MOONSPELL – Farfalle che una volta erano lupi

Pubblicato il 07/09/2020 da

E’ sempre un piacere potersi confrontare con musicisti navigati e poliedrici come Fernando Ribeiro, quindi in occasione della ristampa di “The Buttefly Effect” non ci siamo fatti scappare l’opportunità di raggiungere telefonicamente il frontman della band lusitana. Tra vecchi e nuovi album, social media e letteratura, attualità e ricordi vintage, orgoglio nazionale e spirito imprenditoriale, ecco a voi la sintesi di una chiacchierata di più di un’ora con l’ex vampiro portoghese, senza peli sulla lingua come un certo suo connazionale nel cuore dei tifosi interisti…

CIAO FERNANDO! COME HAI VISSUTO IL LOCKDOWN, E COM’E’ LA SITUAZIONE ORA IN PORTOGALLO?
– E’ stato spaventoso, e mi ha dato molto fastidio che anche nelle interviste la gente criticasse l’atteggiamento dei paesi latini (Portogallo, Spagna, Italia), quando in linea di massima abbiamo seguito il distanziamento pur essendo molto lontano dalla nostra mentalità. Comunque ora la situazione sta tornando sotto controllo, anche se ci sono ancora molte limitazioni: per esempio non puoi fare un concerto o andare allo stadio, mentre ai combattimenti dei tori è ammesso il pubblico. Oltre alla questione sanitaria, c’è evidentemente un giro di soldi e interessi politici, per cui la lobby dei combattimenti dei tori (meno cruenti delle corride spagnoli, ma a mio avviso anacronistici) ha più potere delle altre forme d’intrattenimento.

LA RISTAMPA DI “THE BUTTERFLY EFFECT” E’ IN OCCASIONE DEL VENTENNALE?
– Il ventesimo anniversario è una fortunata coincidenza, ma in realtà tutto è partito un paio di anni fa quando ho creato la mia etichetta personale (Alma Mater Records) per supportare al meglio la band qui in Portogallo, e una delle cose che avevo in mente era di ripubblicare i vecchi dischi dei Moonspell, dato che molti ci chiedono dove trovarli, essendo ormai fuori catalogo. Per questo ho sentito i ragazzi della Century Media, con cui siamo in ottimi rapporti, e abbiamo deciso di ripubblicare i nostri vecchi dischi. Siamo partiti un paio di anni fa con “Wolfheart” e “Irreligious”, che sono andati alla grande, e ora insieme anche alla Napalm Records stiamo ristampando gli altri album fino a “The Antidote”. Credo sia non solo un modo per riportare in vita lavori che magari erano meno noti ai nuovi fan, ma anche per riscoprire un album che magari vent’anni fa aveva fatto scalpore ma oggi viene maggiormente apprezzato, come può essere il caso di “The Butterfly Effect”. D’altronde guardare sempre avanti fa parte del DNA dei Moonspell, e quindi ci sta anche che alcune scelte siano comprese solo dopo un po’ di tempo, e in fondo è anche giusto così, perchè se fai sempre quello che la gente si aspetta vuol dire che non sei completamente te stesso.

CHE RICORDI HAI DELLA SCENA METAL DEGLI ANNI ’90, DI CUI SIETE STATI TRA I PROTAGONISTI?
– Ho dei bei ricordi di quelli anni, anche se credo sia stato un momento non facile per chi voleva fare qualcosa di diverso, perchè verso la fine degli anni ’90 erano tornate di moda sonorità più classiche come quelle proposte da Hammerfall, Rhapsody e Stratovarius, quindi chi amava quel tipo di metal difficilmente si avvicinava a quello che facevamo noi, i Paradise Lost, i Tiamat o i My Dying Bride in quel periodo. Credo comunque sia stato utile quello che abbiamo fatto perchè ad esempio oggi ci sono band sperimentali come i Leprous che hanno un sacco di successo e suonano in modo fantastico, ma credo che questo non sarebbe stato possibile se all’epoca non ci fosse stato una divisione tra il classic e la parte più sperimentale. Prendi ad esempio “One Second” o “Host” dei Paradise Lost: personalmente li adoro, e credo che almeno in Europa sarebbero potuti diventare i nuovi Metallica, ma all’epoca sono stati veramente bistrattati, e questo secondo me spesso anche per una presa di posizione a prescindere tra quello che era ‘true’ o ‘false’ metal, il che ritengo sia l’atteggiamento più dannoso possibile.

