I Lynyrd Skynyrd di oggi non sono gli stessi che hanno scritto capolavori come “Sweet Home Alabama”, “Free Bird” o “Simple Man”. Eppure lo spirito della formazione americana resta immutato, grazie alla guida di Johnny Van Zant, fratello dello storico frontman Ronnie Van Zant, che ne ha raccolto il testimone a partire dal 1987.
Da allora, i Lynyrd Skynyrd non si sono più fermati e, pur dovendo affrontare numerosi cambi di formazione, hanno portato avanti il loro Southern rock, fino a raggiungere il traguardo dei cinquant’anni di carriera. Proprio per celebrare questo evento, la band ha finalmente deciso di tornare in Europa, con una data anche nel nostro Paese, che si terrà il 29 giugno al Ferrara Summer Festival.
Per l’occasione, quindi, abbiamo raggiunto proprio Johnny Van Zant, con il quale abbiamo ripercorso le tappe della rinascita dei Lynyrd Skynyrd, cercando di capire con lui cosa significa portare avanti un’eredità di questo calibro nel 2025.
QUESTO TOUR VUOLE ESSERE UNA CELEBRAZIONE DEI CINQUANT’ANNI DI ATTIVITÀ DEI LYNYRD SKYNYRD. COSA SIGNIFICA PER TE QUESTO TRAGUARDO?
– Vedi, i Lynyrd Skynyrd sono in giro da tanto tempo e abbiamo avuto alti e bassi, ma la musica continua a vivere. Abbiamo suonato un concerto, l’altra sera, e il range di età andava dai quattro anni, con questi bambini con le cuffie protettive sulle orecchie, fino agli ottanta anni, te lo giuro. E’ incredibile cosa riesca a fare la musica, e tra poco saremo da voi!
Per noi è bellissimo continuare a suonare la musica della band. Prima che Gary ci lasciasse, qualche anno fa, ci disse “non voglio che la nostra musica scompaia” (Johnny parla di Gary Rossington, chitarrista della band, deceduto nel 2023, ndr).
Ho trascorso la mia intera vita circondato da questa musica, e finché ci sarò io, o Rickey Medlocke (l’altro chitarrista della band, ndr), e tutti gli altri ragazzi e ragazze della band, continueremo a diffondere la parola dei Lynyrd Skynyrd, a suonare e a divertirci insieme. Il traguardo dei cinquant’anni è incredibile, a me non sembra che sia passato così tanto tempo, eppure è così.
IN QUESTI CINQUANT’ANNI LA BAND HA ATTRAVERSATO MOMENTI MOLTO DURI. CHE COSA VI HA PERMESSO DI ANDARE COMUNQUE AVANTI? COME PRESERVATE L’IDENTITÀ DELLA BAND, PUR CON UNA FORMAZIONE TOTALMENTE DIVERSA DA QUELLA ORIGINALE?
– Sai, io sono cresciuto con i Lynyrd Skynyrd. Tutta la band, mio fratello Ronnie, Gary, Allen Collins, Bob Burns, Leon Wilkeson, sono cresciuti nella parte ovest di Jacksonville, in Florida. E’ la parte più dura della città, dovevi essere capace di usare i pugni, sapertela cavare nelle situazioni difficili: crescere in un contesto come quello ti rafforza, ti prepara a quello che potrebbe accadere in futuro.
Non ci sono stati solo i bei momenti e la fortuna di avere delle grandissime canzoni, ma anche cose come quel terribile incidente nel ’77 (l’incidente aereo che causò la morte di Ronnie Van Zant, fratello di Johnny, Steve e Cassie Gaines – rispettivamente seconda chitarra e corista – più altri membri dell’entourage, ndr).
Per me entrare in quella stanza nel ’87 (l’anno in cui Johnny si unì al gruppo come cantante, ndr) e vedere la band di mio fratello seduta lì, le stesse persone sopravvissute a quel terribile incidente, per me è stato uno stimolo per rimboccarmi le maniche, ricostruire la band e suonare ancora.
