I Lunocode sono uno dei tanti gruppi progressive sbucati in Italia durante il primo decennio del nuovo millennio. Sin qui, non sembrerebbe niente di che, ma i ragazzi del nord della regione Umbra ci hanno stupito per alcune particolarità: un songwriting molto profondo, che tradisce forti radici nel progressive di vecchia scuola e non in quello sdoganato dai Dream Theater nel ’90, e una interessante propensione ad associare alle atmosfere ariose e rarefatte della loro musica una impianto lirico sicuramente ricco di contenuti. Tra storie di uomini senza volte immersi in una società oppressiva e la lunga epopea di una scimmietta (sì, proprio così) che si scopre in qualche modo creatrice di mondi, seguire i testi dei Lunocode è come immergersi nella lettura di un buon libro di fantascienza filosofica. Abbiamo sentito dunque il principale compositore Perseo, concentrandoci proprio sui testi che si accompagnano alle solitarie atmosfere create dalla loro musica, ma toccando anche altri argomenti…
BENVENUTI! CI TROVIAMO QUI IN OCCASIONE DEL SECONDO ALBUM DEI LUNOCODE, INTITOLATO “CELESTIAL HARMONIES”. VORRESTI RACCONTARCI QUALCOSA SULLE ORIGINI DELLA BAND E SUL SUO PERCORSO SINO AD ADESSO?
“La band è stata formata nel 2004 da me, da Paride (chitarrista, ndR), da Giordano (chitarrista, ndR) e da Francesco (bassista, ndR). A quei tempi il nome della band era Aenima, e per anni abbiamo suonato sotto questo nome. Per qualche anno abbiamo fatto principalmente cover, prendendo la mano con la musica suonata tramite frequenti apparizioni dal vivo. Poi si è cominciato a comporre pezzi originali nostri… e arriviamo così al nostro primo lavoro ufficiale, l’EP ‘Last Day Of The Earth’, autoprodotto e non distribuito. Questo disco riportava già il nome Lunocode, però, dato che l’avevamo cambiato proprio in quel periodo. Dopo la pubblicazione dell’EP, abbiamo dovuto affrontare la defezione per motivi personali della vecchia cantante, ed è così che arriviamo alla formazione attuale capitanata da Daphne (Romano, vocalist, ndR), nostra attuale frontwoman. Nel 2010 arriva infine il fortunato deal con la Spider Rock Promotion, che ci ha ripubblicato l’Ep dandogli una maggior rilevanza. Adesso siamo qui con ‘Celestial Harmonies’, il nostro album completo, sempre pubblicato sotto Spider Rock, che ringraziamo”.
CONCENTRIAMOCI UN PO’ SULL’ALBUM, DESCRIVENDOLO A GRANDI LINEE. POTRESTI PARTIRE DAL TITOLO? A COSA FA RIFERIMENTO?
“Fa riferimento a qualsiasi processo, per sconosciuto che sia, che governa le leggi dell’universo. Dalla creazione dell’universo stesso fino all’armonia dei pianeti tutti. Il titolo comprende tutto, dall’energia che crea la materia alla materia che torna ad essere energia, passando anche per tutti i processi umani che interagiscono con questo ciclo. Il titolo fa riferimento a tutte questo classificandolo come ‘armonie celesti’, speciali armonie che esistono a livello dell’universo e anche trai popoli o tra le singole persone. Questo è il significato, almeno in linea generale, di ‘Armonie Celesti”.
NELLE TRACCE DELL’ALBUM SI NOTA UN ALLONTANAMENTO PIUTTOSTO MARCATO DA QUELLO CHE ERA IL POWER DEI VOSTRI ESORDI. COME MAI “CELESTIAL HARMONIES” SEGUE COORDINATE DECISAMENTE PIU’ ROCK E PROGRESSIVE?
