LYCHGATE – Questioni filosofiche

Pubblicato il 28/04/2020 da

Maestri dell’avanguardismo colto ed elegante, gli inglesi Lychgate si sono ripresentati quest’anno sul mercato con un’uscita di durata contenuta, l’EP “Also Sprach Futura”. Pubblicazione che ce li offre in una veste abbastanza differente da quella dell’ostico “The Contagion In Nine Steps”; si accentua difatti la violenza, si fanno frequenti le accelerazioni tipiche death e black metal, a parziale discapito di quelle atmosfere sofisticate che avevano fatto la fortuna degli album precedenti. Una specie di ‘ritorno sulla terra’, per una band che finora era volata alta sulle ali di un avant-garde black metal sempre accattivante e mai verboso. Abbiamo colto l’occasione per poter ampliare il discorso sulla visione del gruppo, intellettualmente assai vivace, come testimonia l’intraprendenza nel ricerca riferimenti culturali originali e poco sfruttati, almeno in ambito metal. Quanto segue è un’ampia summa delle molteplici influenze e riflessioni che confluiscono in quell’affascinante macchina musicale a nome Lychgate, attraverso le parole del suo leader Vortigern.


“ALSO SPRACH FUTURA” MOSTRA IL LATO PIÙ ESTREMO DEL VOSTRO SOUND: QUEST’EP È PIÙ BRUTALE DEI VOSTRI PRECEDENTI LAVORI, CON UN USO ABBONDANTE DI RITMI VELOCI, RIFFING DEATH METAL E GROWLING VOCALS. QUALI SONO LE RAGIONI DI QUESTO PARZIALE CAMBIAMENTO?
– C’erano parti veloci sia nel primo che nel secondo disco, a dire il vero. Penso sia solo una coincidenza che questa volta si noti un feeling death metal. Non abbiamo mai cercato di emulare questo genere, soltanto può succedere che suoniamo delle note basse molto velocemente. Certo, stavolta volevamo avere brani mediamente più veloci del solito. Primo, perché si tratta di una pubblicazione di breve durata. In secondo luogo, perché il nostro album precedente era piuttosto lento. Ci siamo detti: perché stavolta non dovremmo variare di più i ritmi?

L’EP È INCENTRATO SU ALCUNI IMPORTANTI TEMI FILOSOFICI: TRANSUMANESIMO, SIMULACRI E SIMULAZIONI, IL POST-UMANO, PIGMALIONISMO, LA MACCHINA FANTASCIENTIFICA GOLEM XIV. IN CHE MODO LA MUSICA SEGUE IL CONTENUTO LIRICO E RIFLETTE, NELLE EMOZIONI SUSCITATE, IL SIGNIFICATO DEI TESTI?
– Affermare in che modo la musica evochi il significato delle parole è un qualcosa di molto astratto e soggettivo. La traccia di apertura, secondo me, riflette l’idea del risveglio del personaggio Futura (la Maschinenmensch del film “Metropolis”). Il ritmo della canzone, che sembra simulare quello di una camminata, con i suoi accordi reiterati richiama in qualche maniera i movimenti di quella macchina, nelle sue prime fasi dopo che si è riaccesa. La seconda canzone, “Progeny Of The Singularity”, prende spunto dal libro di Stanislaw Lem “Golem XIV”. Parla di un computer, che poco per volta ottiene una sua coscienza autonoma e inizia ad aumentare la propria intelligenza oltre quella dell’uomo, raggiungendo un punto così avanzato, tale da considerare inutile il contatto con l’umanità. I testi della traccia esplorano una serie di idee espresse da Golem XIV, come alcuni difetti nel modo di pensare degli uomini e strane, illogiche conseguenze dell’evoluzione stessa, che apparentemente non hanno senso per il computer. Ad esempio nel testo si dice questo: “all’interno della moltitudine, un ratto ha trovato la via d’uscita corretta – una semplice possibilità, che è riuscito a sfruttare”. Cosa significa? Che il nostro processo evolutivo è legato a delle chance, degli eventi: casuali, accidentali, non derivate da calcoli predeterminati. Chiaramente la musica non va per forza a riflettere a ripetere questi concetti sugli errori umani, sono solo liriche. Il discorso di Golem XIV è quasi amaro: forse anche la musica è a sua volta amara?
“Simulacrum” racconta della scultura di Pigmalione, rappresentante l’essere umano ideale, a cui viene successivamente donata la vita, come nelle Metamorfosi di Ovidio. L’EP termina con il concetto di autodistruzione umana, attraverso la creazione di simulacri che dovrebbero incarnare la perfezione cui l’uomo cerca di tendere. La musica riflette il modernismo dei testi, ma restituisce anche la prospettiva storica dalla quale si guarda a certi argomenti. Come la musica rifletta i testi, però, rimane un fatto molto personale, un’interpretazione che lasciamo volentieri all’ascoltatore.

