Con il solito carico di malumori da parte dei fan della prima ora e il sostanziale beneplacito di chi ha cominciato a seguirli a partire da “Crack The Skye”, “Once More ‘Round The Sun” è nella top five degli album più discussi del 2014. I dati di vendita, che hanno visto l’ultimo disco dei quattro entrare nella top ten di Billboard, sembrano dar ragione a Brann Dailor e compagni, lanciati in una dimensione mainstream che calza oramai a pennello a musicisti nati nell’underground e che stanno vivendo questa ondata di popolarità mantenendo i piedi ben saldi a terra. Ne abbiamo avuto la riprova nel corso della chiacchierata avuta poche ore prima del concerto al Fabrique di Milano con Troy Sanders, concessoci per un’intervista face-to-face solo per pochi minuti ma molto prodigo di informazioni sulla stretta attualità – e non solo – in casa Mastodon.
“ONCE MORE ‘ROUND THE SUN” È RIFERITO A QUELLO CHE AVETE VISSUTO NELL’ULTIMO PERIODO NELLA VOSTRA VITA PRIVATA E STANDO IN TOUR ASSIEME?
“È un titolo che può voler dire molte cose, siamo aperti a diverse interpretazioni. Per noi significa aver concluso un altro ciclo di lavoro, aver compiuto un altro lungo tour e un lungo processo compositivo. Dopo ‘The Hunter’ siamo stati in tour due anni e un altro anno lo abbiamo impiegato per mettere a punto il nuovo album. Il titolo si riferisce proprio a questo percorso, a quello che è avvenuto e si è sedimentato nell’ultimo triennio ed è servito ancora una volta per promuovere al meglio il disco precedente e dare alla luce quello appena uscito. Raccontiamo in poche parole questa nuova avventura, quello che abbiamo visto e vissuto e ci ha portato a creare nuova musica”.
CON L’ULTIMO ALBUM AVETE SEGUITO LA STRADA APERTA CON “THE HUNTER”, RECUPERANDO IN PARTE, A MIO AVVISO, ALCUNE ATMOSFERE DEI PRIMI ALBUM E IN GENERALE UNA MAGGIORE SOFISTICATEZZA. AVETE PROVATO CONSAPEVOLMENTE AD ALLONTANARVI, IN PARTE, DALLE STRUTTURE MOLTO DIRETTE E ROCK DEL PREDECESSORE?
“Direi di no, non pianifichiamo come dovrebbe suonare la nostra musica. Le nostre canzoni arrivano da una singola idea venuta a uno di noi quattro, un riff, un abbozzo di brano, sul quale ci mettiamo a lavorare tutti assieme per cercare di dargli uno sviluppo e modellarne la forma definitiva, aggiungendo ogni elemento che serve per passare dall’idea originaria al risultato finale. Non teniamo alcuna riunione per decidere che il nuovo album sarà, per esempio, molto epico e complesso, oppure semplice e corto. Lasciamo scorrere con naturalezza la musica, cercando di cogliere nel flusso di note ciò che ci dà le vibrazioni migliori e di tenere buono soltanto quello che ci emoziona davvero. Il suono deve crescere in maniera organica, naturale, non deve essere forzato. Determinare a priori se vogliamo arrivare a canzoni molto semplici o profonde per noi non ha senso”.
NELLA RECENSIONE DI “ONCE MORE…” HO SCRITTO CHE ORMAI VI SIETE RITAGLIATI UN RUOLO DI PRIMO PIANO NELLA GRANDE TRADIZIONE ROCK STATUNITENSE, ALLA PARI DI GRUPPI COME ZZ TOP, LYNYRD SKYNYRD, METALLICA. COSA PENSI ABBIATE IN COMUNE CON QUESTE BAND?
“Tutti e quattro nel gruppo siamo cresciuti con loro ed adoriamo ZZ Top, Lynyrd Skynyrd e Metallica. Sono tre formazioni che hanno scolpito buona parte del nostro percorso di crescita e sono punti in comune nella cultura musicale di ognuno di noi. Siamo dei grandi fan del rock Anni ’70, dei suoni che si usavano in quel periodo, del modo di comporre, della strumentazione. I nostri due chitarristi nonché principali compositori, guarda caso, hanno come band preferita una di quelle che hai citato: per Brent sono gli ZZ Top, per Bill sono i Metallica! La grossa ascendenza del classic rock, di tutto il rock’n’roll sulla nostra musica, non ci fa mai dimenticare però che noi siamo i Mastodon e vogliamo suonare soltanto come noi stessi, senza assomigliare a nessun altro. Non abbiamo alcun timore a dichiarare le nostre influenze principali, ma non abbiamo alcuna intenzione di essere uguali alle band storiche che ci hanno ispirato”!
