Nel giro di un paio d’album il due tedesco dei Mantar si è messo favorevolmente in luce nel panorama sludge/hardcore grazie a un suono pesantissimo, oscuro e maledettamente groovy, un concentrato di malevolenza e sordidi istinti che ha catturato prima l’attenzione della finlandese Svart, quindi quella della rinomata Nuclear Blast. Una scalata ai piani alti della scena extreme metal internazionale che non ci ha lasciato indifferenti e che dal nostro punto di vista trova buone giustificazioni nel materiale urticante e a presa rapida dei due full-length, l’ultimo dei quali, “Ode To The Flame”, va a spostare il baricentro sul metal estremo propriamente detto, abbandonando in parte il crogiuolo di influenze antitetiche caratterizzante “Death By Burning”. Il chitarrista/cantante Hanno ci racconta il favorevole momento della band e ci illustra il pensiero suo e di Erinc, il batterista unico suo compagno in questa esaltante avventura.
NEI DUE ANNI TRASCORSI FRA “DEATH BY BURNING” E “ODE TO THE FLAME” LE COSE SI SONO MOSSE MOLTO VELOCEMENTE PER VOI. AVETE TENUTO MOLTI CONCERTI E GUADAGNATO UN CONTRATTO CON LA NUCLEAR BLAST, CONQUISTANDO UNA CERTA VISIBILITÀ. COME AVETE VISSUTO QUESTA EVOLUZIONE? AVETE SENTITO ADDOSSO UN PO’ DI PRESSIONE QUANO AVETE INIZIATO A SCRIVERE PER IL NUOVO DISCO?
“Non eravamo sicuri di voler realizzare un altro album. Non avevamo il tempo di fermarci un attimo e rifletterci. Abbiamo finito per crearlo senza nemmeno averci pensato granché e credo fosse l’unica maniera possibile affinché ‘Death By Burning’ avesse un successore. Se permetti ad altre persone, ai fan o chiunque altro di intromettersi e di influenzare quello che ti passa per la testa, inizi a sentire la pressione su di te e vai in ansia: in tal caso, è meglio che lasci perdere. Volevamo ottenere nuovo materiale e speravamo potesse uscire qualcosa di veramente buono, come poi è effettivamente accaduto. Non fossimo riusciti a creare qualcosa di cui fossimo stati soddisfatti noi per primi non avremmo pubblicato nulla. Non abbiamo registrato demo, pre-produzioni o altro per convincere una label, abbiamo firmato con Nuclear Blast a disco completato, anche se prima di averlo finito avevamo ricevuto molte offerte da varie label. Però volevamo prima essere sicuri della bontà del prodotto. Il difficile, quando hai ricevuto ottimi riscontri per il primo disco, è riuscire a soddisfare le aspettative col secondo senza ripeterti e senza, per contro, modificare eccessivamente il tuo stile. Se posso dare un consiglio a una band quando si trova in questa situazione, è di fottersene altamente di quello che pensa la gente e di fare soltanto di testa propria. Se poi alle persone quanto avremo concepito non sarà piaciuto, pazienza! Quello che scriviamo e suoniamo rappresenta il meglio di quello che siamo in grado di fare in quel preciso momento”.
CONFRONTANDO IL VOSTRO NUOVO ALBUM CON “DEATH BY BURNING”, MI PARE SIATE DIVENTATI PIÙ PESANTI E CUPI, DIMINUENDO IL NOVERO DELLE INFLUENZE MASTICATE E CONCENTRANDOVI SUL GROOVE E SU MID-TEMPO MOLTO AFFINI ALLO SLUDGE. SEI D’ACCORDO CON QUESTA ANALISI? QUALI SONO A TUO MODO DI VEDERE LE PRINCIPALI DIFFERENZE FRA I DUE FULL-LENGTH PUBBLICATI FINORA?
