Abbiamo già avuto modo di esaltare adeguatamente il ritorno discografico dei Mayhem, sottolineando come “Daemon” sia la naturale e a tratti insperata evoluzione a venticinque anni di distanza di quello che fu “De Mysteriis Dom Sathanas”. In quel caso, una pietra miliare immarcescibile, nel caso del nuovo disco un possibile punto di riferimento futuro, non solo per i Mayhem, ma per il sound e l’attitudine dell’intera scena black. Il nostro entusiasmo è comunque pari a quello manifestato da Attila, che in questa lunga intervista telefonica ci ha raccontato tutto della creazione del disco, degli ultimi, intensi anni della band, e ci ha accompagnati in una interessante retrospettiva degli anni fondativi dei Mayhem e del black metal stesso.
SONO PASSATI CINQUE ANNI DAL PRECEDENTE ALBUM E SONO SUCCESSE UN SACCO DI COSE, PER I MAYHEM, NEL FRATTEMPO. UN’INTENSA ATTIVITÀ LIVE, DIVERSE RISTAMPE, E AGGIUNGEREI ANCHE UN FORTE RITORNO DI INTERESSE VERSO IL BLACK METAL, UNA COSA CHE SICURAMENTE HA RIFLESSI SU UNA BAND COME LA VOSTRA, CHE HA FONDATO IL GENERE. PARTIAMO DA QUESTO?
– Dunque, dopo l’uscita di “Esoteric Warfare” abbiamo suonato dal vivo in supporto dell’album, poi c’è stato il tour per i trent’anni della band, e infine la riproposizione per intero di “De Mysteriis Dom Sathanas”; una cosa a cui avevamo pensato varie volte, e alla fine il momento ci è parso propizio. Siamo partiti con un singolo show a un festival (il Black Christmas Festival, nel dicembre 2015, ndR), dato che era un evento l’abbiamo registrato, poi visto che ci era parso un buon lavoro e il crescente interesse abbiamo deciso di fissare svariate altre date. È diventato il nostro tour più intenso e continuativo, è andato bene e penso ci abbia uniti tanto, influenzandoci anche per il lavoro a venire, in particolare questo nuovo album. Abbiamo iniziato a discuterne appena finito, e l’idea era in realtà di tornare ancora più indietro rispetto a “De Mysteriiis Dom Sathanas”, almeno come attitudine, e riprendere quindi qualcosa di primordiale.
HO LETTO CHE LA COMPOSIZIONE VI HA RICHIESTO SOLO POCHI MESI: ERAVATE DECISAMENTE ISPIRATI! PENSI QUINDI CHE AVER SUONATO IN MANIERA ESTENSIVA “DE MYSTERIIS DOM SATHANAS” SIA STATO IMPORTANTE, PER LA REALIZZAZIONE DI QUESTO ALBUM?
– Sicuramente eravamo ispirati, anche se in realtà è stato un po’ più lungo: nel complesso ci ha coinvolti per circa un anno. Quanto a suonare il nostro primo album, di certo non volevamo creare un “De Mysteriis Dom Sathanas” parte seconda, ma al tempo stesso, come detto, ci ha aiutato in termini di idee e ispirazione; anche adesso siamo in giro con un tour antologico, ed è una cosa diversa da quanto fatto in passato, allorché ci concentravamo sempre sulla proposizione dell’album più recente. Abbiamo collaborato in maniera più coesa tutti, abbiamo tralasciato l’approccio da concept album con tutti i brani e le liriche in qualche modo collegati, per provare qualcosa di nuovo. Direi che sono questi gli aspetti più importanti dell’album, in particolare il fatto che tutti siano stati molto coinvolti.
L’IDEA CHE MI SONO FATTO FIN DAL PRIMO ASCOLTO, IN EFFETTI, È STATA QUELLA DI UN ALBUM MOLTO COESO E CHE GUARDA MOLTO INDIETRO NEL TEMPO; NON È UN CLONE DEL VOSTRO PRIMO ALBUM, MA IL SOUND È MOLTO RIDOTTO ALL’OSSO, I RIFF SONO OLD SCHOOL, ANCHE SE CON UN SUONO MODERNO, E LE TUE LINEE VOCALI SONO MENO ASPRE, PIÙ SIMILI A QUELLO STILE TEATRALE CHE HAI INVENTATO SU “DE MYSTERIIS DOM SATHANAS”, APPUNTO. SEI D’ACCORDO?
