MARTHE – Incubo di una notte di mezza estate

Pubblicato il 04/11/2023 da

L’esordio discografico di Marthe ha recentemente rappresentato uno scatto di carattere e creatività all’interno del roster della Southern Lord e del panorama underground.
La one-woman band italiana offre infatti un particolare e al contempo coeso mix di influenze, combinando elementi di proto-black, epicità e derive gothic e doom metal con la ruvidezza e la sensibilità del punk. Il risultato è un suono avvolgente e al contempo istintivo, che cattura l’attenzione distinguendosi per la sua energia cruda e per il taglio a suo modo ricercato delle composizioni. “Further in Evil” è insomma un’opera che non passa inosservata e che getta notevoli basi per il prosieguo di questo curioso progetto a cavallo tra più mondi musicali ‘estremi’.
Ne parliamo con la sola e unica responsabile, la polistrumentista e cantante Marzia, artista di multiforme talento – già in forza agli Horror Vacui, validissima realtà goth/death rock italiana, e altre formazioni underground della sfera punk – e persona decisamente disponibile e genuina.

QUALI SONO LE ORIGINI DEL PROGETTO MARTHE? SEI DA TEMPO ATTIVA NEL PANORAMA PUNK. COME SEI APPRODATA A SUONI PIÙ PESANTI E ATMOSFERICI? QUAL È STATA LA SCINTILLA CHE TI HA PORTATO FINALMENTE A CONCRETIZZARE QUESTO PROGETTO?
– Ci sono state due scintille, una pratica e una emotiva. Marthe, nella pratica, nasce per gioco in un momento in cui mi stavo appassionando al mondo dell’home recording, diciamo inizialmente con grandi speranze nerd per poi rendermi conto che una padronanza consapevole richiede enorme dedizione, studio e tempo, che (molto banalmente) non ho.
Ho quindi – diciamo – imparato a padroneggiare le basi e mi sono lanciata in mesi e mesi di sperimentazioni in solitaria, intraprendendo un percorso con me stessa di esplorazione sonora e interpersonale, fatto di momenti di riflessione e stesura testi, riff, giri salvati qua e là e messi insieme. Devo dire che è stata una fase emozionante di scoperta di una nuova dimensione del suonare, dato che da più di vent’anni ormai suono in gruppi con membri in carne ed ossa. Il famoso momento ‘per me’, un apostrofo metal tra le parole ‘vado a lavorare’ e ‘accolli di varia natura’.
Nel suo lato emotivo, Marthe viene concepita nel 2012 con due bozze di canzoni ispirate a due anelli (percorsi di trekking, ndr) che ho fatto in Lunigiana, scenari potenti che ti fanno pensare a “The Lake” di Bathory mentre li guardi. Mi è venuta voglia di avvicinarmi a sonorità più atmosferiche con tematiche che non fossero solo unicamente politicizzate, come invece accade con i miei altri gruppi, ma con cui potermi esprimere anche in modalità più introspettiva. È rimasto poi tutto a sedimentare fino al 2017, e nel 2018 è uscita la demo che è stata accolta con una carica che non mi sarei mai e poi mai aspettata. La mia community di Bandcamp è stata fenomenale e li amo e le amo alla follia, sono il top.