L’ORGANO È LO STRUMENTO CENTRALE DELLA VOSTRA MUSICA. QUALI SONO LE QUALITÀ CHE RENDONO QUESTO STRUMENTO COSÌ IMPORTANTE PER I LYCHGATE E PERCHÉ È DIVENUTO COSÌ IMPORTANTE PER VOI?
– Il pianoforte è il mio strumento principale e scrivo musica su di esso, ma non ho mai avuto l’intenzione di usarlo a profusione nei Lychgate. L’organo ha una qualità timbrica che, se combinata con le chitarre, suona ricca e unica. Le canne permettono di avere un suono corposo e solido, è anche molto versatile, consente di essere registrato in modi diversi, non ti obbliga a scelte rigide in studio. L’organo per me è divenuto una nicchia cui sono affezionato, perché molti dei miei compositori preferiti scrivevano musica per questo strumento: cito tra gli altri Bach, Liszt, Duprè…

UN SENSO DI MISTERO, DI ANCESTRALE E TERRIFICANTE GRANDEUR, ATTRAVERSA LA VOSTRA MUSICA. QUALE GAMMA DI EMOZIONI INTENDE EVOCARE? QUALI SONO LE BAND CHE HANNO MAGGIORMENTE INFLUENZATO I LYCHGATE?
– Dipende dalla canzone o da parte di essa. “An Antidote For The Glass Pill” è il disco che mostra le coloriture emotive più ampie, il finale di “Deus Te Videt” è rabbioso, cupo, intenso, mentre altre tracce sono contemplative, come “A Principle On Seclusion” oppure “The Pinnacle Known To Sisyphus”. Il mio modo di vedere la musica è molto influenzato dal metal novantiano: Emperor, primi My Dying Bride, primi Atrocity, Disembowelment, Devil Doll, Unholy, Nocturnus, Morbid Angel… Mi piace il black metal – mi piacciono molto i Mayhem ad esempio – come penso ci si aspetti da me, ma il grosso di quello di quello che esce attualmente lo trovo di qualità scadente, noioso dal mio punto di vista.

BLACK METAL, PROGRESSIVE, DOOM, AVANT-GARDE SONO DEFINIZIONI SPESSO UTILIZZATE PER DESCRIVERE QUANTO SUONATE. DA DOVE PROVIENE QUESTA INCLINAZIONE PER RITMI IRREGOLARI, MELODIE INDEFINITE, CHE DANNO ALLA VOSTRA MUSICA LA PERCEZIONE DI ASCOLTARE UNA SOUNDTRACK GOTICA, OPPURE UN’OPERA LIRICA, RIVISTA SOTTO UNA PROSPETTIVA ORRORIFICA?
– Non penso che le nostre melodie siano così indefinite, molte sono piuttosto chiari e comprensibili. Ci sono ritmi irregolari e particolari, questo sì. Non mi piace che l’arte sia prevedibile, odio quelle situazioni nella musica in cui capisco in anticipo cosa verrà suonato dopo. Lo stesso mi succede coi film o i romanzi. Se qualcuno sta leggendo una storia, si aspetta elementi sorprendenti, non qualcosa di monotono, che non faccia viaggiare la mente. Applico lo stesso principio alla musica che scrivo. Perché dovrei ascoltare qualcosa che ho già sentito in precedenza?

UN ELEMENTO CHE GARANTISCE ALCUNI MOMENTI DI FACILE PRESA SONO LE VOCI, NELL’ULTIMO EP VI È UN USO DELLE CLEAN VOCALS PIÙ ABBONDANTE CHE IN PASSATO. PERCHÉ LE AVETE AGGIUNTE NEL VOSTRO SOUND?
– A volte percepisco una melodia vocale nella mia testa e penso che dovrebbe far parte della nostra musica, così la inserisco. Aggiunge contrasto e varietà, oppure atmosfera.

FACCIAMO UN PASSO INDIETRO A “THE CONTAGION IN NINES STEPS”, UN DISCO CHE ESPLORA LE DINAMICHE PSICOLOGICHE DI UNA FOLLA, QUANDO VIENE INFLUENZATA DA UN’IDEA INIETTATALE DALL’ESTERNO. DI QUESTO TEMA, NELL’ALBUM, NE AVETE PARLATO DA DIFFERENTI PUNTI DI VISTA, CITANTO MOLTE IMPORTANTI FONTI CULTURALI. COME AVETE SVILUPPATO NELLA VOSTRA MENTE L’IDEA DEL CONCEPT? COME AVETE SCELTO GLI AUTORI E LE OPERE DA CUI ATTINGERE PER I TESTI?
– Al tempo ero ispirato dalle dinamiche di una folla e di come le idee si diffondano attraverso la popolazione. Il racconto di Lem “L’Invincibile” mi ha fatto pensare a questo argomento in modo più approfondito, ma solo per quanto riguarda l’uso di macchine microscopiche come un’analogia per il modo di ragionare di una moltitudine di persone. Quindi, al termine delle mie ricerche ho scelto alcune fonti, opere che hanno affrontato il tema da diverse angolazioni: un’antica prospettiva storica (probabilmente ascrivibile a Platone), “La folla: uno studio della mente popolare” di Gustave Le Bon, “Folle e Potere” di Elias Canetti.

