MESSIAH – Un monte intriso di sangue

Pubblicato il 22/10/2020 da

Nei pressi di Lucerna si erge sovrano il monte Pilatus: duemila metri di altezza intorno ai quali si annidano, tra boschi e laghi, miti e leggende legate proprio alla figura del prefetto romano e di Gerusalemme. Ed è nella vallata adiacente all’affascinante altura che risiede Remo Brögi il quale, prendendo spunto dalle storie popolari narrate nel corso degli anni, ha costruito il comeback dei Messiah. Dopo ventisei anni di silenzio, infatti, la band svizzera è tornata nuovamente a farsi a sentire grazie a “Fracmont” (il nome originario dell’odierno monte Pilatus): un album che, senza tanti complimenti, ci mette in mostra un gruppo ancora in grado di dire la sua all’interno del panorama metal più estremo nonostante il lungo stop. Più maturi, comunque borchiati da quell’aurea oltranzista che li caratterizza sin dai primissimi album, i Messiah hanno riposto in “Fracmont” tutta la propria passione per la musica, slegandosi da certi paletti compositivi. Un lavoro compatto, letale, lapidario, in grado di soddisfare non solo i fan della prima ora. Di questo ed altro ne abbiamo parlato proprio con il mastermind della band Mr.Brögi.

CIAO REMO E BENVENUTO SULLE PAGINE DI METALITALIA.COM: INNANZITUTTO COMPLIMENTI PER IL VOSTRO NUOVO ALBUM “FRACMONT”. UN COMEBACK POSSENTE CHE HA DIMOSTRATO UNO STATO DI FORMA DEI MESSIAH PIU’ CHE BUONO, NONOSTANTE IL LUNGO PERIODO DI SILENZIO.
– Ciao a tutti, grazie mille per i complimenti e soprattutto per essere un ospite di Metalitalia! Inutile dire che sono molto entusiasta nell’aver potuto pubblicare un album dopo ventisei anni. Sono emozionato, anche perché proprio oggi è la data di uscita del disco (l’intervista risale all’11 settembre 2020, ndr).

UN RITORNO CHE, NEL GIRO DI POCO PIU’ DI UN MESE, HA VISTO PRIMA L’USCITA DELL’EP “FATAL GROTESQUE SYMBOLS-DARKEN UNIVERSE” QUINDI QUELLA DEL NUOVO FULL-LENGTH. PARTIAMO PERO’ DALL’INIZIO: QUANDO HAI AVUTO L’IDEA DI RIMETTERE IN MOTO LA MACCHINA DEI MESSIAH?
– Dobbiamo tornare al 2015 quando un amico, organizzatore del Mega Mosh Festival nella leggendaria Sedel qui a Lucerna, mi chiese se volevo presenziare all’evento con uno stand di merchandise dei Messiah, ma rifiutai l’offerta. La richiesta arrivò nuovamente l’anno successivo e questa volta accettai: nel mio armadio c’era ancora diverso materiale dei Messiah e così, insieme ad Andy e Patrick (Andy Kaina, il cantante ed il bassista Patrick Hersche, ndr), partecipammo all’evento. Fu un vero successo in quanto ci rendemmo conto che i Messiah avevano ancora un seguito di fan ben nutrito. Ma se in quella occasione ci ‘limitammo’ a presentare il merch, nel 2017 ci venne chiesto di salire direttamente sul palco per suonare qualche nostra canzone. L’idea fu davvero eccitante, ne parlai con gli amici che facevano parte della line-up d’inizio anni ’90 ed alla fine accettammo la proposta. Al Mega Mosch invernale era stato annunciato un set completo, anche se segretamente, in quanto non sapevamo ancora se ci saremmo riuniti; quando però ci siamo incontrati nuovamente in sala prove, il fuoco si è come riacceso. Lo show fu un completo successo e il fuoco ribollì ancora di più. Nel mese di gennaio del 2018 mi recai a casa di Steve (Karrer, batterista della band) a Zurigo per discutere se avremmo dovuto ricominciare sul serio. E lì, tenendo conto delle situazioni individuali di ognuno di noi, venne presa una decisione definitiva. Cosa è poi successo? Che, oltre ad alcuni concerti di reunion, dopo ventisei anni un album è di nuovo disponibile. Non avrei mai pensato che qualcosa di simile sarebbe potuto accadere; sono molto grato. Ma tutto questo è stato possibile solo grazie ai fan che non hanno mai dimenticato i Messiah in tutti questi lunghi anni di silenzio!

