Forti di un disco che ha raccolto consensi ovunque, i dark metallers lusitani Moonspell sono da poco impegnati nel tour di supporto. Con il supporto di una scaletta di sedici canzoni variabili ogni sera, di una ventata di novità portata dalle oscure composizioni di “Extinct” e del ventesimo anniversario del caposaldo “Wolfheart”, Metalitalia.com non poteva farsi mancare l’occasione di infilarsi nel tour bus col vocalist Fernando Ribeiro, strappandogli una lunga intervista di quasi venticinque minuti…
IL TOUR È SEMPRE UN PRIMO MOMENTO DI BILANCIO… ANCHE SE È USCITO DA POCO, COME STA VENENDO RICEVUTO IL NUOVO ALBUM? LE RECENSIONI DICONO MOLTO BENE.
“Come dici tu è appena stato rilasciato, quindi ci vuole più tempo per valutare le reazioni nella loro globalità.Il fatto che siamo partiti in tour subito però è positivo per i fan, perché ci permette di suonare molto del nuovo materiale. Certo, i presenti non conoscono queste canzoni bene come magari ‘Alma Mater’ o ‘Opium’, ma credo che sentano che si tratti di un album speciale. Sentono che l’abbiamo suonato con passione e lo stanno accogliendo con calore. Però questa è solo una faccia della medaglia, abbiamo composto tanti album, ricevuti in maniera diversa in posti diversi, e quindi cerchiamo di concentrarci soprattutto su cosa l’album significa per noi, e traslare questa sensazione in un buono show”.
C’È UNA CERTA IMPREVEDIBILITÀ NELLE REAZIONI AGLI ALBUM DEI MOONSPELL?
“C’è imprevedibilità nelle reazioni degli ascoltatori in generale. La scena metal stessa è imprevedibile. Qualcuno ti dice magari che un album è un capolavoro, mentre qualcun altro smette di ascoltarti e cerca band con caratteristiche diverse, magari meno originali. Per noi più che un giudizio bello/brutto è importante che le persone dedichino del tempo all’album per cercare di capirlo e riconoscano che è un album fatto con passione e a modo suo coraggioso. Almeno, per noi è così, speriamo che qualcosa sia passato ai fan. Ci piacerebbe che lo riconoscessero come una ventata di aria fresca, ecco.”
TROVI QUINDI IN “EXCTINCT” DELLE CARATTERISTICHE DI NOVITÀ RISPETTO AGLI ULTIMI ALBUM?
“E’ come se avessimo iniziato di nuovo. Non è che i Moonspell siano famosi come i Metallica per dire, e quindi possiamo permetterci di resettare la nostra situazione e riproporci in vesti un po’ diverse come compositori e come musicisti. Forse non è un vero e proprio nuovo inizio per noi come band, perché chiaramente di storia dietro ne abbiamo parecchia, però ci piace pensare che qualcosa di nuovo ci sia, nel nostro approccio e nella musica. Ritornando alla tua prima domanda, il disco sta venendo recepito in qualche modo. Se poi questo sia positivo o negativo, te lo dirò tra un anno. Per ora, vediamo che i fan non sono indifferenti, e questa è una buona cosa”.
C’È QUALCHE PEZZO DI “EXCTINCT” CHE TI PIACE PROPORRE LIVE? QUALCHE BRANO CHE TI HA RISERVATO DELLE SORPRESE?
“In realtà tutte le canzoni di quest’album funzionano molto bene sul palco, però ‘The Future Is Dark’ in modo particolare. Non è una canzone metal, per nulla, è un pezzo quasi darkwave, ma proprio per il modo diverso in cui ci richiede di suonare sta avendo dei responsi ottimi dal punto di vista emozionale. Le persone ci guardano, cantano le liriche più che in altri brani… ci fanno sentire che per loro è speciale. Però anche ‘Medusalem’, ‘Breathe’, ‘The Last Of Us’… stanno facendo la loro. Molti mi chiedono se le canzoni siano state composte con l’ottica live in mente ma non è così, sono nate tutte molto naturalmente e hanno trovato in maniera spontanea la propria dimensione sul palco. E’ bello vedere che è andata così perché in effetti non era proprio scontato”.
LE CANZONI NUOVE SONO MELODICHE E ACCESSIBILI, ERA FACILE PENSARE FUNZIONASSERO DAL VIVO, SECONDO ME.
