MONSTROSITY – Il regno del fuoco

Pubblicato il 17/11/2018 da

Quando ormai tutti li davano per dispersi, noi compresi, i Monstrosity si sono riaffacciati sulle scene con uno dei capitoli più ispirati della loro discografia. “The Passage of Existence” è infatti un magistrale esempio di death metal vecchio stampo in grado di spazzare via la concorrenza e farci dimenticare in un attimo il capitombolo registrato dai Deicide qualche mese fa, allineandosi alla qualità espressa dagli ultimi lavori dei Cannibal Corpse o dai Morbid Angel dell’altrettanto insperato “Kingdoms Disdained”. Non un nuovo “Imperial Doom” o “Millennium”, ma non siamo distanti anni luce. Abbiamo parlato della sua genesi, della storia della band e di ciò che bolle in pentola per il futuro con quella che è da sempre la mente del progetto, il batterista Lee Harrison…

SONO TRASCORSI UNDICI ANNI DAL VOSTRO ULTIMO FULL-LENGTH, IL CHE FA DI QUESTA PAUSA LA PIU’ LUNGA DELLA VOSTRA CARRIERA. COS’E’ SUCCESSO NEL FRATTEMPO? NON SIETE MAI STATI UNA BAND MOLTO PROLIFICA, MA A COSA SI DEVE UN SIMILE SILENZIO?
– Solitamente ci occorrono quattro anni per metabolizzare un disco e pensare al successivo. Questa volta i tempi si sono protratti, ma la buona notizia è che “The Passage of Existence” è finalmente realtà, pronto per essere ascoltato dal pubblico. Abbiamo lavorato duramente per scriverlo, registrarlo e ottenere il tipo di sound che avevamo in mente. Anche l’artwork e il coordinamento con l’etichetta ci hanno impegnato parecchio. Ho già scritto metà del prossimo album, e questo è un ottimo punto di partenza. Se tutto va per il verso giusto non passeranno altri undici anni prima di vederlo realizzato.

“THE PASSAGE OF EXISTENCE” E’ UN LAVORO MOLTO VARIO, CON UN GRAN NUMERO DI SOLUZIONI RITMICHE E CHITARRISTICHE AL SUO INTERNO. COME VI SIETE APPROCCIATI AL SONGWRITING QUESTA VOLTA?
– Per darti un’idea, ricordo di aver cominciato a scrivere “Eyes Upon The Abyss” nel 2011. Matt Barnes, uno dei nostri chitarristi, cominciò a lavorare sulla demo poco dopo, modellandola fino ad ottenere il risultato che puoi sentire ora. Anche “Cosmic Pandemia” vide un suo coinvolgimento attivo; di fatto nacque da una lunga jam session tra me e lui in sala prove. “Kingdom of Fire” è stata invece scritta da Mark English, e ci abbiamo sbattuto parecchie volte la testa prima di finalizzarla. Stessa cosa dicasi per “The Hive”, altro brano molto complesso.

UNO DEGLI ASPETTI PIU’ EVIDENTI DELLA VOSTRA EVOLUZIONE E’ L’USO SEMPRE MAGGIORE CHE FATE DELLA MELODIA. QUANTO E’ DIFFICILE PER VOI TROVARE IL GIUSTO BILANCIAMENTO DI QUEST’ULTIMA CON LA TIPICA BRUTALITA’ DEL DEATH METAL?
– Mi piace che la nostra musica sia brutale ma anche legata al concetto di forma canzone. Ci sono volte in cui gli arrangiamenti hanno la libertà di andare dove vogliono e altre in cui funzionano meglio seguendo un format ‘classico’. Il trucco è capire quale approccio utilizzare di volta in volta, sperimentando varie soluzioni. Una canzone come “Fatal Millennium” nasce da un’idea piuttosto semplice, per poi crescere ed espandersi con il passare dei minuti. Quello è un tipico esempio di brano ‘viaggiante’, mentre un’altra canzone di “Millennium” come “Manic” è più incentrata su strofe, ritornelli e cose di questo genere. Mescoliamo da sempre tecnica e melodia per ottenere un risultato che sia comunque brutale, pesante e senza compromessi.

DI COSA PARLANO I NUOVI TESTI?
– La maggior parte non si discosta dai nostri soliti argomenti: Armageddon, guerre, cataclismi… ma non mancano le eccezioni. “Cosmic Pandemia” parla di un morbo spaziale in viaggio verso la Terra, “The Proselygeist” è incentrata su una sorte di entità spettrale, mentre “Slaves to the Evermore” racconta di qualcuno che sta scontando una condanna all’ergastolo.

