MISERY INDEX – Cattivi pensieri

Pubblicato il 11/06/2022 da

Quello che un tempo sembrava solamente un progetto senza grandi pretese, nato per volontà di alcuni ex membri dei Dying Fetus, anno dopo anno è diventato uno dei punti fermi del panorama death metal mondiale. Il tempo vola e per certi versi sembra assurdo che lo scorso anno i Misery Index abbiano già festeggiato il ventennale della loro fondazione. Il Covid non ha dato modo al gruppo statunitense di organizzare chissà quali iniziative, ma quest’anno il quartetto si è rifatto pubblicando il suo settimo album, “Complete Control”, il primo della sua discografia a uscire per Century Media Records. Un classico lavoro Misery Index, stilisticamente sempre improntato su quel mix di death metal, grind e hardcore ormai sinonimo di questo monicker, ma più che mai rifinito a livello di esecuzione e produzione. Per saperne di più, abbiamo contattato Jason Netherton, bassista, cantante, fondatore e ideologo dei Misery Index, il quale, in netto contrasto con il carattere ostile della musica della sua band, si è come al solito dimostrato una persona decisamente affabile…

IN CHE MODO IL COVID E UNA LINE-UP SPARSA TRA DIVERSE CITTÀ NEL MONDO HANNO INFLUENZATOLA LOGISTICA DELLA BAND E, IN PARTICOLARE, LA SCRITTURA DEL NUOVO DISCO?
– Viviamo in luoghi diversi da un decennio circa: in diversi stati degli Stati Uniti per quanto riguarda gli altri ragazzi e, nel mio caso, in Finlandia, da circa sei anni. Quando i lockdown legati al Covid sono avvenuti a partire dalla primavera del 2020, ci trovavamo agli ultimi sgoccioli di un tour europeo. Abbiamo tenuto l’ultimo show a Colonia in Germania e poi ci siamo salutati. Dopo non ci siamo visti per un anno e mezzo. Quindi, abbiamo iniziato a scrivere le canzoni e a rimettere in moto la macchina dei riff. Abbiamo scritto le canzoni per la maggior parte individualmente, con ciascuno di noi che si è fatto carico di completare interi brani per l’album; poi, quando finalmente ci siamo riuniti a maggio 2021, abbiamo deciso di provare tutto e di vedere cosa avevamo. Da quel punto, il processo è stato più o meno simile a quello per gli ultimi album: scrivere musica separatamente per poi arrangiarla tutti insieme. A conti fatti, non ci siamo visti per molto tempo, ma la situazione ci ha dato modo di iniziare a comporre ben prima del previsto, il che è positivo, dato che abbiamo pubblicato l’album solo tre anni dopo l’ultimo.

RILEVO UN’IMPRONTA ANCORA PIÙ DIRETTA NEL NUOVO ALBUM RISPETTO A “RITUALS…”, CHE ERA GIÀ PIÙ BRUTALE DELL’EPICO “THE KILLING GODS”. CHE NE PENSI? AVETE CONCORDATO UNA DIREZIONE PRIMA DI INIZIARE A COMPORRE O È TUTTO NATO SPONTANEAMENTE?
– Sì, lo noto anch’io: penso in un certo senso che “Rituals of Power” e “Complete Control” siano lavori complementari, sia in termini di testi che di musica. Penso che con “Rituals…” siamo entrati in una nuova fase di perfezionamento nel nostro modo di scrivere canzoni, il tutto accompagnato da una certa crescita a livello tecnico. Quindi i momenti di inattività causati dal Covid hanno portato a un sacco di pratica extra (ride, ndR). Sento che abbiamo davvero consolidato chi siamo come band e il nostro sound negli ultimi anni: è stata una progressione naturale e ci siamo ritrovati a rifinire sempre di più il nostro death metal dalle sfumature hardcore e grind. Stiamo vivendo un buon momento e credo che si veda nell’album.

LA TITLE-TRACK MI HA SORPRESO CON UN’ARMONIZZAZIONE CHE SUONA UN PO’ COME I VECCHI IN FLAMES. C’È QUALCOSA SU CUI VORRESTI CHE I FAN SI CONCENTRASSERO IN PARTICOLARE MENTRE ASCOLTANO IL DISCO?
– Sì, ci siamo sempre dilettati un po’ con la melodia, come ad esempio nel finale di “Conjuring the Cull”, oppure nella parte centrale di “Rituals of Power”. Tuttavia comprendo cosa intendi per l’incipit di quel brano: il nostro chitarrista solista Darin ha le sue radici nel metal classico e la sua passione per gli assoli potrebbe essersi manifestata inconsciamente in quel modo. Per quanto riguarda il focus, sì, c’è un filo lirico che si snoda attraverso tutte le canzoni dell’album e che si basa sul tema del ‘controllo’: dai media, alle teorie del complotto, alla lotta di classe; questi sono tutti problemi comuni che hanno a che fare con il potere e controllo nella nostra vita quotidiana.