– Sì, assolutamente, ci hai preso in pieno. Era quello che volevamo, tornare alle radici e al cuore stesso del genere. Come dici tu il suono è più spoglio e diretto e con la voce ho volute provare più variazioni rispetto al nostro album precedente; cercavo una maggior atmosfera, con un cantata demoniaco e la sensazione di qualcosa di incombente e serpeggiante. Ecco, questa è una cosa che accomuna tutto il disco, anche se come ti dicevo non c’è un tema continuativo che attraversa le varie tracce come negli ultimi due album. Penso anche che dopo vari cambi di line-up fosse arrivato il momento di esprimere appieno la nostra nuova coesione.
E CI SIETE RIUSCITI!
– Grazie, quindi ti è piaciuto? Veramente?
ASSOLUTAMENTE. PENSO TU SAPPIA MEGLIO DI ME CHE PER IL BENE DI UN’INTERVISTA SI PARLA SEMPRE POSITIVAMENTE DEL NUOVO ALBUM, MA IN QUESTO CASO “DAEMON” È VERAMENTE SORPRENDENTE: PER SUONO, ATTITUDINE, IDEE. E TE LO DICO DA FAN DI OGNI INCARNAZIONE DELLA BAND; MA SE CON IL PRIMO ALBUM AVETE PRATICAMENTE INVENTATO UN GENERE, QUI SEMBRATE INDICARE LA STRADA PER RE-INVENTARLO.
– Ottimo! Sono sinceramente contento, perché penso che “Daemon” rifletta quello che siamo oggi, la coesione di questa formazione, e volevamo veramente riprendere una connessione con le nostre origini. Mi ricordo che quando registrammo “De Mysteriis Dom Sathanas” eravamo tutti in studio e tutti molto presenti e focalizzati, è stato bello ritrovare quelle sensazioni.
PARLANDO DELLA LINE UP, SONO ADESSO PIÙ DI SETTE ANNI CHE VI SIETE STABILIZZATI CON QUESTA FORMAZIONE. COME DESCRIVERESTI L’ALCHIMIA TRA DI VOI? SI BASA SUL CONFRONTO? SU CONFLITTI CREATIVI? SULL’AMICIZIA? QUAL È, INSOMMA, IL SEGRETO GRAZIE AL QUALE LAVORATE BENE ASSIEME?
– In questo caso direi che non c’è stata troppa tensione, tra noi, ma al tempo stesso siamo una band piuttosto consolidata, con personalità alquanto folli e ognuno ha la sua visione delle cose. Siamo cinque personaggi, ma anche cinque persone, per così dire; e anche se siamo molto democratici, puoi immaginare le difficoltà nel lavorare assieme! Però il risultato è molto omogeneo, nonostante abbiamo registrato quasi tutto separatamente. Anche questo è stata una novità, io di solito registravo la voce assieme a chi componeva i brani, soprattutto quando c’era Blasphemer. A questo giro ero da solo in studo con Tore (Stjerna, il produttore del disco, ndR) ed è stata un’esperienza ottima. Ormai ci conosciamo molto bene, ha seguito tutto il tour di “De Mysteriis Dom Sathanas”: è bravissimo nei settaggi, molto stimolante. Lo studio dove abbiamo registrato in Svezia è una piccola chiesa che lui ha allestito alla perfezione, anche con candelabri, spuntoni e tutto quello che serviva per creare l’atmosfera. Mi sono sentito molto libero e ispirato nell’uso della voce, ho cercato di toccare dimensioni nuove.
HAI ANTICIPATO UNA MIA DOMANDA, OSSIA COME VI TROVIATE A LAVORARE CON TORE STJERNA. ORMAI È PARECCHIO TEMPO CHE VI AFFIDATE A LUI, POTREMMO QUASI DEFINIRLO UN MEMBRO ESTERNO DELLA BAND?
– Esattamente. Abbiamo un rapporto ormai lungo e profondo, ci aiuta anche nel management e penso sia una scelta perfetta come produttore. Ha un’esperienza lunghissima, in questo genere.
MI HAI DETTO CHE NON C’È UN VERO E PROPRIO CONCEPT. TI ANDREBBE COMUNQUE DI PARLARE DEI TESTI O PREFERISCI CHE SIANO GLI ASCOLTATORI A ELABORARE I SIGNIFICATI CONTENUTI NELLE LIRICHE?
