MIDNIGHT ODYSSEY – In esilio

Pubblicato il 31/01/2020 da

Fra spazi immensi e spogliati di mano umana, la musica si intrufola e straripa smisurata, rompe ogni vincolo e si spande fin dove non è dato sapere. È quanto accade con gli ideali black metal di Dis Pater, che attraverso Midnight Odyssey promulga un’intensa miscellanea di chitarre taglienti dal sapore old-school e sintetizzatori avveniristici, strumenti suonati con tale elasticità e armonia da portarsi oltre il metal, verso l’ambient e l’avanguardia. L’utilizzo delle voci pulite induce inoltre la sensazione di un particolare misticismo, elemento che in congiunzione all’ampio respiro melodico dei singoli brani infonde un potere attrattivo non comune e fa dell’ultimo “Biolume Part 1 – In Tartarean Chains” un’uscita accessibile anche per quanti poco sopportano tempi lunghi ed ermetismo concettuale. Dis Pater ci spiega come si è plasmata nella sua mente la trilogia incentrata sulla bioluminescenza, riflette sul suo modus operandi e cosa lo motiva nel suo solitario cammino artistico.


“BIOLUME PART 1 – IN TARTAREAN CHAINS” RAPPRESENTA LA PRIMA PARTE DI UNA TRILOGIA. PERCHÉ HAI SCELTO DI SPERIMENTARE CON QUESTO FORMAT E QUALI SONO I TEMI AFFRONTATI IN QUESTO PRIMO DISCO E CHE SVILUPPERARI NEI PROSSIMI CAPITOLI?
– L’idea di una trilogia è nata perché avevo molta musica pronta. Perfino troppa per un doppio album, e avevo comunque deciso che per il momento non avrei fatto altri doppi album. L’idea era di basare la trilogia sulla bioluminescenza, ossia la luce prodotta dagli esseri viventi nelle profondità dell’oceano, nelle caverne o di notte; anche nei luoghi più bui della terra, lontani dal sole, può scaturire la luce, ma solo quando un essere vivente ne abbia bisogno. Nella mia testa, questi sono pensieri a cui ritengo molte persone possano relazionarsi: lo associo al fatto che, nei tuoi momenti più bui, sopravvivi creando la tua luce, qualcosa su cui concentrarti, qualcosa di fondamentale per farti andare avanti. Il primo album della triologia tratta di condanna ed esilio, personificati dal titano Saturno. È troppo presto per rivelare dettagli reali sulla seconda e terza parte, ma posso anticipare che il prossimo disco sarà musicalmente molto diverso dal primo!

PER “BIOLUME PART 1…” HAI MODIFICATO QUALCOSA NEL TUO NORMALE METODO DI LAVORO E IN COME SVILUPPI LA TUA IDEA DI MUSICA?
– Non ho cambiato granché nel modo in cui lavoro. Le canzoni sono nate come idee astratte e, come la maggior parte delle mie composizioni, sono passate attraverso varie modifiche, fino a quando non ho trovato qualcosa che fosse degno di essere pubblicato. Penso che la parte più difficile sia stata elaborare l’ordine delle canzoni e collocare ognuna nel capitolo della trilogia che le fosse stato più adatto.

DOPO UN ALBUM FATTO DI CANZONI MOLTO LUNGHE COME “SHARDS OF SILVER FADE” HAI SCRITTO PEZZI PIÙ CORTI E CONCISI. QUALI SONO LE RAGIONI DI QUESTO CAMBIAMENTO E COME SI ADATTA IL FORMATO DI QUESTE NUOVE CANZONI AL FILO CONDUTTORE DELLA NARRAZIONE?
– Sono molto orgoglioso di “Shards Of Silver Fade”, la lunghezza dei suoi brani e dei due dischi che lo compongono sono coerenti a quella che doveva essere nella mia testa la struttura dell’album. Tuttavia, negli ultimi tempi mi è venuta voglia di concentrarmi su brani più brevi, per quanto durino anch’essi oltre dieci minuti e possano essere considerati lunghi per la maggior parte delle persone. Quando sono arrivato all’uscita di “Shards Of Silver Fade, ammetto che fossi un po’ esausto dell’intero processo di scrittura e missaggio, realizzazione dei testi, dell’artwork, insomma, di tutto quanto è connesso alla creazione di un disco. Fondamentalmente, avevo raggiunto il mio limite. Per quanto riguarda la seconda parte della domanda, lo sviluppo narrativo dei miei album non è realmente influenzato dalle lunghezze delle singole canzoni, è la narrazione che va adattandosi alla musica qualunque sia la forma che essa va ad assumere. Non scrivo prima i testi, arrivano sempre per ultimi e quindi sono abbastanza flessibili per adattarsi alla musica.