“Sono abbastanza sicuro che le persone che hanno amato il primo disco non saranno deluse da ‘Ode To The Flame’. Non abbiamo cercato di reinventare la ruota o di reinventare il nostro suono. Sappiamo cosa ci piace. Siamo una band semplice, dopo tutto. Tu in ogni caso hai sottolineato le cose che sappiamo fare meglio, siamo migliorati negli aspetti per noi di maggior gradimento e abbiamo tralasciato quelli che non ci dicevano molto. Il nostro secondo album rappresenta quello che siamo nel 2016, il meglio che possiamo realizzare oggi. La musica dei Mantar deve avere una sua speciale vibrazione, un groove e un’attitudine rock tutta sua. È vero, come hai affermato, che questo disco è venuto fuori più tenebroso e sinistro di quanto non fosse ‘Death By Burning’. Stavamo cercando, probabilmente, nuovi confini e limiti, uno di questi era quello di essere il più brutali possibile. In questi due anni abbiamo imparato che siamo bravi a mettere tanta forza nella nostra musica e quindi ci siamo ingegnati per essere più duri che in passato”.
ANCHE STAVOLTA SI SENTONO COMUNQUE MOLTE INFLUENZE DIVERSE CONFLUIRE NELLA VOSTRA MUSICA, MA IN QUESTO DISCO VI SIETE FOCALIZZATI SU UN MINOR NUMERO DI SOLUZIONI, DOTANDOVI DI MINORI VARIAZIONI RITMICHE E RIPONENDO UNA MAGGIORE ATTENZIONE ALLO SPETTRO ESPRESSIVO CONCESSO DALLA CHITARRA. VI SIETE COSCIENTEMENTE CONCENTRATI SU SPECIFICI ASPETTI DEL VOSTRO SOUND, DANDOGLI PIÙ IMPORTANZA DI PRIMA?
“Mi piace la musica tetra, oscura, quindi può darsi che più o meno coscientemente abbia appesantito e annerito il mio modo di suonare la chitarra. Con questo, non abbiamo neppure cercato di suonare sperimentali, né siamo andati a caccia di stranezze. Vogliamo mettere pressione, generare stress con le nostre canzoni, non ci interessa essere ‘artistici’”.
IN MOLTE CANZONI HO TROVATO TRACCE DI MELODIE DARKWAVE, CHE COMPAIONO NEL MEZZO DI RIFF RUVIDI E GRASSI, CREANDO UN’ATMOSFERA PIUTTOSTO STRANA, GRAZIE AL SINGOLARE CONTRASTO COL LATO BARBARO DELLA VOSTRA PROPOSTA. CREDI CHE LA DARKWAVE ABBIA AVUTO UNA GROSSA INFLUENZA NEL VOSTRO SONGWRITING? O È QUALCOSA CHE HA LAVORATO SU DI VOI, SULLA VOSTRA MENTE, A UN LIVELLO SUBLIMINALE?
“Non so se possiamo chiamarla ‘darkwave’ in senso stretto, certamente le melodie sinistre e dark mi piacciono molto, hanno una bellezza che la pura violenza da sola non può offrire. La combinazione di questi due aspetti è il segreto per comporre musica che abbia il suo fascino. Spesso è questo che traccia la differenza fra il black metal veramente geniale e il black metal che naviga nella mediocrità. Noi, dal canto nostro, abbiamo l’obiettivo di dare sempre alla nostra aggressione una certa eleganza”.
NON AVETE PERSO IL GUSTO PER I TITOLI DI CANZONE UN PO’ ATIPICI: PENSO A “OZ”, “ERA BOREALIS”, “SCHWANENSTEIN”. QUALI SONO I TEMI DI QUESTI PEZZI?
“’Oz’ riguarda un’urgenza primaria e un potere che risiedono all’interno di ciascun individuo: la volontà di sopravvivere. Alcuni ce l’hanno, altri no. ‘Era Borealis’ parla della lezione di non sfidare la morte e la sua finitezza. ‘La vita è un tumore’ sono le prime parole del testo: credo spieghino tutto da sé. ‘Schwanenstein’ parla di un dirupo nella nord della Germania dove tre ragazzi sono morti congelati negli anni ’50 durante una tempesta di neve”.
