Oltrepassata la temuta soglia della mezza età, Matti Antero Kristian Fagerholm appare ai nostri occhi più in forma che mai, per merito di una fonte inesauribile di energia creativa. Sebbene sia lontana anni luce l’epoca del breve successo internazionale ottenuto con gli Hanoi Rocks, il cantante biondocrinito continua a sfornare opere di incontestabile spessore, incapaci di deludere in ogni occasione i numerosi fan che da anni seguono le sue continue evoluzioni artistiche. Frizzante e gioviale come sempre, il buon Monroe non lesina copiose risate e sagace ironia alle sue risposte, rendendo ancora più appetibile la suddetta intervista telefonica, concordata pochi giorni prima della calata italica in compagnia degli Hardcore Superstar. Accendete i motori, si parte!
ALLORA MICHAEL, COSA DEVONO ASPETTARSI I TUOI FAN DA UN DISCO COME “BLACKOUT STATES”?
“Suona Michael Monroe al cento per cento! ‘Blackout States’ ha un’attitudine molto ‘punky’ e onesta, le canzoni provengono direttamente dal cuore e sono convinto che i miei fan non rimarranno delusi da un lavoro come questo”.
HO ASCOLTATO PARECCHIE VOLTE IL NUOVO ALBUM PRIMA DI QUESTA INTERVISTA E PENSO SIA PIU’ GREZZO E AGGRESSIVO DEL PRECEDENTE “HORNS AND HALOS”…
“Assolutamente! I brani sono molto più diretti e potenti di quelli contenuti in ‘Horns And Halos’, ma tengo a precisare che la melodia rimane una componente fondamentale di ogni mio lavoro. Infatti al suo interno ci sono almeno sei o sette potenziali singoli, tocca a te scoprire quali siano (ride, ndR)”.
CHI HA IDEATO LA STORYLINE DEL VIDEO PER IL TUO NUOVO SINGOLO “OLD KING’S ROAD”?
“Il concept è stato affidato a Ville Juurikkala, il quale ha ricoperto sia il ruolo di direttore, sia di fotografo. Il video è stato girato tra Brighton e Londra, dove abbiamo sfruttato alcune stanze di hotel per comunicare l’atmosfera tipica e spensierata di una vacanza tra amici. Se in un contesto del genere aggiungi una passeggiata tra le vie di Soho e di Camden Town, il risultato finale non può che essere vincente”.
LA COPERTINA DEL DISCO SEMBRA RAPPRESENTARE UN MONDO POST APOCALITTICO. QUAL E’ IL REALE SIGNIFICATO DEL TITOLO?
“Il tema della copertina rimanda ai grattacieli di New York City. Gran parte delle liriche della title track sono state scritte dal chitarrista Rich Jones e l’intero significato dell’album può essere visto come un tributo personale agli Stati Uniti come nazione, ma può anche essere inteso come un’osservazione soggettiva dei differenti stati mentali dell’essere umano. Ad esempio, una persona che abusa di alcool e droghe ha una percezione differente di ciò che lo circonda e spesso è soggetta a blackout mentali. Hai presente il testo di ‘Hammersmith Palais’ dei Demolition 23? In sostanza recita: ‘I ain’t had no fun in London since the Hammersmith Palais, New York City’s boring since the punks all went away, Tokyo’s gone techno and Berlin’s going crazy’. Direi che rende bene l’idea!”.
TI VA DI PRESENTARCI IL NUOVO CHITARRISTA RICH JONES? QUALI SONO LE PRINCIPALI DIFFERENZE STILISTICHE TRA IL NUOVO ARRIVATO E DREGEN, DA POCO RICONGIUNTO CON I BACKYARD BABIES?
“Certamente! Rich è una persona molto creativa e determinata, il suo stile diretto ha contribuito a donare una nuova linfa vitale alle nostre composizioni. In passato ha collaborato con realtà importanti del calibro di The Ginger Wildheart Band e The Black Halos, quindi non era una persona del tutto estranea al mio mondo. La nostra vecchia amicizia ha infatti facilitato il suo ingresso nel gruppo, come un’evoluzione naturale degli eventi. Inoltre Rich è un musicista dotato di un’attitudine più concreta di Dregen, il quale ha un approccio allo strumento più eclettico e sperimentale basato sul classico rhythm and blues”.
TRE ALBUM IN QUATTRO ANNI TESTIMONIANO UNA TUA RINNOVATA CREATIVITA’ ARTISTICA; SEI GIA’ AL LAVORO SU DEL NUOVO MATERIALE?
“Sono sempre al lavoro (ride, ndR), fa parte della mia vita comporre nuove canzoni con costanza! Tutto sta nel non limitarsi a scrivere in un arco di tempo predefinito, ma al contrario è opportuno sfruttare ogni momento libero, lasciandomi ispirare da ciò che mi circonda. Appena mi è possibile registro il materiale che reputo più valido, dando così vita ad un nuovo capitolo della mia carriera”.
NEL PROSSIMO TOUR CON GLI HARDCORE SUPERSTAR ESEGUIRAI UNA MISCELA DI VECCHIO E NUOVO MATERIALE O TI CONCENTRERAI ESCLUSIVAMENTE SULLE ULTIME USCITE?
“Dipende da dove ci esibiremo. Non abbiamo una scaletta fissa, ci piace cambiarla a seconda del luogo e delle aspettative del pubblico. Cerchiamo di accontentare tutti i nostri fan, i quali solitamente ci chiedono sia di ripescare alcuni vecchi classici, sia di proporre loro il materiale più recente”.
