MARILLION – Alla corte dei nuovi Re

Pubblicato il 09/11/2016 da

Si contano oramai sulle punta delle dita di una mano le band realmente capaci di scrivere nuova ed entusiasmante musica dopo oltre trent’anni di carriera, spesa tra incredibili successi commerciali, superbe vette artistiche, accompagnate talvolta da inevitabili fasi di stanca. I Marillion sono uno dei pochissimi esempi viventi, in grado di realizzare un’evoluzione sonora credibile e priva di ogni schema costruito a tavolino, rimanendo ben distanti dalle attuali logiche ‘usa e getta’ dell’attuale music business. Ai nostri microfoni risponde il gentile bassista Pete Trewavas, che fatica a contenere il giustificato entusiasmo scaturito da un disco meraviglioso come ‘F.E.A.R.’. Nonostante il tempo a disposizione sia relativamente limitato, il musicista originario di Middlesbrough si prodiga nel rispondere in maniera puntuale ed educata a quasi tutte le nostre domande, dimostrando di possedere una straordinaria dedizione ed impegno nel proprio (bellissimo) mestiere. 

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CIAO PETE, IMMAGINO TU SIA ESTREMAMENTE ECCITATO PER AVER REALIZZATO UN DISCO COSI’ INTENSO E RICCO DI SFACCETTATURE COME ‘F.E.A.R.’. I VOSTRI FAN DOVREBBERO SCOVARE QUALCHE PARTICOLARE SORPRESA AL SUO INTERNO O PUO’ ESSERE SEMPLICEMENTE INTESO COME IL NUOVO ALBUM DEI MARILLION?
“Sono assolutamente entusiasta del prodotto finale ottenuto dopo tre intensi anni di duro lavoro in ambito compositivo; ritengo che ‘F.E.A.R.’ sia, ad oggi, il disco più completo ed ispirato realizzato dai Marillion. Al suo interno, abbiamo distillato le migliori caratteristiche del nostro sound, in continua evoluzione dopo oltre trentacinque anni di carriera”.

A LIVELLO MUSICALE, QUALI SONO LE PRINCIPALI DIFFERENZE CHE EMERGONO TRA IL PRECEDENTE ‘SOUNDS THAT CAN’T BE MADE’ ED IL QUI PRESENTE ‘F.E.A.R.’?
“Penso che ‘STCBM’ sia un elegante contenitore di canzoni ideato sulla scia di ‘Afraid Of Sunlight’, mentre ‘F.E.A.R.’ può essere inteso come un tradizionale ed elaborato concept album di stampo progressivo. E’costituito da tre brani principali caratterizzati da una vasta gamma di melodie intricate, dalle quali emerge un lirismo tremendamente attuale e riflessivo”.

AVETE RICICLATO ALCUNE DELLE MIGLIORI IDEE SCARTATE DAL PRECEDENTE STUDIO ALBUM O VI SIETE RIMBOCCATI LE MANICHE E SIETE RIPARTITI DA CAPO CON I LAVORI?
“Di volta in volta avanzano sempre delle ottime idee e, in questo caso specifico, abbiamo incluso un paio di piccoli passaggi strumentali esclusi da ‘STCBM’, che mal si legavano in quel contesto, ma hanno curiosamente donato una marcia in più alla veste sonora di ‘F.E.A.R.'”.

QUALI SONO LE TEMATICHE CHE HANNO ISPIRATO I TESTI DEL VOSTRO NUOVO CAPITOLO DISCOGRAFICO?
“‘F.E.A.R.’ è l’acronimo di ‘Fuck Everyone And Run’, anche se credo che tu sia pienamente consapevole del significato di questo termine (ride, ndR). Abbiamo estratto il titolo dal ritornello di ‘The New Kings’, ma non voglio andare oltre Gennaro, credimi. Preferisco lasciare ai nostri fan il tempo necessario di leggere i testi, per poi crearsi un’opinione sugli argomenti che abbiamo trattato”.

L’IMMAGINE DI COPERTINA RIFLETTE IN QUALCHE MANIERA I TEMI TRATTATI E/O I PAESAGGI SONORI CHE AVETE SCOLPITO NELL’OPERA?
“Per questo album, come nel precedente, ci siamo avvalsi della collaborazione di Simon Ward, un preparatissimo art director nonché esperto web designer. Gli abbiamo consegnato tutte le liriche e, di lì a poco, Steve Hogarth gli ha svelato tutti i dettagli che si celano dietro il concept. In accordo con Simon, abbiamo poi realizzato una sorta di film, che utilizziamo come colonna sonora visiva per i nostri attuali concerti. Inoltre, Simon si è occupato dei video di altri tre brani come ‘El Dorado’, ‘The Leavers’ e ‘The New Kings’, mentre Tim Sidwell si è invece occupato del filmato di ‘White Paper’. In collaborazione con Jeremy Mason ci ha poi ripreso nei Real World Studio, per il video del brano ‘Living In FEAR’. Le immagini del libretto del CD e della confezione apribile del vinile sono proprio estratte da questi filmati”.

