Era da qualche anno che non avevamo il piacere di di chiacchierare con i Melvins, e a dirla tutta abbiamo rischiato di saltare anche questo appuntamento, tra problemi tecnici e incastri difficoltosi dovuti all’intensa attività live della band di Aberdeen, come scoprirete fin dalle prime righe. Alla fine, comunque, siamo riusciti a ‘incontrare’ via Zoom un gentilissimo Steven McDonald, in quel meraviglioso limbo per cui lui aveva appena fatto colazione e il vostro scribacchino di cenare – per citare uno degli argomenti meno pregnanti (e che vi risparmieremo) dell’intervista, ma che hanno testimoniato la naturalezza e la simpatia del nostro ospite.
CIAO STEVEN, SO CHE AVETE APPENA TERMINATO IL TOUR AMERICANO. COM’È ANDATA?
– Bene, bene. Abbiamo fatto 108 show nel 2022, solo negli Stati Uniti. Ovviamente, a causa del Covid era parecchio che non suonavamo così tanto, anche se prima per noi era la norma; certo, di solito non ci limitiamo agli Usa, ma con la pandemia non avevamo mai chiaro cosa si riuscisse a fare, dove andare, quindi è andata così.
E ADESSO? AVETE GIÀ IN PROGRAMMA DI VENIRE DA QUESTE PARTI?
– Sì, credo già l’anno prossimo. Tu sei di Milano, giusto? L’Italia mi fa sempre pensare alla Florida: da qui pensiamo che sia sempre tutta calda e assolata, ma bisogna scendere giù per lo Stivale per stare bene!
PARLANDO DEL VOSTRO NUOVO DISCO, PENSO SIA INUTILE ELENCARE ELEMENTI PARTICOLARI PRESENTI, NEL CASO DI UNA BAND COME LA VOSTRA, CHE HA SEMPRE ATTRAVERSATO MILLE GENERI, QUINDI TI FAREI UNA DOMANDA DIVERSA: COSA PENSI CHE FACCIA DI “BAD MOOD RISING” UN DISCO SPECIALE, O DIFFERENTE, NELLA DISCOGRAFIA DEI MELVINS?
– Direi che è speciale, ovviamente, per il fatto di averlo registrato in pandemia. Io e Buzz abbiamo iniziato a scriverlo andando a stare fuori città e preparando demo sul mio computer per tre o quattro giorni: non credo che i Melvins abbiano mai registrato demo prima in tutta la loro carriera! Per me è stata un’ottima cosa, perché spesso i riff sono complicati e non saprei cosa dire a Dale, in merito a come suonare un pezzo. “Ehi, Buzz, che tempo ha questo riff?” È roba tutt’altro che intuitiva, mi risponderebbe “Non lo so, non conto: guarda cosa fa Dale”. Quindi per fortuna a questo giro ho avuto modo di stare più tempo sui pezzi, di assorbirli di più, e per me funziona.
Dal punto di vista musicale c’è un po’ di tutto: un pezzo lunghissimo come “Mister Dog Is Totally Right”, che è un classico pezzo sludge dei Melvins, cose più catchy come “Hammering”, che sono i Melvins che suonano i Mott The Hoople. Alla fine sono sempre i soliti Melvins, che suonano tutto quello che gli va.
HAI CITATO DUE CANZONI CHE HO PARTICOLARMENTE APPREZZATO, PERALTRO. LA PRIMA, COME HAI DETTO, È IL VOSTRO TIPICO BRANO LUNGO, FUMOSO, QUASI PSICHEDELICO, E SE NON SBAGLIO HA COME OSPITE DYLAN CARSON, ANCHE COME COMPOSITORE.
– Sì, Dylan è arrivato, si è messo a suo agio e via. Io non l’avevo mai conosciuto, ma ovviamente è un vecchio amico di Dale e Buzz, credo sia anche lui di Aberdeen (per la precisione è di Seattle, ndR), comunque; arriva, mangiamo assieme, si mette a suonare un po’ la chitarra in pieno stile Earth. E loro sono davvero pesanti. Cioè, questo pezzo dura un quarto d’ora e per la sua band sarebbe breve. Per farla breve, direi che è arrivato al momento giusto, certo non so cosa ci sia nell’acqua in quella zona, perché escono follie che devono avere un’origine geografica.
E QUINDI È ARRIVATO A TROVARVI E NON AVEVATE PROGRAMMATO NULLA?
– No, o meglio: magari Buzz ce l’aveva in mente, penso si fossero visti da poco a un nostro concerto, ma io non ne sapevo nulla. La canzone c’era già, l’avevamo composto tutti e tre, per quanto ancora a pezzi e da assemblare perfettamente. Era più un dessert a base sludge, più che un brano finito. Però così funziona perfettamente.
UN ALTRO OSPITE SUL DISCO È TOSHI KASAI, CORRETTO?
