MESSA – Oscuramente esotici

Pubblicato il 15/04/2022 da

“Close” rappresenta la definitiva consacrazione dei Messa, passati in poco tempo dall’avere addosso l’etichetta di gruppo promettente, a quella di entità tra le più eclettiche e tentacolari nel panorama doom internazionale. L’ultimo album rappresenta una riuscita fusione di movimenti rock e metal tradizionali, plumbei e oscuri come da miglior tradizione settantiana, con sonorità mediterranee, spesso acustiche, intorbidate nuovamente dall’animo jazz e cantautorale già ben in primo piano nei dischi precedenti. “Close” promana un fascino particolare, un magnetismo che dai misteri dell’occult rock, accostamento ormai riduttivo per la band veneta, si espande verso dimensioni sonore contaminate, inconsuete, toccanti nella loro fiera delicatezza. Trascinanti e mistici, irruenti e intangibili, i Messa del 2022 sono qualcosa che non smette di rapire l’orecchio e far vibrare l’animo. Ci raccontano questo nuovo stadio del loro percorso evolutivo la cantante Sara e il bassista Marco, dalle cui parole traspare quanto di loro stessi si sia trasferito nei cangianti contenuti dell’album.

VI È UNA PROGRESSIONE COSTANTE E LINEARE NEL VOSTRO OPERATO: CON “CLOSE” AVETE DATO ULTERIORE AUTOREVOLEZZA E PERSONALITÀ AL VOSTRO SUONO, USCENDO QUASI TOTALMENTE DA RIFERIMENTI AD ALTRI GRUPPI E PLASMANDO INTERAMENTE UNO STILE VOSTRO, IMMEDIATAMENTE RICONOSCIBILE. A COSA HA CONTRIBUITO QUESTA ULTERIORE CRESCITA, CHE COSA VI HA AIUTATO A COMPIERE QUESTO PASSO AGGIUNTIVO?
– Marco: Grazie, questo tuo punto di vista ci lusinga e ci fa piacere questo feedback. Sicuramente possiamo dire che i nostri ascolti sono cambiati da quando esiste il progetto Messa, ma allo stesso tempo le nostre influenze e radici sono (e saranno) sempre le stesse.

“CLOSE” MOSTRA UN SUONO ANCORA PIÙ CONTAMINATO, MENO STRETTAMENTE METAL, DAI RIMANDI ETNICI, UN CERTO SOTTILE RESPIRO JAZZ ANCORA BEN PRESENTE, UNA TENDENZA AI SUONI AVVOLGENTI, MEDIATI TRA UN SOTTILE ERMETISMO E UNA VOGLIA COMUNQUE DI NON ESSERE ECCESSIVAMENTE CRIPTICI. COME DEFINIRESTI L’EVOLUZIONE TRA “FEAST FOR WATER” E L’ULTIMO NATO?
– Marco: Non sapremmo se definirla ‘evoluzione’, ma di sicuro questo nuovo capitolo è frutto di un nuovo approccio di ricerca sonora e compositiva. È stato del tutto spontaneo e naturale, sicuramente legato al periodo storico vissuto in questi ultimi due anni. Credo che l’immaginario criptico del primo periodo abbia lasciato il posto ad un’identità più esotica.

UN’IMMAGINE DI DANZA AFRICANA RAPPRESENTA L’INCARNAZIONE VISUALE DI “CLOSE”: DI COSA SI TRATTA E PERCHÉ AVETE SCELTO QUESTA IMMAGINE PER SINTETIZZARE I CONTENUTI DEL VOSTRO TERZO DISCO?
– Marco: Troviamo che questa foto rappresenti notevolmente l’idea che volevamo comunicare con le sonorità del nuovo disco. L’immagine rappresenta Il ‘Nakh’, un ballo rituale eseguito solamente da donne, tipicamente nella zona di confine tra Algeria e Tunisia. La ripetizione dei movimenti che fanno parte del Nakh porta le ballerine ad avere un temporaneo stato alterato di coscienza. Va da sé l’analogia che questa danza ha con l’headbanging e l’immaginario metal tipicamente occidentale della musica estrema.

LA VOSTRA PROPOSTA SI È FATTA PIÙ ‘SPIRITUALE’ CON L’ANDAR DEL TEMPO, COME SE QUESTA VENA CONTEMPLATIVA CHE AVETE NEL VOSTRO PATRIMONIO GENETICO SI FOSSE ESTESA E PUNTASSE A UNA SORTA DI ASCESI E PURIFICAZIONE. QUALCOSA DI STRETTAMENTE NATURALE E INVOLONTARIO NEL VOSTRO PERCORSO CREATIVO, O C’È DELL’ALTRO?
– Sara: Come tante sfaccettature di questo progetto, è stato tutto spontaneo. È normale che tutti i passi avanti che facciamo come individui riverberino anche all’interno della dimensione della band. Bisogna anche puntualizzare che tante scelte musicali sono state ponderate, o comunque guidate dal nostro obiettivo primario in questo disco, ovvero comunicare l’idea del viaggio.

ALCUNE REGISTRAZIONI SI SONO SVOLTE ALL’INTERNO DI UNA GROTTA. A COSA SI DEVE QUESTA SCELTA E COME PENSATE ABBIA EFFETTIVAMENTE CONTRIBUITO AL SUONO DEL DISCO?
– Sara: “Close” è stato registrato all’Outside Inside di Matteo Bordin, con il nostro tecnico di fiducia al banco – ovvero Maurizio ‘Icio’ Baggio. Lo studio è situato nel Montello, zona collinare trevigiana che si affaccia sul fiume Piave. Il territorio mostra ancora le cicatrici della Prima Guerra Mondiale combattuta sul suo suolo. Durante le fasi di arrangiamento in studio abbiamo deciso di andare a scoprire le grotte carsiche e i bunker, non distanti dallo studio. Abbiamo portato il materiale necessario con noi e abbiamo registrato varie take per dare al disco un’impronta sonora più ‘organica’ possibile. “Hollow”, per esempio, è stata suonata e registrata interamente lì. E anche varie backing vocals, percussioni, riverberi che si trovano all’interno di altre canzoni.