QUANDO PENSATE DI TORNARE IN EUROPA E/O IN ITALIA?
– Si spera che il nuovo anno porti alla concretizzazione di qualche tour. Contavamo di tornare on-the-road questo autunno, ma gli impegni lavorativi di alcuni di noi ce lo hanno impedito. Il tutto è stato posticipato al 2019, peccato stiano già sorgendo nuove problematiche… toccherà aspettare e vedere come si evolve la situazione. Fosse per me, partirei subito.

QUALI DIFFERENZE RISCONTRI TRA LA SCENA MUSICALE ODIERNA E QUELLA DEGLI ANNI NOVANTA?
– L’immediatezza di Internet ha cambiato tutto. Oggi le persone hanno facile accesso alla musica, il che aiuta molti gruppi ad essere notati. D’altra parte, c’è un po’ il rischio di perdersi nel flusso delle nuove uscite, ma come Monstrosity possiamo sempre contare sulla nomea dei nostri album storici. E’ quindi probabile che i fan del death metal continuino a tenersi informati su ciò che facciamo; visto che è praticamente tutto gratis, a loro non costa nulla dare un ascolto, e non è un caso che per “The Passage…” stiamo ricevendo un sacco di feedback e recensioni positivi.

TAMPA E’ LA CASA DI ALCUNI DEI PIU’ IMPORTANTI GRUPPI E DISCHI NELLA STORIA DEL DEATH METAL. QUALI SONO I TUOI PREFERITI? PERCHE’?
– Si potrebbero menzionare molti nomi noti. A prescindere da tutto, credo che la presenza dei Morrisound Recording sia stata determinante per l’affermarsi della scena in città. Erano così tante le band che viaggiavano fino a qui per incidere i loro album che Tampa finì presto per brillare di una luce tutta sua. La scelta di mettere in primo piano la sezione ritmica si rivelò fondamentale per lo sviluppo di un certo tipo di sound, con quelle doppie linee di basso e quella batteria velocissima… furono i primi studi di registrazione ad avere le idee chiare su questo aspetto del death metal.

SE TI GUARDI INDIETRO, HAI QUALCHE RIMPIANTO? PENSI CHE AVRESTE MERITATO DI RISCUOTERE PIU’ SUCCESSO?
– Col senno di poi tante cose avrebbero potute essere diverse, ma è la vita stessa a non permetterti di tornare indietro. Non impareresti nulla, altrimenti. Decisioni riguardanti le scelte di produzione, la gestione del management e così via. Sotto questo punto di vista si può dire che la strada sia ancora lunga. L’importante è applicarsi il più possibile per rendere ogni album, ogni concerto, migliore di quello precedente.

ALCUNI DI VOI SUONANO NEI DEICIDE E NEI TERRORIZER, LE VOCI DEL NUOVO DISCO SONO STATE REGISTRATE NEI REDNECK STUDIOS DEI FRATELLI TARDY… SEMBRA CHE NON ABBIATE AFFATTO PERSO I CONTATTI CON I MEMBRI DELLA VECCHIA SCENA AMERICANA. A PARTE “OVERTURES OF BLASPHEMY” E “CAUSTIC ATTACK”, HAI ASCOLTATO GLI ULTIMI LAVORI DI CANNIBAL CORPSE, MORBID ANGEL, ECC.? PERCHE’ LA VECCHIA GUARDIA E’ ANCORA COSI’ RILEVANTE, SECONDO TE?
– E’ vero, siamo abbastanza attivi all’interno della scena. Abbiamo ascoltato almeno un paio di canzoni dagli album che hai menzionato e, in generale, ci piace tenerci aggiornati sulle attività delle altre band; al tempo stesso però non vogliamo concentrarci troppo su ciò che fanno gli altri. Abbiamo comunque i nostri impegni, Monstrosity su tutti.

QUAL E’ A TUO AVVISO IL PUNTO PIU’ ALTO NELLA CARRIERA DEI MONSTROSITY?
– Ognuno degli album che abbiamo scritto e registrato, visto che hanno tutti superato la prova del tempo. “In Dark Purity” fu il primo a renderci felici sotto ogni aspetto, dalla scrittura alla produzione, e lo stesso può dirsi di “Spiritual Apocalypse” e “The Passage…”. Anche lo show in Colombia di fronte ad 80.000 persone rientra senza dubbio fra le grandi soddisfazioni che ci siamo tolti; peccato che Tony Norman, il nostro chitarrista dell’epoca, ci abbandonò proprio a ridosso di quel concerto. Avrebbe potuto essere ancora migliore… ma quella è un’altra storia.

