Dopo aver condotto per mano per ben ventinove anni i pionieri del death metal melodico Dark Tranquillity, Niklas Sundin, nel 2019 dal fronte live e ad inizio 2020 anche dalla line-up ufficiale, si è eclissato salutando i suoi compagni storici Mikael Stanne, Anders Jivarp e Martin Brändström (il tastierista è ormai nella band da vent’anni!) un po’ per dedicarsi alla famiglia ed al suo essere diventato padre, ed un po’ per continuare a sviluppare le sue due altre passioni, la grafica e l’elettronica. Se da un lato con la Cabin Fever Media, l’agenzia di design artistico che lo vede protagonista ormai da tanto tempo, non c’è mai stata l’interruzione del fil rouge che lega Niklas al mondo metal, con la creazione del progetto solista Mitochondrial Sun, soprattutto in occasione della release del debutto omonimo (febbraio 2020), si pensava il musicista potesse estraniarsi quasi completamente dal suo grembo materno originale. Invece, a distanza di solo pochi mesi, con il secondo nato “Sju Pulsarer”, abbiamo potuto registrare un deciso cambio di tendenza e di approccio, con il Nostro pronto a sfoderare con veemenza una breve e glaciale scudisciata black metal, quello con tanta atmosfera ed elettronica, zero compromessi e velocità costante, che ha sorpreso più di un critico. Non ci è restato altro da fare, quindi, che andare a sentire dallo stesso Sundin le impressioni sul suo pienissimo anno appena trascorso…
CIAO NIKLAS! E’ UN PIACERE AVERTI SULLE NOSTRE PAGINE PER PARLARE UN PO’ DEL TUO SOLO PROJECT MITOCHONDRIAL SUN E NON SOLO! NON AVENDO FATTO UN’INTERVISTA AL TEMPO DELL’USCITA DEL DEBUTTO, FAREMO DI TUTTA L’ERBA UN FASCIO, CONSIDERATA ANCHE LA BREVE DISTANZA TRA IL PRIMO ED IL SECONDO DISCO. SPIEGACI DUNQUE UN PO’ LA GENESI DEI MITOCHONDRIAL SUN, LE PRIME IDEE E LE PRIME COMPOSIZIONI. SUPPONGO CHE MOLTO DEL MATERIALE PRESENTE SULL’ESORDIO SIA PIU’ VECCHIO DI QUANTO CI SI ASPETTI, E’ CORRETTO?
– Ciao, e grazie per avermi come vostro ospite. Già, il materiale del debutto è certamente più vecchio di quanto la gente pensi. Sento tutti dire o scrivere di quanto sia strano il fatto di veder fuori un secondo album in così breve tempo, ma l’esordio dovete considerare che era pronto ben un anno prima della sua pubblicazione. Tutte le canzoni furono registrate entro l’estate del 2018 e il mixaggio era pronto per l’autunno dello stesso anno, quindi in realtà ho avuto quasi due anni per comporre le canzoni di “Sju Pulsarer”.
IL NOME MITOCHONDRIAL SUN RIFLETTE BENE LA TUA ATTITUDINE ‘NERD’ NEI CONFRONTI DI SCIENZA, CHIMICA, BIOLOGIA, ASTROFISICA E TEMI SIMILI. RICORDIAMO MOLTO BENE QUANTO GLORIOSAMENTE COMPLICATI SIANO I TESTI DEI PRIMI LAVORI DEI DARK TRANQUILLITY (“SKYDANCER” SU TUTTI, MA ANCHE “THE GALLERY” E “THE MIND’S I”) E PERSONALMENTE MI SONO SEMPRE CHIESTO DA QUALI SPUNTI ARRIVASSERO… VUOI RACCONTARCI QUALCOSA DI QUESTA TUA PASSIONE, CHE PENSO SI TRASMETTA ANCHE ATTRAVERSO LA TUA ARTE GRAFICA?
