MALOKARPATAN – Il black metal torna all’old school

Pubblicato il 20/04/2020 da

Piano piano, dopo un paio di dischi magari non epocali ma interessanti, e un recente EP che aveva mostrato potenzialità di ben altro livello, i Malokarpatan si sono ritagliati uno spazio nell’underground estremo, arrivando a pubblicare qualche settimana fa un disco ottimo, quel “Krupinské Ohne” che mostra tutto il loro amore per il black metal più atavico, quando ancora non si chiamava praticamente così. Un concept elaborato e affascinante, brani lunghi e atmosferici, un forte richiamo alle loro radici (ceco)slovacche, sia in termini culturali che musicali. Ne abbiamo parlato con il leader e fondatore As, che mostra di avere idee chiarissime sulla sua musica, da dove parta profondamente e cosa voglia esprimere attraverso di essa.

CIAO AS, PARTO CON UNA DOMANDA CANONICA, VISTO CHE CI SENTIAMO PER LA PRIMA VOLTA. TI ANDREBBE DI PRESENTARE LA BAND E LA SUA STORIA AI NOSTRI LETTORI?
– Assolutamente sì! Ne faccio una versione breve: ho fondato la band come progetto solista nell’autunno del 2014, dopo aver suonato in varie band e progetti per una decina di anni. Avevo accumulato brani in un classico stile black anni Ottanta (quindi precedente alla scena norvegese), e sentivo che era tempo di dar loro forma compiuta con un disco. Il mio scopo era e resta quello di dare continuità alla tradizione del black metal dell’Europa dell’Est, quello di band come Tormentor, Kat o Törr, attraverso una mia interpretazione. Anche se non avevo progetti o particolari ambizioni, l’album di debutto ha avuto discreto successo nell’underground, quindi ci siamo presto trasformati in una band a tutti gli effetti, così da poter anche suonare dal vivo. E oggi, dopo due dischi e svariate date in Europa (e qualcuna in Nord America) eccoci qui con il terzo full-length, “Krupinské ohne”.

AVETE CAMBIATO SOLO UN MEMBRO, DURANTE LA VOSTRA CARRIERA. CHE DIFFERENZE HA APPORTATO, AVERE UN NUOVO CANTANTE?
– Il nostro cantante precedente si era stancato di suonare dal vivo, e in generale non gli era mai piaciuto. Aveva una personalità molto forte e la sua voce contribuiva in maniera unica al nostro materiale più vecchio, quindi abbiamo optato per aggiungere un nuovo chitarrista e spostare quello precedente alla voce; il suo approccio risulta così più strutturato e meno caotico, cosa che penso abbia aiutato ad amalgamare la varietà delle nuove canzoni. E personalmente sono soddisfatto al 100% del suo lavoro.

CI PARLERESTI DEL CONCEPT E DEI TESTI DI QUESTO ALBUM?
– È un concept incentrato su una congrega di streghe che aveva sede nel Diciasettesimo secolo a Krupina: il titolo del disco, tradotto, è “I Fuochi di Krupina”. Il grosso della storia si basa su fatti documentati, ho raccolto informazioni da un libro che riporta le trascrizioni dei loro interrogatori – da me utilizzati pari pari nei testi. La musica segue direttamente i testi, anche i cambi di tempo e di atmosfera sono allineati con il concept lirico. Si può quindi ascoltare come una sorta di rappresentazione teatrale, motivo per cui ho aggiunto la traduzione dei testi in inglese.

HO AVUTO L’IMPRESSIONE CHE IN QUESTO ULTIMO ALBUM LE CANZONI SIANO PIÙ ELABORATE, CON UN USO CRESCENTE DI TASTIERE PER CREARE UN’ATMOSFERA DAL FORTE SAPORE MISTICO. SEI D’ACCORDO?
– Analisi perfetta! Volevo un album più oscuro, più complesso e più focalizzato sull’atmosfera. La storia in sé chiedeva un approccio più teatrale ed epico. Mi piace, poi, comporre album tra loro diversi, e dato che “Nordkarpatenland” offriva per lo più brani energici e diretti ,volevo che “Krupinské Ohne” ne fosse in qualche modo la controparte oscura, un disco tutt’altro che di facile ascolto… e a giudicare dalle reazioni che ho sentito finora, pare aver lasciato perplessi molti ascoltatori.  Sono sempre stato influenzato dal progressive rock degli anni Settanta, e dal songwriting elaborato che lo guidava; peraltro anche il black metal ha una lunga tradizione in tal senso, basti pensare a brani come “Satan’s Fall” o “At War With Satan”.

