“Very normal people”, per citare lo slogan di una nota radio di qualche anno fa. Very normal musicians, per essere più precisi, anche la sostanza non cambia: i belgi Marche Funèbre non sono qua certo per spalancarvi la porta di nuove forme di conoscenza metalliche, nè hanno l’ardire di portarvi verso dimensioni astratte che non riuscivate financo a immaginare.
Sono un gruppo saldamente con i piedi per terra, che ha costruito una solida e rispettabile discografia stando ben dento i canoni del death-doom metal dall’alone gotico e malinconico. Negli anni gli andamenti più lunghi, drammatici e prolungati sono stati lievemente asciugati, per offrirci un compendio di sonorità poetiche, accattivanti e dai toni sempre decisi e urgenti.
Una miscela che affonda le sue radici nei movimenti di Anathema, My Dying Bride e Paradise Lost, avendo costantemente a cuore l’orecchiabilità e chorus stentorei, pur denotando in ogni caso complessità di scrittura e profondità in ogni aspetto della musica.
Con “After The Storm” la band è riuscita a dare continuità allo splendido “Einderlicht”, probabilmente il loro apice compositivo finora: il nuovo disco si muove su quella falsariga, non sfolgorando per tutto il suo corso come l’immediato predecessore, eppure mantenendo intatta la semplice magia promanata dalla musica dei Marche Funèbre.
Una formazione che, più di molte altre nel circuito death-doom internazionale, pone poche difficoltà di approccio anche per i meno avvezzi ed entusiasti a queste sonorità.
Di questa nuova fatica e di altre considerazioni attorno alla proposta abbiamo amabilmente discusso con il cantante Arne Vandenhoeck (oltre a una breve comparsata del batterista Dennis Lefebvre).
“AFTER THE STORM” È IL SUCCESSORE DI UN ALBUM MOLTO IMPORTANTE PER VOI, “EINDERLICHT”. DEVO CONFESSARVI CHE È UNO DEI DISCHI CHE HO ASCOLTATO MAGGIORMENTE NEGLI ULTIMI ANNI. QUALE È STATO L’APPROCCIO AL NUOVO ALBUM? VOLEVATE PROSEGUIRE SULLA STRADA TRACCIATA DA “EINDERLICHT”, OPPURE PROVARE QUALCOSA DI DIVERSO?
Arne Vandenhoeck: – Anche noi siamo tutt’ora molto orgogliosi di quel disco. Quando abbiamo iniziato a scrivere nuova musica, abbiamo cercato di concentrarci sulle parti più doom e atmosferiche del nostro stile. Per farla breve, volevamo andare meno in territori death e black metal.
Il songwriting si è svolto secondo le nostre consuete modalità ‘vecchia scuola’, ossia partire da un singolo riff e quindi improvvisarci sopra, oppure siamo partiti da una canzone quasi completa scritta da qualcuno di noi, dopo di che ci abbiamo lavorato collettivamente per farla divenire un vero brano dei Marche Funèbre.
“AFTER THE STORM” MI PARE SEGUA UN’IDEA SONORA NON LONTANA DA QUELLA ESPRESSA IN “EINDERLICHT”, MA LO TROVO NEL COMPLESSO MENO IMMEDIATO E LEGGERMENTE PIÙ RUVIDO, PIÙ SPOSTATO VERSO IL DEATH-DOOM RISPETTO AI DUE ALBUM PRECEDENTI. SIETE D’ACCORDO?
Arne Vandenhoeck: – No, penso che “After The Storm” sia più focalizzato su un certo tipo di suono e compia meno ‘passi laterali’ verso altre direzioni e stili. Abbiamo anche prestato più attenzione ad alcuni dettagli della produzione, grazie alle qualità del nostro produttore Martin Furia. Certo, da questo punto di vista, se rapportate alle nostre più recenti produzioni, le chitarre possono suonare più ruvide, questo in effetti è lo si può percepire.
Dennis Lefebvre: – Penso che le differenze sonore siano collegabili soprattutto all’esserci avvalsi di un diverso produttore, oltre che aver registrato in un studio differente agli altri nostri dischi. Non l’abbiamo fatto apposta, in ogni caso, le piccole modifiche che puoi sentire ci sono venute con molta naturalezza.
PERCHÈ AVETE INTITOLATO IL DISCO “AFTER THE STORM”? QUAL È LA TEMPESTA CHE AVETE IMMAGINATO E DELLA QUALE PARLATE?