– Innanzitutto non posso rivendicare alcun know-how, alcuna esperienza sugli ambiti in questione, il mio titolo di studio è nel campo umanistico, nulla che sia relativo alla scienza. Però ho sempre trovato molto interessante l’intersezione tra le due aree menzionate. Ricordo, in qualche intervista dell’epoca ai Dark Tranquillity, che ripetevo spesso che i nostri testi erano un tentativo di combinare la mitologia alla scienza, il che suona tremendamente pretenzioso ed anche un po’ spaventoso se pensi che allora avevo diciassette anni; sta di fatto che quei temi comunque erano presenti, in un modo o nell’altro. La mia visione del mondo si fonda sul principio scientifico quale strumento migliore in nostro possesso per dare un senso alla realtà che ci circonda, ma allo stesso tempo riconosco che l’uomo è un animale culturale e che viene costantemente attirato dal pensiero magico e dalla superstizione – e la musica e l’arte sicuramente provengono da un’area intuitiva e istintiva del nostro essere, non dai meri e semplici fatti provati dalla scienza. La maggior parte dei miei scrittori preferiti si pongono, nei confronti della vita, con un approccio ateo o perlomeno agnostico, mentre allo stesso tempo celebrano le meraviglie del mondo naturale come qualcosa di più glorioso di ciò che qualsiasi fede possa mai affermare (Carl Sagan potrebbe essere un ottimo esempio, ecco). Fin da quando ero ragazzino ho avuto un forte interesse per il transumanesimo, l’Intelligenza Artificiale e cose similari, e ciò si è riversato intensamente nel progetto Mitochondrial Sun, ma ci tengo a ribadire che sono solo una persona laica che usa tali tematiche come sfondo per la musica e per l’arte. Non sono uno che riuscirebbe ad avere una discussione tecnica e competente sull’astrofisica, per essere chiari.
“MITOCHONDRIAL SUN” E’ STATO UN DEBUTTO DAVVERO PECULIARE, FORSE DIFFICILE DA ASCOLTARE PER UN ASCOLTATORE METAL MEDIO MA ALTRESI’ INTERESSANTE E STIMOLANTE PER TUTTI I METALLARI CHE CERCANO SEMPRE QUALCOSA DI DIVERSO. FACCIAMO UN ATTIMO UN PASSO INDIETRO E DICCI COSA VOLEVI ESPRIMERE CON IL TUO PRIMO DISCO SOLISTA…
– Principalmente ho voluto sperimentare dei suoni e fare un album in cui le canzoni fossero simili per feeling e atmosfera ma allo stesso tempo molto diverse tra loro. Mi sono dato il categorico imperativo di non toccare una-chitarra-una in fase di composizione e registrazione, e l’obiettivo di dare ad ogni pezzo un suo unico spettro sonoro. Le recensioni ed i responsi generali sono stati per la maggior parte positivi, ma è chiaro che, non avendo scritto musica semplice o per la fruizione di massa, qualcosa non è piaciuto. Ho letto diversi pareri che puntualizzavano come alcune canzoni siano molto valide, ma che l’insieme del disco a tratti risulti poco ‘sentito’. Ad esempio, i metallari più intransigenti hanno molto apprezzato “Nyaga” e le altre tracce più distorte ma non sono loro piaciute le sezioni orchestrali o quelle ambient, e viceversa. Ma devo dire che me lo aspettavo, lo avevo previsto, e per fortuna ci sono anche coloro che – come me – trovano appagante proprio la diversità del lavoro. Dopo circa trent’anni come chitarrista metal, è stata davvero una sfida improba creare qualcosa di differente.
VENENDO INVECE AL NUOVO NATO, “SJU PULSARER”, E’ FACILMENTE IDENTIFICABILE COME UN DISCO ANCORA DIVERSO DAL SUO PREDECESSORE. QUESTA CHIARA DICOTOMIA DI INTENTI E’ STATA STUDIATA E PENSATA A TAVOLINO OPPURE IMPROVVISATA E BUTTATA GIU’ D’ISTINTO?