– Scelgo la seconda, senza dubbio. Sono brani indipendenti, non hanno un tema comune come nel precedente album. Sono testi più cupi e oscuri, a cui comunque abbiamo contribuito tutti, ed è un altro punto di forza, secondo me. Gli altri membri della band mi proponevano idee e alcune le ho trovate eccezionali da subito; per esempio Hellhammer ha tirato fuori il testo per “Malum” in latino e penso sia strepitoso, è qualcosa di speciale. Ovviamente ho scritto anch’io alcuni testi e mi sono occupato di renderli più omogenei come stile. Mi sto ripetendo, ma sono davvero entusiasta del nostro neonato!
SULL’ONDA DI QUESTO ENTUSIASMO, VISTO CHE SEI PARTE DELLA BAND QUASI DAGLI ALBORI – PUR CON DIVERSI ANNI DI LONTANANZA – QUALI PENSI SIANO STATI I CAMBIAMMENTI PIÙ RADICALI E RILEVANTI E I MOMENTI TOPICI NELLA VITA DEI MAYHEM?
– Beh, quando abbiamo iniziato eravamo molto giovani, la scena era piccola, io andavo al liceo e avevo la mia band, i Tormentor, in Ungheria. Suonavamo un sacco, con un pubblico numeroso, poi all’arrivo degli anni Novanta sono cambiate tante cose. Le band che ci avevano ispirato hanno scelto altre strade, penso ai Bathory passati a suonare viking – restando sempre strepitosi, per inciso – o ai Destruction o ai Sodom, che per noi erano in qualche modo comunque “black metal”, fino ad allora. Sono tutte band che rispetto tantissimo, ma intanto in Scandinavia stava accadendo qualcosa di nuovo, di cui all’inizio sapevo pochissimo. Poi sono entrato in contatto coi Mayhem, e ho scoperto che c’erano tutte queste band focalizzatissime, che cercavano di registrare i loro album. Non c’erano feste, foto e sbronze continue come mostrato in un recente film (torneremo sul tema… ndR): le persone coinvolte suonavano tantissimo, erano concentrate ed entusiaste, e poi è cambiato tutto di nuovo dopo che noi abbiamo registrato l’album ed è successo tutto quello che è successo, con l’apparente fine dei Mayhem. Nel frattempo altre band avevano fatto uscire album, avevano iniziato ad andare in tour, tutto nel giro di due anni. E ti assicuro che anche se succedevano cose folli, la prima regola era sempre quella di suonare al meglio, specie se si avevano opportunità per farlo dal vivo, e dare il 100%. E poi le cose sono cambiate ancora, adesso sono anni che noi e altre band del tempo ci troviamo a suonare a grossi festival, davanti a platee enormi; certo, non tutti quelli presenti in queste occasioni sono fan hardcore, ma ci sta, è comunque un bel segno per la musica estrema. Il focus dei Mayhem è sempre stato amare la nostra musica e provare a suonarla al meglio, insomma.
È INTERESSANTE SENTIRE CHE AL DI LÀ DEGLI EPISODI FOLLI E DELLE LEGGENDE CHE SI DIFFONDEVANO AL TEMPO, LEGGENDO FANZINE O QUEGLI STRALCI DI INTERVISTE CHE ARRIVAVANO DALLA SCANDINAVIA, C’È SEMPRE STATA UNA FORTE COMPONENTE DI PROFESSIONALITÀ, COMUNQUE.
– Beh, ti posso assicurare che di pazzia ce n’era e ce n’è ancora (ride, ndR). Sono stati anni intensi, folli, e non entro nei dettagli; sicuramente si matura, col tempo, anche se almeno uno di noi è ancora matto. Però questa è la nostra storia, e un album come questo ha secondo me anche il pregio di mostrare la nostra crescita, anche rispetto e nel rispetto di quegli anni. C’è un’unità e un’unicità che corrisponde ai nostri standard e alla nostra storia.
C’È UNA LEGGENDA SUL CONTO DEL TUO RAPPORTO CON LA BAND CHE MI PIACEREBBE CAPIRE SE CORRISPONDE A REALTÀ. QUANDO I MAYHEM SUONARONO QUI A MILANO NEL 1998, SI DICEVA CHE ERI CAPITATO IN VISITA QUASI PER CASO, CHE NON AVEVI PIÙ CONTATTI CON LA BAND DA CHE AVEVI REGISTRATO “DE MYSTERIIS…”. È VERO?