Noi siamo cresciuti così, ci hanno insegnato a lottare, e poi abbiamo anche un lato molto spirituale. Anche mio fratello era così, credeva in Gesù Cristo e in Dio, e nei momenti difficili anche questo aiuta, ti puoi appoggiare a Lui. Tutti i ragazzi che se ne sono andati, ora sono con il Signore.
Ma noi quaggiù continuiamo a suonare per i fan, perché sono stati loro che ci hanno sempre sostenuti, ci hanno spinto ad andare avanti, anche quando perdemmo Billy Powell (deceduto nel 2009, ndr) o Leon (Wilkeson, scomparso nel 2001, ndr). Non ci siamo fermati, perché abbiamo pensato che se fosse toccato a noi avremmo voluto la stessa cosa. E quindi eccoci qui, pronti a tornare in Europa, ad incontrare i nostri fan, la Skynyrd Nation, sarà fantastico.
TORNIAMO PER UN MOMENTO PROPRIO AL 1987, QUANDO TU E IL RESTO DELLA BAND DECIDESTE DI RIFORMARE I LYNYRD SKYNYRD. TI VA DI RACCONTARCI COME ANDARONO LE COSE?
– Certo. Dunque, io avevo appena firmato per la Atlantic Records come artista solista. Ahmet Ertegün, uno dei fondatori della Atlantic, mi aveva offerto un contratto e io ero appena andato a firmare.
Questo succedeva il lunedì, il venerdì ricevetti una telefonata da Gary Rossington, che mi diceva che voleva riportare in vita i Lynyrd Skynyrd e fare un tour, e voleva incontrarmi per parlarne. Mio fratello Ronnie era un po’ come un capobranco, una figura paterna: loro avevano perso un punto di riferimento, una persona che li aveva guidati per dieci anni, ed erano ancora tutti giovani… Sarebbe stato davvero ingiusto tirarmi indietro. Ronnie era il loro leader e ora non c’era più, eppure loro volevano andare avanti. Così ho accettato di salire a bordo ed è stato un vero piacere.
Ci sono persone che all’inizio mi dicevano “dovresti indossare anche tu un cappello”, “dovresti suonare a piedi nudi”. No, no, non sono Ronnie, sono Johnny. Devo essere me stesso. Anche quando canto, ovviamente seguo la melodia della canzone, ma non ho mai cercato di cantare esattamente come Ronnie. Lui ha scritte dei brani e io cerco solo di fare del mio meglio. Ed è stato un onore e un piacere.
TU SEI IL CANTANTE IN UNA BAND CHE HA SCRITTO PAGINE DELLA STORIA DEL ROCK. COME VIVI QUESTA COSA? TI STANCHI MAI DI CANTARE “SWEET HOME ALABAMA” O “FREEBIRD”?
– No, no, no. Sai quante band vorrebbero avere canzoni così in repertorio? E poi ogni sera è diversa perché cambia il pubblico. Mi piace vedere come reagiscono le persone.
Ad esempio, ora verremo in Europa e non ci capita così spesso, quindi non vedo l’ora. Che tu sia italiano, o inglese, di Jacksonville – da dove vengo io – o della California, se sei un fan dei Lynyrd Skynyrd, abbiamo un legame comune: l’amore per la musica e il significato delle canzoni. I nostri fan sono gli stessi, dovunque essi siano: brave persone, timorate di Dio, che lavorano sodo e che amano la grande musica.
LA VOSTRA È UNA BAND CHE HA RADICI MOLTO FORTI, CON UN’IDENTITÀ FORTEMENTE AMERICANA. SI TRATTA DI SFUMATURE CHE FORSE NOI EUROPEI NON RIUSCIAMO A COGLIERE PIENAMENTE. NOTI QUALCHE DIFFERENZA A SUONARE IN EUROPA, RISPETTO ALLE DATE CHE FATE NEGLI STATES?