UNA DELLE CANZONI PIÙ IMPORTANTI DELL’ALBUM SI INTITOLA “PILGRIM”: DOVE VIAGGIA QUESTO PELLEGRINO, FISICAMENTE E IDEALMENTE?
– Sara: Dovunque il cuore chiami. Nel preciso caso di questa canzone, al Monte Pellegrino, Palermo.

TRA LE TRACCE PIÙ ESILI E MANSUETE, SPICCA “ORPHALESE”, DOVE LE INFLUENZE DI MUSICA MEDIORIENTALE DIVENTANO ADDIRITTURA PREDOMINANTI. DI COSA PARLA QUESTA CANZONE E COME VI SIETE TROVATI, IN GENERALE, A MISCELARE COSTRUTTI HARD ROCK E METAL CON LE INFLUENZE MEDIORIENTALI?
– Marco: “Orphalese” è nata dopo la lettura del celebre libro “Il Profeta” di Gibran. È il brano che più di tutti è stato composto con l’intento di far viaggiare l’ascoltatore verso lontani orizzonti. Il riuscire a mescolare due identità sonore così diverse ci ha elettrizzato fin dall’inizio, è stata una sfida che abbiamo voluto accettare. Come altre canzoni all’interno di “Close” ha uno studio preciso degli arrangiamenti, che hanno lo scopo di infondere le vibrazioni mediorientali a chi lo ascolta.
– Sara: È stato naturale essere ispirati dal bagaglio di musica mediterranea che ci portiamo dietro come italiani. Un esempio è la scelta di includere il mandolino in alcuni pezzi. Riuscire a creare un disco con vari strumenti acustici tipicamente non metal è difficile.

NONOSTANTE LE MOLTEPLICI INFLUENZE NON-METAL, “CLOSE” È UN PRODOTTO MOLTO ‘SABBATHIANO’, DOVE L’ESSERE SABBATHIANO, ALMENO A MIO MODO DI VEDERE, STA NELL’ADOTTARE UN CERTO GRADO DI SPERIMENTAZIONE IN UNO STILE CHE NON SI È COMUNQUE STACCATO DALLE RADICI DOOM ED HEAVY ROCK DI PARTENZA. RICHIAMANDO IN QUESTO LE IDEE PIÙ SPERIMENTALI DEI BLACK SABBATH SETTANTIANI. È UN QUALCOSA DI CONDIVISIBILE, SECONDO VOI, OPPURE “CLOSE” PUNTA IN TUTT’ALTRA DIREZIONE?
– Marco: I Black Sabbath sono fondamentali come l’ossigeno per noi. Ma facendo un esame di coscienza più sincero possiamo tranquillamente affermare che le influenze presenti su ‘Close’ sono di tutt’altra natura. Ad esempio, Beatles, Dead Can Dance, Swans, Killing Joke, Led Zeppelin, Einstürzende Neubauten sono stati alcuni dei nomi più citati tra noi durante la fase di composizione, arrangiamento, registrazione.

SIETE DIVENTATI UN NOME IMPORTANTE SULLA SCENA INTERNAZIONALE, ANDANDO ANCHE OLTRE GLI AMBIENTI STRETTAMENTE METAL. DEI TRAGUARDI RAGGIUNTI FINORA, QUAL È QUELLO CHE VI FA MAGGIORMENTE PIACERE DI AVERE OTTENUTO?
– Sara: Sicuramente aver ricevuto in passato una recensione positiva su Downbeat o aver partecipato a festival come Roadburn e Hellfest ci riempie di orgoglio e soddisfazione.

PENSATE CHE LA PERCEZIONE CHE SI HA DEI MESSA SIA MOLTO DIVERSA TRA L’ITALIA E L’ESTERO? C’È QUALCHE PAESE CHE SI È MOSTRATO FINORA PIÙ RICETTIVO DI ALTRI VERSO SUONI COME IL VOSTRO?
– Marco: Germania, Francia, Olanda e Polonia sono alcuni dei paesi dove abbiamo avuto notevoli soddisfazioni. Ci sono altri paesi europei in cui abbiamo suonato di meno (ad esempio il Portogallo e i paesi scandinavi) ma speriamo di poterci passare presto. Per quello che riguarda gli Stati Uniti, vorremmo ritornarci a breve. Nel nostro tour USA del 2017 la risposta del pubblico era stata eccezionale.

QUANTO C’È DI VOI STESSI E DEL VOSTRO VISSUTO IN “CLOSE” E IN GENERALE NELL’ESPERIENZA MESSA?
– Marco: Molto, forse troppo.
– Sara: Totalmente d’accordo con Marco. Tutto ciò che facciamo musicalmente è un’emanazione diretta di ciò che siamo. Non viviamo questa dimensione in maniera distaccata, anzi, ci siamo dentro fino al collo.

QUANTO VI HA CAMBIATO E ARRICCHITO L’ATTIVITÀ DEL GRUPPO, DIVENUTO IN POCHI ANNI UN NOME DI TUTTO RISPETTO NEGLI AMBIENTI METAL?
– Marco: Posso affermare con certezza che lavorare a questo progetto musicale ci ha personalmente unito talmente tanto da considerarci una seconda famiglia su cui fare affidamento. Speriamo di poter confermare nuovamente, con i prossimi appuntamenti live, il rispetto che ci è stato dato finora.

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