IL TITOLO DEL SECONDO ALBUM RICHIAMA DA VICINO QUELLO SCELTO PER IL PRIMO: COME SPIEGATE QUESTA FASCINAZIONE PER FIAMME E FUOCO? COSA RAPPRESENTANO PER VOI LE FIAMME, IN CONCRETO E DAL PUNTO DI VISTA SIMBOLICO?
“Abbiamo mantenuto questo collegamento al precedente album perché volevamo che passasse anche in questo caso il messaggio del potere universale di purificazione rappresentato dal fuoco. Il fuoco è eterno, ha la forza di ridurre ogni cosa al nulla e di spazzare via ogni tipo di malattia. La fiamma, inoltre, è il simbolo di una volontà di ferro. Della propria passione interiore. Non parlo in questo caso della passione immessa dall’artista nella propria arte o della passione infusa in un’altra attività. In questo caso pensiamo alla volontà di sopravvivere oppure a quella di distruggere tutto quello che ci circonda, in eterno”.
LA PRODUZIONE DI “ODE TO THE FLAME” È DENSA E CARICA, MA NON MANCANO LE SOTTOLINEATURE DELLE MELODIE, ACCANTO A UN ADEGUATO RISALTO CONCESSO ALLE BASSE FREQUENZE. COME AVETE LAVORATO PER OTTENERE QUESTO IMPATTO TENEBROSO, SENZA SACRIFICARE LA RESA DELLE PARTI PIÙ CATCHY?
“Come ti ho spiegato sopra, la violenza deve mantenere per noi un minimo di eleganza. Ma non siamo arrivati al risultato finale grazie a una rigorosa pianificazione, tutt’altro. Abbiamo provato, improvvisato, messo a posto qua e là, e alla fine è scaturito ‘Ode To The Flame’ nella forma che conosci tu. Non abbiamo cercato di scrivere ‘la canzone perfetta’. Questa sarebbe stata una missione destinata al fallimento. Rispetto a molte altre band di metal estremo, noi non ci dimentichiamo di scrivere canzoni vere, che possiedano una determinata struttura. Picchiamo duro, ma la canzone viene sempre prima di tutto il resto”.
LA COPERTINA DI “ODE TO THE FLAME” È MOLTO SEMPLICE, TUTTA NERA COL TITOLO POSTO NELLA PARTE ALTA. PERCHÈ NON AVETE SCELTO UN DIPINTO COME PER “DEATH BY BURNING”?
“Volevamo che fosse la musica a parlare da sola. Pensavamo anche che fosse figo presentare il disco in maniera così semplice, come se fosse un misterioso libro proibito. Molte persone cercano di attribuire chissà quali significati alle copertine, che è una buona cosa, ma stavolta pensavamo che essendo la musica all’interno semplice, grezza e molto diretta, tutto quanto ci stava attorno dovesse rispecchiare questa identità. Mi piace questo proposito, che è forse anche un po’ arrogante a dirla tutta. Non abbiamo nemmeno apposto il nome del gruppo sulla cover! Comunque, quando apri il vinile, al suo interno puoi ammirare uno splendido dipinto di un nostro caro amico, raffigurante Brema completamente in fiamme. Sembra un quadro medievale: è terribilmente epico!”.
QUALI SONO LE LEZIONI PIÙ IMPORTANTI CHE AVETE IMPARATO DURANTE I CONCERTI VISSUTI IN QUESTI ULTIMI DUE ANNI? QUAL È LA BAND CHE VI HA INSEGNATO PIÙ COSE?