C’È ANCHE UNA FORTE COMPONENTE FOLKLORISTICA ED ESOTERICA NEL TUO PROGETTO.
– Sì, credo profondamente nella dimensione spirituale e nell’esistenza di entità sovrannaturali, oltre l’umana comprensione, e questo influenza ovviamente la mia musica e i miei testi. Il folklore locale è una fonte di ispirazione fortissima, del resto una gran quantità di tematiche proprie della letteratura gotica arriva dalle leggende dell’Europa dell’est. Penso che aggiunga un tocco insieme originale e autentico alla nostra musica, e personalmente preferisco le band che prendono ispirazione dalla propria tradizione e dal proprio ambiente.

QUAL È IL PROCESSO DI COMPOSIZIONE DIETRO LE TUE CANZONI? PENSI SEMPRE A UN CONCEPT GENERALE SIN DALL’INIZIO?
– Dipende, ma tendenzialmente credo nelle coincidenze fortuite. Per questo disco, come detto, ho lavorato molto affinché musica e testi fossero in assoluta armonia, così da far funzionare al 100% il concept complessivo. Mi sono comunque capitati dei segmenti di musica o delle frasi che hanno calzato perfettamente una volta che mi sono dato un piano generale di lavoro, quindi mi affido parecchio all’intuizione: non amo che la musica sia troppo cerebrale o pianificata nel dettaglio. Di base, quando inizio, ho un grande affastellamento di idee che poi altero, filtro e ne ricavo il prodotto finale. Ho anche idee che mi arrivano spontaneamente, non funziona mai troppo bene quando mi forzo a scrivere qualcosa; in quei casi preferisco aspettare una settimana, o anche un mese, e aspettare che mi torni l’ispirazione.

E QUALI SONO LE TUE PRINCIPALI ISPIRAZIONI, SIA NELLA MUSICA CHE IN ALTRI MEDIA?
– Immagino sia un cliché dirlo, ma francamente tutto ciò che mi circonda è fonte di ispirazione. Musicalmente guardo al metal e al rock più datati e che abbiano un qualche elemento esoterico, il che può variare dal satanismo hollywoodiano degli anni Ottanta ai compositori minori che sperimentavano con tematiche occulte, come Igor Wakhévitch. Direi poi che Venom, Mercyful Fate, Bathory e Tormentor sono le nostre principali ispirazioni comuni, per i testi sicuramente i Master’s Hammer, per le chitarre devo molto ai Black Sabbath e ai Judas Priest. Un’altra fronte di ispirazione è il folklore slovacco, cui però mi approccio in modo totalmente differente rispetto agli abominii folk metal. Poi, ancora, ci sono le colonne sonore – spesso punto a un’atmosfera cinematografica nelle nostre canzoni, ispirandomi ai vecchi film cecoslovacchi e alle colonne sonore degli horror anni Settanta, la maggior parte dei quali vengono proprio dalla vostra Italia! Per i testi mi rifaccio alle leggende locali, al folklore e alla storia, spazio da canzoni locali a poesie del romanticismo slovacco.