A PROPOSITO DEI VECCHI AMICI: COM’E AVVENUTO IL ‘RICHIAMO ALLE ARMI’?
– Semplice, per quanto mi riguarda l’unica vera line-up dei Messiah è quella, come detto, dei primi anni Novanta, quella con la Noise Record. Il secondo motivo riguarda ovviamente la buona amicizia che è rimasta tra di noi: la musica dei Messiah vive anche grazie ai sentimenti e questo è possibile solo se questa musica viene creata da un gruppo di amici affiatato.

PRIMA DI ENTRARE IN STUDIO, SIETE TORNATI ON STAGE PER QUALCHE DATA IN GIRO PER L’EUROPA: CHE SENSAZIONE AVETE PROVATO A CALCARE NUOVAMENTE IL PALCO?
– Oltre, ovviamente, alla gioia anche molto nervosismo devo ammettere. Con il tempo l’amalgama è tornata, tranne forse al grande Brutal Assault: sui palchi grandi ci sentiamo un po’ persi; ecco perché, devo ammettere, i Messiah preferiscono i club dove possono stare più vicini ai fan.

PARLIAMO BREVEMENTE DELL’EP “FATAL GROTESQUE SYMBOLS-DARKEN UNIVERSE”, USCITO SOLO UN MESE PRIMA DI “FRACMONT”. NELL’EP VI SONO DUE VERSIONI RIVISTE DI VOSTRI VECCHI BRANI ED UN PEZZO INEDITO CHE NON HA TROVATO SPAZIO NEL SUCCESSIVO FULL-LENGTH: PUOI SPIEGARCI IL MOTIVO DI QUESTE SCELTE COMPOSITIVE E DI PROGRAMMAZIONE?
– L’EP è stato creato piuttosto spontaneamente ed in effetti anche con breve preavviso. Sin dall’inizio, e cioè dopo la reunion, c’erano idee per realizzare un prodotto simile ma non riuscivamo a trovare la giusta direzione: dovevamo metterci d’accordo con chi ci avrebbe accompagnato dietro al microfono nella vesti di guest ma volevamo soprattutto inserire qualcosa di nuovo con Andy alla voce. Mentre pensavamo a tutte queste cose, ci siamo ritrovati in studio e, tra una prova e l’altra, abbiamo registrato “Space Invaders” ed “Extreme Cold Weather” semplicemente per divertimento. Per quanto riguarda invece la titletrack, non è stata inserita in “Fracmont” perché semplicemente non ha nulla a che vedere con le tematiche affrontate ed, anzi, si adatta molto bene alle vecchie canzoni riproposte. Da qui la decisione di farlo uscire a ridosso del nuovo album: una passeggiata sul filo del rasoio un po’ audace ma, visto che eravamo silenti da ventisei anni, c’è sembrato giusto lanciare un primo comeback dei Messiah, costruendo un ponte significativo con “Fracmont”.

ADDENTRIAMOCI ALLORA NEL NUOVO ALBUM: MI SONO DOCUMENTATO ED HO SCOPERTO LA LEGGENDA CHE SI NASCONDE DIETRO IL SUO TITOLO. DOVE E’ NATA L’IDEA DI DEDICARE IL FULL-LENGTH A QUESTA STORIA POPOLARE DEL VOSTRO PAESE?
– Con la mia famiglia vivo da quattordici anni in questa valle, a circa un chilometro dal versante nord del monte Fracmont, oggi chiamato Pilatus, nei pressi di Lucerna. Conosco molte leggende legate a questa montagna mistica: la più popolare, ovviamente, riguarda quella secondo cui il corpo di Ponzio Pilato sia stato gettato nelle acque in uno dei laghi situati proprio nelle vicinanze del monte. E’ una storia che mi affascina molto: dal soggiorno di casa mia, infatti, la vista guarda proprio quest’altura maestosa; succede quindi che il pensiero si sposti proprio su questa leggenda. Il tema centrale del brano è comunque incentrato su come la Chiesa cattolica ha utilizzato il mito di Ponzio Pilato soprattutto nel corso del Medioevo, esercitando il proprio potere contro la maggioranza della popolazione pagana. Le tempeste, che abbiamo ancora oggi, la peste, le epidemie di animali, i fallimenti dei raccolti venivano attribuiti al disturbo dello ‘spirito di Pilato’; tutti coloro che visitavano il lago e quindi turbavano il suo spirito venivano condannate e giustiziate. Guardando la valle, c’è ancora la collina del patibolo, tutt’oggi chiamata così, dove venivano eseguite le condanne a morte eseguite dai consigli comunali sotto il comando delle autorità cattoliche. Anche lo stemma politico della città lo testimonia ancora: una porta che blocca l’accesso al Thal e al Fracmont. E’ pertanto una storia che si adatta perfettamente ai temi affrontati dai Messiah.

