MONKSODA – Intervista a Stefano Longhi e Alberto Turra

Pubblicato il 19/05/2001 da

Una delle più belle sorprese di questa prima parte del 2001 sono stati senza dubbi gli italiani Monksoda,che con il debutto “Safe and Sound” sono riusciti ad ingraziarsi della mia più profonda ammirazione, grazie ad un album che trasuda arte e manifesta un enorme creatività,aldilà delle facili etichette e delle più avulse classificazioni;come già detto nella recensione , i Monksoda sono artisti ancora prima di musicisti, ed è per questo che tutto appare in funzione di un disegno artistico decisamente organico, ma che parte da un fragile sentimento di pura ed incontrollata espressione artisitca.Echi di Tool, Police,Primus ed il Peter Gabriel degli anni 80 ed un’indissolubile affezione per il dark mood epidermico di chi ama creare contrasto,tensione, disturbo. Se non avete ancora ascoltato i Monksoda, credo che sia giunto il momento di farlo, ma intanto date un’occhiata a questo resoconto di una (lunga) chiaccherata con Stefano Longhi ed Alberto Turra,rispettivamente batteria e chitarra della band, nonchè compositori delle musiche di “Safe And Sound”…
Stefano Longhi:Il nome Monksoda non ha un significato apparentemente preciso,non porta per forza alla mente un certo tipo di musica, di categorizzazione a livello sonoro;chi conosce i Primus può associarlo a “Porksoda”,nome di un album della band americana, così come chi viene da una scuola jazz potrà scorgervi un tributo a Thelonius Monk……Abbiamo cercato di trovare un monicker che fosse non dico surreale, ma il più possibile astratto e non legato ad una precisa immagine che avrebbe potuto identificarci a senso unico .

Come è nata la band?

SL:In un modo tutt’altro che consuetudinario!Diciamo che parte tutto da un mio progetto di creare una band che non seguisse la solita trafila di demo e cd promozionali,ma che puntasse subito alla preparazione di un disco,che avrei potuto stampare io, operando nel settore discografico ormai da qualche anno;a questo progetto si sono aggiunti Alberto Turra ed Emilio Cozzi quasi subito:il primo lo conoscevo superficialmente già da anni,ma fu proprio in occasione della nascita di Monksoda che abbiamo avuto occasione di conoscerci e di lavorare a questo progetto,mentre per il secondo provavo una forte ammirazione già per il suo lavoro nei Kaoslord e quindi mi sembrava ovvio proporgli di affiancarci in questa avventura.A dire il vero, all’inizio Emilio non prestò troppo interesse per i Monksoda,anche perchè veniva dall’esperienza negativa con la sua vecchia band,che lo aveva enormemente demoralizzato e tenuto per diverso tempo lontano dai palchi e dalla musica in generale. A furia di spronarlo,siamo riusciti comunque a tirar fuori da lui un secondo corso della sua esperienza musicale, più improntata alla ricerca melodica,ed a sfruttare la versatilità delle sue corde vocali.Il resto della band è stato completato in seguito da Ivan LoGiusto al basso e Miky Marrocco che ha arrangiato le parti di synth e i sample.Il tutto è nato in maniera molto spontanea e divertita

C’è una sensazione di indefinita inquietudine e di astrattezza fa capolino anche in tutti i cinquanta minuti di “Safe And Sound”,della quale credo vorrai parlarci….

SL:E’ vero.Sicuramente “Safe And Sound” non è un disco solare e tantomeno sereno,sia a livello musicale che nelle liriche;diciamo che è un album che parte dal grigio e sfuma nel blu e verde,con dei momenti di sole sul giallo e sul rosso,ma possono essere considerati appunto dei ‘momenti’ e nulla più; è un disco che ha molti dei colori del cielo,l’azzurro,il grigio il blu notte… è un album tormentato, profondo e ricco di tensione,che riflette completamente il nostro modo di essere.Io e Alberto,in particolare siamo tutt’altro che superficiali negli approcci con le persone e le cose,ed amiamo molto scavare nelle situazioni; e poi anche le influenze musicali che ci accomunano sono molto particolari,complesse e soprattutto distanti tra loro,e questo di certo non aiuta a migliorare le cose…..Immagina che le uniche band che ci avvicinano sono King Crimson,Faith No More, Tool, Police, Primus che a mio avviso non sono esattamente delle band così semplicemente esplicabili;pensa alla complessità e la profondità dei King Crimson,dei Primus, ma anche dei Police,perchè contrariamente a quanto si pensa, anche la band di Sting (specie quella del periodo di “Ghost In The Machine”) possedeva dei momenti particolarmente profondi e carichi di tensione.E poi non è un caso se Andy Summer abbia collaborato con Robert Fripp,che a sua volta ha collaborato con David Sylvian,che a sua volta ha collaborato con Sakamoto,un pianista giapponese autore di colonne sonore cinematografiche…..Oppure pensa a Copeland,che ha collaborato sull’ultimo disco dei Primus…..Come vedi quindi,in un piccolo cosmo di collaborazioni,può muoversi tutto l’universo dei Monksoda!