 HAI PIÙ O MENO TRENT’ANNI. QUANDO SEI NATO, LA REPUBBLICA CECA E LA SLOVACCHIA ERANO ANCORA UNA NAZIONE UNICA, E BAND COME MASTER’S HAMMER E ROOT ERANO TRA I CAPOSTIPITI DELLA MUSICA ESTREMA. QUAL È IL TUO RAPPORTO CON QUELLE RADICI MUSICALI?
– Nella band abbiamo tutti tra i trenta e i quarant’anni, io sono il più giovane, ma ho un lungo rapporto con il metal, grazie a un fratello maggiore che mi ha introdotto a questo genere da piccolissimo. Ho quindi piccoli ricordi dei ‘giorni gloriosi’ della scena cecoslovacca, sebbene tutto sia poi svanito in fretta. Il metal qui è stato molto popolare per diverso tempo, specialmente negli ultimi attimi del vecchio regime comunista, quando prevaleva un’atmosfera ribelle – quindi mi ci sono ritrovato dentro come un risultato inatteso del cambiamento post regime, che è svanito a metà anni Novanta, con l’emergere di altri generi. Data l’età, ovviamente non ho assistito a concerti, mi limitavo ad ascoltare i dischi di mio fratello o a leggere le fanzine che riuscivamo a trovare. Un ricordo fondamentale, per me, è la raccolta “Ultra Metal”, grazie alla quale ho scoperto band come Master’s Hammer, Morrior o Debustrol. Quello che ammiro di quegli anni è che le band locali avevano uno stile proprio, a cui contribuivano diversi fattori: l’uso della lingua madre, produzioni stranissime derivate dall’inesperienza degli studi di registrazione con questo genere e la mancanza di attenzione alle regole, elemento tipico dell’Europa dell’est. E tutto questo si è perso dalla fine degli anni Novanta, quando tutti hanno iniziato a imitare le band straniere, portando ad azzerare l’originalità. E questo succede tuttora, a parte poche eccezioni.

 SE DOVESSI DESCRIVERE LA TUA MUSICA A UN NUOVO ASCOLTATORE, DIREI CHE I MALOKARPATAN SONO BLACK METAL DELLA VECCHIA SCUOLA NELL’ATMOSFERA E NEI TEMI LIRICI, MA CON UN APPROCCIO PURAMENTE HEAVY METAL NEL SUONO. COSA NE PENSI?
– Per me il black metal è un genere senza barriere, a patto che lo si mantenga idelogicamente ‘black’ e musicalmente ‘metal’: quindi puoi farci pressoché quello che vuoi, se rispetti queste regole basilari. La nostra musica prende principalmente ispirazione dall’heavy metal classico degli anni Ottanta, che era comunque interconnesso con il black primordiale, dai Venom ai Mercyful Fate, passando per dischi come “666” dei Kat o “The 7th Day Of Doom” dei Tormentor. Noi non facciamo altro che proseguire in questa semi-dimenticata tradizione, non è colpa nostra se la maggior parte delle persone, oggi, ritiene che il black metal debba suonare come “Panzer Division Marduk”: penso che le band black metal dovrebbero guardare un po’ di più al debutto dei Black Sabbath, piuttosto che alle esibizioni di blastbeat.

 HAI GIÀ DETTO CHE AMI LE COLONNE SONORE DEGLI ANNI SETTANTA, SPECIE ITALIANE. CONOSCI E APPREZZI ANCHE LA NOSTRA STORICA SCENA HORROR ROCK / METAL?
– Assolutamente! Se guardi bene, nelle nostre foto promozionali indosso una maglietta di “Land Of Mystery” dei Black Hole, che album incredibile. Amo anche tutti gli altri classici, come i primi Death SS, Paul Chain, Run After To, The Black, Requiem, ma anche i nomi relativamente più recenti come Tony Tears – il suo ultimo disco è uno dei più begli album metal degli ultimi tempi, purtroppo completamente ignorato da quelle masse che preferiscono farsi affascinare dai Batushka o simili baracconate da circo. Anche  Mortuary Drape, Necrodeath e Bulldozer  sono tra le mie influenze; ovviamente poi ci sono anche i meravigliosi album del prog più oscuro italiano, come  “Zarathustra” dei Museo Rosenbach, o tutti i maestri delle colone sonore horror: Goblin, Stelvio Cipriani, Bruno Nicolai, Fabio Frizzi, Riz Ortolani, Nora Orlandi… C’è qualcosa di arcano e misterioso in tanta musica italiana, che mi fa solo esprimere il più assoluto rispetto.

È PURTROPPO SALTATA LA TOURNÉE CHE AVEVATE IN PROGRAMMA ASSIEME AI CULT OF FIRE. SPERANDO CHE I CONCERTI POSSANO RIPRENDERE PRESTO, CHE TIPO DI SPETTACOLO POTREMO ASPETTARCI?
– Un concerto metal! Avevamo previsto dei pannelli a tema sulla storia della stregoneria, ma di fondo il fulcro dei nostri concerti è la musica; i Culti Of Fire hanno un approccio molto più visuale, quindi penso che sarà una bella combinazione, perfetta per rappresentare appieno il black metal dell’ex Cecoslovacchia, anche se siamo molto diversi tra noi.

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