COME SI SONO SVOLTE LE REGISTRAZIONI DEI VARI BRANI, VISTE ANCHE LE DIFFICOLTA’ DI SPOSTAMENTO LEGATE AI RECENTI AVVENIMENTI? C’E’ STATO SUBITO FEELING TRA DI VOI?
– Se stai parlando dell’attuale crisi, posso dirti che non ha influito sul nostro lavoro. Le sessioni di registrazione sono iniziate in realtà all’inizio dell’estate del 2019 e solo alla fine del mese febbraio di quest’anno, Andy stava terminando di registrare due brani da solo in studio. Per cui, a parte l’impossibilità di partecipare alla sessione fotografica che avevamo inizialmente programmato, e che quindi abbiamo recuperato quando è stato possibile incontrarci di nuovo, per il resto non abbiamo avuto molte difficoltà in questo senso. E comunque, per sdrammatizzare, ciò che è avvenuto poi è davvero incredibile, e tipico dei Messiah: fai un album dopo ventisei anni e cosa arriva? La crisi, niente concerti… Ci siamo abituati, non ci pensiamo e cerchiamo di goderci il nostro nuovo lavoro!

QUALI ERANO GLI OBIETTIVI DI QUESTO ALBUM? L’IMPRESSIONE, ASCOLTANDOLO, È QUELLA DI AVERE DI FRONTE UNA BAND SENZA TROPPI PALETTI COMPOSITVI, CHE SUONA PER PURA PASSIONE. E IL RISULTATO SI E’ VISTO: UN MIX DI BRANI OLD-SCHOOL ABBINATI A PEZZI PIU’ RICERCATI.
– Hai perfettamente ragione. È la nostra passione per la musica che ha plasmato “Fracmont”. A parte le idee per i temi delle vari brani, non vi era un piano musicale ben preciso: l’intenzione era quella di essere liberi da influenze moderne e dalla compulsione di dover per forza di cose imitare la vecchia scuola. L’album riflette anche il modo in cui abbiamo lavorato: insieme in sala prove, creando arrangiamenti su pezzi nati inizialmente da idee partorite in casa mia che risalgono alla fine del 2017. Anche dal punto di vista della produzione, siamo molto soddisfatti: per questo dobbiamo ringraziare il produttore V.O. Pulver, il quale ha trovato la giusta via di mezzo e una produzione piena e potente.

OLTRE ALLA GIA’ MENZIONATA TITLETRACK, DI COSA PARLA “FRACMONT”?
– Siamo rimasti fedeli ai tema principali affrontati già in passato dai Messiah. In linea di principio, la critica dei comportamenti negativi e degli eccessi discutibili dell’umanità, con la critica simbolizzata alla Chiesa cattolica, rappresentativa di molte istituzioni di fede del popolo. Il brano “Morte Al Dente” riflette la presunta innocenza di un bambino appena nato e cosa può diventarne, a seconda delle circostanze; del mondo in cui è nato e dal quale poi viene plasmato. La forma negativa di questo è l’affermazione simbolica: appena nato, già mezzo morto. C’è una critica un po’ più concreta all’abuso dei bambini all’interno della Chiesa cattolica, purtroppo tutt’ora presente, che negli anni ’90 non era ancora così esposto mediaticamente rispetto ad oggi. A quel tempo abbiamo scritto la ‘sfortunata’ canzone “Ballad Of Jesus”, che è stata persino censurata in Scandinavia ed è stata anche in parte liquidata come insipida dalla stampa metal pertinente. Sì, i testi simbolizzati di Christofer Jonsson in quel momento possono essere sembrati una scelta totalmente sbagliata, ma cosa c’è di peggio? Abusare di bambini o parlarne in una forma d’arte estrema? Su questo tema, i brani “My Flesh-Your Soul” e “Children Of Fath”, presenti in “Fracmont”, hanno un nuovo approccio a questo argomento, sicuramente in una forma più comprensibile e intelligente. Vi sono poi “Throne Of Diabolic Heretics” che parla dell’abuso di potere da parte dei capi della Chiesa e “Singularity” che ci presenta il quadro di un futuro oscuro: il dominio delle macchine sull’umanità.