DOPO IL TOUR CELEBRATIVO DI “LISBOA UNDER THE SPELL”, CHE NE DITE DI UNO DEDICATO A “SIN/PECADO” E “BUTTERFLY EFFECT”?
– Non sarebbe una brutta idea! Quando abbiamo registrato “Lisboa Under The Spell”, suonando tutto “Wolfheart” e “Irreligious” oltre ad “Extinct”, c’era un sacco di gente, ma credo che anche in un contesto più piccolo sarebbe un bello show. Di sicuro appena ci sarà la possibilità mi piacerebbe ripescare due/tre pezzi da “Butterfly Effect”, come ad esempio “Soulsick” o la titletrack, magari al posto di pezzi che suoniamo da sempre come “Vampiria”, che è un gran brano ma ormai inizia ad essere inflazionata per chi ci segue da tempo. In generale quando hai una discografia piuttosto nutrita trovo sia bello ripescare qualcosa che non suoni da tempo: capisco che i fan siano affezionati ai pezzi storici come “Alma Mater” o “Vampiria”, ma la musica è prima di tutto condivisione, quindi credo sia giusto mettere da parte l’egoismo ed apprezzare anche un lato diverso della band, senza che questo venga vissuto come la volontà di offendere o deludere il pubblico.

COSA CI PUOI DIRE INVECE DEL NUOVO ALBUM, ATTUALMENTE IN LAVORAZIONE?
– Sarà diverso da “1755”, un disco che non era nei nostri piani ma che è venuto fuori così ed è stato molto apprezzato. Il nuovo disco quindi sarà più sulla scia di “Extinct”, che per me resta uno degli album migliori dei Moonspell grazie a canzoni come “Breathe”, “Until We Are No More”, la titletrack, “The Future Is Dark”, cui mi sento davvero legato. Ormai inizio ad avere una certa età, quindi ho bisogno di scrivere musica più adulta rispetto ad esempio a “Vampiria”, e il lavoro che stiamo facendo con Jaime Gomez Arellano (produttore dell’ultimo album dei Paradise Lost) sta andando nella direzione giusta, con un taglio più psichedelico. Da un punto di vista musicale Pedro e Ricardo come sempre stanno lavorando ai brani, mentre a livello lirico sarà una prosecuzione di “Extinct”, parlando di estinzione da un punto di vista personale e di rapporti umani, un tema sui cui stavo già lavorando prima del Covid-19. Sarà sicuramente un disco melodico, e speriamo di farlo uscire entro febbraio/marzo 2021, augurandoci di non avere troppi rallentamenti per le restrizioni sugli spostamenti.

A LIVELLO DI SHOW INVECE, CHE PROGRAMMI AVETE?
– Nel 2020 avremo un solo show in presenza qui in Portogallo e uno show in streaming a livello mondiale, visto che finora quest’anno non ci siamo fatti vedere dal vivo ma neanche sui social o altro, mentre entro la fine dell’anno speriamo di potervi fare sentire un primo estratto del nuovo album.

LA PANDEMIA E IL LOCKDOWN CHE EFFETTO HANNO AVUTO SUI TUOI TESTI?
– Credo il mondo fosse già fottuto prima del Covid-19, e che quello che è successo sia solo un segno dei tempi. Sono seriamente preoccupato del mondo che stiamo lasciando ai nostri figli, ed ora che sono genitore sono ancora più sensibile rispetto a questi temi: la gente penserà che i testi del nuovo album siano legati all’attualità, ma da tempo rifletto sul fatto che la società di oggi è diventata troppo egocentrica e fondata solo sulle apparenze. L’altro giorno ad esempio ero in una bellissima oasi naturale con la mia famiglia quando sono arrivate due ragazze che, invece di godersi il paesaggio, hanno passato due ore a cercare l’inquadratura perfetta del proprio culo da mettere su Instagram: chi fa così secondo me lo fa non perché ama il proprio corpo ma perché lo odia, e ha bisogno di approvazione dagli altri. Il nuovo album quindi parlerà di questi contrasti, tra quello che la gente dice e fa, come dice di sentirsi e come in realtà si sente veramente.