“Non è così. ‘Alpha Noir’ e ‘Night Eternal’ avevano di più questa caratteristica perché erano più metal. Più attive come canzoni, quindi adatte ad un concerto metal, che è quello che in molti si aspettano. Sai, il chitarrone, il growl, il pedale che tira… I pezzi di ‘Exctinct’ formano uno show più atmosferico, e questo sta funzionando. Non era scontato, te lo ripeto.”
ALLORA CAPISCO IL TUO PRECEDENTE PARLARE DI CORAGGIO… DOPO TUTTO, DI SEDICI CANZONI DI SETLIST, DA QUESTO ALBUM NE SUONATE BEN OTTO, MENTRE LE RIMANENTI SONO BENE O MALE DIVISE TRA “IRRELIGIOUS” E “WOLFHEART”.
“Volevamo mostrare la fiducia che poniamo in ‘Extinct’. Facciamo uno show lungo, mai meno di un’ora e mezza, e c’era spazio anche per qualcosa di altri album, ma volevamo mettere l’accento su quello. E poi c’è un altro aspetto. Se dai da mangiare a delle persone sempre lo stesso pasto, contrariamente a quanto si pensi poi lo vogliono mangiare sempre. Nella musica funziona così, richiedono tutti sempre gli stessi pezzi. Soprattutto gli album con sonorità simili a questo, come ‘Darkness And Hope’ o ‘The Butterfly Effect’ li abbiamo suonati molto dal vivo, e quindi era il caso di dismetterli e di cambiare il menu. D’altro canto però era l’anniversario di ‘Wolfheart’ (20 anni, ndR), se ci pensi avevamo iniziato da poco e non è mai stato fatto un vero tour per quell’album. Per cui abbiamo recuperato qualche pezzo particolare da lì, presentandoli live e cambiandoli di sera in sera. Il fatto di cambiare qualche canzone ci piace, ci dà modo di costruire una storia diversa ogni volta. Così evitiamo di incastrarci nella regola di partire subito con tutti le hit, avere un buco centrale e poi chiudere con i classici… possiamo giocare un po’ con la proposta, lasciando pochi punti fissi. Ti dirò, stavolta abbiamo discusso tanto su come impostare la setlist e penso che questa scaletta variabile rappresenti l’indecisione che avevamo. Abbiamo anche pensato di suonare tutto il nuovo album per intero, ma la tentazione di avere qualcosa di più dinamico alla fine ha vinto”.
ABBIAMO VISTO SUL FONDO DELLO STAGE L’INQUIETANTE ARTWORK DI “EXTINCT”… LO TROVATE BEN RIUSCITO?
“Lo puoi dire. E poi l’ha fatto Seth Siro Anton che è pure qui con noi… (cantante dei Septicflesh, ndR). E’ un artista incredibile. Mi piacciono gli artisti che non fanno cose prevedibili, perché noi come band siamo così. E Seth ragiona decisamente ‘out of the box’. Ha lavorato per tantissime band nel campo del metal soprattutto estremo, ma penso che con la musica dei Moonspell la sua arte abbia un legame più profondo. La copertina è poi perfettamente allineata sia ai testi che al mood generale dell’album. Volevamo una copertina estrema, e questa lo è. E’ disturbante, ma non brutale. Sottintende, mostrando solo alcuni dettagli. I temi di ‘Exctinct’ sono molto seri, parliamo di persone, persone che non sono perfette, che hanno degli orrori dentro di sè. Non parliamo di pirati e di seconda guerra mondiale. Parliamo del nostro sforzo per vivere, per stare nella band, per essere buoni padri di famiglia, per essere noi stessi… avevamo bisogno di qualcuno che non si facesse remore a rappresentare il brutto di questo sforzo,ma non desse l’impressione sbagliata. Parliamoci chiaro, senza vedere i dettagli quell’immagine può veicolare un messaggio sbagliato, un amputato messo in copertina è cosa da gruppo ‘gore’, quindi l’artista doveva lavorare su qualcosa che non lasciasse dubbi. L’amputazione per noi non era fine se stessa, una immagine disgustosa che rappresentasse la musica, ma piuttosto la rappresentazione del titolo stesso. ‘Extinct’. Estinzione. Qualcosa che non esiste più, che è stato amputato via. Come succede alla Terra quando qualcosa si estingue. Basta, scomparsa per sempre”.
