Arriva da Cittadella, Veneto, uno degli esordi di marca stoner/doom meglio congegnati del 2016. Un nome che sa di liturgie immaginifiche, Messa. Il titolo dell’album stolidamente ancorato alle medesime coordinate culturali, “Belfry” (in italiano ‘campanile’): un ondulato andirivieni fra doom classico, occult rock, stoner drogato, è quello che l’album propone, proteso da una parte a concetti settantiani canonici, dall’altro disinvoltamente impegnato a peregrinare fra mondi stregoneschi, pregni di aria viziata e insalubre. Un misto di influenze e suggestioni capaci di colpire anche gli ascoltatori più navigati e di non finire vittima dell’inflazionamento che il doom in ogni sua forma sta subendo da alcuni anni. Il chitarrista/bassista Mark Sade ci illustra come è nata la band e quali sono le linee guida di un progetto partito col piede giusto e, ci auguriamo, in grado di dire cose significative anche negli anni a venire.
LA PRIMA COSA CHE VIENE DA CHIEDERVI È: PERCHÉ MESSA? CHI HA AVUTO L’IDEA DEL NOME? NE AVEVATE ALTRI IN BALLOTTAGGIO?
“Volevamo un nome semplice ed evocativo, per farlo ci siamo dati tre paletti da seguire che fosse un nome italiano, che avesse un connotato femminile e che, infine, evocasse un immaginario legato alla ritualità. Stavamo facendo la lista dei nomi e Sara, la nostra cantante, se ne è uscita con questo. Abbiamo buttato subito via tutto il resto”.
IL TITOLO DELL’ALBUM È “BELFRY”, IN ITALIANO “CAMPANILE”. INFATTI IN COPERTINA ABBIAMO UNA DELLE IMMAGINI PIÙ FAMOSE DEL PAESE SOMMERSO DI CURON VENOSTA, CON UN CAMPANILE AFFIORANTE DALL’ACQUA. IMMAGINO CHE L’IMMAGINE NON SIA STATA SCELTA A CASO, COSÌ COME IL TITOLO.
“Quell’immagine è la sintesi di un’idea partorita a priori. Il campanile è una figura presa in prestito per identificare il nostro immaginario, le nostre liriche e suoni. È una struttura affascinate e al contempo scomoda: lungo, stretto, possente, difficile da racchiudere in una gabbia armoniosa, questo è il campanile. Mi ha attratto l’idea di rappresentarci con questa struttura possente, che suona melodie forti e rumorose, al fine di adunare fedeli per una determinata cerimonia. Dopo svariate ricerche per ottenere un’immagine che facesse al caso nostro, sono arrivato alla conoscenza di Resia e della sua storia. Ne sono rimasto affascinato da subito e sono andato a scattare quelle foto. L’immagine parla da sola, ma se si esplora la storia di quel lago, la cover del disco può avere anche un connotato politico, in fondo”.
PASSIAMO ALLA MUSICA: È CHIARO CHE ADORIATE I TEMPI DILATATI, I GROSSI, TUMULTUOSI, RIVERBERI DI CHITARRA IN STILE ANNI ’70, LE LUNGHE LITANIE AL LIMITARE DEL DRONE. MI PARE CHE SIATE RIUSCITI A MESCOLARE MOLTE INFLUENZE DIVERSE, DAI BLACK SABBATH AGLI ELECTRIC WIZARD, DALL’OCCULT ROCK ALLA JEXTHOTH-THE DEVIL’S BLOOD AL PROGRESSIVE, NON SCEGLIENDONE NESSUNA IN MODO LAMPANTE. VOI COME DESCRIVERESTE IL VOSTRO SOUND?
“Hai colpito in pieno parte dei nostri gusti e ascolti. È abbastanza difficile descrivere un suono tramite dei paragoni. Diciamo che ci piace sintetizzare il nostro suono scegliendo una band a testa: Urfaust, John Coltrane, Windhand , Chelsea Wolfe”.
VI SIETE FORMATI NEL 2014 E IL DISCO D’ESORDIO È ARRIVATO IN TEMPI ABBASTANZA BREVI: AVEVATE GIÀ CHIARO IN TESTA DOVE VOLEVATE ANDARE A PARARE QUANDO AVETE INIZIATO A PROVARE ASSIEME? CI SONO STATI GRANDI AGGIUSTAMENTI DI SUONO DAGLI INIZI ALLA REGISTRAZIONE DI “BELFRY”?
“Eravamo partiti con l’idea di affrontare questo genere e sperimentarci sopra, nessuno di noi prima aveva provato a inoltrarsi in qualcosa di simile, né avevamo mai suonato prima assieme. In fase di registrazione volevamo cercare di essere i più fedeli possibili a quello che siamo, senza ausilio di metronomi e miriadi di sovraincisioni”.
LA STRUTTURA DI “BELFRY” È INTERESSANTE, GIOCATA SULLA CONTRAPPOSIZIONE DI TRACCE STRUMENTALI INDEFINITE NELLA STRUTTURA E, IN ALCUNI CASI, PIENE DI RUMORI PIÙ CHE DI VERA MUSICA, E CANZONI VERE E PROPRIE DI ELEVATO MINUTAGGIO. L’IDEA È BUONA, MA IN ALCUNI MOMENTI È COME SE CI FOSSE UN’ECCESSIVA DILUIZIONE DELLE EMOZIONI. COSA NE PENSATE? RISENTENDO IL PRODOTTO FINITO, C’È QUALCOSA CHE POTEVA ANDARE DIVERSAMENTE E NE AVREBBE AUMENTATO IL VALORE COMPLESSIVO?
