Più vecchi, forse più saggi, ma di nuovo violenti come da tradizione. I Misery Index maturano riuscendo a rinverdire l’aggressività del loro sound. Con “The Killing Gods” il gruppo death-grind statunitense aveva concepito un album più lento e riflessivo, ma il nuovo “Rituals Of Power” ha rimesso in primo piano la loro tipica mordacità. Nove tracce che vanno dritte al sodo, pur mettendo in mostra una notevole cura per i dettagli, frutto della continua crescita di questi musicisti. Un graditissimo ritorno, che rilancia una carriera ultimamente vissuta lontano dai grandi palcoscenici. Ne parliamo con Mark Kloeppel, chitarrista e cantante della formazione di Baltimore.
TROVO “RITUALS OF POWER” UN RITORNO AL CLASSICO SOUND MISERY INDEX, ESALTATO DALL’ESPERIENZA NELLA COMPOSIZIONE MATURATA NEGLI ULTIMI ANNI. I BRANI SONO DIRETTI, AGILI E ORECCHIABILI. CON “THE KILLING GODS” VI ERAVATE MOSSI VERSO UNA PROPOSTA PIU’ COMPLESSA, PER I VOSTRI STANDARD…
– Sì, sono d’accordo con te. Si tratta di un ritorno a quello che sappiamo fare meglio. Con “The Killing Gods” abbiamo provato a comporre un album particolarmente oscuro ed epico, cercando di variare il più possibile la nostra vecchia formula. Si è trattato di un’esperienza catartica, per certi aspetti. Quando però abbiamo iniziato a pensare ad un nuovo disco, ci è sembrato giusto fare un passo indietro e rispolverare certe nostre vecchie caratteristiche.
LE VOSTRE FONTI DI ISPIRAZIONE SONO CAMBIATE NEL CORSO DEGLI ANNI? SIETE UNA BAND DA PARECCHIO TEMPO ORMAI E IN ORIGINE IL SOUND MISERY INDEX AVEVA UN TAGLIO MAGGIORMENTE GRIND. POI IL DEATH METAL HA INIZIATO A PRENDERE IL SOPRAVVENTO…
– Non credo che le nostre influenze e fonti di ispirazione siano cambiate più di tanto negli anni. Continuiamo ad ascoltare i classici e a scoprire nuove band e l’idea alla base del gruppo è da sempre quella di mescolare tutto e di conferirgli un tocco personale. Siamo da sempre un mix di extreme metal, grind, power-violence e hardcore punk, con persino qualche accenno di Gothenburg sound. La composizione avviene sempre in un clima democratico, ognuno ha modo di contribuire e il processo è molto organico. Penso che quando i Misery Index hanno iniziato in molti si aspettassero una specie di “World Downfall” dei Terrorizer mischiato con quello che Jason erano solito fare nei Dying Fetus. In effetti, per un po’ è stato così, ma poi è venuta fuori l’esigenza di esprimersi diversamente, di fare diventare il gruppo una realtà più personale, lontana dai paragoni più ovvi. Non abbiamo mai voluto restare confinati in un sotto-genere specifico. Chiaramente non ci sentirai mai suonare rock, ma credo che sia importante mantenere la mente aperta ed evolversi di tanto in tanto. Il nostro processo creativo corre sul filo del compromesso fra il mantenere quella identità che ci siamo costruiti nel tempo e la voglia di cambiare.
IN OGNI CASO, QUELLO CHE HO SEMPRE APPREZZATO NEI MISERY INDEX E’ LA CAPACITA’ DI COMPORRE RIFF E CANZONI SUBITO MEMORIZZABILI PUR RIMANENDO IN GENERI ESTREMI. MI E’ SEMPRE PARSA UNA VOSTRA PREROGATIVA, SIN DA BRANI COME “MANUFACTURING GREED” O “DEMAND THE IMPOSSIBLE”…
– Esattamente. Ti ringrazio, sono felice che tu abbia colto questo aspetto della nostra proposta. Abbiamo sempre cercato di prendere le distanze da certe tendenze della scena death-grind. I nostri brani devono sempre avere una logica e un elemento riconoscibile alla base. E anche i nostri testi devono avere un senso. Ci fa piacere che qualcuno noti la differenza.
IN EFFETTI ANCHE IL COMPARTO LIRICO HA SEMPRE AVUTO UN CERTO PESO NELLA PROPOSTA DEI MISERY INDEX. DI COSA PARLA “RITUALS OF POWER”?
– Siamo un gruppo politicizzato, ma non amiamo scadere nei clichè e parlare di presidenti, ecc. “Rituals of Power” parla essenzialmente del processo autodistruttivo in cui da sempre è coinvolta l’umanità. Tutto l’album ruota attorno al concetto di circolo vizioso: puoi sentirci distruzione, speranza per un nuovo inizio e, in seguito, la delusione nel vedere che tutto sta nuovamente finendo nel cesso. Ogni pezzo si concentra su un argomento di natura socio-politica e su vari aspetti della lotta per il potere.
ULTIMAMENTE STATE IMPIEGANDO PIU’ TEMPO PER COMPORRE E PUBBLICARE NUOVI ALBUM. AVETE DECISO DI VIVERE LA BAND IN MANIERA DIVERSA RISPETTO AD ALCUNI ANNI FA?