L’APPROCCIO DI “EXTINCT” È IN EFFETTI MOLTO DESOLATO, SENZA SPERANZA… DA DOVE VIENE QUESTA OSCURITÀ, QUESTA NEGATIVITÀ CHE RISIEDE NEI SUOI TESTI?
“Non la definirei negatività. E’ un incompletezza, uno sforzo. Parla della mia vita. Delle amicizie che sono finite, dell’amore che si è concluso. Del mio essere padre mentre cerco ancora di capire e lottare contro me stesso su come essere un buon padre… Ma c’è sempre la speranza di qualcosa di nuovo. La storia dell’estinzione è anche una storia di adattamento ed evoluzione, e di continuo mutamento. Io mi considero a modo mio una persona ottimistica, e tendo a considerare ‘negative’ le persone con l’approccio nichilistico e distruttivo del black metal. L’ottimista non è il tizio sciocco che ride delle avversità, ma piuttosto quello che le soffre e le combatte. E io questo sono: un combattente. Non il combattente coperto di gloria a sangue dei nemici stile Amon Amarth, ma una persona che soffre cercando di contrapporsi alla deriva del mondo. Mi rendo conto che tutto finisce nel cesso, che l’umanità non sembra fare niente di giusto, ma vedo che qualcuno combatte. Per ogni ricercatore sul cancro ci sono almeno dieci boss della farmacia che si arricchiscono in maniera schifosa, ma il ricercatore esiste, e ancora combatte. Ho parlato con dei professori del concetto di estinzione, e ne ho dedotto che l’estinzione per certi versi è inevitabile, ma che per sua natura l’uomo è portato a cercare di sconfiggerla. Lo fa, è la sua natura. L’uomo cerca sempre di riempire il vuoto, di sconfiggere l’inevitabile. Per questo nelle liriche c’è sempre un barlume di speranza che ci riporta al presente. ‘Before the lights go out, before the time is come’… c’è sempre un elemento positivo. Hai in mente le scene dei morti del Vesuvio, che si abbracciavano prima che la nube incandescente li investisse? ‘Exctint’ parla di quel momento. Il momento prima dell’estinzione, in cui c’è spazio per qualcosa di bello e positivo”.
LA PROFONDITÀ DI QUESTI TESTI È DIFFICILE DA TRASMETTERE LIVE?
“Può essere. Ma la nostra musica è fatta così. Personalmente non apprezzo ne incito i wall of death o il moshpit. Se qualcuno vuole farlo lo faccia, non c’è problema, ma vedere che la gente canta i nostri testi, come in effetti fa, mi dà speranza che qualcosa sia passato. I testi sono una parte importante dei Moonspell, su disco e live indifferentemente”.
TRASMETTERE PERÒ ABBANDONO E TUTTA QUELLA GAMMA DI EMOZIONI CHE HAI DESCRITTO MENTRE SI È PRESI DALLA FOGA DI SUONARE NON DEVE ESSERE FACILE… NELL’HARD ROCK L’ENERGIA CHE PROVI SUL PALCO LA ESPRIMI, NEL GOTHIC/DARK COME FUNZIONA?
“La contraddizione che fai notare è alla base del concetto dei Moonspell. Noi siamo una band basata sul contrasto. Parlavamo con i fan al meet&greet poco prima e capisco dalle loro domande e dalle loro frasi che ci vedono come appunto delle rockstar. Vedono il successo in Portogallo, gli album registrati, e magari non si aspettano di vedere persone che ridono o scherzano, non hanno questa immagine di noi. Sul palco però è diverso. Mi sento come nel mio santuario, e mi sento di poter mostrare lati di me stesso che altrimenti non mostrerei. Per me l’interpretazione va leggermente oltre al risultato. Siamo tutti felici se il concerto viene bene, ma l’importante è che sia stato una sorta di mio momento. Io esprimo quello che provo, poi in qualche modo, questo arriverà trasformato al pubblico. Io amo quello che trasmetto, ho passione per quello che faccio, e questo mi permette di mostrare quello che devo comunicare. Ma non ci sono e non ci possono essere mezze misure. Non posso cantare una canzone triste e incitare al moshpit per animare lo show. Quello che trasmetto è o bianco o nero ed è 100% me stesso”.