SE NEGLI ALBUM PRECEDENTI HAI GUARDATO IN PREVALENZA AL COSMO E ALLE GALASSIE, EVOCATI ANCHE ATTRAVERSO UN CERTO TIPO DI ARTWORK E DI SCELTE CROMATICHE, QUESTA VOLTA HAI INDAGATO GLI ABISSI, LE PROFONDITÀ DEL GLOBO TERRESTRE. QUALI SONO LE RIFLESSIONI, I PENSIERI CHE TI HANNO PORTATO A QUESTO CAMBIO DI PROSPETTIVA?
– Il concept della prima parte della trilogia verte su un argomento, l’esilio, che è molto terreno. Parlo di Saturno che va nel Tartaro, Satana che scende all’Inferno, ci muoviamo nell’intero mondo sotterraneo. In vita mia mi è capitato di inoltrarmi in grotte dove non ci sono assolutamente né luce né suono. È pura oscurità e vuoto. Dopo un po’, i tuoi occhi si adattano e puoi vedere le luci più deboli, forse un bagliore luminoso o un piccolo passaggio che porta in superficie. Ci pensi a come può sopravvivere una qualsiasi creatura in questi luoghi? Eppure molti organismi lo fanno, ci sono ragni delle caverne, lucciole, altre creature che prosperano nell’oscurità. Per delineare questo tipo di ambienti Elijah Tamu / Ikonostasis ha fatto un lavoro straordinario, le sue opere d’arte rappresentano magnificamente quanto descritto da musica e testi.

NONOSTANTE LA LUNGHEZZA E LA NATURA ETEREA DI GRAN PARTE DELLA TUA MUSICA, PENSO CHE “BIOLUME PART 1…” SIA RELATIVAMENTE CATCHY PER ESSERE UN DISCO BLACK METAL, AL QUALE POTREBBE NON ESSERE COSÌ DIFFICILE AVVICINARSI ANCHE DA PARTE DI COLORO CHE NON COSÌ ESPERTI DI QUESTO GENERE. IN QUESTO, OFFRI UN GRANDE ‘AIUTO’ CON LE TUE LINEE VOCALI PULITE. MI PIACEREBBE SAPERE QUALI SONO LE SENSAZIONI CHE TI GUIDANO NELLA SCRITTURA DELLE LINEE VOCALI E SE TI SENTI A TUO AGIO NEL RUOLO DI CANTANTE.
– Ora mi sento a mio agio come cantante come mai mi era successo. Mi sono esercitato più del solito in questo senso, cercando di spingermi dove non sono mai arrivato prima, aggiungendo qualcosa al mio registro vocale da un disco all’altro. Sono d’accordo che la voce pulita rende le cose più accessibili, per me è una parte importante della musica. Ci vogliono anni per ‘trovare’ la propria voce, all’inizio cerchi di emulare e copiare quelli che ti piacciono, ma ogni individuo possiede un suo modo di esprimersi o un timbro unici, quindi bisogna arrivare a comprendere qual è la propria vera voce e non preoccuparsi di assomigliare all’uno o all’altro. Non posso davvero dire quali sentimenti mi guidano quando canto, in quanto tali essi cambiano continuamente, faccio solo quello che penso sia giusto per interpretare quel singolo momento della canzone.

