MACHINE HEAD – Più grande è il Re, più pesante la corona

Pubblicato il 30/01/2018 da

Bisogna dire che Robb Flynn ha del pelo sullo stomaco. Tornare sui passi più criticati dei Machine Head può essere considerato folle con una carriera consolidata e legioni di fan: perchè quando si è già un gruppo che divide ci si impegna per diventarlo ancora di più? Perchè voltare le spalle ai festival quando gli slot da headliner sono a portata di mano? Girare da soli in tour? Pubblicare una canzone folk? Minacciare di tagliare “Davidian” dalla setlist? All’inizio di un press tour che si annuncia sfiancante il leader maximo dei Machine Head ci appare convinto delle proprie scelte e soddisfatto del lavoro svolto in Catharsis, un album che sta infiammando i social e le sezioni commenti quanto stereo ed auricolari, spaccando in due critica e pubblico come non accadeva da svariati anni…

LA PRIMA VOLTA CHE HO SENTITO “CATHARSIS” HO PENSATO A “THE BURNING RED”, CON QUALCOSA DI “THE MORE THINGS CHANGE” E “SUPERCHARGER”. ALLO STESSO TEMPO È QUALCOSA DI DIVERSO, CON MELODIE PIÙ GRANDI, GROOVE, ASSOLI PIÙ COMPLICATI…
– Mi sembra una descrizione molto accurata.

COME AVETE APPROCCIATO LE SESSIONI DI SCRITTURA?
– Abbiamo cambiato integralmente il modo di scrivere e registrare. Di solito agivamo nella maniera ordinaria, ovvero scrivevamo un po’ di canzoni e successivamente andavamo in studio a registrarle tutte insieme. Io facevo delle demo, per me l’unico modo di riascoltare me stesso e lavorare su voce e chitarra. Avevamo queste belle demo e in studio cercavamo di riprodurre quanto creato, di catturare la migliore versione possibile per il disco. Stavolta ho deciso di cambiare: scrivevamo tre canzoni, correvamo in studio a registrare e poi fuori. Pausa, scrittura, e di nuovo in studio a registrare altre tre canzoni, in maniera molto veloce. Alcuni dei brani che sono finiti sul disco erano nati letteralmente da un paio di giorni. In questo modo siamo riusciti a catturare l’energia in maniera diversa, più diretta ed istantanea. È stato un modo veramente bello di procedere, anche perchè siamo stati sempre insieme in studio. Lavorare insieme è importante, e credo sia uno dei segreti per riuscire a scrivere bene: noi siamo una band a tutti gli effetti, viviamo vicini, ci troviamo a suonare tre volte a settimana. A volte passa un mese intero in cui escono solo riff di merda, poi ci sono altri giorni in cui scatta qualcosa e si apre una diga. Non tutti lavorano così. So che molti gruppi più giovani scrivono e registrano in solitaria, si scambiano riff al computer, il batterista poi aggiunge un beat sempre al pc, poi il cantante… costruiscono una canzone in questa maniera e poi nemmeno in studio registrano insieme. Poi la gente si chiede perchè non c’è più buona musica in giro. Gran parte del significato di essere un gruppo è… essere un gruppo! Bruce Springsteen ha registrato “Born To Run” centocinquanta volte prima di ottenere il risultato perfetto! I Lynyrd Skynyrd provavano sei ore al giorno! Ci vuole duro lavoro e il duro lavoro non ci ha mai spaventato. Penso si senta, penso che dal disco emerga un sacco di energia, un sacco di eclettismo sonoro, molte variazioni. A volte spaventa, perchè butti fuori canzoni come “Bastards” o “Behind A Mask”, senza chitarre pesanti, e la gente pensa “mmm, cos’è sta roba?”. Questo però è quello che ci serve per rimanere vivi come artisti, per dar fuoco al nostro sangue, è quello che ci serve per continuare a suonare.

PARLIAMO DI “TRIPLE BEAM”: POSSO USARE IL TERMINE ‘NU METAL’?
– Oh, assolutamente sì. È una canzone nu metal fatta e finita.

…QUALCUNO STA ANCORA IRONIZZANDO SU DI TE COI CAPELLI BIONDI! CI VUOL PARECCHIA FIDUCIA IN SE STESSI PER TORNARE SU QUEL SENTIERO…
– Lo so lo so di che ride certa gente, e non me ne frega un cazzo (ride, ndR)! “Triple Beam” è una canzone heavy, ha un bel giro. È nata il nostro primo giorno in studio, e ci siamo stupiti di noi stessi. Dave ha scritto un riff, io l’ho seguito con un paio di riff ulteriori, ho cominciato ad improvvisare con le vocals – che poi ho completato a canzone finita – e abbiamo pensato “cazzo, è un buon pezzo”. Non ci interessa se a qualcuno non piacerà perchè ad altri potrebbe piacere. A me piace.