SIETE IN GIRO DA TANTISSIMO TEMPO E MI CHIEDO QUANTO SIA COMPLESSO REALIZZARE DELLE NUOVE IDEE PER OGNI CAPITOLO DI INEDITI…
“Collaboriamo da tantissimi anni e nel corso della nostra vita abbiamo realizzato ben diciotto studio album, un traguardo veramente incredibile se mi fermo un attimo a pensarci! D’altro canto, però, ci rispettiamo molto sia come persone, sia come musicisti, pertanto la maggior parte del tempo che trascorriamo insieme è sempre piacevole e ricca di spunti che ci permettono di plasmare idee sempre nuove e stimolanti. In questo caso, ci siamo ritrovati con il produttore Mike Hunter e gli abbiamo detto, senza troppi giri di parole che questo è il nostro diciottesimo disco e dobbiamo fare tutto il possibile, affinché risulti fresco ed attuale, non una fotocopia sbadita del nostro passato. Realizzare un disco come ‘F.E.A.R.’ non è stato affatto facile, in quanto ci siamo prefissati l’obiettivo di incidere un lavoro capace di stupire in ogni suo aspetto”.

QUALI SONO LE BAND CHE TI HANNO FATTO INNAMORARE DELLA MUSICA ROCK? NEL SENSO PIU’ AMPIO DEL TERMINE, OVVIAMENTE…
“Sono cresciuto ascoltando gruppi come The Beatles, The Rolling Stones, The Who, The Kinks, Small Faces e tutti gli altri eroi della cosiddetta ‘British Invasion’. In seguito ho scoperto espressioni artistiche più irruenti, coniate da realtà come Traffic, Alice Cooper, Led Zeppelin e Deep Purple. La mia passione per il rock progressivo è nata dopo aver scoperto due collettivi incredibili come Genesis e Yes: non credevo che potessero esistere degli esseri umani in grado di realizzare delle composizioni di quel calibro! Anche il jazz ha avuto un’enorme influenza durante i miei studi da musicista e penso che, all’epoca, compositori ed interpreti come Duke Ellington e John Dankworth siano stati assolutamente fenomenali nel loro genere”.

DIAMO UN RAPIDO SGUARDO A TUTTE LE CANZONI CHE HAI COMPOSTO O INTERPRETATO DURANTE LA TUA CARRIERA, PETE. QUALI SONO QUELLE DI CUI SEI PIU’ORGOGLIOSO?
“Direi che ‘Lavender’ è una strepitosa ballad, dotata di una melodia semplice ma tremendamente efficace. Adoro anche la rombante linea di basso su ‘Gazpacho’, mentre ‘Hard As Love’ e ‘The Great Escape’ svelano senza indugi il lato più trasversale dei Marillion. Penso inoltre che ‘Gaza’ sia una suite fenomenale, nonché uno dei tre episodi di cui vado più orgoglioso nella mia carriera di musicista”.

PENSI CHE LE ATTUALI TECNOLOGIE VI AIUTINO A MANTENERE UN FILO DIRETTO CON I VOSTRI FAN SPARSI PER IL GLOBO?
“Sicuramente, Gennaro. Credo che il nostro sito ufficiale sia ben concepito e costantemente aggiornato con news, aneddoti e mille altre cose. La velocità nella comunicazione al giorno d’oggi è un aspetto fondamentale della società odierna e noi, di certo, non abbiamo paura ad adeguarci a questi cambiamenti”.

AVETE IN PROGRAMMA PARECCHI CONCERTI NELLE PROSSIME SETTIMANE, PER PROMUOVERE IL NUOVO DISCO. IMMAGINO CHE PROPORRETE GRAN PARTE DEL NUOVO MATERIALE E MAGARI RISERVERETE QUALCHE GRADITA SORPRESA DI VECCHIA DATA…
“Esattamente, hai centrato il bersaglio (ride, ndR). Non vedo l’ora di suonare a Verona, una città meravigliosa di cui mi sono innamorato all’istante, non appena ho avuto il piacere di visitarla. Al termine del tour, ci prenderemo una breve pausa durante il periodo di Natale e successivamente ci daremo dentro con le prove, in quanto suoneremo dal vivo in Olanda, Inghilterra, Polonia e Cile. Torneremo poi in Europa ed affronteremo altri svariati concerti, eventi che devono essere ancora ufficializzati. Finalmente, durante l’estate andremo tutti in vacanza e, forse, riuscirò a metabolizzare questo incredibile periodo della mia vita professionale. Con enorme gratitudine nei confronti del nostro pubblico”.

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