– No, la gente sa da dove veniamo. Magari il tuo paese può non essere d’accordo con le politiche del mio, ma noi non siamo quelle politiche.
Io penso che se poi ti piace una canzone come “Simple Man”… Sai, tutti vogliamo fare contenta la nostra mamma. E queste canzoni sono in grado di coinvolgere tanto i figli quanto le madri.
Non hai idea di quante mamme siano venute da me a dirmi che questa canzone era quella che ballavano sempre con i loro bambini, o per quante sono state le canzoni dei loro matrimoni, e allora cosa importa se tu sei italiano e io americano?
DA QUANDO TI SEI UNITO ALLA BAND, AVETE SUONATO COSTANTEMENTE. COM’È CAMBIATA PER TE LA VITA ON THE ROAD? HAI UNA ROUTINE CHE CERCHI DI MANTENERE PER PRESERVARE LA TUA VOCE?
– Oh, certo! Sai, all’inizio – e ogni artista, se è sincero, potrà confermartelo – te ne vai in giro e c’è tutta questa gente che ti acclama e tu ti senti sempre come se fossi a una festa: bevi, fai tutto quello che ti va… E noi lo abbiamo fatto, eccome! Ma ora è tutto più rilassato. E io mi sto gustando ogni momento, lo assorbo come una spugna, perché niente dura per sempre. Voglio conservare ogni briciola di energia e ogni bel ricordo.
Prima di uno show, una bella tazza di caffè, due chiacchiere con qualcuno e cerchiamo di godercela. C’è un detto che dice, “noi non veniamo pagati per suonare, veniamo pagati per viaggiare”. Il lavoro vero è solo raggiungere la destinazione e tutte le cose di contorno, suonare è la parte divertente. E’ un po’ come tornare bambini, e penso che sia questa la vera leva che fa sì che le persone vogliano fare questa vita, non per camparci, ma per sentire queste sensazioni. Ecco, come cantante, devo soltanto stare attento e riposare molto, per le corde vocali. Non è che puoi accordarle come una chitarra.
ECCO, HAI PARLATO DI CHI VUOLE INIZIARE QUESTA CARRIERA. I LYNYRD SKYNYRD SONO NOTI PER AVERE DELLE FANTASTICHE PARTI STRUMENTALI.
OGGI, PERÒ, SEMBRA CHE IMPARARE A SUONARE UNO STRUMENTO E FONDARE UNA BAND NON SIA PIÙ COSÌ ACCATTIVANTE PER I RAGAZZI. IL RUOLO CHE ERA DELLE ROCK STAR, OGGI È STATO PRESO DAI PRODUCER. COSA NE PENSI?
– Non lo so, a ciascuno il suo… Voglio dire, sono contento di essere nato nel periodo in cui sono nato. Ora diventa davvero difficile per una band campare di musica, non so come fanno… Sicuramente bisogno suonare dal vivo, i dischi non bastano più, mentre ai miei tempi si guadagnava con quelli. Ora invece c’è lo streaming e tutto è diventato più difficile.
Ma io penso che il rock non morirà, c’è ancora, ci sono ancora tanti ragazzi che suonano. Sarà solo una moda del momento… come i pantaloni a zampa! (ride, ndr)
HAI CITATO LO STREAMING: TU SEI UNO DI QUELLI CHE LO CONSIDERA UN’OPPORTUNITÀ O CREDI CHE SIA QUALCOSA CHE STA LENTAMENTE UCCIDENDO IL MERCATO?
– Non penso che lo streaming stia uccidendo l’industria musicale, e in generale sono a favore delle nuove tecnologie. Prendi noi, siamo qui a parlare e tu sei in Italia e io sono in Florida, se ci pensi è incredibile.