“Non importa quanto provi: ogni show, ogni notte, è completamente differente. Alcune volte, nulla è perfetto e sicuro, l’importante è cercare di trarre il meglio da te stesso e di divertirti per quanto possibile. Al massimo, alle persone presenti capiterà di assistere al concerto di un gruppo che si danna l’anima e i cui musicisti sudano come maiali, piuttosto che a un’esibizione ‘perfetta’. Succede. Noi siamo reali, non sempre può essere tutto a posto come vorremmo”.
COME GESTITE L’ATTIVITÀ MUSICALE RISPETTO AL RESTO DELLA VOSTRA VITA, ORA CHE I MANTAR SONO DIVENTATI ABBASTANZA IMPORTANTI E AVETE PIÙ IMPEGNI CHE ALL’INIZIO DI CARRIERA?
“Non abbiamo al momento una gran vita al di fuori del gruppo. I Mantar ci assorbono completamente. Spero che a breve possiamo avere un minimo di respiro, ma per ora la situazione è questa. Col disco in uscita, ci siamo sobbarcati una mole incredibile di lavoro. Devo dire che ne è valsa la pena, quindi non mi lamento. Suoniamo così tanti concerti che quasi non proviamo nemmeno! Quando non siamo in tour o non abbiamo altri impegni legati ai Mantar, mi piace passare il tempo in Florida. Non necessito di tutta questa azione nella mia vita. È bello essere in giro a suonare, mi diverto, ma ogni tanto staccare da tutto quanto ci vuole”.
AVETE ASCOLTATO QUALCOSA FRA “DEATH BY BURNING” E “ODE TO THE FLAME” CHE VI HA DATO UNA DIFFERENTE PROSPETTIVA SULLA VOSTRA MUSICA?
“No, direi di no. Almeno, nulla di nuovo che ci abbia dato qualche ulteriore spinta creativa per la band. Quella al massimo ce l’hanno data i cari vecchi Bathory (risate, ndR)”.
QUAL È LA SODDISFAZIONE MIGLIORE CHE AVETE OTTENUTO IN QUESTI PRIMI ANNI COME MANTAR?
“Vedere quanto significhi questo gruppo per molte persone. Non importa dove si trovino nel mondo, questi individui hanno mostrato una forte dedizione ai Mantar. Riceviamo molta energia da parte loro. Ciò vale da solo tutti gli sforzi che profondiamo nella nostra musica, non diamo nulla di tutto questo per scontato. Avere l’opportunità di girare il mondo per la nostra attività è magnifico, ancora più bello è toccare con mano quanto venga apprezzato quello che facciamo. Lo diciamo anche per mostrare un grosso dito medio in faccia a tutte quelle band che non considerano questi aspetti e si prendono troppo sul serio. Si fottano”.
AVETE ALTRI PROGETTI AL DI FUORI DEI MANTAR? CI SONO ALTRI ARTISTI CHE VI PIACEREBBE COINVOLGERE IN FUTURO SU UN ALBUM DEL GRUPPO?
“Non abbiamo assolutamente spazio per altro adesso. Sono quasi contento quando non ho in mano una fottuta chitarra (risate, ndR). Le collaborazioni con altri artisti sono sempre possibili, anche se in questo caso dovrei pensare a qualcosa di particolare. Ogni tanto parliamo coi nostri amici Bölzer di fare qualcosa assieme, per ora si tratta soltanto di chiacchiere di poco conto e nulla più”.
QUALI SONO I VOSTRI PROGRAMMI FUTURI IN TEMA DI CONCERTI ?
“Suoneremo alcuni concerti singoli in Germania, poi passeremo ad alcuni festival in Europa e Nord America. Speriamo di vedere il maggior numero di persone possibile ai nostri show, viaggeremo in paesi dove non siamo mai stati prima, spenderemo buona parte dell’estate su e giù dagli aerei (l’intervista è stata svolta ad aprile, ndR). Dopo l’estate speriamo di organizzare un tour europeo e uno statunitense, ora che abbiamo due album da suonare live. L’importante è che continuiamo a divertirci, è il nostro obiettivo principale”.