TI PIACE ANCORA SUONARE I COSIDDETTI CLASSICI DEL REPERTORIO? NON TI HANNO STANCATO?
“Assolutamente no! Ci sono alcuni fan che vengono a vederci dal vivo per la prima volta, non possiamo deluderli solo perché alcuni episodi potrebbero apparire inflazionati. Per fortuna posso contare su una scaletta molto ampia, divisa tra il mio periodo solista e quello con gli Hanoi Rocks”.
A PROPOSITO DI HANOI ROCKS, IL DEBUTTO “BANGKOK SHOCKS, SAIGON SHAKES, HANOI ROCKS” STA PER COMPIERE TRENTACINQUE ANNI. QUALI SONO I TUOI RICORDI PIU’ SIGNIFICATIVI DI QUEL PERIODO?
“Trentacinque anni? Wow! In quel periodo ricordo di aver conosciuto per le strade di Stoccolma il bassista Sam Yaffa ed il chitarrista Nasty Suicide, con i quali ho condiviso un appartamento per un breve periodo. Sicuramente da giovane non ero un ottimo cantante, ma nell’aria si respirava un’atmosfera elettrizzante, fattore che ha contribuito a donare a quel disco un significato molto prezioso per me. Pensa che ‘Horns And Halos’ è stato registrato nei medesimi studi dove abbiamo inciso ‘Bangkok Shocks’, non è stata una cosa pianificata e quando ci siamo trovati lì dentro, io e Sam ci siamo resi conto dell’incredibile coincidenza”.
VUOI CONCEDERCI DUE PAROLE SUGLI ALTRI ALBUM TARGATI HANOI ROCKS, DA “ORIENTAL BEAT” A “TWO STEPS FROM THE MOVE”?
“Certo, ci mancherebbe. ‘Oriental Beat’ mi piace ancora molto, anche se devo ammettere che la sua produzione è a dir poco orribile. ‘Back To Mystery City’ invece è stato per noi il vero punto di svolta, che ci ha spalancato le porte degli Stati Uniti. ‘Two Steps From The Move’ è il disco migliore che abbiamo registrato nella nostra breve carriera, consacrandoci come professionisti. Il sound è potente, pulito ed è stato il valore aggiunto che ha permesso alle canzoni di brillare di luce propria. ‘Don’t You Ever Leave Me’ è un chiaro esempio di quanto ti ho appena detto, pensa che durante i nostri concerti ci viene sempre richiesta a gran voce dai presenti. Un classico”.
PENSO CHE IL TUO DEBUT ALBUM DA SOLISTA “NIGHTS ARE SO LONG” CONTENGA DEGLI OTTIMI BRANI, ANCHE SE SPESSO QUELL’OPERA VIENE SOTTOVALUTATA. RACCONTACI QUALCOSA DI QUEL PERIODO…
“Innanzitutto ti ringrazio del complimento, purtroppo non mi capita di parlare spesso di quell’album. Dopo lo scioglimento degli Hanoi Rocks mi ero trasferito da Londra a New York City, credo fosse il 1986 o il 1987. Ho registrato alcune demo spedendole ovunque, dai Paesi scandinavi al Giappone ed anche se il budget a mia disposizione era irrisorio ho cercato di rendere il prodotto il più professionale possibile. Ho firmato per una piccola etichetta indipendente, la Yahoo! Records, e ho iniziato a scegliere i brani più significativi da includere nell’album. Dalla collaborazione con il polistrumentista Frank Secich (compagno di merende del defunto Stiv Bators dei The Lords of the New Church, ndR) è nata ‘Million Miles Away’, al contempo ho voluto pagare il mio tributo ai grandiosi MC5 con la cover di ‘Highschool’. Inoltre, ho avuto l’onore di ospitare al pianoforte Ian Hunter dei Mott The Hoople, il quale ha regalato all’opera la sua inconfondibile impronta ‘honky tonk'”.
QUAL E’ IL PRINCIPALE ASPETTO DEL COMPORRE NUOVA MUSICA CHE TI ESALTA ANCORA OGGI?
“Questa band! Ho l’immenso piacere di collaborare con dei musicisti estremamente preparati, sono dei ragazzi incredibili e mi ispirano ad offrire il meglio in ogni occasione. Non mi sono mai sentito così ispirato ed affamato come ora”.
MICHAEL, HAI UN TUO CREDO IN TEMA DI POLITICA, RELIGIONE O FILOSOFIA?
“Rischiamo di rimanere due giorni a parlarne, se dovessi entrare nel dettaglio di ogni aspetto (ride, ndR). Partendo dalla religione, non credo esista un Dio al di sopra di noi, la Chiesa cerca di controllare ed indirizzare a proprio comodo le vite dei credenti. Lo stesso discorso si potrebbe tranquillamente applicare a principali leader politici mondiali. Non abbiamo bisogno di essere salvati da noi stessi, se non per il fatto che ogni giorno si combattono delle guerre insensate, soprattutto per colpa dell’ignoranza. Se fossi milionario, mi impegnerei quotidianamente per cambiare e migliorare il mondo in questo senso”.
QUALE LAVORO AVRESTI VOLUTO SVOLGERE, SE NON AVESSI FATTO IL MUSICISTA?
“Probabilmente avrei dedicato la mia vita alla creazione di cartoni animati, anche quella è una forma d’arte pura come la musica”.