SENZA VOLER MINIMIZZARE LE PRESTAZIONI DEGLI ALTRI COMPONENTI (I TUOI RIFF SONO ANCORA PIÙ PUNGENTI RISPETTO AL PASSATO), UN PLAUSO PARTICOLARE VA ALLA PERFORMANCE DI ANDY KAINA. COME GIUDICHI LA SUA PROVA?
– Guarda, ti racconto una storia molto speciale. Rispetto a noi, Andy non faceva musica da parecchio tempo, tanto che la sua ultima attività in studio risaliva al 1992 con l’album “Rotten Parish”. Quando ci siamo riuniti, si è quindi presentato pieno di ottimismo, euforia e con molta responsabilità personale in più rispetto al passato. Poi è arrivato il momento di “Fracmont”: ha registrato alcune voci da casa e ce le ha mandate. Siamo rimasti scioccati: no, così non poteva andare. Purtroppo l’aver registrato dal proprio appartamento non aveva per nulla aiutato Andy il quale, per non disturbare i vicini, si era limitato a borbottare qualcosa e nulla più. E pure V.O. Pulver ha confermato in seguito che una cosa del genere non poteva funzionare. Ma la grande sorpresa è arrivata quando Andy è entrato in studio: preparato al punto giusto, ha consegnato una prova che ci ha lasciato senza fiato! Quello che personalmente mi piace del suo lavoro è la voce roca ancora più pronunciata rispetto a prima e che gli conferisce un inconfondibile valore in termini di riconoscimento.

IL LYRIC VIDEO DI “MORTE AL DENTE” E’ IN ASSOLUTO IL VOSTRO PRIMO VIDEO REALIZZATO, GIUSTO? CHI HA SELEZIONATO LE IMMAGINI DA AGGANCIARE AL TESTO DEL BRANO?
– Sì, quello di “Morte Al Dente” è il primo video in assoluto di Messiah. Sentendo gli altri ragazzi mi hanno detto che ha avuto successo, soprattutto in chiave promozionale. Dico una cosa del tutto personale e spero che i miei colleghi mi perdonino: non sono mai stato un grande fan di questi video, non li trovo così necessari. Devo ammettere tuttavia che “Morte Al Dente” è uscito veramente bene: il video è stato realizzato da Ingo Spörl della compagnia tedesca Hard-Media.com. Da parte mia avevo idee completamente diverse: volevo, infatti, realizzare un cortometraggio per la titletrack “Fracmont”. Avevo già avviato uno storyboard, volevo coinvolgere anche alcuni gruppi teatrali locali, pensando di filmare il tutto qui sul posto. Ma proprio mentre pianificavo il progetto è arrivato il coronavirus che ha ovviamente bloccato tutto: l’idea però rimane e chissà… magari quando questa situazione sarà terminata, potrò rimettermi al lavoro.

SEI CRESCIUTO IN UN PERIODO IN CUI LA SCUOLA METAL SVIZZERA POTEVA VANTARE NOMI A DIR POCO IMPORTANTI, CELTIC FROST E CORONER SU TUTTI. CHE RICORDI HAI DI QUEL PERIODO E COSA PENSI INVECE DELL’ODIERNA SCENA ELVETICA? HAI QUALCHE GIOVANE BAND DA CONSIGLIARCI?
– Sono principalmente ricordi di gioventù, con tutti i peccati che li accompagnano! E la musica ne ha fatto parte: è stato un momento speciale, contraddistinto dal divertimento e dalla sua natura selvaggia. Oggi? Sicuramente tante cose sono cambiate, ci sono comunque molte giovani band che stanno dando gas come i thrasher Comaniac o i Total Annihilation che suonano thrash/death.

PIANIFICARE DATE O TOUR IN QUESTO PERIODO È A DIR POCO COMPLICATO. VOI AVETE STESO QUALCHE PROGRAMMA IN TAL SENSO?
– Già, l’hai detto. Prima di tutto il release party del disco in Svizzera è stata posticipato all’anno prossimo, lo Schonebeek Deathfest posticipato, dovremmo partecipare al Party.San Metal del prossimo anno oltre ad altri concerti previsti sempre in terra tedesca. Tutto è stato rimandato al 2021, speriamo. Dopo ventisei anni fai di nuovo un album e incontri una crisi di merda: niente, siamo dei ricercati (ride, ndr).

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