IMMAGINO CHE L’ATTUALE CLIMA POLITICO E IL CONFLITTO IN UCRAINA VI STIANO GIÀ FORNENDO MOLTI SPUNTI E ISPIRAZIONE PER NUOVA MUSICA. QUANDO È STATA L’ULTIMA VOLTA CHE HAI SCRITTO UNA CANZONE? COSA PUOI DIRCI A RIGUARDO?
– Sì, beh, è ​​così dalla metà degli anni Duemila, da quando c’è stata una sorta di ascesa globale di movimenti populisti più antidemocratici: in particolare la presidenza Trump negli Stati Uniti. Quindi, sì, questo è il mondo in cui viviamo e ciò alimenta la nostra rabbia e fornisce ispirazione per il tipo di testi che ci piace avere. Siamo una band death metal e so che questi tipi di testi non sono per tutti, ma mi piace pensare che usiamo molti tropi narrativi, allegorie e metafore per mantenerli interessanti anche per coloro che ci seguono principalmente per la musica. Comunque, l’ultima canzone che ho scritto è una che è finita nell’album: parlo di “Rites of Cruelty”, un pezzo molto fedele al mio stile, dove cerco di combinare riff più vicini al thrash con alcune possenti parti midtempo ispirate ai Bolt Thrower. Se prendi il vinile, è la prima traccia sul secondo lato!

MAN MANO CHE COMPONI NUOVA MUSICA, TI RITROVI A ESSERE PIÙ O MENO INTERESSATO A CERCARE E ASCOLTARE NUOVA MUSICA REALIZZATA DA ALTRE PERSONE? HAI ANCORA VOGLIA DI CERCARE NUOVI SPUNTI E FONTI DI ISPIRAZIONE?
– In realtà sono costantemente esposto a nuova musica, poiché gestisco un negozio di dischi e un’etichetta underground in Finlandia chiamata The Other Records. Come parte dei compiti del negozio, ascoltiamo sempre nuova musica, la cerchiamo per inserirla nel catalogo del negozio e aggiorniamo le playlist. Mi lascio ispirare: diverse giovani band – specialmente qui in Finlandia abbiamo ottime nuove realtà come Galvanizer, Cryptic Hatred e Morbific – stanno facendo grandi cose, quindi trovo importante tenere sempre un piede nell’underground. Penso che per mantenere il proprio spirito giovane e ispirato non vi sia niente di meglio di ascoltare sempre nuova musica e supportare la prossima generazione di band estreme.

NELLA VOSTRA CARRIERA AVETE PUBBLICATO ALBUM TRAMITE NUCLEAR BLAST RECORDS, RELAPSE, SEASON OF MIST, CENTURY MEDIA… CHE ASPETTATIVE AVETE NEI RIGUARDI DI UN’ETICHETTA DISCOGRAFICA OGGIGIORNO? QUALI SONO I PRO E I CONTRO DELL’AVERE A CHE FARE CON AZIENDE COSÌ GRANDI E IMPORTANTI?
– Sì, abbiamo avuto modo di lavorare con varie etichette negli anni e abbiamo sempre avuto un buon rapporto con tutti: nessun rancore o altre cose spiacevoli, si tratta solo di trovare il miglior rapporto per le esigenze attuali della band. In questo momento siamo a quota sette album in carriera e quando il nostro ultimo contratto con Season of Mist è scaduto, siamo stati contattati da Century Media. È stato come scoprire che le stelle si fossero allineate: le risorse che ci hanno offerto erano esattamente ciò che stavamo cercando in quel momento. In breve, gli aspetti positivi di questo tipo di rapporti lavorativi è la capacità di simili etichette di portare la tua musica a più persone. Avevamo già alcuni amici presso Century Media ed erano dei nostri fan dichiarati da molto tempo, quindi ci è sembrato che fosse il momento giusto per provare qualcosa di nuovo.