Parliamo ora degli arrangiamenti dell’album….La cosa che più mi ha lasciato stupito è la capacità della chitarra di Alberto Turra di risolvere tensioni,donando momenti di lucidità a progressioni altrimenti tutt’altro che serene….un’esempio potrebbero essere le atmosfere di “Voices”,”Nu blaixplotation” e “Monotonie(d’amore)”….

SL:Mah,comunque credo derivi dal fatto che sostanzialmente c’è una ricerca di melodia,sebbene a questa necessità di semplicità ed immediatezza vi si affianchino delle progressioni tutt’altro che semplici ed immediate;un ruolo importante a mio avviso lo ha giocato Emilio Cozzi,dal quale abbiamo cercato di far emergere l’anima più creativa e melodica,anche perchè il suo passato di semi-urlatore nei Kaoslord aveva sempre manifestato solo il suo lato più aggressivo,mentre noi lo abbiamo spronato a ricercare alcune caratteristiche che probabilmente immaginava di possedere,ma che non aveva mai utilizzato in precedenza,come appunto la versatilità del suo timbro.Fosse stato per Emilio,sicuramente avrebbe osato molto di meno, e invece noi abbiamo fatto di tutto perchè non si ponesse dei limiti,ed anzi mostrasse senza remore la sua istrionica creatività.L’idea di semplicità e di ricerca melodica che si ritrova in molti pezzi è qualcosa che deriva,in secondo luogo,da una scelta in fase di arrangiamento atta a non appesantire o stuprare l’essenzialità appunto di una linea melodica o anche di una sequenza di accordi,in favore appunto di un approccio maggiormente ‘pop’…

Alberto Turra: Diciamo che le soluzioni armoniche che trovi sull’album sono frutto di una sintesi avvenuta tra il mio modo di vedere la musica e quello di Stefano,che sono praticamente all’opposto; c’è stato una sorta di compromesso da parte mia nell’accettare alcune soluzioni che per mio background , avevo sempre fuggito in passato:diciamo pure che se fosse stato per me il disco sarebbe stato tutto il tempo in tensione, senza alcuna ‘soluzione’ armonica che rilassasse l’ascoltatore.Credo che nella vita ci siano dei momenti in cui,con una buona dose di ironia e d’umanità,si possano abbandonare i patetismi,e Monksoda mi ha aiutato molto a liberarmi da questa coltre di pesantezza;un pò come se mi fossi detto “smettila di fare l’intellattuale del cazzo”…!Come ti ha dettto già Stefano, è un miracolo che questo disco sia stato partorito da due persone così differenti come me e lui;veniamo da due ambienti profondamente differenti, così come le nostre frequentazioni ed i nostri ascolti musicali non coincidono quasi in nulla…. Alla fine dei conti, il feeling che si è creato la prima volta che siamo entrati in studio insieme e che ci ha spinto a creare un progetto,di cui non sapevamo assolutamente quali risvolti avrebbe potuto prendere nel corso della sua evoluzione,è stato ovviamente positivo,tanto che eccoci qua a parlare di Monksoda….

Alla fine credo che il titolo “Safe And Sound” si riferisca anche a questo,o sbaglio?

AT: Safe and Sound è riferito ad una locuzione slang anglosassone per dire ‘sani e salvi’…Il riferimento è ancora una volta nei confronti del nostro modo di vedere la musica,ossia emozionante e gratificante nella fase della contemplazione,ma al tempo stesso straziante,lacerante e fonte di disturbo nella sua fase produttiva.Sono ormai quasi quattro anni per me e per Stefano,e due ormai per gli altri ragazzi che si sono uniti in seguito alla band, di veri e propri massacri emotivi…purtroppo io e Stefano vediamo in questo modo lesionista il creare musica, e credo sarà difficile per noi uscirne facilmente!”Safe and Sound” è come dire che siamo ‘sopravvissuti’ a Monksoda….e per prenderci in giro,con la nostra immarcescibile ironia….

E’ interessante a mio avviso notare come sia possibile ritrovare nei Monksoda contemporaneamente la componente pop e l’ avanguardia:i concetti stessi di ‘avanguardia’ e ‘pop’ sembrerebbero non più in contraddizione,ma che anzi sublimino e collidino in una ricerca tutt’altro che a senso unico….

SL:Hai perfettamente colto nel segno:avanguardia come necessità di sperimentare nuove soluzioni e pop come dimostrazione che all’interno della sperimentazione fine a se stessa può esserci un tentativo di ‘apertura’ nei confronti di qualcosa più diretto;prima parlavamo dei Primus:ecco loro sono proprio l’emblema della ‘tensione irrisolta’,che noi invece tendiamo a risolvere con il ritornello melodico, la strofa memorizzabile e così via.Non vorrei venir frainteso,sia ben chiaro, non si tratta di una scelta commerciale,ma più che altro di una ‘necessità’ di farsi capire, di rendersi più accessibili,di parlare una lingua meno criptica,ecco;e poi,tanto per chiarirci,il pop a cui ci ispiriamo potrebbe essere quello di un Peter Gabriel,David Bowie o David Sylvian non certo dei vari Ramazzotti….