Arne Vandenhoeck: – La tempesta è una semplice metafora di tutte le cose negative che possono capitare a un individuo. Nel caso specifico, in più di una canzone si parla proprio di alcune mie situazioni di difficoltà recenti, che possono appunto essere considerate delle ‘tempeste’ attraverso cui sono passato.
Sotto un altro punto di vista, la tempesta potremmo pure associarla all’uscita dalla band del nostro ormai ex chitarrista Peter (Egberghs, in line-up fin dagli inizi e uscito dal gruppo nel 2023, ndr).
C’È QUALCHE ASPETTO DELLA VOSTRA MUSICA, PRIMA RIMASTO UN PO’ MARGINALE, CHE VOLEVATE METTERE IN LUCE E VALORIZZARE MEGLIO IN “AFTER THE STORM”?
Arne Vandenhoeck: – Tutto il contrario, a dire il vero. Questa volta volevamo un album che fosse al 100% Marche Funèbre, dove andavamo a perfezionare la nostra arte e le nostre principali caratteristiche, senza divagare. Penso abbiamo centrato l’obiettivo, ritengo “After The Storm” il nostro miglior lavoro fino ad oggi, si sente che un nostro album e non lo puoi confondere con nessun’altra band.
PER I TESTI, CI SONO DEI COLLEGAMENTI TRA I VOSTRI ULTIMI DUE ALBUM?
Arne Vandenhoeck: – L’argomento generale di “Einderlicht” era la capacità dell’uomo di porre fine egli stesso alla sua esistenza, ma c’erano anche due brani focalizzati su come le persone arrivano al termine della loro esistenza: si tratta di “Scarred” (che comunicava un po’ di speranza) e “Deformed (questa, al contrario, decisamente più pessimista).
Quell’album mette in fila cinque canzoni concentrate su vicende personali, mentre la sesta e ultima, la title-track, potrebbe essere vista come una prosecuzione proprio di “Scarred” e “Deformed”. Pronuncio addirittura una frase che le richiama: “I remain scarred and deformed”. Dopo quella frase c’è il grande finale del pezzo e dell’album, che infonde un po’ di luce nell’oscurità.
PENSO CHE, IN QUESTO CASO, PROPRIO LA TITLE-TRACK SIA LA CANZONE MIGLIORE DI “AFTER THE STORM”. POTRESTI ANDARE PIÙ IN PROFONDITÀ SU DI ESSA E SUI SIGNIFICATI DEL TESTO, AI QUALI HAI ACCENNATO NELLA DOMANDA PRECEDENTE?
Arne Vandenhoeck: – Non posso che ribadirti quanto già detto prima. I testi parlano di quella piccola luce che rimane sempre accesa, anche nei momenti peggiori, per coloro che la vogliono cercare. L’intero brano racconta di come si debba prima ‘preparare il palco’ (proprio come nel video che abbiamo realizzato per “After The Storm”), tenersi pronti: poi, nella seconda parte, ecco la forza della vita risorgere, rivendicando in un certo senso il suo posto nell’esistenza di una persona, con le cose belle che prima non c’erano.
COME SCEGLIETE QUALI DEBBANO ESSERE LE PARTI DA CANTARE IN GROWL E QUELLE DA AFFRONTARE CON IL CANTATO PULITO? COME BILANCIATE QUESTE DUE TIPOLOGIE DI VOCALITÀ?
Arne Vandenhoeck: – Nessun grande calcolo o ragionamento, è qualcosa che mi viene molto naturale. A volte facciamo dei tentativi, proviamo uno spezzone di canzone con l’uno o l’altro cantato, ma il più delle volte mi è chiaro da subito cosa funzioni meglio. Mi lascio semplicemente trasportare dalle sensazioni indotte dalla musica.
LA COPERTINA È ISPIRATA A UN LUOGO REALE, OPPURE IL LAGO LÌ DIPINTO DERIVA SOLO DALL’IMMAGINAZIONE DELL’AUTORE? CHI POTREBBE ESSERE LA FIGURA RITRATTA APPENA SOTTO IL LIVELLO DELL’ACQUA?