L’USO DELLE TASTIERE PUÒ RICHIAMARE PARTITURE TIPICHE DEL FUNERAL DOOM, SPESSO L’ATMOSFERA DI DESOLAZIONE È LA MEDESIMA DI QUEL GENERE. PERCEPISCI QUESTA AFFINITÀ CON IL FUNERAL DOOM E SEI UN SUO FAN?
– Sì, sono un grande fan del funeral doom, dei primi Thergothon, di Skepticism, Funeral, oppure di band odierne come i Profetus. Le atmosfere del funeral doom concordano perfettamente con tutto quanto possa definirsi cupo e tetro. Per quanto ciò possa apparire strano da dire, mi dà un grande conforto questo tipo di musica, è quasi meditativa.

NEL 2017 HAI PUBBLICATO “SILHOUETTES OF STARS”, UNA COMPILAZIONE DEL TUO VECCHIO MATERIALE. CI SONO MOLTE SIMILITUDINI CON QUANTO SUONI ADESSO? QUAL È ORA IL TUO FEELING QUANDO ASCOLTI LE TUE CANZONI PIÙ VECCHIE, COSA PROVI RISENTENDOLE?
– “Silhouettes Of Stars” è una compilation di materiale mai pubblicato prima, che racchiude musica composta tra il 2007 e il 2017. A livello di produzione, molte cose sono cambiate nel corso degli anni, lo stesso songwriting è cambiato un po’, ma ci ancora molti riff o passaggi inutilizzati di quel periodo che entrano nella mia musica più recente. Anche nella trilogia di Biolume ci saranno parti di canzoni che ho scritto circa vent’anni fa. Volevo pubblicare “Silhouettes Of Stars” perché ero ancora molto legato a quelle canzoni, ma non si adattavano molto bene a nessun album. È un promemoria che mi racconta il percorso compiuto, dov’ero agli inizi e dove sono approdato ora.

SEMPRE NEL 2017, HAI PUBBLICATO IL PRIMO DISCO DI UN PROGETTO MOLTO LONTANO DALLE SONORITÀ DI MIDNIGHT ODYSSEY, “LOOKING FOR SEMBLANCE” SOTTO IL MONICKER DEATH COMES CRAWLING, COL QUALE ESPLORI LA DARKWAVE E IL SYNTH ROCK DEGLI ANNI ’80. PERCHÉ HAI PUBBLICATO UN ALBUM DI QUESTO TIPO E QUALI SONO GLI ARTISTI CHE TI HANNO GUIDATO IN QUESTO PROGETTO?
– Era tanto che avevo in mente questo progetto. Avevo solo bisogno di un momento di calma, un periodo in cui non fossi troppo coinvolto nei Midnight Odyssey. Death Comes Crawling è influenzato da Depeche Mode, New Order, Clan Of Xymox e altri gruppi stilisticamente collocabili nel filone del goth/darkwave/synth pop di primi anni ’80.

COSA RAPPRESENTA PER TE IL BLACK METAL? È SOLO UNA CATEGORIA UTILE A INCASELLARE LA TUA MUSICA, O RICONOSCI A QUESTO TERMINE UN SIGNIFICATO PIÙ PROFONDO E CHE DEFINISCE IN QUALCHE MISURA LA TUA PERSONALITÀ?
– Parlando per me stesso, come esperienza individuale, penso si debba distinguere tra quello che era il black metal una volta e quello che è adesso. Il black metal degli anni ’90 mi tocca sul piano personale, è più di uno stile musicale, è un ideale e un momento ben definito nel tempo, molto speciale. La musica all’epoca era un’arte oscura e magica, tuttavia, come tutte le cose, non poteva durare. Quel tipo di musica ha superato il suo intento originale e si è ampliato sempre di più, espandendosi dalle sue radici. Questa è sia una cosa buona che una cattiva, dal mio punto di vista. Anche se con Midnight Odyssey mi inserisco nel quadro generale del black metal, in quello che suono c’è così tanta influenza musicale dall’esterno che non puoi davvero classificarmi come un gruppo solamente black metal: c’è il doom, c’è musica classica datata e moderna, c’è la darkwave e altro. Non ho mai voluto essere limitato dai confini musicali e non volevo fare qualcosa che qualcuno aveva già fatto dieci o vent’anni prima di me. Rapportandosi alla musica che si ama, ci si può fermare all’adorazione dei propri idoli oppure progredire. Ritengo ci sia un vero equilibrio se riesci a trovarti da qualche parte fra l’aderenza alla tradizione e il desiderio di sperimentare. Essendo una persona abbastanza complicata, la poliedricità della mia persona viene fuori nella musica che scrivo. Non è intrattenimento, non sono una rockstar, non sono qui per fama e gloria, esprimo soltanto chi sono e i miei pensieri.