Come vi ponete nei confronti della scena alternativa italiana?Senza dubbio non siete una band particolarmente commerciale o commerciabile….Avete una proposta ostica, in un genere di nicchia che notoriamente vede tra le sue file un pubblico molto esigente,forse anche troppo…

SL:Ma guarda,ti ripeto che l’idea che ha mosso originariamente il progetto Monksoda,era quella di fare un disco che piacesse a noi,qualcosa che ci divertisse,fondamentalmente,senza doversi porre alcun obiettivo di mercato;ti assicuro che se avessimo voluto puntare a quello,probabilmente sarebbe uscito un lavoro molto, ma molto differente….Invece no, abbiamo voluti toglierci lo sfizio di lavorare senza un’unica direzione,sperimentare,tracciare dei solchi inediti senza aspettarci nulla in cambio.Ad essere sincero, non mi sarei aspettato neanche tutte queste recensioni positive e tutto quest’interessamento nei nostri confronti….Non c’è neanche l’attesa emotiva di star qui a pensare se il disco venderà o meno… Il mercato non è dalla nostra parte, e non potrà sicuramente riservarci un pubblico devastante;ma va bene così in fondo,l’importante è essersi tolti questo sfizio di fare un disco come volevamo noi,che poi ci auguriamo possa diventare un vizio, poco a poco…

Mi dicevi prima che avete avuto ottime recensioni praticamente su tutte le riviste metal,pur suonando un genere che con il metal ha veramente pochissimo a che spartire, mentre su un noto magazine rock avete subito l’unica recensione sottotono;non credi sia decisamente singolare come situazione?

SL:Sicuramente lo è;nella recensione a cui alludi siamo stati accostati a Rob Zombie,Mad Season e Jane’s Addiction con dei criteri sinceramente incomprensibili…Probabilmente,credo chi ha recensito il disco non abbia poi prestato troppa attenzione a cosa stesse ascoltando, e magari abbia dato dei giudizi affrettati,non riesco a darmi altre spiegazioni altrimenti…..Sono delle influenze che potrebbero averci colpito in minima parte,perchè sono pur sempre delle band che conosciamo,ma che sono troppo distanti dai nostri intenti. I miei ringraziamenti invece a tutti i magazine metal che hanno riservato ottime (ed insperate)parole nei nostri confronti;per nostra fortuna ce ne sono state altre di recensioni entusiastiche oltre alla tua!

AT:Approposito della tua recensione….volevo ringraziarti molto delle bellissime parole spese nei nostri confronti, ma c’è una cosa che faccio fatica a vedere,ossia che noi riusciremo a completare e continuare quel qualcosa iniziato e lasciato forse a metà da Tool,Faith No More e Primus,soprattutto perchè dubito, parlando di questi ultimi, che si siano mai posti il problema di dare un’apertura alle loro ‘tensioni irrisolte’; in questo i Primus sono quasi degli eroi,nel non aver mai voluto concedersi un’apertura melodica che fosse una nei loro brani,ma credo fosse esattamente la loro volontà di esasperare e di esasperarsi…

Si,Alberto,io mi riferivo in particolare alle ultime due produzioni,a mio avviso anche le più accessibili, della band di Les Claypool,”Brown Album” e “Antipop”,nelle quali questa ricerca invece di una ‘soluzione’ ad un discorso armonico di tensioni irrisolte,è presente ed anzi viene evocata chiamando in causa nel songwriting gente come Steward Copeland,Tom Morello,Tom Waits ma a mio avviso senza riuscire a cogliere nel segno….

AT:Capisco cosa vuoi dire.Se devo dirti la verità “Antipop” è un disco che anch’io riesco a digerire poco;non so cosa sia successo al signor Les Claypool,se sia o meno un problema da ricercare nella band o in una scelta manovrata dall’altro, questo non te lo saprei dire perchè non conosco di persona i Primus… D’altra parte,mi verrebbe l’ulcera solo al pensiero di un Les Claypool con ristrettezze mentali..eheheh…. Immagino che la grande ironia ed il sarcasmo di questi uomini sia trasceso a tal punto da creare qualcosa di così ostico come appunto “Antipop”,che poi è l’album più pop fatto dai Primus,quindi….

Alberto noto che ami di più parlare degli altri che della tua band,come mai?

AT:Mi sento in imbarazzo,che vuoi farci?!Eheh,di queste preferisco che se ne occupi Stefano,senza dubbio!Grazie comunque di questa piacevole chiaccherata,sono stato molto bene….

SL:Anch’io,mi sono divertito.Un saluto a tutti i lettori di Metalitalia!

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