– Sì, ormai Toshi collabora a tutto quello che facciamo, lui sappiamo di coinvolgerlo fin dall’inizio, è un nostro co-cospiratore fisso! E del resto registriamo nel suo studio. In qualche modo i Melvins stanno praticamente semre registrando qualcosa; a volte nei dischi ritrovo segmenti musicali di cui quasi non mi ricordo, registrati mentre proviamo.
PRIMA HAI PARLATO ANCHE DI “HAMMERING”, CHE SECONDO ME È IL PEZZO PIÙ ‘STEVEN’ DEL DISCO: HA UNA VIBRAZIONE MOLTO FLOWER POWER CHE, PER QUANTO SIA TOTALMENTE MELVINS, MI HA FATTO PENSARE PARTICOLARMENTE AL TUO TOCCO.
– Ammetto che mi piacerebbe prendere credito per quel brano, ma il riff è di Buzz. Ma potrebbe averlo scritto pensando a me, in effetti!
SÌ, SÌ: DIGLIELO, PER FAVORE!
– Però io ho pensato ai cori gospel, anche se sono campionati. Sì, è un pezzo accattivante, un po’ folle, come ti dicevo prima una sorta di anthem che avrebbe potuto scrivere Ian Hunter. (Nel frattempo, Steven imbraccia una chitarra e si mette a ‘studiare’ un riff sul manico, ndr)
STAI SUONANDO “HAMMERING”?
– No, non proprio. Sto pensando a come la suona Buzz, immagino sia accordato più basso. Non ho mai idea di come accordi la chitarra, di che tempo tenga, a volte faccio anch’io accordature particolari, altre volte faccio solo del mio meglio per stargli dietro.
INSOMMA, HAI UN BEL DAFFARE A PREPARARE I PEZZI. NE AVETE SUONATI DI NUOVI, IN QUESTO TOUR?
– Sì, in pratica abbiamo proposto mezzo disco nuovo, visto che suonavamo i primi due brani, che da soli durano venti minuti; su vinile dovrebbe essere esattamente l’intero lato A. Penso che per quando arriveremo in tour dalle vostre parti avremo preparato qualche altra canzone da “Bad Mood Rising”, compresa “Hammering”, che abbiamo già iniziato a provare.
OK, SE LA SUONERETE, MI PRESENTERÒ VESTITO DA MARC BOLAN.
– Sì, mi raccomando. Con delle sciarpe sgargianti!
A UN LIVELLO PIÙ PERSONALE, QUALI SONO LE TUE SENSAZIONI DOPO DIVERSI ANNI NEI MELVINS?
– Direi che ci sto bene, anche l’ultimo tour è stato molto piacevole. È sempre particolare entrare in una band che ha un’identità così forte: i ragazzi vogliono che io sia me stesso e porti un contributo personale, ma è sempre necessario trovare il modo di adattarsi. Quando dico che sono una band dall’identità forte, vuol dire anche che c’è anche una fanbase forte e leale, che magari ama il periodo e il modo di suonare di uno specifico bassista del passato, o cose simili. Il che vale anche per il modo di porsi sul palco, non siamo tutti Buzz che in pratica guarda tutti con uno sguardo truce di disapprovazione!
MENTRE TU SEI QUELLO CHE SORRIDE CON IL GLITTER SULLE PALPEBRE.
– Esatto! In occasione del primo tour con i Melvins, Buzz mi disse che aspetto gli sarebbe piaciuto che avessi, con molto make-up, una roba alla New York Dolls, per intenderci, non tipo Poison o una qualunque di quelle band glam anni Ottanta… più da travestito che batte, viene menato e lasciato per morto in un vicolo, ecco.
Comunque sto divagando, ma quello che voglio dire è che mi diverto molto, nei Melvins. Nell’ultimo tour ho avuto la sensazione che abbiamo suonato ancora meglio del solito, con il pubblico di ogni età che saltava e ci restituiva molta energia. È bello, mi fa sentire a mio agio, e poi con gli altri due abbiamo delle cose uniche in comune. Suoniamo in band dai primi anni Ottanta, veniamo dall’underground, siamo tutti figli di proletari nati musicalmente dal punk, essenzialmente. Abbiamo vissuto attraverso un’era e delle esperienze che sono state, o che sono per noi, uniche, e che capiamo perfettamente. Penso ai tour a metà degli anni Ottanta in giro per l’America, odiati da metà del pubblico presente, per non dire delle band con ci ti toccava suonare, ma dovevi imparare a convivere con un pubblico senza regole e cose del genere. Ora non subiamo più cose del genere, ma forse solo perché abbiamo già espiato le nostre colpe! Insomma, siamo legati dall’esperienza e ci sto bene a suonare il basso nei Melvins.
ECCO, A DIRLA TUTTA, E PROVO A METTERLA NEL MIGLIOR MODO POSSIBILE, QUANDO ESCE UN NUOVO DISCO DEI MELVINS SCATTA SEMPRE LA DOMANDA, “CHISSÀ SE CI SARÀ UN NUOVO BASSISTA?”. MA GUARDA CASO, DA QUANDO TU HAI INIZIATO A SUONARE CON LORO CI SONO SEMPRE MENO OSPITI, MENO COLLABORATORI, E IL TUO MODO DI SUONARE IL BASSO È ORMAI PARTE INTEGRANTE, E MOLTO DISTINTIVA, DEL SOUND DEI MELVINS. INSOMMA, SEMBRA CHE CON TE A BORDO L’ALCHIMIA E IL RILIEVO NELLA STORIA DELLA BAND SIANO DI UN CERTO PESO.