FUORI DAL METAL, QUALI SONO GLI ARTISTI CHE HANNO DATO L’IMPRONTA PIÙ PROFONDA ALLA TUA VISIONE ARTISTICA?
– Inizialmente, sono stato affascinato da alcune tendenze neoclassiche della musica darkwave, parliamo di entità quali Dead Can Dance, Arcana, Dargaard e band simili. Ma sono anche fortemente influenzato dalla musica classica e dalla musica medievale/rinascimentale. Anche act elettronici come Tangerine Dream e Klaus Schulze c’entrano molto coi miei brani orientati all’elettronica o all’ambient. Ad essere onesti, a volte una canzone ti colpisce e ti dà un certo tipo di sensazione, ha una sua influenza in quello che suoni, ma non riesci effettivamente a rintracciare quel tipo di sonorità nella musica che porta il tuo nome. Ho alti e bassi, così a volte una forma di musica la sento molto molto vicina a me in alcuni momenti, mentre in altri è totalmente distante dal mio essere. Non sono una di quelle persone che ascolta solo un genere di musica e si attiene rigorosamente ad esso, penso che la maggior parte delle persone che affermano di farlo stiano solo mentendo.

L’ISOLAMENTO RISPETTO ALLE GRANDI SCENE MUSICALI PUÒ ESSERE CONSIDERATO UN ELEMENTO FONDAMENTALE PER REALIZZARE MUSICA COME QUELLA DI MIDNIGHT ODYSSEY? NON TI SENTI A VOLTE FRUSTRATO DALL’ESSERE COSÌ LONTANO DALL’EPICENTRO DEL MONDO METAL?
– Forse quand’ero più giovane mi pesava stare lontano da dove si svolgeva il grosso dell’attività del mondo metal, ma ora questa condizione non mi turba. Ha i suoi vantaggi essere distaccato dai centri nevralgici della scena. Provo un certo imbarazzo ai concerti metal, perché sento che c’è sempre un eccessivo esibizionismo, band e singoli individui che cercano di competere per emergere l’uno sull’altro, a volte sproloqui politici. Personalmente, mi piace così tanto la musica, che devo separarmi il più possibile dagli individui che stanno dietro ad essa per apprezzarla appieno. Non mi piace pensare al black metal come intrattenimento dal vivo, è molto più rituale, è la sua natura mistica che mi ha catturato da giovane e non riesco a entrare in confidenza con la dimensione concertistica di questo genere. Ma devo riconoscere che internet, nel bene e nel male, accorciando le distanze fra me e il resto del mondo, ha dato una mano decisiva nel portare la mia musica all’estero e nelle orecchie di molte persone in tutto il mondo.

PENSI CHE IN FUTURO SARÀ POSSIBILE VEDERE MIDNIGHT ODYSSEY SUONARE DAL VIVO? HAI MAI IMMAGINATO A COME EVENTUALMENTE VORRESTI CHE FOSSERO I TUOI CONCERTI?
– Non credo funzionerebbe. Finché non troverò un modo per suonare dal vivo alle condizioni che desidero e che mi soddisfino appieno, Midnight Odyssey rimarrà un progetto da studio.

0 commenti
I commenti esprimono il punto di vista e le opinioni del proprio autore e non quelle dei membri dello staff di Metalitalia.com e dei moderatori eccetto i commenti inseriti dagli stessi. L'utente concorda di non inviare messaggi abusivi, osceni, diffamatori, di odio, minatori, sessuali o che possano in altro modo violare qualunque legge applicabile. Inserendo messaggi di questo tipo l'utente verrà immediatamente e permanentemente escluso. L'utente concorda che i moderatori di Metalitalia.com hanno il diritto di rimuovere, modificare, o chiudere argomenti qualora si ritenga necessario. La Redazione di Metalitalia.com invita ad un uso costruttivo dei commenti.