“Con il tempo, affinando i nostri gusti anche relativi alla composizione in sè, abbiamo cominciato spontaneamente a lasciar perdere certe parti del nostro sound, che specifico da ascoltatori ci piacciono tuttora, ma che non ci appartenevano più dal punto di vista puramente compositivo. Il processo è stato dettato dalla necessità di dedicarci a quello che più spontaneamente ci veniva da fare. L’allontanamento dal power che ravvisi tu è quindi da intendersi come una maturazione di noi stessi come scrittori. E come un raffinamento anche della nostra personalità. Non è stata una cosa forzata o voluta comunque… E ti dirò una cosa: non è detto che il successore di ‘Celestial Harmonies’ seguirà ancora queste coordinate così progressive e rock, come dici tu. A noi piace sempre andare avanti, e la speranza è che potremmo compiere ancora un passo in avanti con il prossimo album, arrivando a proporre qualcosa di ancora diverso.”.
COSA CI PUOI DIRE DEL DISCO DAL PUNTO DI VISTA LIRICO? DA DOVE ARRIVA L’ISPIRAZIONE PER I VOSTRI TESTI? SEMBRANO ESSERE MOLTO IMPORTANTI NELLA VOSTRA MUSICA…
“Comincio con lo specificare che per ‘Celestial Harmonies’ molti dei testi sono come sempre partiti da me, ma che su alcuni c’è anche un forte lavoro da parte di Daphne. Per quanto mi riguarda personalmente, l’ispirazione arriva in qualsiasi momento della giornata… da esperienze personali o da pensieri, o riflessioni, che faccio. Sono molto portato a pensare, e quindi quasi tutto quello che mi capita mi porta a compiere delle riflessioni. Per farti un esempio, ‘Sin Cara’, la nostra opener, è uno sguardo sulla società attuale. Come tutti penso qui in Italia, mi sono accorto che, con l’arrivo della crisi, il mondo del lavoro si è ulteriormente inasprito, con sempre meno possibilità, sempre meno lavoro. Siamo indubbiamente davanti ad un decadimento della società attuale, questo lo vedono tutti. ‘Sin Cara’ parla proprio di questo, e presenta un’analogia con lo stato attuale delle cose usando l’immagine di robot senza faccia. Il termine ‘Sin Cara’ deriva dallo spagnolo, e vuole dire appunto ‘senza faccia’. In pratica, il concetto è che tutti coloro che comandano ci vorrebbero tutti uguali l’uno all’altro, in fila indiana, pronti a rispettare senza pensiero tutto quello che dicono. In pratica degli automi senza personalità, senza volto, appunto”.
IL CONCETTO CHE HAI ESPRESSO RICORDA DA VICINO LA COPERTINA DELL’ULTIMO SYMPHONY X, “DEHUMANIZER”. NON SO SE L’HAI VISTO…
“E’ possibile che ci siano delle analogie. Quando si fa musica, o arte in generale, può capirare di ripetersi, anche non volendo. I temi che ritornano, specialmente nella nostra musica, sono molti, e alcuni sono più cari all’immaginario di un certo tipo di suonare metal di altri. L’archetipo del robot, dell’uomo senza faccia, è ricorrente in molte produzioni artistiche, quindi è facile che la gente possa vederci un analogismo con il testo di ‘Sin Cara’”.
RIMANENDO IN TEMA CON “SIN CARA”, IN MOLTI ASSOCIANO IL SUO INTRO CON LA BATTERIA RULLANTE A QUELLO DI “INNUENDO” DEI QUEEN… SOMIGLIANZE A PARTE, CHE LASCIANO UN PO’ IL TEMPO CHE TROVANO, I QUEEN VI PIACCIONO? SONO UN VOSTRO PUNTO DI ISPIRAZIONE?
“Mah, guarda, in effetti molte recensioni citano ‘Innuendo’, dicendo quasi che abbiamo scopiazzato, ma non capisco proprio come possano dirlo… Si, certo, a me e di sicuro anche a Daphne piacciono i Queen, ma non fanno assolutamente parte delle ispirazioni che citiamo di solito… il nostro bagaglio di influenze è decisamente un po’ diverso”.