– Un po’ di entrambe le ipotesi. Questo stile particolare – raggiungere un effetto ipnotico e ‘di trance’ tramite l’utilizzo di un bombardamento sonoro molto ripetitivo – è qualcosa che era da tanto tempo che volevo esplorare; ma allo stesso tempo avevo diverse tracce pronte in stile ambient/elettronica prima di iniziare a comporre “Sju Pulsarer”, quindi in un certo senso si è trattata di una decisione impulsiva, quella di concentrarmi subito e maggiormente sul materiale più intenso. L’ho percepito più importante ed urgente per me, perciò ho preferito lasciare nel cassetto l’ambient e scrivere il nuovo album come lo potete ascoltare. E’ vero, è diversissimo dal debutto ma è anche vero che ho voluto catturare e ricreare un’atmosfera simile. Ci sono sempre un sacco di soundscape spaziali, solo che sono nascosti sotto la distorsione delle chitarre e la velocità della batteria.
OLTRE E DIETRO LA MUSICA CHE CREI E I SUOI PAESAGGI SONORI, C’E’ UNA SORTA DI TEMA LIRICO/CONCETTUALE CHE VUOI TRASMETTERE ALL’ASCOLTATORE? OPPURE CIO’ CHE CREI E’ SOLO UN MEZZO ATTRAVERSO IL QUALE EVADERE DALLE BRUTTURE DELLA VITA REALE SPROFONDANDO IN UN TRANCE CATATONICO ED OBLIANTE?
– Mi piace mantenere il tutto relativamente aperto al pensiero del fruitore. Il miglior pregio della musica strumentale è che viene permesso a chi ascolta di costruirsi delle connessioni molto personali, investire meglio il proprio pensiero una volta aver stabilito un positivo rapporto di fiducia con la musica. Ci sono temi e concetti in entrambi i dischi, ma preferisco accennarli soltanto tramite i titoli delle canzoni, l’artwork ed i video, senza presentarli come fossero una storia fatta e finita che non lascerebbe spazio a nessuna interpretazione. Difatti, per il disco omonimo avevo pianificato in origine una presentazione molto più ovvia e banale dei temi trattati, che poi sono quelli di cui abbiamo discusso nella seconda domanda, ma poi mi sono reso conto che appariva tutto troppo asettico e noioso. Credo davvero che uno dei tanti punti forti della musica sia il suo ‘potenziale di fuga’, di evasione dalla realtà, e sono felice se la mia musica possa aiutare qualcuno a dimenticare per qualche istante la vita quotidiana.
TROVO CHE IL SUONO DELLA BATTERIA PROGRAMMATA SIA UN PO’ TROPPO FREDDO E ROBOTICO, FORSE TROPPO MONOTONO. HAI MAI PENSATO DI AGGIUNGERE ALMENO UN BATTERISTA IN CARNE ED OSSA AL PROGETTO?
– Verissimo che in “Sju Pulsarer” ci sono poche variazioni sui pattern di batteria, ma la premessa che c’è alla base di questo lavoro è che dovesse suonare proprio così, inumano, freddo e robotico. La stessa successione dei vari “Pulsar” deriva dalla volontà di avere un preciso e costante background ritmico alla musica, intenso, meccanico ed ipnotico, fin quasi a sopraffare l’ascoltatore e a lasciarlo nauseato. Da tale prospettiva, non credi che avere una batteria carica di fill e suonata dal vivo avrebbe spezzato l’incantesimo? La drum-machine non è lì per emulare ciò che un umano suonerebbe, ma esattamente l’opposto. Ci sono tante cose che avrebbero reso l’album più accattivante per il pubblico generico – avere un batterista reale e magari un cantante, rendere i brani un po’ più vari, includere due-tre pezzi più lenti per cambiare il tono del tutto – ma semplicemente non erano ciò a cui volevo arrivare. Volevo venticinque minuti di caos senza compromessi, dove le canzoni si susseguono uno dentro l’altra e formano un tutt’uno che è allo stesso tempo agonizzante e trionfante. La mia principale referenza (probabilmente più nello spirito che nel suono) è stata “Nattens Madrigal” degli Ulver, uno dei miei dischi preferiti di tutti i tempi. Per molta gente, specialmente all’epoca della sua uscita, esso sarebbe stato un disco ‘migliore’ se avesse avuto una produzione più pulita, che invece per me avrebbe diluito l’impatto artistico e l’avrebbe reso meno interessante. Parallelamente, quindi, era prevedibile che qualcuno avrà problemi con “Sju Pulsarer”, più che altro per la sua ripetitività e la grande intensità, e questo lo capisco. A tratti è frustrante il blastbeat costante, lo so, ma ciò crea proprio quell’elemento di tensione che rende l’esperienza dell’ascolto differente, ed è una cosa che non sarei mai riuscito ad ottenere con un album meglio bilanciato e più rivolto a voi. I prossimi dischi, del resto, potrebbero avere approcci completamente altri.