– Grazie mille! Sai, credo che un’altra cosa che abbiamo in comune sia il gusto per lo spettacolo, proprio a livello umano e personale. Alla fine, la prima band che ho visto da ragazzino sono stati i Kiss, mio fratello Jeff mi ha portato nel febbraio del 1976 a vederli, durante il primo Kiss Alive Tour: avevo otto anni, è un’esperienza rara a quell’età, come puoi immaginare, mi ha davvero cambiato la vita. E tutti e tre abbiamo questo desiderio di mettere su un vero e proprio show a cui il pubblico è invitato a partecipare e divertirsi.
EH, CAPISCO BENE. MA QUINDI, AL DI LÀ DEL TUO BENESSERE NELLA BAND, LA LINE-UP È ANCORA IN QUALCHE MODO ‘FLUIDA’? PENSATE ANCORA DI SUONARE CON DUE O PIÙ BASSISTI, O BATTERISTI COME ACCADUTO IN PASSATO, O DI REGALARCI ALTRE SORPRESE IN FUTURO?
– Beh, durante il tour con i Ministry, Roy (Mayorga, ovviamente, ndR) ha suonato la batteria con noi su “Honey Bucket”, e qualche idea sul lavorare assieme ci è già balenata, ma vedremo. Come detto, abbiamo sempre qualcosa che bolle in pentola, amici che vogliono anche solo sbizzarrirsi con noi, e noi con loro. Sicuramente, in termini di ‘bassista ufficiale’ vorrei continuare, ci divertiamo molto, assieme.
Recentemente abbiamo suonato con un duo, i Taipei Houston (composto dai due figli di Lars Ulrich, ndR), che mi è piaciuto molto… Fumano, sono bravi, mi piacerebbe jammare con loro. Magari suoneremo come five piece! Due bassisti e due batteristi!
SAREBBE MOLTO DA MELVINS, CERTO. E CON CHI ALTRO TI PIACEREBBE SUONARE?
– Sicuramente con Paul Stanley. Quindi, ecco la formazione: io e Dale, i Taipei Houston e così abbiamo due bassi e due batterie, poi ovviamente Buzz alla chitarra e non vogliamo che sia adombrato da qualcun altro, quindi come seconda chitarra Paul Stanley.
BEH, PAUL STANLEY CHIUDEREBBE UN CERCHIO. E POI MI SEMBRA CARINO NEI SUOI CONFRONTI COINVOLGERLO, SÌ.
– Credo anch’io. Poi, di sicuro Gene Simmons vorrebbe essere coinvolto, e cercherebbe anche di mettere sotto contratto i Taipei Houston. Vabbè, ci toccherà sacrificarci un po’ e farlo partecipare, come contentino potrà cantare “Goin’ Blind”.
SAREBBE GRANDIOSO! E, A PROPOSITO DI SUONARE CON ALTRI MUSICISTI: AVETE QUALCOSA IN BALLO CON LE ALTRE VOSTRE BAND O PROGETTI?
– Sto scrivendo nuovi brani per i Redd Kross, conto che il nuovo album esca l’anno prossimo, che segna anche i quarant’anni di carriera dei Melvins, quindi sarà un anno intenso; spero di riuscire a registrarlo prima delle “celebrazioni” coi Melvins, poi nel 2024 punto anche a un nuovo tour. Con i Redd Kross c’è anche in ballo un documentario, ma non lo seguo direttamente io, vediamo se uscirà tutto insieme. Per un po’ sono stato in tre band in contemporanea (la terza erano gli OFF!, ndR), ma ora sono tornato a due! Penso che Buzz stia realizzando dei nuovi brani solisti, ma non vorrei anticipare troppo.
L’ULTIMA DOMANDA È UNA CURIOSITÀ CHE HO DA SEMPRE: TI RICORDI TUTTA LA DISCOGRAFIA DEI MELVINS? PERCHÉ, FRANCAMENTE, ANCHE DA GRANDE FAN È QUALCOSA DI IMPOSSIBILE.
– Intendi se so suonare qualsiasi brano dei Melvins? O se so elencare tutti i dischi, tipo presidenti degli Stati Uniti? In ogni caso no, non sono proprio in grado! Mi ricordo che il primo è “Gluey Porch Treament”, posso citartene un po’ qua e là, come “Lysol”, “Bullhead”, “Stoner Witch”, “A Senile Animal”, ma del resto penso di saperti elencare i nomi di cinque presidenti (ride, ndr)! Ti ho consolato? Credo però che Dale e Buzz li conoscano tutti, e anche una manciata di altre persone. Ma io non sono tra quelli!