UN ALTRO PEZZO CHE FARÀ DISCUTERE È SICURAMENTE “BASTARDS”. È UN MODO PER SCIOCCARE I FAN ED USCIRE DALLA VOSTRA ZONA DI COMFORT?
– Per me “Bastards” è una canzone folk. Quattro corde suonate centinaia di volte, tutt’oggi il modo migliore di raccontare una storia, e quella canzone è una storia. È stata scritta il giorno dopo le elezioni in America ed è basata su una conversazione che mia moglie ed io abbiamo avuto coi nostri due figli su quello che era avvenuto. Mio figlio maggiore sa cos’è la storia del ‘white power’. È stata una conversazione difficile, un periodo scioccante. L’ho scritta di getto, l’ho suonata per i miei ragazzi e l’ho postata poco dopo su YouTube. A quei tempi pensavo fosse finita lì, è una canzone parecchio lontana dai Machine Head. Più il tempo passava più la consideravo una grande canzone, e quando il disco ha cominciato ad espandersi stilisticamente e liricamente quel tema – “Stand your ground, don’t let the bastards grind you down. Be bold, be strange, don’t let their fears make you afraid” – è penetrato in tutte le canzoni. È sempre stato così coi Machine Head, abbiamo canzoni come “Imperium”, con la sua “Hear me now”… È diventato un motivo di fondo che univa tutte le tracce. Avevo quella melodia in testa che non riuscivo a riprodurre per bene, quindi l’ho suonata in acustico, presto abbiamo abbassato l’accordatura in FA, abbiamo aggiunto un sacco di roba ed è diventato un pezzo della band. Successivamente abbiamo raggiunto un punto dove ci chiedevamo ‘Possiamo davvero pubblicarla? È ok per un gruppo come il nostro, abbiamo davvero bisogno di farlo? Farà incazzare un sacco di gente, ad altri farà accapponare la pelle…

…COSA HA DETTO LA VOSTRA ETICHETTA A RIGUARDO?
– Sarebbero stati felici se l’avessimo lasciata fuori! Eccone una per il ceppo della legna (ride e mima l’accetta che cade, ndR)! È una canzone così potente però. Sai cosa? È il nostro nono album in studio. Devi dare qualcosa di nuovo, qualcosa di inatteso, di intenso. La gente si annoia, esce costantemente un sacco di roba e puoi venir dimenticato in un secondo. Quando pubblichi qualcosa di nuovo deve essere fresco ed eccitante, deve essere significativo. “Bastards” è tutto questo, così abbiamo preso la decisione di tenerla. Sono all’inizio di questo press tour, questa è la mia quinta o sesta intervista e tutti mi chiedono di questa canzone.

“HEAVY LIES THE CROWN” EMERGE DALLE ALTRE COME LA CANZONE PIÙ LUNGA E STRUTTURATA DELLA RACCOLTA. COM’È NATA?
– Mi sono occupato delle parti orchestrali, Dave ha scritto il motivo principale e io ho aggiunto un paio di strati. L’abbiamo registrata con un MIDI pickup grazie al quale ogni nota che suoni con la chitarra finisce nel computer e viene tradotta in una nota MIDI vera e propria, così che successivamente puoi trasformare, sempre via computer, le note MIDI in violino, violoncello, viola. Ho mandato tutto a Rhys Fulber che ha messo insieme le idee per qualcosa di davvero epico. La canzone parla di Luigi XVI di Francia, soprannominato ‘ragno universale’ per la deformità e la capacità di ordire trame contro i suoi nemici. Ai tempi essere re era un lavoro abbastanza duro, potevi perdere la testa molto facilmente.

COME MAI “IS THERE ANYBODY OUT THERE” È RIMASTA FUORI DALLA TRACKLIST?
– È vicina come stile alle altre canzoni dell’album, ma l’abbiamo pubblicata come traccia a se stante e volevamo restasse così. Forse in futuro, in un’eventuale edizione speciale, la aggiungeremo. Volevamo esclusivamente materiale fresco per il disco.

