MACHINE HEAD – L’estetica dell’Odio

Pubblicato il 18/07/2007 da

Dopo essere stati annichiliti dal lavoro più entusiasmante dell’anno in corso – quel “The Blackening” tanto spiazzante da essere proposto come miglior album di sempre – arriva finalmente il tempo di poter assistere alla furia dei Machine Head in quel di Trezzo, dove la formazione di Robb Flynn darà in pasto ai leoni tutte le perle più lucenti in proprio possesso. Mai si è assistito a una rinascita tanto fulgida nel mondo del metal: Flynn e soci sono stati in grado di vincere con le loro regole, riconquistando fan e discografici e raggiungendo un consenso pressoché unanime. Poche ore prima della distruzione, nei locali del nuovo Live, Metalitalia ha l’onore di conversare faccia a faccia con il frontman Robert Flynn. Parlare con il piccoletto, capelli arruffati e incisivi spezzati, è come entrare nella gabbia di una tigre: questa è la sensazione quando ti fissa negli occhi, quasi a capire se la mia persona sia una reale minaccia, o piuttosto qualcuno con cui poter aprirsi e attraverso cui raccontarsi ai propri fan. In una stanza davvero puzzolente Robb ci parla lentamente e con circospezione, ecco cos’è rimasto sul registratore…

E’ STATA UNA DECISIONE PENSATA PRODURRE UN ALBUM ANCORA PIU’ COMPLESSO E TECNICO, O VI E’ USCITO IN MANIERA NATURALE?
“Direi che è stato un processo naturale, non abbiamo fissato alcuna barriera attorno a quello che potevamo o non potevamo fare, abbiamo solo iniziato a scrivere e ci siamo lasciati andare verso la direzione in cui ci portava la musica”.

QUALE DELLE CANZONI E’ STATA LA PIU’ DIFFICILE DA COSTRUIRE E PERCHE’?
“Probabilmente ‘Wolves’, perché ha tantissimi cambi, moltissime parti diverse, e soprattutto perché non sono riuscito a produrre alcun tipo di idea per mesi interi. C’è stato un punto addirittura nel quale quella canzone stava per morire. Capitò in seguito che un giorno mi ritrovai nel letto all’una di notte, senza riuscire a dormire, e incazzandomi perché non riuscivo a prendere sonno pur essendo ero totalmente distrutto. Furioso mi alzai e cominciai a fare altro, e il 90% del testo della canzone nacque proprio quella notte, tra le 4.30 e le 6.00 del mattino. E’ stato l’ultimo scoglio, mancavano solo un paio di settimane prima di uscire dagli studi di registrazione, ci siamo salvati per il rotto della cuffia”.

IMMAGINO CHE ABBIATE SCRITTO UN NUMERO BEN PIU’ ELEVATO DELLE OTTO CANZONI CHE SONO FINITE SULL’ALBUM. VEDREMO PRESTO UN NUOVO DISCO DEI MACHINE HEAD, O PENSATE DI PUBBLICARE QUALCOSA COME B-SIDE?

“Abbiamo scritto ventisei tracce, ma non possono essere definite canzoni complete, si tratta più di qualche strofa/ritornello e poco più. Questo significa che ben diciotto canzoni sono state scartate durante la lavorazione: non sto quindi a parlare di b-sides, perché penso che tali pezzi non verranno mai alla luce. Solitamente se una canzone viene scartata è perché fa schifo… quindi evitiamo volentieri di pubblicare una schifezza!”.

NEL MOMENTO IN CUI SCRIVETE, QUANDO VI ACCORGETE CHE IL PEZZO E’ COMPLETO E CHE POTETE SMETTERE DI LAVORARCI?
“Possiamo lavorare su una canzone davvero a lungo, e quando è molto tempo che la proviamo troviamo sempre delle parti che non ci aggradano: le cambiamo quindi più e più volte finché tutti sono contenti del risultato. L’ultima parola è spesso la mia, perché sono io che mi occupo degli arrangiamenti, riuscendo a prendere le idee di ognuno e trasformandole in una grande luminosa idea”.

I FAN GIOCANO UN RUOLO IMPORTANTE NEL MANTENERVI MOTIVATI COME GRUPPO?
“Assolutamente, ci supportano da sempre. Abbiamo molti diehard fans, e penso sia un’enorme fortuna avere dei sostenitori così appassionati. Scriviamo per noi stessi, indipendentemente, e non ci importa di quello che ci dice la gente che ci sta attorno – siamo noi infatti che dobbiamo essere soddisfatti per primi, perché suoneremo quei pezzi per il resto della nostra vita come musicisti. Nel periodo in cui attraversavamo svariati ostacoli i nostri fan sono sempre stati dietro di noi: per questo li abbiamo coinvolti anche nelle registrazioni dell’album, è stato fottutamente magnifico poter usufruire di tutta la loro energia e del loro entusiasmo”.

HAI SCRITTO LE CANZONI E I TESTI, IN PIU’ QUESTA VOLTA SEI ACCREDITATO ANCHE COME PRODUTTORE. COME RIESCI A SEPARARE I DIVERSI RUOLI?
“Non è stato facile passare Più volte da compositore a produttore, ho dovuto cambiare spesso cappello, ma non tutti sanno che è dal 1996 che produco i demo della band, quindi i ragazzi sono abituati ad avermi dietro alla consolle, per fare diverse sperimentazioni e trovare soluzioni nuove. Poi riesco anche a fare lavorare tutti come dei somari, quindi non è stata una scelta malvagia (Ride, ndR)!”.