“’Belfry’ ha una sua idea di fondo: cerca costantemente il contrasto. Dalla voce eterea e femminile, alle chitarre e riff spaccasassi, dai pezzi più doom rock ai pezzi più ambient, dai pezzi più lenti ai ritmi più calzanti. Tutto giustapposto con l’idea di valorizzare un aspetto e ciò che gli è antitetico. Come ti dicevo, abbiamo cercato di sperimentare. Accantonate ‘Blood’ e ‘Confess’, che fanno storia a sé, gli altri pezzi del disco sono collegati a coppie. Ogni pezzo, per concetto e suono, dialoga con quello che lo segue”.
IL PEZZO MIGLIORE DELL’ALBUM È A MIO AVVISO “BLOOD”: RIFF ENORMI IN APERTURA, UNO SVILUPPO ISTRIONICO E DANNATO NELLA PRIMA METÀ, LE DIVAGAZIONI DI SAX AL CENTRO E UN NUOVO RICOMPATTARSI SUL FINALE, IN CORRISPONDENZA DI UN CONTENUTO CRESCENDO. IN PARTICOLARE, L’USO DEL SASSOFONO NEL MEZZO DÀ L’IDEA DEL VOSTRO ISTINTO A PRENDERVI QUALSIASI LIBERTÀ, A FREGARVENE DI UN PROCEDIMENTO DI COMPOSIZIONE LINEARE. CI RACCONTATE COME È NATA QUESTA TRACCIA E COME AVETE MESSO MANO AGLI ARRANGIAMENTI?
“L’idea era quella di fare un pezzo che ricordasse due mondi: uno più cadenzato, occidentale, alienato; da questo, con uno sviluppo fortemente liturgico, il pezzo si srotola in tutt’altro pianeta, più esotico, orientale, fluido e psichedelico. Con questa idea di base in testa, ci è venuto naturale l’utilizzo del clarinetto. In quella parte tutto è improvvisato e jammato. Nella sezione in esame ci siamo avvalsi del contributo di Alberto Brutenna, che vogliamo vivamente ringraziare per le sue parti di sax e clarinetto”.
MI SEMBRA CHE ABBIATE COMPOSTO LA MUSICA AVENDO BEN CHIARO CHE IL DETTAGLIO PIÙ IMPORTANTE DA VALORIZZARE FOSSE LA VOCE DI SARA: CREDO SIA L’ELEMENTO DISTINTIVO DEI MESSA E VOI, CONSAPEVOLI DI CIÒ, NON ABBIATE CALCATO LA MANO CON ORPELLI STRUMENTALI, COSÌ CHE A UN CERTO MINIMALISMO DI FONDO SI CONTRAPPONGONO LINEE VOCALI CARICHE DI ENFASI E PIUTTOSTO PERSONALI. CHE VANTAGGI DÀ AVERE UNA CANTANTE DEL GENERE IN FORMAZIONE, DOTATA DI UN RANGE VOCALE AMPIO E MOLTA DUTTILITÀ?
“Sinceramente non valutiamo i vantaggi tecnici nella scelta artistica di una voce femminile. Crediamo che questo genere sia funzionale se lavora costantemente con il gioco di contrasto tra voce e strumenti.
Ovviamente ci piacciono le band con suoni e voci maschili pesanti, ma l’identità è fondamentale e la nostra deve molto alla voce di Sara”.
SI COGLIE IN “BELFRY” UNA COSTANTE TENTAZIONE ALL’INABISSAMENTO, AL LASCIARSI ANDARE IN UN TORPORE ETERNO, ALL’INTERNO DI UN AMBIENTE NEBBIOSO, NARCOLETTICO, INDEFINITO. A VOI COSA COMUNICA LA VOSTRA MUSICA? QUALI STATI INTERIORI VI FA ATTRAVERSARE?
“Mi piace pensare che la nostra musica sia una sorta di parentesi, un momento in cui si ci si prende ci si dedica del tempo. Una sorta di tepore e profumo d’incenso che ti distorce l’orecchio”.
QUALI SONO A VOSTRO AVVISO LE PROPOSTE PIÙ INTERESSANTI IN AMBITO STONER/DOOM EMERSE NEGLI ULTIMI ANNI? CHI VI HA COLPITO DI PIÙ IN ITALIA E NEL MONDO?
“Grime, triestini, band che ti spettina e tritura l’anima. E poi i Gorrch, band black metal di Cavaso del Tomba, nostri amici e compagni di avventure”.
AL VOSTRO SOUND POTREBBE CALZARE BENE UN CANTATO IN ITALIANO: CI AVETE MAI PENSATO? IN CASO AFFERMATIVO, PERCHÉ NON AVETE POI EFFETTIVAMENTE SPERIMENTATO IN QUEL SENSO?
“Siamo al primo disco, non si sa mai, potremmo utilizzarlo in futuro”.
COME VI STATE MUOVENDO SUL FRONTE LIVE? AVETE GIÀ AVUTO QUALCHE OCCASIONE DI TESTARE LA RISPOSTA DEL PUBBLICO IN CONCERTO? QUALI SONO I PROGRAMMI FUTURI DA QUESTO PUNTO DI VISTA?
“La risposta del pubblico ai nostri live è stata fin’ora entusiasmante! Vedo che quello che spesso proviamo noi musicisti riusciamo a farlo provare a chi abbiamo di fronte. Cerchiamo sempre di suonare in situazioni che ci rappresentino. Quest’estate parteciperemo a due festival a noi cari, il Disintegrate Your Ignorance Fest di Giavera del Montello (svoltosi lo scorso fine settimana, ndR) e il Navajo Calling Fest in provincia di Parma (il 19-20 agosto, ndR). A novembre, infine, partiremo per un tour europeo con i compagni di etichetta Arcana 13”.