Arne Vandenhoeck: – L’artwork è un’opera d’arte di Brooke Shaden, ed è qualcosa che non abbiamo commissionato noi, era già nel suo catalogo. Lei è una fotografa digitale, con la quale abbiamo lavorato per tutti i nostri album. Ci è sembrata una scelta appropriata proseguire con lei per l’artwork anche per “After The Storm”, dato che questo sarebbe stato l’ultimo disco scritto con quella line-up, la stessa che aveva scritto e registrato anche gli album precedenti.
Siamo a nostra volta ‘annegati’ dentro quell’immagine, ci è piaciuta per i suoi colori e il paesaggio ritratto, inoltre abbiamo apprezzato il simbolismo racchiuso nelle due mani aggiuntive che ha la figura femminile sott’acqua.
SIETE RIMASTI UN GRUPPO CHE PRESERVA IL DEATH-DOOM NELLE SUE FORME TRADIZIONALI, AGGIUNGENDO ALCUNI INGREDIENTI IN GRADO DI RENDERLO PIÙ ACCESSIBILE E MENO BRUTALE DI COME NORMALMENTE ACCADA PER QUESTO TIPO DI MUSICA. QUALI SONO LE PECULIARITÀ DEL DOOM ALLE QUALI SIETE PIÙ AFFEZIONATI E CHE TROVATE PERFETTE PER ESPRIMERE IL VOSTRO SENTIRE ARTISTICO?
Arne Vandenhoeck: – Penso di poter parlare per tutti quanti nella band, in questo caso. Noi tutti amiamo il death-doom, con qualche variazione atmosferica e ritmica. Certamente questo si deve accompagnare a delle grandi melodie e ottime voci.
DURANTE LE REGISTRAZIONI IL VOSTRO CHITARRISTA STORICO PETER EGBERGHS HA FATTO UN PASSO INDIETRO DAL GRUPPO ED È STATO SOSTITUITO DA FRÉ DE SCHEPPER. QUESTO CAMBIAMENTO QUANTO HA INFLUENZATO LA REALIZZAZIONE DI “AFTER THE STORM”?
Arne Vandenhoeck: – A dire il vero le ricerche di un sostituto di Peter sono cominciate solo al termine delle registrazioni. Penso che, sapendo sarebbe stato il suo ultimo album con noi, Peter abbia cercato ancora più del solito di dare il massimo e ha dato un grande addio a una band che ha contribuito a formare ormai sedici anni fa. Non possiamo che ringraziarlo per questo. L’ultimo giorno trascorso in studio di registrazione il vecchio e il nuovo chitarrista si sono incontrati, c’è stato un vero e proprio passaggio di consegne.
Addirittura è stato Peter stesso a scattare la prima foto della nuova line-up con Fré. Speriamo che lui possa essere il nostro chitarrista per molti anni a venire. In passato aveva anche suonato in una band assieme al nostro bassista, a volte il mondo è proprio piccolo!
UNO DEI PRIMI CONCERTI TENUTI A SUPPORTO DI “AFTER THE STORM” È AVVENUTO IN COMPAGNIA DEGLI OFFICIUM TRISTE, CHE QUASI IN CONTEMPORANEA A VOI HANNO FATTO USCIRE IL NUOVO ALBUM “HORTUS VENENUM”. CI SONO DIVERSE AFFINITÀ TRA VOI E LORO, PUOI DIRCI QUALCOSA SUL RAPPORTO TRA I DUE GRUPPI?
Arne Vandenhoeck: – Ci conosciamo da molto tempo e abbiamo fatto alcuni piccoli tour assieme negli anni, come singoli show. C’è un profondo rispetto tra di noi, sia sul piano artistico che su quello personale. Per il loro venticinquesimo anniversario hanno realizzato un doppio album di gruppi che coverizzavano loro brani, e noi eravamo tra i partecipanti. Inoltre, hanno condiviso il palco con noi quando a nostra volta abbiamo festeggiato il quindicesimo anno di attività, coinciso con il concerto di addio di Peter. Ci stiamo ancora riprendendo dalle birre bevute quella sera (risate, ndr).
COME METALHEAD E ASCOLTATORE DI MUSICA IN GENERALE, QUALI SONO STATI FINORA I TUOI ALBUM PREFERITI DEL 2024?
Arne Vandenhoeck: – Per quest’anno gli album che mi sono piaciuti maggiormente sono “The Wishing Tomn” dei Counting Hours, “Nightfloating” deii Forgotten Tomb e “Fossil Gardens” degli Hail Spirit Noir.