
– Quando qualcuno a cui tieni molto muore, è difficile accettare il fatto che non tornerà mai più da te. In “Slow Dance In A Crypt” immagino che questa persona torni nuovamente da me, in poche parole è questo il sunto della mia visione. È una canzone che, quando la canto o la ascolto, mi fa salire le lacrime gli occhi.

UNA DELLA CANZONI DI MAGGIORE IMPATTO, SCELTA ANCHE QUESTA COME SINGOLO, È “MACULATE HEART”: RITMATA, COINVOLGENTE, SEDUTTIVA, TI CONQUISTA SUBITO E RIMANE IN TESTA FACILMENTE. COME È NATA E COSA ESPRIMETE NELLE SUE LIRICHE?
– Questa è l’unica canzone di tutta la discografia dei Lucifer dove non ho scritto nulla. Nicke si è occupato di ogni aspetto di questo brano, inclusi i testi. Quindi mi spiace, ma oltre a cantarla, di come è nata e si è sviluppata “Maculate Heart” posso dirti davvero poco.
Mentre penso, nel cantarla, di avergli dato una sua specifica impronta, diversa da quella che avrebbe potuto dargli un altro o un’altra cantante. È importante che una canzone simile, se cantata da me o qualcun altro, abbia un impatto diverso. Ci tengo al fatto che i Lucifer abbiano tante identità da offrire e che la mia voce renda subito riconoscibili e associabili a noi i brani.

È DIFFICILE PER VOI TROVARE UN ACCORDO SU COME DEBBA SUONARE UNA CANZONE, OPPURE È UN LAVORO FATICOSO, PERCHÉ DOVETE FAR COLLIMARE GUSTI E IDEE MOLTO DIFFERENTI LE UNE DALLE ALTRE?
– No, perché io sono la boss (risate, ndR), alla fine decido io. No, un attimo, sto scherzando, anche se fino a un certo punto. La maggior parte dei pezzi la scriviamo io e Nicke, sull’ultimo disco solo in uno c’è un contributo di Linus (Björklund, ndR), il nostro chitarrista.
Però ci troviamo quasi sempre allineati su come dovremmo suonare, tutti quanti abbiamo gusti musicali molto simili. Parliamo la stessa lingua, musicalmente, e anche se alla fine la decisione sulla direzione sonora, gli aspetti visuali, i testi, la prendo io, viaggiamo tutti nella stessa direzione.
Sai, alla fine i Lucifer sono la mia creatura, su questo tutti i membri della band sono d’accordo e va bene così; però la coesione interna è massima, le nostre idee difficilmente divergono. A volte ovviamente abbiamo qualche opinione diversa su come dovrebbe suonare qualcosa, se ne discute e si arriva a una soluzione, che non è mai dettata dall’ego, ma da quello che realmente serve per far funzionare una canzone. L’importante è scrivere un buon album, non soddisfare i nostri ego.

RIGUARDO AL TUO STILE VOCALE, QUAL È IL CANTANTE O LA CANTANTE CHE TI HA MAGGIORMENTE ISPIRATO E QUALI SONO I COLLEGHI/E CHE APPREZZI MAGGIORMENTE ADESSO?
– È una domanda difficile, non riesco a individuare un solo cantante che mi abbia portato a cantare come faccio ora. È più una serie di artisti, prevalentemente del passato e nella maggior parte dei casi uomini.
Le mie influenze sono quasi tutte old-school: tra le cantanti donna potrei citarti Ann Wilson degli Heart, tra gli uomini Ozzy, Peter Steele, poi ci sono tantissimi cantanti degli anni ’60 e ’70, sia rock che country. Tra i contemporanei non saprei dirti; mi spiace, ma conosco proprio poco della musica di oggi, tendo ad ascoltare quasi sempre cose abbastanza datate.

DANDO UNO SGUARDO ALLE VOSTRE PRECEDENTI PUBBLICAZIONI COME LUCIFER, QUALE PENSI POSSA ESSERE IL BRANO PIÙ APPREZZATO DAI FAN E PER QUALE MOTIVO?
– Penso sia “Dreamer”, dal nostro secondo disco. Il sing-along che si crea quando la cantiamo dal vivo è pazzesco. Anch’io amo questa canzone.