“DIAMOND IN THE WITCH HOUSE” RICORDA ALCUNE SUITE CHE CI AVETE PROPOSTO NEGLI ANNI, COME “HEARTS ALIVE”, “THE CZAR”, “THE LAST BARON”. NEL TESTO RITORNATE A PARLARE DEL MARE COME UN ELEMENTO DI PURIFICAZIONE, E ABBIAMO A CHE FARE NUOVAMENTE CON I PENSIERI DI UNA PERSONA PERSA NELLO SCONFORTO, NEL CAOS, NELLA MANCANZA DI SPERANZA. VOLEVO SAPERE SE C’ERA QUALCHE ASPETTO AUTOBIOGRAFICO LEGATO ALLE LYRICS DEL BRANO, OPPURE SIETE STATI ISPIRATI DA FATTORI ESTERNI, COME LIBRI CHE AVETE LETTO O FILM CHE AVETE VISTO.
“Il tema di ‘Diamond…” è quello della riflessione, dell’autoanalisi, un’indagine sui propri sbagli, sulle conseguenze avute da tali azioni sulle altre persone, cosa si sarebbe potuto fare meglio. Mentre stavo scrivendo il testo di questo pezzo, ho visto il disegno di un fiume inquinato, dove verso una sponda c’erano tutte le sostanze nocive rilasciate nell’acqua, e dall’altra parte scorreva l’acqua pulita. Un individuo assomiglia a questo fiume: con le azioni sbagliate inquini la tua esistenza, la tua anima, le relazioni con gli altri e lasci che la corrente di acqua pulita si riduca. Non sempre siamo in grado di vedere il grande disegno della nostra vita nella sua interezza, così a poco a poco la riempiamo di spazzatura e cancelliamo l’acqua pura dallo splendido fiume che l’esistenza di ogni singolo individuo dovrebbe essere. Le lyrics di ‘Diamonds…” sono interamente giocate su questa metafora. Dimenticavo: non è un processo irreversibile, l’importante è accorgersi per tempo di quello che sta accadendo, fermarsi, capire i propri errori e correggere il modo in cui si sta vivendo per far rinascere di splendore il fiume e ridurre le tossicità che infestano la vita di ognuno di noi”.
NON AVESSI INTRAPRESO LA CARRIERA DI MUSICISTA, COSA TI SAREBBE PIACIUTO FARE NELLA VITA? PER QUALE LAVORO TI SENTIRESTI PORTATO?
“Fortunatamente i Mastodon ci consentono di vivere di musica e di non avere altro a cui pensare, perché non saprei proprio cosa risponderti! Mi hai fatto una domanda che mi mette in seria difficoltà, facendo il musicista a tempo pieno da una vita non riesco a immaginarmi sotto una veste diversa! Probabilmente mi occuperei di qualcosa che riguarda l’intrattenimento o un’attività in aiuto dei più deboli, ma non sono in grado di individuare in modo preciso un mestiere che potrei svolgere al posto di quello di suonare il basso e cantare nei Mastodon. Dovessi cambiare lavoro, mi piacerebbe occuparmi di qualcosa che migliori la vita della gente, che permetta di far diventare il mondo un posto più bello in cui vivere”.
IN OCCASIONE DELL’ULTIMO ALBUM AVETE GIRATO DUE VIDEO, UNO PER “MOTHERLOAD” E UN ALTRO PER “HIGH ROAD”. SONO ENTRAMBI MOLTO IRONICI, PENSO ALLE RAGAZZE DISCINTE DI “MOTHERLOAD” CHE SEMBRANO USCIRE DA UN VIDEO HIP-HOP, O IL NERD CHE COMBATTE IN UNO SCENARIO DI GUERRA ALLA DUNGEONS AND DRAGONS IN “HIGH ROAD”. C’È QUALCHE SIGNIFICATO PARTICOLARE NEI DUE VIDEO, LEGATO ALLA VOSTRA SFERA PERSONALE MAGARI, OPPURE SI TRATTA SOLTANTO DI PURO INTRATTENIMENTO?
“L’obiettivo dei nostri video è quello di essere molto umoristici e di essere abbastanza interessanti da farsi guardare una seconda volta. I video hanno una vita utile molto ridotta, devono colpire immediatamente chi li guarda, altrimenti è inutile girarli. Nei nostri clip cerchiamo di essere divertenti, di avere degli elementi visivi che catturino l’attenzione, oppure che ci sia qualche elemento di bizzarria che possa distinguerli dagli altri. Qualcosa che faccia dire a chi lo ha visto, parlandone con gli amici: ‘Ho guardato il video di ‘High Road’, interessante, dovresti darci un’occhiata anche tu’. In un video di tre-quattro minuti, ci devono essere degli aspetti divertenti, eccitanti, strani, o almeno ridicoli (ride, ndR)! Con queste caratteristiche, il video potrò farsi ricordare un po’ di più rispetto al tempo ridottissimo di esposizione che di solito gli è concesso”.
COME SONO CAMBIATE LE VOSTRE ABITUDINI DI VITA CON LA CRESCITA DEL SUCCESSO COMMERCIALE DEI MASTODON?