PENSI DAVVERO DI TAGLIARE UNA PIETRA MILIARE COME “DAVIDIAN” DALLA VOSTRA SETLIST?
– Potremmo, non ho ancora deciso. La mia frase è stata riportata da tutta la stampa specializzata e si è anche un po’ ingigantita la questione, ma le cose sono davvero fuori controllo in America e pensandoci quel “Let freedom ring with a shotgun blast”… non so se voglio urlarlo di nuovo, non so se voglio rischiare di contribuire a quella cultura o glorificare l’uso di armi. È già successo che non abbiamo suonato “Davidian” – di sicuro al Mayhem Festival – e nessuno ha detto niente perchè non era stato annunciato, nessuno ci prestato attenzione. Mi piace pensare che ci siano altri pezzi altrettanto validi che abbiamo composto nella nostra lunga carriera (ormai i Machine Head sono partiti col tour a supporto di “Catharsis” e nelle prime date l’amatissima canzone è presente in setlist, ndR).

IL VOSTRO PROSSIMO TOUR SARÀ DI NUOVO UN “AN EVENING WITH”. SEI SEMPRE DELL’IDEA NIENTE SUPPORTI/NIENTE FESTIVAL?
– Non so se andremo avanti così per sempre, ma lo faremo di sicuro ancora per un po’. Milano se non sbaglio non ha ancora avuto una data del genere. Ai fan piace come idea, noi l’amiamo. Abbiamo fatto un’infinità di tour con vari supporti, anche gruppi che sono poi esplosi, come i Bring Me The Horizon che tutti odiavano. Dopo anni bisogna fare qualcosa di diverso, guardare avanti, spingere verso il futuro. Per quanto riguarda i festival sarò sincero, li odio da anni ormai. Gli ultimi tre festival in cui abbiamo suonato mi hanno letteralmente distrutto. Eravamo in Germania e si gelava cazzo, oltre a quello scendeva acqua a secchiate tutti i cazzo di giorni e la gente stava lì sotto coi piedi immersi nel fango, guardandoci immobili ed in condizioni miserabili… Ho pensato ma che cazzo stiamo facendo? Perchè dobbiamo suonare in un parcheggio o davanti a 15000 persone trattate come bestiame? È stupido, fanculo a sta roba. Sta cambiando tutto, quello che funzionava 20, 10, 5 anni fa oggi non funziona più. Dobbiamo evolverci. Forse non è la scelta giusta per ogni band, un ‘evening with’ non è possibile per molti, ma per i Machine Head lo è quindi continueremo a farlo. Vorrei raggiungere lo status di Bruce Springsteen, Foo Fighters, U2… nessuno si chiede chi apre per loro. Nessuno si chiede chi apre per Springsteen, la gente vuole solo lui che suona per tre cazzo di ore e sa che sarà una figata, non gli importa nient’altro.

È STRESSANTE DOVER CANTARE PIÙ DI DUE ORE OGNI SERA?
– Ti dirò ero preoccupato ma per certi versi è più facile. Quando hai 45 minuti è tutto troppo rapido e concentrato, colpisci duro con tutte le energie possibili che hai in corpo. In una serata tutta nostra possiamo prenderci del respiro, possiamo suonare una “The Darkness Within” o una “Descending The Shades Of Night”, possiamo suonare una “Burning Red” o una “Behind A Mask”, possiamo far tirare a tutti il fiato recuperando anche noi energia. Ovviamente mi devo allenare molto, non posso svegliarmi un paio d’ore prima del concerto. Una volta che ci si arriva però, preparati, è fantastico.

AVETE APPENA LANCIATO ‘TEN TON TRADING CO.’ PER IL MERCHANDISE DELLA BAND. È UN’ATTIVITÀ VOSTRA AL 100%?
– L’azienda è al 100% posseduta, controllata e condotta dai Machine Head. Tutti gli introiti vanno direttamente al gruppo, nessun intermediario. Ho fondato una linea di abbigliamento personale qualche anno fa col desiderio di imparare e fare esperienza in quel mondo. Questo ha aiutato moltissimo la Ten Ton Trading Company. Ai nostri esordi facevamo tutto da soli, passavo ore a stampare cassette demo per poi venderle ai concerti, stessa cosa per le magliette. È facile che la qualità vada a farsi benedire quando affidi tutto a terzi, di conseguenza oggi siamo molto felici di poter gestire tutto in casa vendendo prodotti di altissima qualità, sia per quanto riguarda le stampe che i materiali. Non vedo l’ora di riproporre qualche design d’annata…

IL MERCH È IMPORTANTE PER I METALLARI. HAI QUALCHE PEZZO PREFERITO TRA QUELLI DEI MACHINE HEAD?
– Adoro la maglia con l’artwork di “Year Of The Dragon”, non la vedevo da secoli ed è stato incredibile! Mi sono messo in contatto con il nostro grafico del 1994 e abbiamo in cantiere un sacco di cose fighissime per chi ci segue da un po’, ma anche per i nuovi fan.

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