SIETE STATI UNA DELLE ULTIME BAND CHE HO VISTO PRIMA CHE ARRIVASSE IL COVID (A LONDRA CON I NAPALM DEATH). COM’È STATO RITROVARSI IN QUELLA SITUAZIONE? VI È SEMBRATO STRANO PASSARE COSÌ TANTO TEMPO A CASA? AVETE USATO LA PAUSA FORZATA PER CONCENTRARVI SU ALTRE COSE AL DI FUORI DELLA MUSICA?
– Quello è stato davvero un concerto fantastico. È sempre uno spasso suonare lì con loro. In generale, quel tour potrebbe essere stato il migliore di sempre per quanto riguarda l’atmosfera tra le band e le dimensioni dei concerti. Pura energia ogni sera. Anche e soprattutto per questo motivo è stato un dramma concluderlo e ritrovarsi chiusi a casa per mesi e mesi. Ho provato a fare altre cose, tra cui finire finalmente la mia tesi di dottorato dopo sette anni (risate, ndR); l’ho discussa su Zoom (la mia università era in Canada) e ora mi sono tolto un grosso peso dalle spalle. Un altro è stato l’avvio di alcuni progetti collaterali qui in Finlandia con alcuni amici. Ne ho anche uno con degli amici italiani: suoniamo del metal tradizionale e presto lo annunceremo!

A PROPOSITO DI TOUR, SEI ORMAI UN VETERANO DELLA DIMENSIONE LIVE. COME VIVI QUESTE ESPERIENZE ORA CHE NON SEI PIÙ GIOVANISSIMO?
– La differenza principale sta nel modo in cui viviamo la promozione live oggi rispetto a una volta: nei primi anni Duemila il gruppo era un’occupazione a tempo pieno, tanto che tenemmo più di duecento concerti all’anno nel 2006 e nel 2007, per esempio. Negli ultimi anni ovviamente abbiamo rallentato un po’ perché sono successe altre cose nelle nostre vite, quindi, anche se cerchiamo di fare almeno un tour europeo e uno americano ogni anno, cerchiamo di prendercela più comoda. Abbiamo una nostra crew che viaggia con noi e cerchiamo di mantenere sempre gli standard. Facciamo ancora tour in furgone di tanto in tanto, tuttavia evitiamo di dormire sui pianerottoli di gente a caso come facevamo agli esordi (ride, ndR).

NEL CORSO DEGLI ANNI AVETE GIRATO IL MONDO. QUALI SONO I LUOGHI CHE TI SONO RIMASTI DAVVERO IMPRESSI, GLI SHOW CHE NON DIMENTICHERAI MAI?
– Difficile rispondere. Mi è piaciuta molto Perth, in Australia, che è la grande città più isolata del mondo: ho visitato i parchi naturali lì intorno e ho visto moltissimi fantastici tipi di uccelli, ecc. È stato anche bello visitare l’Ucraina nel 2007, quando le cose andavano un po’ meglio, ovviamente: abbiamo suonato a Lviv ed è stato un vero macello. Altre avventure memorabili includono la Colombia, il Quebec settentrionale e le province atlantiche canadesi, ma ricordo con piacere anche quando abbiamo suonato in Sardegna anni fa. Per quanto riguarda uno show memorabile, sicuramente ogni volta che suoniamo a Berlino è pazzesco; per qualche ragione siamo davvero popolari in quella città. Il nostro ultimo concerto da headliner con i Wormrot di supporto è stato incredibile.

PROBABILMENTE NON SARÀ COMPITO SEMPLICE, MA PER CONCLUDERE POTRESTI DIRCI LE TUE TRE CANZONI PREFERITE DEI MISERY INDEX? SPIEGACI ANCHE PERCHÉ SONO COSÌ SPECIALI PER TE.
– Immagino che se dovessi scegliere sarebbero: 1) “Rituals of Power” – adoro questa canzone e in particolare la sezione centrale, ha una sorta di strana atmosfera simile ai Dissection che è di certo unica per noi. Stranamente non l’abbiamo mai suonata dal vivo per qualche motivo. 2) “Manufacturing Greed” – la prima traccia che ho scritto per la band nel 2000. In realtà era quasi diventata una canzone dei Dying Fetus, ma è stata scritta troppo tardi per finire su “Destroy the Opposition”. Ad ogni modo, è speciale come può essere speciale la ‘prima’ di molte cose che facciamo nella vita. 3) “The Spectator” – è stata la prima volta che ho composto un pezzo strutturato in modo così esplicito come una canzone hardcore punk e adoro come è venuta. La suoniamo ancora ad ogni concerto ed è sempre divertente. Non invecchia mai.

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