SEMPRE RESTANDO AL PASSATO, SONO PASSATI ORMAI PIÙ DI OTTO ANNI DALLA PUBBLICAZIONE DEL VOSTRO ESORDIO. AL TEMPO TI SARESTI IMMAGINATA LA PIEGA CHE HA PRESO LA CARRIERA DEL GRUPPO, CHE IN POCO TEMPO HA GUADAGNATO UN BUON SUCCESSO ED È SEMPRE STATO PIUTTOSTO PROLIFICO DAL PUNTO DI VISTA DISCOGRAFICO?
– Sì e no (risate, ndR). Da un certo punto di vista sapevo che potevamo fare quello che poi effettivamente è accaduto, dall’altro lato ai tempi ero piuttosto insicura e non così convinta di me stessa.
Non so bene come spiegarlo, è come se si dibattessero due anime, dentro di me. Da una parte c’è sempre stata fiducia in quello che la band era in grado di dare; dall’altro lato, mi sono portata dietro una mia insicurezza personale, il timore di non essere all’altezza. Per questo ti dico che, se osservo quanto abbiamo fatto finora, posso dirmi sia sorpresa, che per nulla sorpresa.

RIMANENDO SUL VOSTRO PRIMO ALBUM, AI TEMPI IL SUONO ERA PIÙ DOOM, PIÙ METAL E SICURAMENTE PIÙ DIABOLICO DI QUANTO NON SIA STATO IN SEGUITO. PERCHÉ IN SEGUITO AVETE MODIFCATO COSÌ TANTO IL VOSTRO STILE, PASSANDO AD UNO PIÙ VICINO AL CLASSIC ROCK, PIÙ MELODICO E, INOLTRE, DAL MAGGIORE APPEAL COMMERCIALE?
– Ho scritto il primo disco assieme a Gaz Jennings dei Cathedral, c’era una chimica diversa, un’impostazione musicale totalmente differente da quella della line-up attuale. Quando ho fondato i Lucifer e Gaz non era ancora entrato nella band, avevo un’idea sonora che si avvicinava abbastanza a quella dei Lucifer attuali. Quando invece ho iniziato a lavorare con Gaz, il suo amore per il doom ci ha portato appunto nella direzione che hai detto.
Intendiamoci, a me piace tantissimo il doom, solo che quando ci siamo separati ed è entrato Nicke in formazione, si è creata una collaborazione su un piano diverso e la direzione musicale è andata da un’altra parte. Con Nicke attingiamo a influenze differenti da quelle di “Lucifer I”, si è creato un modo di lavorare e di intendere la musica distante da quello che potevo avere nel primo album.

QUALE PENSI SIA STATO IL PUNTO DI SVOLTA DEI LUCIFER, IL MOMENTO O L’EVENTO CHE VI HA CONSENTITO DI FARE UN DECISIVO PASSO IN AVANTI A LIVELLO DI POPOLARITÀ E CONSIDERAZIONE DA PARTE DEL PUBBLICO HARD ROCK E METAL?
– Potrebbe essere stato il secondo album. A dire il vero non è che ci sia stata un’esplosione di popolarità con quel disco, però a partire da “Lucifer II” siamo andati costantemente in crescendo, non si è trattato di un breve momento di hype, che in seguito è scomparso. Ci siamo consolidati poco per volta.

TU ORA VIVI A STOCCOLMA, MENTRE IN PASSATO HAI VISSUTO A LUNGO A BERLINO. DUE CITTÀ CON UNA FORTE SCENA HARD ROCK ED HEAVY METAL E UN TESSUTO CULTURALE CHE SI È FINORA DIMOSTRATO PARTICOLARMENTE ACCOGLIENTE PER QUESTO TIPO DI MUSICA. SECONDO TE QUALI SONO LE AFFINITÀ E LE DIFFERENZE IN QUESTO SENSO TRA LE DUE CITTÀ?
– Stoccolma è un gran posto per essere un musicista e far parte di una band. È un qualcosa che è più facilmente accettata dalla società, a partire dai media.
Ad esempio, qua in Svezia i Lucifer sono stati nominati per i Grammy due volte, come miglior album, per “Lucifer IV” e “Lucifer III”. Suppongo che la stessa cosa difficilmente sarebbe accaduta in Germania.
Sicuramente sia in Germania che in Svezia ci sono ottime scene metal e molti fan dedicati a queste sonorità. Se devo scegliere, penso che la Svezia sia davvero un posto ideale per la musica, preferisco la scena musicale svedese: i miei connazionali tedeschi mi odieranno per questo, ma penso che la scena svedese abbia qualcosa in più di quella tedesca (risate, ndR).
Non fraintendermi, è ottima anche quella tedesca, si tratta solo di una preferenza personale. Anche sul piano professionale, in Svezia è facile trovare ottimi musicisti con cui lavorare, è proprio la professione in sé che viene vista e interpretata in un altro modo e consente di vivere meglio il proprio ruolo di musicista.