QUAL E’ LO STATO D’ANIMO DOMINANTE NEL MOMENTO DELLA STESURA DEI TUOI TESTI?
“Nel momento in cui sono davvero nervoso o arrabbiato sperimento spesso a scrivere liriche estreme. Ho provato anche a scrivere da triste, ubriaco, stonato, felice, dopo essere stato sveglio tutta la notte sotto l’effetto di speed, da fatto di eroina… Ho sperimentato in pratica quasi tutti gli stati d’animo che si possano vivere come scrittore, ma se facciamo un discorso generale i testi migliori sono quelli che ho elaborato da sobrio, senza essere coinvolto in nessuno stato d’animo particolare. Più che altro è un fattore di ispirazione”.

NEL VEDERE LA COPERTINA DI ‘DROWN IN SOLITUDE’ DEI FUNERAL MOURNING (QUASI IDENTICA A QUELLA DI ‘THE BLACKENING’) QUAL’E’ STATO IL PRIMO PENSIERO CHE TI E’ PASSATO PER LA TESTA?
“Andiamo, quella immagine e’ talmente vecchia che sarà stata sicuramente usata moltissime volte da svariate persone! A quanto ne so poi quel gruppo è senza etichetta, e vive a migliaia e migliaia di chilometri da noi. Non possono saltare fuori dicendo: ‘Avete usato quest’immagine uguale alla nostra copertina, ci avete copiato…’, mi fa soltanto ridere! Dopo un tot di anni dalla morte del proprietario una determinata immagine o opera d’arte diviene di dominio pubblico, e tutti possono utilizzarla; per la copertina di ‘Through The Ashes’ vale lo stesso discorso. Se voliamo puntualizzare inoltre la nostra copertina è anche diversa in certi dettagli… Ci siamo fatti solamente una grossa risata!”.

QUALCHE MESE FA HO PARLATO CON HOWARD DEI KILLSWITCH ENGAGE, E PARLANDO DI ‘ROADRUNNER UNITED’ NON HA POTUTO FARE A MENO DI RACCONTARMI QUANTO TI HA FATTO ARRABBIARE… VUOI RACCONTARCI LA TUA VERSIONE?
“Ricordo perfettamente… lo chiamai il giorno prima che partisse per raggiungermi in studio, e lui mi disse candidamente di non aver nessun testo su cui lavorare. Rimasi a bocca aperta, gli dissi: ‘uomo, le registrazioni sono domani, e tu devi arrivare in studio con dei cazzo di testi su cui lavorare, DO-MA-NI!!’… e lui mi ha risposto cadendo dalle nuvole: ‘Oook’. Il giorno dopo si presentò con il suo bel sorriso e tirò fuori un foglio dalla giacca con il pezzo praticamente pronto, e io fui davvero sorpreso: ‘Ma come diavolo hai fatto?!?’… ‘Non lo so!’. Howard è un ragazzo d’oro, e nel poco tempo a disposizione si è lavorato molto insieme, in maniera assolutamente produttiva: ha voluto anche coinvolgermi in alcune backing vocals, perché il pezzo rendesse al meglio… E’ bello pensare che poco tempo prima delle registrazioni ero con la cornetta in mano e pensavo ‘Ma che cazzo mi combini???’ (grasse risate, ndR)”.

QUAL E’ LA LEZIONE PIU’ PREZIOSA CHE HAI IMPARATO IN QUESTI ANNI DI CARRIERA, E CHE NON VORRESTI MAI RIPETERE?
“Penso che tutti, quando formano un gruppo, siano senza aspettative: quando scrivemmo ‘Burn My Eyes’ eravamo quattro ragazzi che suonavamo di continuo, e dividevamo la sala prove con una band punk rock. Vivevamo di musica estrema, quando il metal in america e particolarmente nella Bay Area era completamente morto, quindi c’erano davvero pochissime possibilità di avere il successo che abbiamo poi avuto. Suonavamo per noi stessi la musica che volevamo sentire, non l’avremmo fatto per nessun. Quei punk continuavano a ripeterci che eravamo troppo metal, ma ce ne siamo sempre sfottuti. Poi è arrivato il successo: passando in moltissimi club, entrando in contatto con un numero enorme di persone dell’ambiente e moltissimi discografici, si viene incontro a pressioni enormi e nascono aspettative verso di te e verso la tua musica. La ragione per cui scrivere a mio parere deve restare il tuo piacere e soddisfazione personale, senza guardare a ciò che desiderano gli altri, perché la gente se ne accorge, e non c’è la stessa magia. Non faremo due volte lo stesso errore, non ascolteremo mai più cosa vogliono degli estranei dai Machine Head”.

STIAMO ASSISTENDO ALLA CRESCITA DI SHADOWS FALL, TRIVIUM, MUNICIPAL WASTE E MOLTE ALTRE FORMAZIONI… PENSI CHE IL THRASH METAL POSSA TORNARE PIU’ FORTE CHE MAI?
“Più forte che mai? Non penso che possa accadere. Sta tornando, questo è sicuro, ma non so se possa esserci una seconda ‘Era d’oro’ del thrash, non c’è una scena come c’era nella Bay Area o in Virginia… ma senza dubbio c’è una rinascita, e ne sono particolarmente contento: vedere tutti questi giovani ascoltare e suonare thrash metal è fantastico. Mi sento parte di quello che sta succedendo, dai miei esordi nei Forbidden e poi nei Vio-lence e nei Machine Head… ho suonato thrash per la maggior parte della mia vita e vedere dei giovani che mi parlano dei Forbidden mi fa quasi commuovere!”.

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