CAMBIAMO CANZONE E PASSIAMO AD “INDIFFERENCE”, SULLA QUALE VEDIAMO LA PRESENZA DI OLAF THORSTEN, AUTORE DI UN ASSOLO VERAMENTE BELLISSIMO. COME SIETE ARRIVATI A QUESTA COLLABORAZIONE?
“Siamo entrati in contratto con lui tramite Spider Rock. Volevamo tanto una collaborazione di livello su questo disco, e abbiamo pensato subito a lui, perché è una persona determinata, con le idee chiare, che dice sempre quello che pensa. Tramite Spider Rock l’abbiamo contattato e lui si è dimostrato molto disponibile e cordiale fin da subito. Ha registrato quel bellissimo assolo, che poi noi abbiamo inserito nella canzone ‘Indifference’. L’assolo di Olaf è quello centrale, comunque, mentre il lungo assolo finale, quello sotto la voce, è opera di Paride. Sono belli tutti e due, ma spesso la gente li confonde, pensando che Olaf abbia registrato entrambi…”.
VORREI APPROFONDIRE IL DISCORSO ‘COLLABORAZIONI’. CERTE BAND CONTANO MOLTO SULL’AMICIZIA CON ALTRI GRUPPI EMERGENTI COME LORO, ALTRE APPUNTO SI APPOGGIANO A COLLABORAZIONI CON GROSSI NOMI, MENTRE ALTRI ANCORA LAMENTANO INVECE IL FATTO DI SENTIRSI SOLI NELLA SCENA ITALIANA. VOLEVO CAPIRE LA VOSTRA VISIONE SUL ‘GIOVANE’ PANORAMA METAL ITALIANO.
“Sono abbastanza convinto che l’unico modo per portare una band al successo sia lavorando sodo. Le amicizie sono una bella cosa, ma non mi piace parlare di ‘amicizie di comodo’… Se si parla di un amicizia sincera tra band, che non ha niente a che vedere con l’arrivismo, si, sono d’accordo che sia una cosa importante e che possa portare frutti nella carriera di un artista. Ma non mi piace quando alcune band si avvicinano a nomi più famosi solo nella speranza che l’essere visti assieme gli porti frutto in qualche modo… La scena italiana ha bisogno di combattere ogni giorno per rimanere a galla, e parlo anche delle realtà più famose. Non penso dunque che si raggiunga il successo solo con amicizie o con collaborazioni di nome. Se uno il salto lo deve fare, lo fa fare da solo alla sua band, senza spinte esterne. Comunque la gente tende sempre a lamentarsi, mentre dovrebbe solo lavorare un po’ di più”.
MA ESISTE UNA SCENA METAL UMBRA ,CON BANDE DI CUI POTETE DIRE DI ESSERE AMICI? SECONDO TE L’AMICIZIA TRA MEMBRI DI DIVERSE BAND FAVORISCE LA CREAZIONE DI REALTÀ VALIDE?
“La scena umbra esiste ed è anche ricca, ma non ha nomi di spicco come magari succede nella scena li al Nord. Noi siamo un po’ decentrati dall’Umbria comunque, più vicini alla Toscana. Il grosso della scena umbra è sito tra Perugia e Terni, e quindi non abbiamo molti contatti… Magari posso dirti che frequentiamo di più la scena tra Arezzo e dintorni, ma su quella umbra so dirti poco”.
SECONDO TE PER UNA BAND AL DEBUTTO E’ PIU’ IMPORTANTE PUNTARE SU UN SUONO PERFETTO ED UNA TECNICA INECCEPIBILE O SU UNA MARCATA ORIGINALITA’ COMPOSITIVA?