FACCIAMO UN ALTRO SALTO NEL PASSATO: TRA IL 2012 E IL 2024 HAI SUONATO CON LINNÈA OLSON NEI THE OATH. IN SEGUITO LE VOSTRE STRADE SI SONO SEPARATE E LINNÈA HA FONDATO I MAGGOT HEART, BAND CHE STA ANDANDO AVANTI ANCORA ADESSO E HA GIÀ INCISO TRE ALBUM. VOLEVO CHIEDERTI SE HAI ASCOLTATO QUEI DISCHI E COSA NE PENSI.
– So che ha una band, ma non sono così aggiornata su cosa hanno fatto e come suonano. Avevo letto dell’uscita di alcuni loro album, ma onestamente non li ho mai ascoltati e non so darti un’opinione in merito. Linnèa è una ragazza di talento e posso immaginare sia riuscita a portare avanti un tipo di suono che è un’evoluzione di quello che facevamo assieme ai tempi. Sono contenta per lei del fatto che stia continuando con un suo gruppo e le cose le vadano bene.

STANDO SU SONORITÀ DAL TAGLIO OSCURO MA DAL FORTE APPEAL COMMERCIALE, CHE SOTTO DIVERSI PUNTI DI VISTA HA DELLE SIMILITUDINI CON VOI, UNA BAND CHE STA AVENDO UN SUCCESSO ENORME SONO I GHOST.
QUAL È SECONDO TE LA PRINCIPALE RAGIONE DEL LORO SUCCESSO? COSA PENSI POSSA SERVIRE PER REPLICARE IN QUALCHE MANIERA IL SEGUITO CHE SONO RIUSCITI A OTTENERE?

– Dalla mia prospettiva, per una band come la nostra, il provare ad arrivare a un successo come quello dei Ghost dovrebbe passare necessariamente dal sacrificare la propria identità, rinunciare al proprio suono per cercarne uno che porti a diventare famosi come i Ghost.
Intendiamoci, non sarebbe in ogni caso un’operazione semplice, richiederebbe forte impegno e disciplina. Inoltre, servirebbe un produttore che ci desse un suono più moderno, più attuale, che ci togliesse quell’idea old-school che a noi piace così tanto. Noi questo però non lo vogliamo. Non vorremmo mai avere lo stesso tipo di produzione dei Ghost. E guarda che noi nei Lucifer siamo dei fan dei Ghost! Ammiro quanto fatto da Tobias.
Per ottenere questa popolarità modificato molto l’identità dei Ghost, a me piace ancora tantissimo il loro primo disco, dal quale adesso sono distantissimi. Sono approdati a un suono più ottantiano, più luminoso.
A noi questo non succederà, non ci piace. Non vogliamo quel tipo di produzione, è questa anche la ragione per cui non saremo mai così famosi come i Ghost. Certo, sarebbe bellissimo arrivare a quel livello, vorrebbe dire intanto che la band è andata avanti e non siamo stati costretti a tornare a dei lavori ‘normali’. Questo prima o poi accade a un gruppo, quando non riesce a raggiungere certi standard di pubblico e rimane nell’underground.

QUALE È STATO FINORA IL VOSTRO MIGLIOR CONCERTO, O SE VOGLIAMO DIRLA IN MANIERA DIVERSA, LA MIGLIOR ESPERIENZA VISSUTA NELLA VOSTRA ATTIVITÀ LIVE?
– Sceglierei quando abbiamo suonato a Las Vegas per il Psycho Las Vegas Festival. Suonavamo all’esterno e c’erano quarantatré gradi, un caldo pazzesco. Era un pool stage, per cui la gente ci ascoltava mentre faceva il bagno in piscina.
Un’altra situazione divertente è stato quando abbiamo suonato a una crociera metal alle Bahamas, anche lì è stato bizzarro, eravamo uno dei punti più alti della nave, non è una cosa che accada tutti i giorni.

IL 2023 STA TERMINANDO (L’INTERVISTA SI È SVOLA LA PENULTIMA SETTIMANA DELL’ANNO, NDR), QUALI SONO STATI I TUOI DISCHI PREFERITI DI QUEST’ANNO?
– Ammetto di non ascoltare molto di quello che esce attualmente, tendo a far prevalere nei miei ascolti album più datati, la mia percezione di quanto accada nel mondo musicale contemporaneo e quali siano le migliori uscite è abbastanza bassa, mi spiace!

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