BATHORY, TIAMAT E AMEBIX VENGONO MENZIONATI NELLA PRESENTAZIONE DI “FURTHER IN EVIL”. QUALI SONO GLI ELEMENTI CHE PIÙ TI STANNO A CUORE DI CIASCUNO DI QUESTI ARTISTI?
– Bathory: per me, il mix perfetto di ogni elemento che apprezzo del metal, dalla pura estetica alle grafiche, dalla musica alla qualità delle registrazioni, dall’energia brutale a quell’adorabile cantato in pulito a tratti stonato che mi fa letteralmente sciogliere. “Blood and Iron” ha la intro che avrei voluto scrivere io nella vita. Colonna sonora di ogni viaggio, la prima cosa ad essere suonata in macchina o in cuffia è sempre Bathory.
Tiamat: chiunque sia vagamente malinconico non potrà non amare “Wildhoney”, per me uno dei dischi più tristi di sempre, il Mariottide del metal, per così dire. Se vado al mare non può non scapparci un ascolto con una lacrima: sono figlia di quella generazione che registrava canzoni in loop su cassetta per sentirle all’infinito e infliggersi pianti e malinconoie quando non si poteva sfogare le frustrazioni su un social o raggiungere il moroso di turno con un messaggio al cellulare dopo uno scontro. Mi è rimasto quel tratto di autoesclusione purificatrice mista a autolesionismo sonoro, e nei casi di forte sofferenza o riflessione parte SEMPRE “Wildhoney”.
Ha una particolarità poi molto struggente per me: i grilli come intro mi ricordano le nottate in campagna da mia nonna guardando le lucciole, senza cellulare, senza un cazzo di niente e da sola come una merda; una noia mortale, ma un ricordo indissolubile di un mondo che non c’è più. Quindi quando arrivano i grilli ritorna anche automaticamente l’odore immenso di quelle estate interminabili, tanto brutte quanto stupende, e automaticamente mi emoziono.
Amebix: ho ascoltato, respirato e suonato crust praticamente per metà della mia vita, quindi certe sonorità sono quelle che sento più mie, in termini di cupezza, suoni, testi e immaginario. Gli Amebix sono per me quelli che mescolano meglio gli elementi sopracitati con anche una punta di metal e riferimenti anche esoterici o legati alla simbologia naturalistica. Lo stile degli Amebix per me è irripetibile, una cappa nera graffiante, marcia e granitica.

COME SEI SOLITA COMPORRE I TUOI BRANI? PARTI DA UNA MELODIA, DA UN RIFF DI CHITARRA O ANCHE SOLO DA UN’IMMAGINE MENTALE?
– Di solito butto giù due schitarrate, aggressive se mi sento energica, lente se mi sento lenta.
Se parto con la stesura della batteria è perchè sono stata ispirata da un beat o da un pezzo in particolare, ma solitamente la batteria segue la chitarra. Poi inizio a fare una bozza che lascio decantare per qualche giorno e poi la riprendo, aggiungo qualcosa e mi rifermo. È facile che mi dilunghi perché mi riesce più facile tagliare le idee che trovarne di nuove o ampliarle: spesso ho intro molto lunghi che poi riduco via via. Se mi accorgo che mi viene da mandare avanti una intro o un finale, vuol dire che non funziona al 100% e intervengo. La voce parte sempre da una melodia mentale a cui provo poi a trovare assonanze, tipo “To Ruined Altars…”: il cantato l’ho inventato sul momento, eccezione fatta per il ritornello, che mi è venuto in mente in macchina.

HAI CURATO TUTTA LA COMPOSIZIONE DEL DISCO IN PRIMA PERSONA. QUALI SONO STATI I MOMENTI PIÙ ESALTANTI DI QUESTO PROCESSO? HAI POI VISSUTO ANCHE DEI MOMENTI DI IMPASSE DURANTE IL PERCORSO? QUALCOSA CHE TI HA FATTO METTERE IN DUBBIO LA RIUSCITA DEL PROGETTO?
– L’unica cosa che mi fa mettere in dubbio la riuscita del progetto è l’aspettativa che spesso si crea attorno a un disco, perché quello che esce piace a me ma poi, una volta fuori, ciascuno lo percepisce e rielabora in modo autonomo, quindi prende vita propria.
Curo tutto personalmente: la musica, i testi, i social, le foto, i video, tutti i concept, tutti gli oggetti per foto e video, le location, il merch… spero sempre di trovare soluzioni interessanti e piacevoli per chi mi segue usando un approccio principalmente DIY perchè è l’unico terreno su cui mi so muovere. Nel fare ciò, cerco di mantenere il focus su me stessa e su quello che mi piace fare, non sono un’appassionata di recensioni, commenti, valutazioni, ‘voti’ riguardo alla mia musica, perché finirebbero inevitabilmente per influenzare o alterare la mia percezione riguardo alla mia musica o al mio approccio personale. Voglio mantenere vivo in me il desiderio incondizionato di fare solo quello che mi va come mi va, perché ho già un lavoro in cui mi devo ‘adeguare’ e non ho intenzione di negoziare la mia libertà musicale.
Con gli altri gruppi è diverso, siamo in cinque, è una produzione di tutti. Qui sono io che mi metto a nudo da sola, ci metto la faccia nel vero senso della parola e consegno al mondo me stessa più che in qualunque altro modo. È un processo molto profondo per me.
L’unico momento di impasse è stato il covid, durante il quale, contrariamente a tantissime persone che hanno iniziato progetti musicali in casa proprio grazie al ritiro forzato, io non ho scritto una singola nota né nel 2020 né nel 2021. Essere chiusa in casa mi ha prosciugato di qualsiasi vena artistica, ma in compenso sono diventata una carpentiera e muratrice provetta.
I momenti più esaltanti sono quando chiudo il pezzo, lo riascolto e dico “merda, ma l’ho fatto davvero io?”.