Lo scorso novembre ho registrato un album gospel con mio fratello (Donnie Van Zant, ndr), si intitola “Always Look Up”, ed è stata una cosa che mi ha illuminato su molte cose, perché era un po’ che non registravo un disco e ho scoperto che ci sono delle innovazioni incredibili. Certo, la cosa negativa dello streaming è che ora i fan di una band pensano che non sia più necessario pagare per la musica, eppure per produrre un disco serve tempo, pensiero creativo, ci sono i costi di registrazione, il produttore. Costa un sacco di soldi, eppure questo non viene percepito. È molto diverso da una volta, ma sto imparando un sacco di cose nuove.
UN DISCO GOSPEL? INTERESSANTE, TI VA DI DIRCI QUALCOSA DI PIÙ?
– Ah sì, aspetta, te lo faccio vedere, dovrei averne una copia qui da qualche parte. Si chiama “Always Look Up”, l’ho registrato con mio fratello, come ti dicevo, ed è pubblicato da Frontiers Records. L’abbiamo composto durante il Covid, nel 2020, quando siamo rimasti fermi per quindici mesi.
Era nella nostra lista dei desideri: un album blues, uno gospel, uno country e un paio di dischi rock. Ci siamo trovati qui, nel mio studio e l’abbiamo scritto. È un modo per lodare il Signore. La gente pensa che non si possa amare Dio e suonare rock’n’roll, ma non è vero. Si può fare eccome. Sono molto orgoglioso di questo disco.
CON I LYNYRD SKYNYRD INVECE È PARECCHIO CHE NON REGISTRATE UN NUOVO ALBUM. AVETE QUALCOSA IN CANTIERE?
– Beh, intanto sta per uscire un nostro live album (“Celebrating 50 Years – Live At The Ryman”, ndr), con l’ultima performance di Gary. Grazie a Dio avevamo questi video, avevamo deciso di registrare tutta la serata. Mi piacerebbe fare anche un nuovo album con gli Skynyrd, vedremo…
UNA DOMANDA CHE OGNI TANTO CI PIACE FARE: QUALI SONO I CINQUE DISCHI CHE TI HANNO FORMATO COME APPASSIONATO DI MUSICA E ARTISTA? QUELLI A CUI NON RIUSCIRESTI A RINUNCIARE.
– Oh, bella domanda… Vediamo, “Run With The Pack” dei Bad Company, perché Paul Rodgers è uno dei miei cantanti preferiti, poi certo, “Pronunced ‘Lĕh-‘nérd ‘Skin-‘nérd” (lo storico disco degli stessi Lynyrd Skynyrd del 1973 ndr), poi direi “For Those About To Rock” degli AC/DC. Poi forse qualcosa del vecchio Merle Haggard, visto che sono cresciuto con la musica country, e il primo disco dei Jo Jo Gunne, che è il primo album che ho comprato.
CHIUDIAMO CON UNA DOMANDA EXTRAMUSICALE. DA QUANDO È STATO RIELETTO DONALD TRUMP, IN EUROPA SIAMO RIMASTI UN PO’ DESTABILIZZATI: C’È STATA LA QUESTIONE DEI DAZI, UNA SERIE DI DICHIARAZIONI POCO LUSINGHIERE NEI CONFRONTI DEI GOVERNI EUROPEI… TU DA CITTADINO AMERICANO COME LA VEDI? PENSI CHE L’AMMINISTRAZIONE STIA FACENDO UN BUON LAVORO?
– Io per vivere faccio il musicista, non il politico. Sono solo un puntino nel mondo. Quello che posso dirti è che Donald Trump è di New York e quelli di New York sono gente tosta. Certo a volte esagera con i suoi tweet, ma in generale, vedremo come andrà, mancano ancora tre anni abbondanti per la fine del suo mandato. Per quanto mi riguarda, su qualunque politico potrei dire cose che mi piacciono e cose che non mi piacciono: non potrai mai accontentare tutti.