NEGLI ULTIMI ANNI, A PARTIRE DA “AN ANTIDOTE FOR THE GLASS PILL” FINO AD OGGI, QUALI SONO LE ESPERIENZE, COME BAND E INDIVIDUI, CHE HANNO PORTANTO IL CONTRIBUTO PIÙ IMPORTANTE ALLA VOSTRA EVOLUZIONE MUSICALE?
– La cosa più importante per me sono i cambiamenti intervenuti nella mia vita privata e in come mi sento. Quando ho scritto “An Antidote For The Glass Pill” stavo vivendo un periodo difficile, sono passato attraverso due anni problematici. In quel disco, puoi sentire tutta quella sofferenza. Mentre musicalmente, ho lavorato molto su me stesso da allora, e si sente nel nostro ultimo EP, che è realizzato meglio delle nostre pubblicazioni precedenti, è più compiuto e rifinito.

ASCOLTANDO LE VOSTRE OPERE PRECEDENTI, “A CONTAGION IN NINE STEPS” IN PARTICOLARE, SEMBRAVA CHE STESSE SUONANDO UN ENSEMBLE DI MUSICA DA CAMERA, PROVVISTO DI STRUMENTI METAL. SENTI UNA FORTE AFFINITÀ CON LA MUSICA CLASSICA? HAI QUALCHE PREFERENZA PARTICOLARE PER ALCUNI COMPOSITORI?
– Sì, menzionerei i tre compositori che ti ho già citato in una risposta precedente, anche se i miei maggiori interessi vanno per periodi storici che non includono il periodo classico principale, quello di Mozart e Haydn per intenderci. Lo stesso Bach, rispetto, è più avventuroso armonicamente. Il diciannovesimo secolo è stato interessante perché i compositori hanno avviato la sperimentazione sulle armonie, ma in un modo che teneva tutto sommato ancora al suo posto il sistema tonale. Nel ventesimo secolo è accaduto tantissimo, mi piace ogni cosa fra Ligeti e Stockhausen, fino a Rachmaninoff. Recentemente stavo ascoltando il Quartetto d’Archi N.8 di Shostakovich del 1960, una composizione grandiosa!

LETTERATURA E FILOSOFIA HANNO UN AMPIO SPAZIO NELLA VOSTRA VISIONE ARTISTICA. COME RIFLETTONO LA TUA PERSONALITÀ INTERIORE?
– Gusto e personalità sono collegate. Scelgo libri che mi abbiano ispirato nel periodo in cui li ho letti, però avendo gusti abbastanza ampi è difficile dire come le mie scelte riflettano realmente la mia personalità. Al momento sto leggendo “St. Leon, l’Alchimista” di William Godwin, “Il Linguaggio delle Città” di Deyan Sudjic e “On Writing, Autobiografia di un Mestiere” di Stephen King.

NEGLI ULTIMI ANNI AVETE SUONATO ALCUNI CONCERTI BEN SELEZIONATI, ALCUNI IN PRESTIGIOSI FESTIVAL COME IL ROADBURN E, A FEBBRAIO DI QUEST’ANNO, IL COMPLEXITY FEST. COME GIUDICHERESTI QUESTI LIVE? COME LI AVETE VISSUTI E QUALI SONO STATE LE REAZIONI DEL PUBBLICO?
– Il nostro concerto più recente, quello del Complexity Fest, è stato molto buono, abbiamo suonato bene, in modo preciso, e anche la reazione del pubblico è stata ottima.

PRESTATE PARTICOLARI ATTENZIONI NEL PORTARE LA VOSTRA MUSICA SUL PALCO? CI SONO DIFFICOLTÀ NEL RIPRODURRE DURANTE UN CONCERTO LA STESSA ATMOSFERA CHE PERVADE I DISCHI?
– L’aspetto cruciale è suonare le canzoni nel modo più fedele possibile a come accade in studio. I nuovi pezzi non sono esattamente ‘semplici’, quindi ognuno di noi deve restare molto concentrato per non commettere errori. Il resto sfugge al nostro controllo, ci affidiamo a chi deve preparare i suoni e metterci a disposizione un buon impianto luci. Stiamo pensando a come possiamo migliorare i nostri concerti, abbiamo qualche idea a riguardo per creare un’atmosfera che sia esattamente quella che vogliamo.

ALCUNI ANNI FA SKEPTICISM E PANTHEIST SUONARONO IN UNA CHIESA. CONSIDERATO IL CARATTERE QUASI SACRALE DELLA VOSTRA MUSICA, VORREI SAPERE SE VI PIACEREBBE POTER TENERE UN CONCERTO IN UNA VENUE SIMILE.
– Sarebbe bello, ma sarà difficile ottenere questo tipo di possibilità, non è un’opportunità che capita spesso.

QUALI SONO LE PROSPETTIVE PER IL FUTURO, NEL BREVE TERMINE?
– Cercheremo di pianificare qualche live (l’intervista è avvenuta a febbraio, ndR) e ci metteremo a lavorare per il nuovo album.

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