“L’originalità, compositiva e anche a livello di produzione e packaging è la cosa più importante per una band al debutto. Oramai un cd se lo fanno tutti, e usando ProTools e simili è possibile anche farlo suonare potente e moderno senza troppi sforzi. Quindi c’è bisogno, per uscire dalla massa, di far ‘suonare’ il disco in maniera diversa. Con anche il rischio che il disco venga frainteso! L’ascoltatore metal generico è oramai molto abituato a scelte e suoni preconfezionati… e capita che storca il naso se gli fai ascoltare scelte sonore che escono dal suo seminato, anche con buone idee dietro. Ma secondo me è lo stesso importante cercare di farlo. Anche i nomi giganti della scena progressiva lo stanno continuamente cercando di fare qualcosa del genere… se ti cito gli Opeth che dici? O i Pain Of Salvation? La produzione dei loro ultimi album non c’entra niente con il metal, eppure sono dischi ottimi… Oramai a quantizzare le batterie e a produrre i suoni sono capaci tutti, quindi la ricerca di un sound personale, anche se non perfetto, magari non bellissimo, è importante, purché sia proprio tuo”.
LA VOSTRA COPERTINA RICORDA MOLTO IL PROG ANNI ’70. E’ VOLUTO O SEMPLICEMENTE VI PIACEVA L’IMMAGINE E IL SUO SIGNIFICATO?
“Sono felice che ci vedi riferimento al prog Anni ’70 perché mi piace molto, ma sinceramente quando ho ideato l’artwork non ho proprio pensato a niente, almeno dal punto di vista musicale. Nella copertina c’è invece una forte componente personale, perché l’aeroplano che vedi rappresentato è una creazione di mio nonno, un aereo segnavento che sta subito fuori casa mia. Nella copertina esso rappresenta principalmente la volonta di arrivare a volare anche senza averne i mezzi. Tu non sei pilota, ma puoi costruire un aeroplano di legno, metterlo su un palo e vederlo spostarsi quando gira il vento. Come se volasse. Il concetto stesso di ‘Celestial Harmonies’, di cui abbiamo parlato, si sposa comunque alla copertina, perché la volontà di creare qualcosa di unico lascia secondo me una propria impronta nell’universo, ed entra così a fare parte di quelle ‘armonie celesti’ di cui parlavamo”.
AVETE MOLTA ESPERIENZA LIVE? COME E’ ANDATO IL GIRO DI CONCERTI APPENA FINITO? COME FATE CON I PEZZI PIU’ LUNGHI?
“Beh, il tour è andato molto bene, è sicuramente un esperienza che insegna molto e che fa progredire come artista molto in fretta. Per quanto riguarda i pezzi lunghi per ora non ci poniamo il problema perché le nostra scalette sono molto brevi… suoniamo solo quaranta minuti, e quindi non ci è mai capitato di dover suonare, per dire, la suite ‘The Origin Of Matter And Mind’ per intero. In genere eseguiamo solo le parti più fruibili come ‘The Cosmic Architect’ e ‘Tree Of Life’. Comunque alcune recensioni non proprio positive si sono lamentate che tutta la suite non fluisce con continuità da un movimento all’altro… ci sono delle interruzioni secondo loro, come se in realtà la canzone fosse una raccolta di cinque distinte canzoni piuttosto che una complessa suite in cinque movimenti. In realtà questo si può sostenere, perchè il pezzo era comunque stato composto sotto la forma di cinque pezzi separati, con una propria identità, che si uniscono tra loro più dal punto di vista lirico che da quello musicale; quindi in concerto è possibile ascoltare i pezzi separatamente senza perdere nulla che non sia solo a livello lirico. Anche su CD le tracce sono state separate, dando la possibilità all’ascoltatore di skipparle e concentrarsi sui suoi movimenti preferiti”.
ERAVATE IN TOUR CON I THEATER DES VAMPIRES, MA MUSICALMENTE SIETE MOLTO DISTANTI… COME MAI VI SIETE TROVATI A FARE UN TOUR ASSIEME?