PARLANDO UN PO’ DELLE PARTI DI CHITARRA, IL PARALLELISMO CON UN CAPOSTIPITE DEL BLACK METAL QUALE “NATTENS MADRIGAL” SI SVELA ANCHE NELL’USO CONTINUO DELLA TECNICA DEL TREMOLO-PICKING, CHE FA SEMBRARE “SJU PULSARER” UNA GELIDA TEMPESTA INVERNALE. E’ DAVVERO DIFFICILE, PER CUI, RIUSCIRE AD INDOVINARE GLI ASCOLTI ATTUALI DI UN MUSICISTA OPEN-MINDED COME TE. QUALE MUSICA ASCOLTI PIU’ SPESSO E QUALI SONO LE TUE ODIERNE FONTI DI ISPIRAZIONE?
– Penso che la componente black metal del sound (sebbene io non accosterei mai i Mitochondrial Sun al genere, considerato che sono abbastanza ‘di vecchio stampo’ da considerare black metal solo le band genuinamente sataniche) si ispiri a gruppi quali Blut Aus Nord, Ultha, Fell Voices, Paysage D’Hiver e Reverorum Ib Malacht, nonostante tali formazioni abbiano uno stile più caotico e meno pulito. Escluso questa roba, di solito ascolto tutto quello che c’è in giro, che sia noise, pop o metal. Infatti faccio molta fatica a scegliere i miei preferiti, sempre. Anche se devo dire che ultimamente mi hanno molto impressionato “Rex” dei Vampire e “The Lone Furrow” di Rome.
DOPO COSI’ TANTI ANNI NEI DARK TRANQUILLITY, TU E LA TUA VECCHIA BAND VI SIETE APPROCCIATI AD UNA NUOVA FASE DELLA VOSTRA STORIA. COME HAI VISSUTO GLI ULTIMI ANNI DA MEMBRO DEI DARK TRANQUILLITY? E COSA PENSI DEL FATTO CHE TU E MARTIN HENRIKSSON, CHE AVETE COMPOSTO LA MAGGIOR PARTE DEL MATERIALE DELLA BAND DAI PRIMI ANNI FINO A DICIAMO IL 2010, SIETE ORA DEL TUTTO FUORI DAI GIOCHI?
– Be’, in effetti dalle registrazioni di “Atoma” in avanti non sono più stato coinvolto nei Dark Tranquillity, se non nella creazione dei vari artwork. Ho deciso prima di tirarmi fuori dai tour, avevo appena avuto un bambino, e poi non ho partecipato alla composizione di “Moment”, quindi è dal 2016 che non collaboro più con la band (sempre ad esclusione delle grafiche, ovviamente). Devo anche puntualizzare che né io né Martin Henriksson eravamo i compositori principali ormai da molto tempo. Anders e Martin (Jivarp e Brändström, rispettivamente batterista e tastierista dei Dark Tranquillity, ndR) hanno preso il nostro posto da parecchio, anche se noi altri due abbiamo sempre partecipato agli arrangiamenti e alla rifinitura dei pezzi; quindi, sotto questo punto di vista, il nucleo compositivo è ancora intatto. Il loro nuovo disco mi pare solido, e sono felice abbiano trovato dei nuovi chitarristi davvero di alto calibro, in modo da poter tornare in tour appena la buriana del Covid-19 sia finita.