– In effetti è andata così. Ricordo che un amico mi raccontò ciò che era accaduto a Euronymous; non ci credetti, cercai notizie e scoprii che era tutto vero. E anche se al tempo ero un ragazzino fu uno shock. Comunque, io stavo in Ungheria, quello che potevo leggere era relativo, e devi considerare che il mio unico contatto lassù era Euronymous. Persone come Morgan (dei Marduk, ndR) o Snorre (Ruch, fondatore dei Thorns e chitarrista ospite su “De Mysteriis Dom Sathanas”, ndR) erano sparite, non avevo nemmeno il numero di Hellhammer, o di altri ragazzi con cui avevo fatto amicizia in Norvegia, tipo Samoth, perché non pensavo mi sarebbero serviti. Proprio quest’ultimo mi aveva mandato una cassetta registrata dell’album, perché avevo deciso di non comprarlo, non ti so nemmeno dire se ne possiedo una copia oggi (ride, ndR). E insomma la band l’ho rivista a Milano quando fecero quel concerto strepitoso (ovviamente parla della serata immortalata su “Mediolanum Capta Est”, ndR); ricordo ancora il viaggio come un’avventura, con un treno preso da Roma, poi la sera mi invitarono anche a cantare con loro per una canzone e fu molto naturale; nella stessa occasione conobbi per la prima volta Necrobutcher e nacque subito molta intesa, una vera amicizia che dura tutt’ora. Insomma, sì: è stata una serata speciale, abbiamo riallacciato i rapporti e la leggenda è vera.
PARLAVI QUALCHE MINUTO FA DELL’IMMAGINE DELLA SCENA BLACK ALLE ORIGINI FORNITA DA “LORDS OF CHAOS”. UNA DOMANDA CHE STO PONENDO A TUTTE LE BAND COINVOLTE È SE HAI VISTO IL FILM – E IMMAGINO DI SÌ VISTO CHE CI RECITA ANCHE TUO FIGLIO – E COSA NE PENSI.
– Sai, è difficile. Non sono un bravo critico. In aggiunta, parla di noi, quindi la sensazione è molto strana. Chiaramente è una storia quasi del tutto inventata, ci sono dialoghi mai successi, è una storia basata su una storia mai avvenuta, per così dire. Non è accurato, all’inizio pensavamo di metterci di traverso, come band, ma cosa vuoi farci? Tutti sono liberi di girare un film su di te, a ben vedere, e alla fine penso sia interessante; certo, all’inizio ero perplesso, ho anche incontrato Akerlund e gli ho esposto il timore che influisse sulla nostra band, visto che siamo ancora attivi e ci sono molte stupidaggini, però nel complesso è ok. Penso che il grosso difetto del film sia il fatto che si concentra sulle stronzate e gli episodi avvenuti intorno alla band più che sulla band stessa e sulla creazione di quella musica, gli sforzi fatti e quanto fosse centrale la creatività nella nostra vita. Per quanto riguarda mio figlio, è stato un caso, giuro; sono tornato da un tour e mi hanno detto che avrebbe recitato ME in un film. “Cooooosa?”, ho pensato. Ed è venuto fuori che, mentre stavano girando alcune parti in Ungheria, avevano pescato il suo nome nel database di una scuola di cinema presso cui lui insegna – in realtà si dedica più alla regia, che alla recitazione. E ovviamente l’hanno voluto perché ha l’età che avevo io al tempo e mi assomiglia. All’inizio non pensavo fosse una buona idea, ma alla fine chi può impersonare me meglio di mio figlio? Per quanto sia un po’ straniante! Insomma, nel complesso il film è abbastanza cool e lo sono anche io nel giudizio a riguardo, e ritengo sia stata un’ottima coincidenzatemporale che ci siamo gettati nel tour celebrativo di “De Mysteriis…” proprio in questi anni: penso abbia reso le cose meno romanzate e “carine” (cheesy, in originale, ndR).
SEMPRE SU QUESTO TEMA, CON UN QUARTO DI SECOLO DI PROSPETTIVA, CHE COS’È E COSA SIGNIFICA IL BLACK METAL PER TE, OGGI? PENSI CHE SIA DIVENTATO QUALCOSA DI “MAINSTREAM”, O RESTI SEMPRE L’ATTITUDINE A DEFINIRE QUESTO GENERE?