“Beh, hai ragione, non abbiamo niente a che vedere con il loro sound! Ma non ci importa, è stata una bella esperienza, e penso anche che il gruppo spalla non debba scimmiottare troppo gli headliner. Suonando con un gruppo così diverso, alla fine penso che chi è venuto a sentirci ha avuto la possibilità di scoprire un genere di musica a cui non è avvezzo ma che può lo stesso può apprezzare. E in molti hanno apprezzato, con nostra gran soddisfazione”.
Nell’intervista molto si è parlato di “The Origin Of Matter And Mind”, lunga suite di 34 minuti che da sola riempie metà del CD di “Celestial Harmonies”. Il pezzo prosegue con una cascata di cinque movimenti in verità molto diversi tra loro, distanti come scelte sonore e come musicalità, ma legati da un concept importante, cui il compositore Perseo sembra essere molto legato… abbiamo voluto appunto chiedere a lui di descriverci nel dettaglio questa complessa suite, così simile nei suoni e negli intenti alla settantiana “Octavarium” dei Dream Theater, per poter cogliere appieno la profondità di questo lavoro così intenso. La risposta di Perseo esce dal corpo dell’intervista, ma è un interessante complemento a chi, come il sottoscritto, ha molto apprezzato quella composizione. Sentiamo come Perseo ci spiega il pezzo, come ci rivela l’arcano dietro Albert II, protagonista della storia, e dietro le curiose voci metalliche che si odono alla fine della suite…
“La totalità delle liriche che compongono la suite ‘The Origin Of Matter And Mind’ sono tutte farina del mio sacco. Anche in questo caso, l’inizio della storia proviene da riflessioni mie, effettuate nei mesi precedenti la preparazione dell’album. A parte le riflessioni di cui ti parlavo, molto di questa narrazione, in termini di immagini e di stile, è provenuto dal mio amore per la fantascienza e la fantascienza filosofica. I libri e i film,che conosco sul genere sono stati di grande aiuto nello stendere la parte lirica di questa suite. La storia raccontata nella canzone si dipana attorno ad una sola figura, il personaggio principale, ovvero Albert II. Chi è veramente Albert, ascoltando la canzone, si scopre solo alla fine, ma in questa spiegazione ti dico subito che Albert è una scimmia, una scimmia realmente esistita, la prima della sua specie ad essere spedita nello spazio dagli americani nel 1949. Erano i primi test per i voli spaziali, forse ne avrai sentito. Il nome Albert II è infatti proprio delle cavie da laboratorio, lui era il secondo della serie degli Albert, si tendeva a dare nomi uguali per classificare una serie di cavie e il loro numero. Questa scimmia è la prima ad essere uscita dall’atmosfera terrestre ed essere stata nello spazio, rimanendo viva nello spazio ma morendo poco dopo, durante il rientro. Questa toccante storia è stata la base per romanzare il tutto e crearne il concept definitivo della suite. Nel primo movimento, ‘High’, si descrive il risveglio della scimmia, all’interno del razzo spaziale. Il punto di vista è quello di Albert, da solo in una stanza che non conosce, con davanti un oblo aperto sullo spazio, con solo qualcosa di tondo e blu, lì davanti a se. Albert non riesce a capire che quello che vede è la Terra, e nella sua mente comincia a considerare il pianeta quasi come una divinità, che chiama appunto ‘sole blu’. Albert si chiede dove si trova, ha molte domande senza risposta, e si rivolge a questa divinità silenziosa, per capire cosa sta succedendo. E’ qui che inizia il suo viaggio mentale… forse a causa dell’effetto che la mancanza di gravità ha esercitato sulla sua mente, Albert inizia a sviluppare una coscienza sua, una più definita personalità. A poco a poco la Terra si trasforma in occhio, da cui esce luce e dentro al quale lui si perde… Arriviamo così al secondo movimento ‘The Cosmic