UN PAIO DI CURIOSITA’ SULLA TUA ATTIVITA’ PARALLELA COME GRAPHIC DESIGNER E ILLUSTRATORE: PUOI DIRCI I TRE ARTWORK REALIZZATI CHE HANNO ANCORA ADESSO UN POSTO SPECIALE NEL TUO CUORE? E, TRA LE GRAFICHE DEI DARK TRANQUILLITY, QUALE SCEGLIERESTI COME MIGLIORE E QUALE COME MENO RIUSCITA (PER NON DIRE PEGGIORE)?
– Di solito sono molto critico con me stesso, e inoltre penso che un sacco di artwork da me fatti negli anni 2000 non abbiano passato molto bene la prova del tempo. Tutti all’epoca volevano copertine componendo strati su strati con Photoshop, roba che oggi appare abbastanza desueta. Ci sono state moltissime volte in cui tentavo di convincere le band ad usare le illustrazioni tradizionali, con penna e inchiostro, ma loro insistevano nel volere artwork lavorando sulla manipolazione di fotografie. In qualche occasione mi ero anche preso la briga di proporre delle bozze di artwork fatte a mano, ricche di dettagli, che sarebbero state esse stesse ottime copertine senza tempo, ma niente da fare, mi ritrovavo immancabilmente a doverle ricreare prendendo immagini e assemblandole semplicemente al PC.
Per quanto riguarda le grafiche dei Dark Tranquillity, onestamente credo che le migliori siano proprio quelle di “Moment”. La peggior grafica, invece, è senza dubbio quella della ristampa del 1999 che raccolse “Skydancer” e l’EP “Of Chaos And Eternal Night”: decente per il suo tempo, d’accordo, ma avrebbe dovuto essere dipinta a mano e non fatta in digitale. Le tre cover a cui sono più legato…fammici pensare: come prima metto “Projector”, ovviamente Dark Tranquillity, fu la prima copertina realizzata per un disco uscito su un’etichetta importante, in più credo rappresenti ancora benissimo l’atmosfera del disco in questione; la seconda è “Leaves Of Yesteryear” dei Green Carnation (https://www.nsundin.com/portfolio/green-carnation-leaves-of-yesteryear), mentre per la terza propongo “Sermon” degli Une Misére (https://www.nsundin.com/portfolio/une-misere-sermon).
CHIUDIAMO TORNANDO AI MITOCHONDRIAL SUN. CON QUESTI DUE DISCHI REALIZZATI IN MENO DI UN ANNO HAI DATO UN TRATTO MOLTO PROLIFICO AL PROGETTO. PENSI PROCEDERAI CON UNA CADENZA SERRATA OPPURE LE DUE RELEASE SONO ARRIVATE COSI’, PER ISTINTO E FORSE UN PO’ DOVUTE ALLA SITUAZIONE PANDEMICA?
– Sì, il breve periodo di tempo tra i due lavori è stato dovuto principalmente al fatto che la pubblicazione di “Mitochondrial Sun” è avvenuta molto tempo dopo averlo scritto e registrato. Considerato che il mio è ancora un progetto molto piccolo, ho il lusso di poterlo vedere completamente staccato da implicazioni strategico-commerciali (ad esempio, il consiglio che spesso arriva di non fare uscire due album troppo ravvicinati per non comprometterne le vendite) e posso così renderlo disponibile al pubblico quando è pronto. Ci sarà sicuramente nuovo materiale targato Mitochondrial Sun nel 2021, ma non ho ancora deciso in quale formato. Forse sarà un disco regolare, ma potrei anche pubblicare due o tre EP scaglionati in quanto le canzoni sono molto diverse fra loro. Comunque sia, mi diverto ad essere produttivo e prolifico e sono contento della piccola ma affezionata audience che fin qui mi sono costruito.