– Penso tu abbia ragione nel dire che è sempre più popolare, ma a definirlo c’è sempre una forte componente personale, ciò che realmente significa per ciascuno. Per me, per esempio, è centrale il legame con certi aspetti molto cupi, con la natura umana, e con una componente occulta, al cui riguardo preferisco non entrare nel dettaglio. Ma appunto penso che debba essere un percorso e una scoperta personale, che va ben al di là della pura musica. È qualcosa che esula dalla quotidianità ma al tempo stesso la informa, e canalizza energie e sensazioni personali…
MI TROVI D’ACCORDO. E COME CHIEDO SPESSO NELLE INTERVISTE, PENSO CHE IN QUESTA ATTITUDINE INDIVIDUALISTA, DI LOTTA ALLE CONVENZIONI, DI RAPPORTO CON L’INTERIORITÀ E CON TEMI PIÙ CUPI, SIA MOLTO PIÙ LEGATO AL PUNK CHE NON AL METAL CLASSICO. FORSE LA STESSA ETICHETTA “BLACK METAL” È ORMAI ERRONEA. COSA NE PENSI?
– È proprio così. Ci sono anche così tanti tipi di musica che chiamiamo black metal, oggi, e che hanno poco in comune; ci sono band che suonano con un approccio raw, altre più sinfoniche, oppure con forti componenti industrial. Ci sono musicisti che lo vivono in maniera ritualistica, anche nella loro vita privata, altri che hanno scelto di vivere e suonare come persone “normali”, per così dire. Black metal vuol dire tutto e niente.
L’ULTIMA DOMANDA È PER ATTILA FUORI DAI MAYHEM: SEI STATO IN TOUR PER UN PAIO D’ANNI COI TORMENTOR, SUONI DA PARECCHIO TEMPO COI SUNN O))), … NON SEI MAI A RIPOSO, INSOMMA. E A PROPOSITO DEI TORMENTOR: STATE PENSANDO, MAGARI, A UN ALBUM NUOVO?
– Magari, perché no. Non abbiamo ancora deciso, ma è stato bello e stimolante tornare a suonare insieme, quasi estatico. Abbiamo pensato spesso in questi anni a fare un tour, ma ci è voluto tempo per organizzarlo; alcuni di noi vivono in paesi diversi dal’Ungheria, e inoltre per me è una cosa speciale ma parte della mia vita, mentre per gli altri era proprio un’esperienza nuova. È andata molto bene, comunque, e anche se inizialmente abbiamo scelto di suonare in pochi festival selezionati, abbiamo ritrovato una certa alchimia; e alcuni pezzi, anzi, suonano più potenti e intensi di come fossero al tempo. E penso sia stato anche coraggioso rimettersi in gioco per una band degli anni Ottanta: voglio dire, avevo diciasette anni quando ho scritto molti di quei pezzi! Come, del resto, ritengo sia anche interessante vedere a un festival band come noi che tornano a proporre musica che quasi nessuno ha sentito dal vivo, con uno show a modo suo speciale. Insomma, vedremo: non sarà facile ritrovarci a comporre musica assieme, ma resta il fatto che “Anno Domini” è stato un album fondamentale per la scena black e potremmo pensare di registrar qualcos’altro. C’è anche un feedback reciproco, nel mio caso: come i Tormentor hanno influenzato in qualche modo i Mayhem, la mia esperienza con i Mayhem mi ha arricchito, rispetto a quando, come detto, ero adolescente e iniziavo a suonare questa musica. Ed è anche un onore restiture al pubblico il supporto dato in tantissimi anni di assenza e senza che nessuno ci avesse mai sentito suonare fuori dall’Ungheria. Ciò detto, la mia priorità restano ovviamente i Mayhem, ma vedremo se almeno riusciremo a suonare qualche show di tanto in tanto.
TI RINGRAZIO DEL TEMPO CHE CI HAI DEDICATO, DEVO DIRE CHE COLPISCE LA TUA GENTILEZZA E PACATEZZA: SUL PALCO TI HO SEMPRE VISTO COME IL MALE INCARNATO, MA IMMAGINO SIA NORMALE AVERE UN’IMMAGINE PUBBLICA DIVERSA DA QUELLA PRIVATA.
– Lo prendo come un complimento (ride, ndR)! Certo, ovviamente quello è il mio personaggio, ma riesco anche a essere civile e normale. Poi, ammetto che sono tornato oggi da un mini tour con i Gravetemple, un side project molto sperimentale che condivido con Stephen O’Malley e Oren Ambarchi; abbiamo suonato ieri sera a Breslavia (l’intervista è stata fatta il 24 settembre, ndR), quindi forse si sente anche che voglio rilassarmi e non parlare a voce troppo alta (ride, ndR)!