IMMAGINO IL TUO RAPPORTO CON I SOCIAL NETWORK SIA UN NON-RAPPORTO…
– Ho lasciato ogni social network: probabilmente sbaglio e dovrei rispondere a chi mi critica se ho un opinione, ma non ho la pazienza per farlo. D’altronde non credo che sia una grande perdita, perchè la mia vita privata non è così interessante, ma d’altro canto credo sia solo tempo perso, e che chi è grande nei social in realtà è piccolo nella vita vera, compresa la vita familiare che per me, essendo portoghese, è la cosa più importante di tutte. Non è un tema di religione ma di tradizione, ed è per questo che i portoghesi o gli italiani hanno avuto più vittime per il Covid-19 rispetto ai paesi del Nord: perchè per noi la famiglia è ancora un istituzione e i nostri vecchi restano con noi, non vanno a svernare ad Acapulco. Il fatto di non essere sui social, e anche di essermi spostato dalla città ad una piccolo paese, mi ha reso una persona migliore, perchè non devo compiacere o litigare con nessuno. Chiamatemi pure primitivo, ma preferisco spendere il mio tempo leggendo un libro e parlando di cose che conosco come la musica, piuttosto che spendere ore su un social e parlare di cose che non conosco come i virus. Con tutto il rispetto per chi li frequenta, ma per me i social media ti renderanno forse più popolare ma non certo una persona migliore.

A PROPOSITO DI LIBRI, HAI SCRITTO QUALCOSA DURANTE IL LOCKDOWN?
– Ho lavorato ad un paio di libri di poesie che probabilmente vedranno la luce nella seconda metà del 2021. Sono poi stato invitato dalla Penguin House che cercava nuovi scrittori, quindi ho iniziato a scrivere un romanzo, che dovrebbe uscire nella prima metà del 2021. E’ la storia di un ragazzo che cresce in un contesto desolato (un po’ come nel film “Brutti, Sporchi e Cattivi”, attingendo ai ricordi della mia infanzia e ovviamente aggiungendoci un tocco più magico) e poi si scontra con un antagonista ricco che vuole costruire sopra il suo territorio, per cui si scatena un conflitto. E’ la mia prima volta e sono ancora a metà, ma spero davvero possa avere il successo della nostra biografia, ormai tradotta in inglese, francese, russo e brasiliano.

QUANDO APPENEDERAI IL MICROFONO AL CHIODO TI DEDICHERAI ALLA SCRITTURA?
– E’ divertente perchè ho un amico scrittore che dice di invidiare la mia vita da musicista sempre in giro a rockeggiare mentre lui è chiuso in biblioteca a scrivere, ma non c’è niente di male in questo, anzi. Per il futuro chissà: non siamo i Black Sabbath o i Metallica e, anche se spero solo il meglio per i Moonspell, può essere che la gente si stufi di noi o il nostro nuovo album non piaccia, quindi sempre meglio non dare nulla per scontato ed avere delle alternative.

QUALE ALBUM DISCO CONSIGLI PER ACCOMPAGNARE LA LETTURA DEL LIBRO?
– In realtà non ci sarà molta musica nel disco, e anche quando scrivo non ascolto musica perchè mi distrarrebbe. Come colonna sonora comunque credo che ci starebbe bene un disco di Neil Young o Bob Dylan per la parte urbana, e magari qualcosa di più estremo come i Marduk per la seconda parte, più dedicata alla guerriglia.

DOPO I VINILI, SEMBRA STIANO TORNANDO DI MODA ANCHE LE AUDIOCASSETTE: COSA NE PENSI?
– Il fenomeno delle cassette in effetti è curioso: abbiamo iniziato a ristamparle per “Memorial” e sono andate subito sold-out. Anch’io le ho riprese in mano e devo dire che suonano meglio di Youtube, che in assoluto è il peggio, ma probabilmente anche di Spotify o Apple Music, che dal mio punto di vista sono così così, anche perchè ad esempio non hanno un equalizzatore. Forse è anche dovuto al fattore nostalgia, ma d’altro canto le vecchie cassette erano un po’ il nostro Spotify, se ci pensi. Ovviamente non è una cosa universale, ma credo sia il simbolo della nostra generazione, quindi anch’io sono rimasto molto sorpreso; ma credo che sia più una nuova deriva del collezionismo, anche se personalmente credo comprerò un bell’impianto per risentire i nostri vecchi demo, registrati proprio su cassetta e che, secondo me, hanno un sound fantastico.