COME HAI IMPARATO A SUONARE? QUAL È LA TUA FORMAZIONE MUSICALE?
– Dai nove ai quattordici anni ho frequentato la scuola di musica: suonavo pianoforte classico ed ero anche brava. Ho poi approcciato la chitarra classica, ma alla terza lezione ho scoperto i Nirvana e, vedendo che non serviva studiare per avere un gruppo, ho smesso di andare a lezione di musica immediatamente: l’urgenza era più forte della tecnica (me ne pento tantissimo!).
Come dico sempre: suono tutto, ma tutto male! Ho iniziato a suonare punk andando alle prove degli altri, sentivo l’attrazione di voler provare io stessa e sono partita con un gruppo riot molto marcio per poi continuare con altri gruppi sempre sul piantone del punk. Suono dal 1995 in modo più o meno attivo, il mio strumento principale è la batteria, perchè è quello che mi fa venire più voglia di impegnarmi. Suono la chitarra in modo abbastanza basico, spesso in Marthe avevo idea degli assoli che volevo mettere qua e là, li registravo prima ‘a voce’ poi piano piano li costruivo con la chitarra e infine li registravo.

C’È È UN DISCO – O ANCHE PIÙ DI UNO – CHE TI HA FATTO IN QUALCHE MODO PASSARE DA ASCOLTATRICE A ‘CREATRICE’? QUELLO CHE TI HA FATTO VENIRE IL DESIDERIO DI INIZIARE A COMPORRE E SUONARE MUSICA CHE FOSSE ‘TUA’.
– Sepultura – “Chaos A.D.”, ascoltato in modo incessante a volume terrificante con hair guitar megalomani assieme al mio bestie del tempo, Andrea – chitarrista degli Oreyeon, bravissimi! Ascoltateli! – nella mia cameretta al nostro paesello in terza media.

NELLA PRESENTAZIONE DEL DISCO HAI RACCONTATO UN ANEDDOTO DIVERTENTE SULLE REGISTRAZIONI. QUALCOSA CHE HA A CHE FARE CON LA VECCHIA CASA DI TUA NONNA E L’ARRIVO DELLA POLIZIA. PUOI RACCONTARCI COSA È ACCADUTO? HAI AVUTO ALTRE ESPERIENZE SIMILI IN CARRIERA?
– Le uniche altre volte che ero stata interrotta dalla polizia era durante le TAZ (zona temporaneamente autonoma o appunto TAZ, dall’inglese ‘Temporary Autonomous Zone’, ndR), non avrei mai immaginato di vivere un’esperienza simile a casa di mia nonna Teresa (risate, ndR)!
Ero in cerca di una location per fare esperimenti, lo studio in casa non era ancora finito e non mi andava una sala prove, perché se hai musica in cuffia ma canti si sente tantissimo da fuori e io non mi sentivo a mio agio. Decido tragicamente di usare la vecchia cantina di mia nonna in una casa sfitta da dodici anni e in aperta campagna con un solo vicino che però “non c’è mai” (cit. di mio papà). Invece non solo c’era, ma ha sentito urlare “una donna che viene torturata in una cantina abbandonata”, come riferirà ai carabinieri che sono arrivati facendo irruzione dopo una chiamata del suddetto vicino terrorizzato (che al momento è latitante per altri motivi…). Quindi mi hanno interrotto irrompendo in casa e ho dovuto finire il giorno dopo in macchina.
Per i fan dei dettagli: la versione della voce del momento preciso dell’irruzione è quella sul singolo di “Victimized”, uscita ad aprile 2022, ma solo per metà; l’altra metà l’ho finita in macchina appunto, e presente solo in cassetta, mentre per il disco la voce è stata riregistrata.