Architect’, nel quale si racconta di Albert che iniza a vedere cose strane, come ombre che escono dall’oscurità, o una luce bianca scintillante. Lui non riconosce forme o profili riconoscibili, ma in queste forme riconosce la ‘mano dell’artista’, la presenza di un unico grande ‘architetto cosmico’ che le ha create. COme se non capisse cosa sono, ma capisse che hanno la stessa provenienza. Comincia a comprendere quindi che ‘qualcuno’ ha creato il cosmo intero, e che lui, dove è adesso, è il solo a poter vedere questa cosa. Questo movimento ci spiega come il cosmo sia dunque creato da un unico architetto, mediante la cristallizzazione dei pensieri delle persone. Questo vuole dire che quando un essere, umano e non, raggiunge la soglia della coscienza, i suoi pensieri passano attraverso l’Architetto Cosmico, e si trasformano in qualcosa, che prende la forma di un nuovo mondo, un nuovo pianeta. ‘Tree Of Life’ è un’altra forza creativa, che si trova dentro al mondo che l’architetto cosmico sta formando. Albert ora è dentro il mondo che l’Architetto Cosmico sta creando dai suoi pensieri, e lo vede completamente vuoto. Questo perché, a questo punto della narrazione, solo la materia è stata creata. Albert dunque crede di essere solo, solo su di un mondo vuoto. Ma ecco che dalla luce sopra di lui esce un seme, che cade sulla materia del nuovo pianeta, dentro una fossa. Da li ne esce un bagliore, e da esso scaturisce l’Albero della Vita, un’ulteriore metafora che ci spiega che la vita sbuca in maniera improvvisa ed in un modo che non ci si può spiegare. A questo punto, abbiamo descritto tre movimenti… il risveglio di Albert nel razzo spaziale, la creazione della materia a partire dal pensiero e la creazione della vita partendo dalla materia stessa. In ‘Crossing The Line’ termina il viaggio di Albert… lui si trova su una spiaggia, sempre da solo, su questo nuovo mondo, sempre in preda alle visioni. E’ in questo momento che una sorta di velo invisibile si solleva, e lui riesce a riconoscere le forme e le figure che vedeva… sta compiendo l’ultimo passo. Il primo passo è stato varcare la soglia di coscienza, e quindi i suoi pensieri si sono cristallizzati, plasmati dall’Architetto Cosmico, creando un pianeta. L’ultimo passo è prendere coscienza di tutto ciò che è successo… e capire così che l’Architetto Cosmico è lui stesso. Nella parte conclusiva della suite, intitolata ‘Albert II’, il nostro protagonista si pone una domanda precisa. Se la materia proviene dalla coscienza, e poi la vita, e quindi la presa di coscienza, nascono dalla materia; la coscienza stessa, da dove inizia? Esiste a priori? O è qualcosa che scaturisce da un’altra struttura che non sappiamo? A questi quesiti non riesce a rispondere, e quindi inizia a ripetersi queste domande all’infinito nel suo cervello, perdendosi in esse… queste sono appunto le voci che puoi sentire nella parte centrale di quest’ultimo movimento. In chiusura, invece, compaiono delle voci metalliche fuori campo, che non sono altro che quelle di controllori di volo dle centro spaziale… Sono loro che hanno spedito il razzo, e come puoi sentire non fanno altro che constatare la morte della scimmia, ormai impazzita. Uno dei due dice che, beh, non è importante, che Albert era solo una cavia, solo un animale, e che l’esprimento ha avuto comunque buon fine. Ma noi che abbiamo vissuto il viaggio con lui sappiamo che non è così, che Albert era ben di più. L’ultimo dialogo è la parte più importante, perché volevo puntare il dito sul fatto che comunque, secondo me, gli animali sono esseri senzienti, e in grado di ragionamenti anche straordinari, come la creazione del mondo e la comprensione dei segreti cosmici. Non dobbiamo considerarli sono animali senza cervello, in quanto sono essere viventi anche loro”.