COM’E’ ESSERE UN LABEL MANAGER OLTRE CHE UN MUSICISTA?
– Quando si tratta dei Moonspell credo sia un plus poter gestire entrambe le parti: ad esempio in Portogallo abbiamo lavorato abbastanza bene con major come Sony e Universal, ma a volte capitava di dover aspettare una settimana per una risposta ad una domanda anche semplice, per questo a un certo punto ho deciso di mettermi in proprio e abbiamo distribuito l’ultimo album con la nostra Alma Mater Records, con risultati devo dire eccellenti. Non è che abbiamo chissà quale organizzazione, perchè oltre a me c’è solo un’altra persona che ci aiuta, ma fortunatamente abbiamo il nostro lavoro da fare sia con i Moonspell che anche con alcune nuove band locali, perchè credo in Portogallo più che altrove manchi un vero supporto alle band emergenti. Per fare qualche esempio, stiamo mettendo sotto contratto i Gaerea (ora su Season of Mist), poi abbiamo nel roster i Desire (una band contemporanea dei Moonspell di cui abbiamo ristampato il debutto), gli Ironsword (band power metal fondata da Tann, che aveva suonato con noi agli esordi), gli Okkultist (una band death/black con una ragazza dietro al microfono), i Tragedium (una nuova band che esordirà l’anno prossimo) e altri ancora. Tornando alla domanda, credo il vantaggio migliore per le band sia avere a che fare con un label manager che mette la qualità davanti alla fretta e che dice le cose come stanno; in aggiunta, mettiamo ovviamente a disposizione le conoscenze che abbiamo maturato in venticinque anni di carriera nel music business, per cui ad esempio ci siamo occupati anche di ristampe come “Clouds” dei Tiamat o i vecchi demo dei Paradise Lost.

RECENTEMENTE HANNO FATTO SCALPORE LE PAROLE DEL CEO DI SPOTIFY, SUL FATTO CHE NON SI POSSA PIU’ FAR USCIRE UN ALBUM OGNI DUE/TRE ANNI…
– Spotify per me è la migliore come servizio sul fronte streaming, ma credo possano fare molto meglio con gli artisti, che di fatto sono il loro fornitori. Sono in contatto con alcuni dipendenti che sono anche i fan dei Moonspell, e siamo tutti d’accordo che il CEO non sa di cosa parla, perchè al di là dell’aspetto compositivo i due/tre anni tra un disco e l’altro servono anche per andare in tour per poter aver i soldi che lui non ci riconosce. Credo la causa del problema siano due fattori: da un lato essere diventati una commodity, perchè ormai la gente crede che essere fan di una band sia come ordinare una pizza a ristorante (“più mozzarella, meno pomodoro, un po’ di peperoni…”), in modalità room-service: sicuramente ci sono ancora fan emozionati per un nuovo disco come era una volta, ma in generale la gente è più cinica di com’era negli anni ’80 o ’90. Oggi inoltre tutti vogliono poter dire la loro, anche su band che sono a prova di bomba come gli Opeth: dal mio punto di vista sono una band che non si può criticare, al massimo si può non apprezzare la loro proposta ma non dire che fanno schifo, così come non lo si può dire dei Pink Floyd. Questo credo si traduca anche nelle emozioni dei musicisti con conseguenze a volte tragiche (come ad esempio nel caso di Chester Bennigton dei Linkin Park, che prima di suicidarsi era stato insultato pesantemente per il loro ultimo album), per cui dico sempre alle band che lavorano con me di prepararsi ad avere un cuore d’acciaio e fregarsene di quello che si legge in giro.

PARLANDO DI STREAMING, COSA NE PENSI DEL LIVE IN QUESTO FORMATO?
– Ora come ora non c’è alternativa, per cui capisco tutti stiano andando in quella direzione. Al di là dello streaming, su cui non avremo intermediari se non per la parte tecnica, stiamo lanciando una nostra community (Wolfpack Club) che ci permetterà di entrare in contatto con i fan con diverse esperienze: oltre alla nuova musica, ci saranno sessioni su come scrivere dei testi, workshop sugli strumenti, consigli su come gestire una band, eccetera. Con tutto il rispetto per chi gestisce label, credo il futuro sia in questa direzione, usando la tecnologia al nostro modo. Come tutti gli artisti viviamo della nostra arte, per cui se qualcuno mette in circolazione il nostro DVD non è Robin Hood ma solo un pirata, per cui di tanto in tanto vado a controllare su YouTube e cancello i contenuti non protetti da copyright, e ovviamente non mi sto riferendo ai video amatoriali girati dai fan agli show, che vanno benissimo. Tornando a Spotify, fanno riunioni di ore e ore per decidere il futuro del musica, quando basterebbe spostare una virgola a sinistra dopo tutti quegli zeri sulle royalties per fare contenti gli artisti!

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