DI COSA PARLA “FURTHER IN EVIL”? CÈ È UN ‘CONCEPT’ ALLA BASE DEL DISCO?
– L’ho scritto in un momento in cui ero molto ferita. Parla di quello: emotivamente, sentimentalmente, umanamente. Sentirsi lasciati soli dalle persone che si amano e verso le quali si nutrivano aspettative di affetto e cura, traditi nei propri sentimenti, sentirsi coglioni per avere sempre troppo investimento affettivo e non saper tutelare prima se stessi e poi gli altri. Il sentimento predominante però è quello di essere stati buttati via da qualcuno, quindi il non riuscire ad attribuirsi valore.
È un’introspezione sul fondo del barile, diciamo; si chiama “Further In Evil” per simboleggiare idealmente il costruirsi una corazza che ci renda meno sensibili e fragili, per tutelarci. È previsto però sempre un barlume di speranza, ricominciando a vedere la luce e il bel tempo perché, come dicono gli Amebix, “the darkest hour is always before the dawn”.

TRA LE FONTI DI ISPIRAZIONE CITI ANCHE LA NATURA E IL TREKKING. DA PATITO DI ALPINISMO, TI CHIEDO QUALI SIANO I TUOI SENTIERI/MONTAGNE PREFERITI.
– Sono una camminatrice da panino io, non vorrei creare troppe aspettative (risate, ndR)!
I miei itinerari preferiti sono legati alla mappa dei porcini della Lunigiana più impervia, quindi tutto l’arco appenninico lunigianese. Amo il trekking nella costa ligure (sono originaria di lì) perchè aspro e a picco sul mare. Mi piace anche l’Appennino modenese e dell’Abetone.
Un sogno che voglio approfondire è il trekking sulle panie, nella zona della Garfagnana, cercando gli itinerari più adatti a me e alle mie capacità. Non sono mai stata a fare trekking sulle Dolomiti, vorrei recuperare. Ho amici molto più esperti di me che sono così gentili da condurmi spesso alla scoperta di luoghi meravigliosi, vorrei ringraziare Estremo, Martina e Enrico per questo, per avermi fatto passare giornate stupende generalmente in compagnia di Silvia, con la quale in questi momenti raccogliamo le idee per i video che poi facciamo (lei è la ‘mia’ ph e video esperta per quel che riguarda lo ‘schermo cinematografò’ cit.).
La frase “at the bonfire you’ll see, how dark the night is” di “Don’t Step On My Grave” l’ho scritta dormendo al bivacco di Pian dello Stellaio con alcuni dei sopracitati. Era un buio allucinante!
Un ricordo indelebile è stata la camminata all’altare megalitico del Monte Forato (ad oggi non lo ritroverei mai). Da anni ho fondato la pagina Hiking Metal Punx con ambizioni di condivisione itinerari megalomani, ma di base ritrovo di appassionati di musica e hiking, ispirata alla canzone di Darkthrone.
Vorrei avere più tempo per fare hiking e, sebbene il mare sia uno dei miei ambienti preferiti, devo dire che i laghi di montagna mi ispirano tantissimo.
Amo andare al Rifugio Monte Acuto e godere della compagnia di quello stupendo pastore apuano! Mi piace anche fare hiking per castelli, borghi e urbex.