“Quando siamo in tour, una situazione che riguarda la maggior parte del tempo dell’anno e che viviamo in maniera così intensa da almeno una decina d’anni, abbiamo una routine abbastanza tranquilla fuori dal palcoscenico. Se quindi ci stai immaginando come degli animali da party ubriachi tutte le sere, mi spiace ma ti sto dando una delusione. Cerchiamo di fare tutto con molta calma quando non stiamo suonando e di prendercela con comodo. Questo, intanto, perché sul palco ci mettiamo talmente tanta rabbia che dopo abbiamo bisogno di staccare completamente, di non proseguire sulla stessa lunghezza d’onda. E poi, se dovessimo esagerare con gli stravizi, ci ritroveremmo in poco tempo ad avere dei malanni, ad essere giù di corda, e la vita in tour e i concerti diventerebbe difficili da sostenere. Questa consapevolezza della nostra salute, del cercare di arrivare al momento di salire sullo stage nelle migliori condizioni di salute possibili, è arrivata con gli anni, con l’esperienza e la presa di coscienza che per continuare a suonare a certi livelli e ad essere all’altezza dei nostri standard dobbiamo avere la massima cura possibile di noi stessi. Di pari passo col successo che riscuotono i Mastodon, quindi, è migliorato anche il nostro benessere”.
AVETE CAMBIATO UN’ALTRA VOLTA IL TEAM CHE SI È OCCUPATO DELLA PRODUZIONE DELL’ALBUM. AVETE SCELTO COME PRODUTTORE NICK RASKULINECZ, IN PASSATO AL LAVORO PER EVANESCENCE, TRIVIUM, MARYLIN MANSON. VORREI SAPERE COSA VI HA FATTO PENSARE CHE FOSSE LA PERSONA GIUSTA PER OCCUPARSI DEI SUONI DI “ONCE MORE…” E QUALE DISCO TRA QUELLI SU CUI HA MESSO MANO VI HA COLPITO MAGGIORMENTE.
“Nick Raskulinecz ha prodotto l’ultimo Deftones e l’ultimo Alice In Chains. E recentemente noi siamo andati in tour proprio con questi due gruppi. Ad uno degli show del tour è venuto anche Nick, ci abbiamo parlato e ci ha confessato che ci apprezzava molto e avrebbe avuto piacere a collaborare con noi. Siamo rimasti in contatto, e quando gli abbiamo comunicato che avevamo iniziato a scrivere del nuovo materiale, ci ha chiesto se potevamo fargli sentire i demo. Glieli abbiamo mandati e lui è stato subito entusiasta della direzione che stavamo prendendo. Poi è venuto ad Atlanta, dove viviamo e proviamo assieme, abbiamo parlato di come si stava sviluppando ‘Once More…’ e nei mesi successivi abbiamo continuato a scambiarci le idee grezze e a lavorarci assieme. Così si è andata avanti la nostra collaborazione: entrambi eravamo interessati a lavorare l’uno con l’altro e ci siamo riusciti”.
QUEST’ANNO AVETE SUONATO AL DAVID LETTERMAN SHOW, TRASMISSIONE FAMOSISSIMA E IN CUI ERA MOLTO DIFFICILE IMMAGINARE, FINO A POCHI ANNI FA, CHE AVRESTE POTUTO SUONARCI. COME È ARRIVATA QUESTA OPPORTUNITÀ? QUALI SONO STATE LE VOSTRE EMOZIONI NEL TROVARVI IN UNA SITUAZIONE SIMILE?
“Il David Letterman Show è popolarissimo negli States, è un programma che va in onda da venti-venticinque anni (la prima puntata è stata trasmessa il 30/08/1993, ndR), ed è sempre un’ottima occasione parteciparvi per una band. Circa sette anni fa abbiamo avuto la prima esperienza con uno show di questo tipo, con il late-night talk show di Conan O’Brien, poi siamo stati chiamati anche al talk show di Jimmy Fallon, quindi da David Letterman, e adesso si è ripresentata l’opportunità di andare al David Letterman Show. Non ospitano spesso gruppi heavy rock come il nostro, quindi tutte le volte che ci viene richiesto di suonare da loro il primo pensiero è: ‘Davvero ci vogliono? Sono proprio sicuri?’. Crediamo che sia sempre un buon modo per farci conoscere. In molti vedendoci penseranno: “Chi sono questi? Da dove sbucano?’. E magari finiremo per piacergli. O’Brien, Fallon e Letterman sono sempre stati molto gentili e disponibili nei nostri confronti, ho solo impressioni positive per queste apparizioni televisive”.
CHI È LA “ZIA LISA” A CUI È DEDICATA LA CANZONE “AUNT LISA”? E COSA C’ENTRA IL CORETTO CHE AVETE MESSO ALLA FINE DEL PEZZO? SE DEVO ESSERE SINCERO, CREDO CHE NON SIA MOLTO IN LINEA CON IL MOOD GENERALE DEL BRANO…
“Brann Dailor ha una zia che si chiama Lisa, il titolo ricorda proprio lei. I cori femminili sul finale volevano ricordare quelli delle cheerleader durante le partite, e abbiamo messo questo intermezzo per spiazzare un po’ l’ascoltatore. Non c’è alcun significato particolare dietro questa scelta, volevamo soltanto un elemento di discontinuità, un momento di puro divertimento senza alcuna connessione con nient’altro all’interno del disco. E mi piace, crea proprio l’effetto che volevamo suscitare”.