– Per alcuni anni la band è stata la nostra sola occupazione, ma per vivere suonando questo tipo di musica devi viaggiare sempre. La tua vita viene stravolta perchè sei sempre in tour. Dopo un po’ ci siamo stancati: vi erano tante altre cose che volevamo fare. Io, ad esempio, volevo conseguire un master, costruire una famiglia, esplorare altri aspetti dell’industria musicale ed esprimermi al di fuori della musica. I Misery Index sono un progetto che richiede grande impegno e che merita la massima integrità: quando decidiamo di dedicarci al gruppo, lo facciamo al massimo, senza compromessi. Se la nostra mente è altrove, allora è meglio aspettare. Oggi non è semplice trovare la giusta ispirazione per comporre questo tipo di musica: ci mettiamo più tempo, ma credo che alla fine il risultato parli da solo. Siamo molto orgogliosi di questa nostra nuova creazione. Al momento non potremmo essere più soddisfatti di così, a livello artistico. Poi, chissà… magari in futuro le nostre priorità cambieranno e potremmo finire con il comporre un disco ogni anno e ad andare in tour come mai prima. Il futuro è sempre incerto.
RIFLETTETE MAI SULLA VOSTRA CARRIERA? CAMBIERESTI QUALCOSA OGGI, SE POTESSI TORNARE INDIETRO?
– Ogni album è un capitolo importante della nostra carriera. Non ho rimpianti, fa tutto parte di un processo di apprendimento e miglioramento. Ogni disco è una fotografia di dove eravamo in quel momento come persone e compositori. Certamente vi sono cose nel nostro vecchio repertorio che oggi non mi piacciono, tuttavia non cambierei niente.
VI E’ UN ALBUM O UN BRANO AL QUALE TI SENTI MAGGIORMENTE LEGATO?
– “Traitors” ha un posto speciale nel mio cuore. Sono dell’idea che con quel disco riuscimmo a trovare finalmente la nostra vera dimensione. Sono successe tante cose bellissime nella campagna per quell’album: abbiamo iniziato a suonare davanti ad un pubblico più ampio, a sentire gente che conosceva i testi a memoria, ecc. Se invece devo pensare ad un brano, sono particolarmente legato a “Day of the Dead”: non suoniamo questa canzone dal vivo, ma resta molto importante per il sottoscritto. Liberatevi dei traditori: questo è il suo messaggio.
ORMAI AVETE DECENNI DI CARRIERA ALLE SPALLE, CONSIDERANDO TUTTE LE VOSTRE ESPERIENZE MUSICALI. SIETE MAI ARRIVATI AD UN PUNTO IN CUI VI SIETE SENTITI DAVVERO STANCHI DI SUONARE DEATH METAL?
– Certo. Come ti dicevo, certi aspetti del vivere il gruppo come lavoro full time sono duri da digerire. C’è stato un momento in cui i nostri cari ci mancavano più che mai e in cui ci siamo sentiti stanchi di suonare ogni giorno per cercare di restare sulla bocca di fan e addetti ai lavori. Ad un certo punto questa band e questo panorama ci sono stati stretti. Ma poi, come accennavo anche prima, abbiamo deciso di cambiare stile di vita e la band è tornata ad essere un piacere. Oggi amiamo suonare questa musica e non abbiamo la minima intenzione di fermarci.
VI E’ UNA COSA DEL FARE PARTE DEI MISERY INDEX CHE HA AVUTO UN’INFLUENZA POSITIVA SU ALTRI ASPETTI DELLA TUA VITA?
– Oggigiorno la band rappresenta ciò che sono. Ha un’influenza su tutto ciò che faccio. I Misery Index – e il metal – sono il più grande dono che io abbia mai ricevuto. Grazie a queste cose sono stato in grado di realizzare tutti i sogni che avevo da ragazzo. Ancora oggi mi sembra tutto incredibile. Non so come altro spiegarlo, ma la band ha avuto un’influenza positiva su ogni aspetto della mia vita e inoltre mi ha portato il rispetto di coloro che io ho sempre ammirato. Non potrei chiedere di meglio.
HAI ANCORA DEI SOGNI NEL CASSETTO?
– Ho grandi ambizioni per questo nuovo album in particolare. Siamo dell’idea di avere dato alle stampe un classico della nostra discografia e cercheremo di promuoverlo al massimo delle nostre possibilità. Aspettatevi video, tour e tanto altro. Il responso sinora è stato magnifico.
ALCUNI ANNI FA IL VOSTRO BASSISTA/CANTANTE E MEMBRO FONDATORE, JASON NETHERTON, HA PUBBLICATO “EXTREMITY RETAINED”, UN INTERESSANTISSIMO LIBRO SULLA STORIA DEL DEATH METAL. COSA PENSI DI QUESTA SUA OPERA?
– L’opera di Jason è destinata a diventare una pietra miliare nella storia del nostro genere musicale. Per me è alla pari di “Choosing Death”. Ho grande ammirazione per lui come scrittore. Al momento è molto impegnato con il suo PHD, ma magari in futuro riuscirà a scrivere altro. Oltre ai nostri testi, ovviamente.