HAI ANCHE MENZIONATO CERTI VECCHI FILM HORROR ITALIANI. QUALI SONO I TUOI PREFERITI E COSA AMI IN PARTICOLARE DI QUESTE PELLICOLE?
– Ora ho una fase maniacale di cinema horror Italiano da fine anni Cinquanta in poi. Mi piace tutto il filone gotico, per ora in fissa con l’immaginario della “Maschera Del Demonio”, sto cercando di rivederli tutti in ordine e quello che mi piace di più sono le ambientazioni, i castelli, le donne misteriose con i candelabri, i lunghi capelli (“della morte”), la luna su scenografie tempestose, la raffinatezza dei loro modi di parlare e muoversi, quel fare oscuro e misterioso.
Mi sto dedicando alla scrittura di finte soundtrack di finti film horror con un altro progetto, molto amatoriale. Forse ho giocato troppo con “Brivido” da piccola: sono sempre stata affascinata dal gotico, quindi se c’è un castello sono felice, anche perchè nella mia zona ve ne sono tantissimi. Uno dei luoghi di ispirazione per Marthe è il Castello del Piagnaro a Pontremoli e l’annesso museo delle statue Stele: ci passo ore, ci vado sempre.

COME SEI ENTRATA IN CONTATTO CON LA SOUTHERN LORD? ARRIVANDO DA UN BACKGROUND FORTEMENTE DIY, COME TI TROVI A LAVORARE CON UN’ETICHETTA DI QUESTO SPESSORE?
– Ho mandato una demo alla loro pagina nella sezione “Demo Submission” a Giugno 2022.
Non conoscevo nessuno collegato a SL, proprio perché non ho mai collaborato con nulla che non sia DIY e non ho conoscenze in un tipo di ambiente più grande, dato che sono attiva solo nella mia piccola bolla. A dire il vero, sono stata spronata da Agipunk a farlo: mi aveva già fatto uscire il primo disco ed ero orientata in questa direzione anche per il secondo, ma mi ha fatto notare che un’etichetta più metal avrebbe fatto più al caso mio, quindi mi ha suggerito di provare, tanto non avevo nulla da perdere.
Ho googlato ‘metal labels that accept demos’ e ho ovviamente trovato Southern Lord in questa lista di trentacinque nomi. Era quella a cui mi sentivo più affine, anche perché avevano già fatto uscire gruppi come gli Agrimonia e i Wolfbrigade, che conosco bene come genere, quindi ho pensato che poteva essere attinente. Ho compilato il form e mandato il link di “Victimized”, singolo appena uscito, e la roba vecchia. Dopo un paio di giorni sono stata contattata e mi ha fatto molto piacere, perché non mi sarei mai aspettata di avere fortuna, di solito queste cose sono un buco nell’acqua.
Devo dire che mi trovo benissimo perchè sono tutte persone che arrivano da questo background, quindi ci capiamo; hanno solo più attenzione ai dettagli e in termini di organizzazione del processo, nonché una cura e una professionalità enorme. Io sono abbastanza precisa, quindi cerco di rendere la comunicazione il più agile possibile; inoltre mi sento riconoscente per aver avuto questa opportunità e soprattutto per la scommessa che hanno fatto a investire artisticamente in un progetto che non fa live, sconosciuto, autoprodotto, lasciandomi libera di integrare anche un messaggio di appartenenza ideologico per me importante, soprattutto in ambito metal.
Questa cosa è assolutamente punk dal mio punto di vista, il loro approccio lo è nonostante la label sia grande, le persone che ci sono dietro sono stupende. Ho imparato tante piccole cose molto importanti su come programmare le uscite, mi piace la cura del dettaglio, vedo in me un percorso di consapevolezza e crescita artistica e umana che non mi sta cambiando ma arricchendo.

HAI SOTTOLINEATO COME MARTHE SIA UN PROGETTO DA STUDIO, SE NON ADDIRITTURA CASALINGO. PENSI QUINDI CHE SUONARE DAL VIVO SIA QUALCOSA DA ESCLUDERE A PRESCINDERE?
– Lo farò, se ci sarà interesse, e soprattutto se riuscirò a avere una routine costruttiva di prove: compongo, registro, canto finchè non esce come voglio; mixo poi chiudo il progetto e passo a un altro pezzo. Devo incastrare l’idea delle prove nella mia vita congestionata, e capire se sarò in grado di reggere un concerto intero, perchè sono batterista, ma Marthe mi vedrebbe alla voce e devo assolutamente fare un investimento in termini di padronanza. La squadra però è eventualmente già formata.