LA VOSTRA MUSICA È SICURAMENTE SFACCETTATA MA C’È QUALCOSA DI PIÙ: E’ COME UN INCONTRO DI ARTI DIVERSE. C’È IL ROCK, MA C’È ANCHE LA POESIA, LA RECITAZIONE, L’ARTE VISIVA E LA LETTERATURA. PENSI CHE ORA COME ORA QUESTO TIPO DI ‘ARTE MULTIDIMENSIONALE’ CHE FATE DIA OTTIMI RISULTATI?
“Non so lo, ma è il modo in cui siamo fatti. Per noi vale così. Siamo nati nei ’90, e nella nostra generazione cominciava a prendere piede questa concezione di fare qualcosa che fosse più che musica. Quindi direi che per noi la definizione calza ed è importante. La prima cosa che salta in mente è ovviamente la poetica, il campo della composizione verbale. Il contenuto di un testo per la nostra musica è importante, e si traduce in qualcosa di più che il semplice mettere delle parole sopra un pezzo. La poesia è solo parole e significato, quindi questo si vede di più, ma l’approccio di questo tipo vale sicuramente anche per il metal. C’è il rischio di non essere compresi o addirittura fraintesi, però una cosa che come Moonspell non abbiamo mai fatto è scrivere qualcosa in maniera diversa affinché tutti la comprendessero. Questo toglierebbe la ‘multidimensionalità’ di cui parli. Sono sicuro che in molti non sappiano il vero tema di ‘Medusalem’, ad esempio, e penso che in molti non colgano tutti i significati di ‘The Future Is Dark’ però è una cosa alla quale abbiamo sempre guardato attraverso. Tu la chiami multi-arte, io la chiamo ‘self expression’. Rappresentiamo noi stessi con tutti i mezzi che abbiamo”.
ALLA LUCE DI TUTTO QUESTO, CONCLUDO CON UN ULTIMA DOMANDA. QUANDO PARLI ALLA FOLLA DA UN PALCO, TI SENTI PIÙ UN PREDICATORE O UN NARRATORE? RACCONTI QUALCOSA SPERANDO CHE LA GENTE CAPISCA O TRASMETTI UN MESSAGGIO IN MANIERA ATTIVA?
“Sta tutto nel concetto di ‘parola’. Tutto quello che contiene parole, testi, libri, poesia… è sempre aperto all’interpretazione. Quando vedo un albero, e anche tu lo vedi, vediamo lo stesso albero. Quano leggo la parola ‘albero’ su un libro, io mi immagino un albero, tu un altro. Perché in Italia hai alberi diversi dal Portogallo, quindi la tua idea è diversa dalla mia. La nostra musica porta un messaggio, ma lo fa con un preciso intento narrativo, che è la parte predominante. Il messaggio dietro ‘Exctinct’ esiste, ma l’importante è come io ti passo il messaggio, il resto dell’interpretazione è lasciata a te. Comunque nella scena metal attuale si tende a sottovalutare l’impatto delle parole. La loro importanza. Negli altri generi trovi chi riesce a parlare di politica ma lo fa in modo arguto, o anche chi parla di cose personali ma sa essere cupo, serio e interessante come Nick Cave. Nell’ultimo periodo nella nostra scena questo si sta perdendo. I testi di Cradle Of Filth, My Dying Bride e anche le storia di King Diamond erano bene scritte, con attenzione alla forma, ma adesso non riesco quasi a cominciare a leggere il booklet di tantissime band. C’è un brutto messaggio, scritto male… già negli Anni ’80 c’era il tentativo di portare la letteratura nel metal, guarda ‘The Rime Of The Ancient Mariner’, ma questa cosa si sta perdendo. Ci sono un sacco di esempi: ‘La Tristesse De La Luna’ dei Celtic Frost, che parla di Boudelaire, o la nostra ‘Opium’… Adesso, si legge del fantasy, che facevamo anche noi, ma senza spessore dietro, o band monotematiche sui pirati. Non che abbia niente contro i pirati,mio figlio li adora, ma è un campo ristretto su cui basare tutte le tue liriche. Direi che qui finiamo nel campo del divertimento, non della musica come ne abbiamo parlato fino ad ora…”