DOPO TUTTI QUESTI ANNI, COSA SIGNIFICA PER TE SUONARE DEATH METAL?
– Arrivato a questo punto, facendo parte della scena da decenni, mi sembra una cosa del tutto normale. In un modo o nell’altro, ogni aspetto della mia vita ruota intorno alla musica, e non potrei essere più soddisfatto di così.

PER FINIRE, TI ANDREBBE DI COMMENTARE O DI RACCONTARE UN ANEDDOTO PER OGNUNO DEI VOSTRI ALBUM?
– “Imperial Doom”: All’epoca eravamo soltanto giovani e affamati di musica. La nostra unica esperienza in uno studio di registrazione era stata quella del demo “Horror Infinity”, ma i Morrisound Recording catalizzarono i nostri sforzi e ci aprirono letteralmente gli occhi come band.

Slaves and Masters (demo ’94)”: Un demo registrato ad Orlando con tre brani che sarebbero poi finiti su “Millennium”. Ricordo che le registrazioni furono grezze e veloci. Fu anche la nostra prima volta con il chitarrista Jason Morgan (che sarebbe poi rimasto con noi per qualche anno). Venne inciso su un formato ormai scomparso chiamato ADAT. Sembravano i nastri di un videoregistratore, e ci potevi registrare otto tracce per volta. Quindi, facendo un rapido calcolo, 8×3=24… 24 tracce audio in totale per un solo demo. E’ stato incluso nella raccolta “Enslaving the Masses” del 2001.

Millennium”: Il nostro ritorno ai Morrisound, questa volta sotto la supervisione di Scott Burns. Impiegammo tre giorni per registrare le chitarre e la batteria. Al basso chiamammo Kelly Conlon, mentre per quanto riguarda le voci George era già stato reclutato dai Cannibal Corpse. Quello che di lì a poco sarebbe diventato il nostro frontman, Jason Avery, incise alcune backing vocals, ma volli comunque George perché quelle canzoni erano state scritte con la sua voce in mente. Avery non era abituato allo screaming, e fu giusto dargli il tempo di prendere confidenza con esso prima di “In Dark Purity”. Ci impegnammo per far sì che tutto fosse più compatto ed efficace rispetto ad “Imperial Doom”.

In Dark Purity”: Un altro disco di transizione, che vide l’abbandono di Jason Morgan e l’ingresso di Tony Norman. Prima delle registrazioni Jason Avery ebbe modo di esercitarsi parecchio con la band, e la sua performance al microfono riflette la confidenza che aveva acquisito. Le canzoni andarono in una direzione più melodica rispetto al passato per via di alcuni riff inseriti da Jay Fernandez dei Brutality, che ci diede una mano per il songwriting (penso soprattutto a quelli di “Suffering to the Conquered” e “Angels Venom”).

Rise to Power”: La nostra prima volta agli Audiohammer Studios di Sanford, Florida, con il nostro caro amico Jason Suecof. Fu un album difficile perché avevamo una deadline molto rigida con l’etichetta e il distributore. Doveva essere pronto, e ricordo che il mixaggio iniziale venne fatto un po’ frettolosamente. Infatti, non appena lo ascoltammo su un altro stereo, ci rendemmo conto di quanto il suono fosse sottile, poco impattante… fummo quindi costretti a rimixarlo da capo aggiungendo altre linee di basse. Avremmo potuto inserirne altre, ma per come si erano messe le cose non si poteva fare di più. Il risultato finale è comunque OK.

Spiritual Apocalypse”: Il nostro terzo album registrato ai Morrisound. Avevamo davvero una pistola puntata contro la tempia per quanto riguarda le tempistiche, al punto che affittammo due stanze dello studio contemporaneamente. Un’esperienza a dir poco frenetica. Registrammo il basso in una stanza e le chitarre nell’altra. Avevamo un tour messicano fissato e dovevamo finire il tutto prima di partire. Chiesi a Matt LaPorte di darci una mano con gli assoli e le armonizzazioni di alcune canzoni, così da non sforare i tempi.

The Passage of Existence”: Ha richiesto un’infinità di tempo per essere scritto e registrato, ma credo sia venuto bene. Ne siamo molto soddisfatti. A giudicare dalle canzoni che ho scritto finora, il prossimo potrebbe essere anche meglio.

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