“FURTHER IN EVIL” È UN BEL TRAGUARDO. QUALI ASPETTATIVE NUTRI NEI CONFRONTI DI QUEST’OPERA? QUANDO POTRÀ ESSERE CONSIDERATA UN ‘SUCCESSO’ PER TE?
– Per me personalmente è già un successo perchè a me piace: sono ipercritica solitamente, ma non questa volta. Sono soddisfatta del disco e del mio upgrade: sento esattamente i miei miglioramenti in moltissimi punti specifici, ma sono cose legate al mio costrutto e songwriting, nonché nella voce e nella registrazione.
L’unica aspettativa che ho è che l’etichetta sia soddisfatta del risultato e che la gente lo accolga in modo rilassato: io non penso di essere la nuova qualcosa, di aver inventato niente, di fare il nuovo ‘qualcos’altro’ o di proporre chissà quale svolta o novità; sono una persona che lavora un sacco e nel tempo libero si diverte a suonare, non ho inventato nulla. È un disco, un bel disco per quel che mi riguarda, che spero darà la forza o l’ispirazione ad altri e altre o che sarà di compagnia, tutto qui. Vorrei rilassatezza nell’accoglierlo. Spero piaccia.

STAI GIÀ COMPONENDO NUOVA MUSICA PER UN SUCCESSORE DI “FURTHER IN EVIL”? DOVE TI STA PORTANDO L’ISPIRAZIONE?
– Ho il telefono PIENO di note per i testi e pezzi di riff cantati nelle note vocali, nonchè quaderni di appunti. Non vedo l’ora di iniziare, ma per come sono fatta io devo aspettare l’uscita ufficiale di questo, chiudere il cerchio e iniziare a mente sgombra.

OLTRE AL DEATH ROCK/POST PUNK DEGLI HORROR VACUI, A COS’ALTRO TI STAI DEDICANDO ULTIMAMENTE? CI SONO ALTRE ATTIVITÀ O PROGETTI CHE BOLLONO IN PENTOLA?
– Da poco sono passata dalla chitarra alla batteria negli Horror Vacui, e questo sta riscrivendo il mio modo di approcciarmi allo strumento, avendo per tutta la vita suonato d-beat e hardcore. Questo mi sta impegnando molto nel poco tempo libero, anche perchè sono molto esigente alla batteria (compatibilmente poi con il fatto di essere autodidatta), quindi stiamo componendo nuove canzoni ed è tutto molto frizzante.
Ho altri progetti, ma sempre in solitaria, non ho intenzione al momento di avere altri gruppi con altre persone, anche se vorrei di nuovo suonare punk velocissimo. Non ci posso credere che al momento non ho un gruppo punk, mai successo.
Mi sto dedicando sporadicamente al progetto Ad Cryptas, in cui scrivo soundtrack o singoli di vario genere, ma principalmente con il synth. Dopo la composizione di “Embers”, il B-side last minute di “Victimized”, ho iniziato ad amare i momenti di scrittura notturna al synth o al pc, anche se sono totalmente neofita. Ho scritto alcune cose uscite in edizioni limitate, anche sotto lo pseudonimo di Simonetta Frixi, per i motivi cinematografici e horror di cui parlavamo prima. Credo che da vecchia – vecchia per davvero, non come adesso, se ci arrivo – mi occuperò principalmente di questo: colonne sonore e sonorizzazioni.

0 commenti
I commenti esprimono il punto di vista e le opinioni del proprio autore e non quelle dei membri dello staff di Metalitalia.com e dei moderatori eccetto i commenti inseriti dagli stessi. L'utente concorda di non inviare messaggi abusivi, osceni, diffamatori, di odio, minatori, sessuali o che possano in altro modo violare qualunque legge applicabile. Inserendo messaggi di questo tipo l'utente verrà immediatamente e permanentemente escluso. L'utente concorda che i moderatori di Metalitalia.com hanno il diritto di rimuovere, modificare, o chiudere argomenti qualora si ritenga necessario. La Redazione di Metalitalia.com invita ad un uso costruttivo dei commenti.