Gianluca Perotti, cinquant’anni, professione cantante. Un thrasher? Un rocker? Diciamo piuttosto un metallaro: un non più giovane metallaro che, dopo un periodo di silenzio, ha deciso di rimettersi in gioco, di dare libero sfogo al proprio ‘io’, aprendo il famoso cassetto della memoria (lo ripeterà spesso nell’intervista che segue) per rilasciare quelle passioni – sonore e non – che aveva tenuto segrete da troppo tempo. La sua rinascita – per un gioco di parole perfetto – si chiama Mortado e, con il debutto targato “Rupert The King”, ha voluto semplicemente rendere omaggio al ‘Dio Metallo’, come lo chiama lo stesso Perotti. Del presente, del futuro… ed ovviamente del passato ‘extremo’ ne abbiamo parlato direttamente con il buon GL. Mettetevi comodi e buona lettura.
CIAO GL (O GIANLUCA?) E BENVENUTO SULLE PAGINE DI METALITALIA.COM. ALLORA, IL DEBUT ALBUM DEI MORTADO E’ ALLE PORTE. DOMANDA SECCA PRIMA DI PROSEGUIRE CON IL RESTO DELL’INTERVISTA: SEI SODDISFATTO DI QUANTO AVETE REALIZZATO?
– Grazie Andrea e grazie Metalitalia.com per lo spazio concesso a me ed alla mia band! Alla tua domanda rispondo senza ombra di dubbio ‘assolutamente sì’. In verità, ho avuto molti dubbi negli ultimi mesi, visto soprattutto il poco tempo a disposizione sia per le prove sia per la stesura dei brani in sala; ma, forse, è stato proprio questo il punto di forza per la grande riuscita di “Rupert The King”. Lasciare allo Studio Time ed ai compiti a casa di ogni componente della band il proprio spazio espressivo, in puro R’n’R style.
ENTRIAMO QUINDI NEL MONDO DEI MORTADO: DA DOVE NASCE QUESTO NOME E SOPRATTUTTO COME NASCE QUESTA BAND?
– Il nome lo avevo nel cassetto della memoria già da molti anni, come del resto tutti i brani di “Rupert The King”. Come mai Mortado? Sin dai cinque anni sono sempre stato un gran lettore di fumetti – ho imparato a leggere prima della scuola elementare – e, una volta raggiunta l’età adolescenziale, mi son letteralmente buttato su Tex, in cui ho trovato Mortado, uno dei nemici dello stesso Tex, apparso ben prima del più famoso Mephisto. Un nome davvero figo per una band e allora, dopo circa un trentennio, l’ho proposto in primis a Manuel, a cui è subito garbato parecchio, e quindi al resto della band. Abbiamo poi scoperto che esisteva già un’altra band messicana con lo stesso monicker; per un attimo abbiamo quasi pensato di cambiarlo, ma alla fine il nome era talmente valido che abbiamo deciso di fregarcene e mantenerlo senza troppe pippe! Spero che i tre messicani non se ne abbiano a male.
COME SI LEGGE IN SEDE DI PRESENTAZIONE, TU E MANUEL NON VOLEVATE CREARE UN QUALCOSA CHE AVESSE IL THRASH COME UNICA VARIANTE. COME MAI QUESTA SCELTA?
– Dopo trent’anni di militanza nella stessa band e nel mondo del ‘metallo pesante’ da professionista, ho avuto un anno buono di totale rigetto nei confronti di entrambi e diciamo che ho letteralmente abbassato la saracinesca. Ed è stato proprio Manuel a farmi uscire nuovamente di casa. Inizialmente volevo provare qualcosa di alternativo, qualcosa che, musicalmente parlando, ci avrebbe permesso un più ‘facile’ approccio alle cosiddette masse, ma alla fine è andato tutto alle ortiche e chiesi a Manuel se in un prossimo futuro, quando mi fosse tornata la voglia di ‘metal’, mi avrebbe dato una mano a sviluppare proprio quei pezzi che avevo sempre tenuto nel cassetto e che, per fortuna, aggiungo ora, non sono mai finiti su nessun album degli Extrema. E così è stato. Devo ringraziare Manuel per tutto, in particolar modo per avermi aspettato e stimolato; e con lui pure Simone e Stefano. Sia ben chiaro: senza di loro non ce l’avrei mai fatta!
COME SI SONO SVOLTE LE REGISTRAZIONI?
– E qui viene il bello: abbiamo praticamente registrato questo album in non più di cinque giorni calcolando le ore di studio. Non essendo più dei giovanotti, infatti, abbiamo tutti molti impegni sia familiari che di lavoro, quindi il tempo a disposizione è stato davvero poco, prove comprese. Tra le altre cose, Stefano è stato molto impegnato con il lavoro in quel di Berna e così ho dovuto suonare io le chitarre guida per Manuel: dopo due mesi che non ci mettevo mano, abbiamo fatto una sorta di record! Da parte sua Manuel ha chiuso le parti di batteria in circa una decina di ore di studio registrando pure “Venom” solo con la click a memoria. E lo stesso lavoro è stato svolto da Stefano con la chitarra e da Simone con i bassi. E infine le parti vocali: ho fatto i cantati in due session di sette/otto ore l’una; un record personale, cantando praticamente i testi per la prima volta! Eravamo comunque davvero concentrati e determinati: ognuno ha fatto i propri compiti a casa con diligenza ottenendo un risultato che ritengo quasi miracoloso. Aggiungo, a chiudere, che il buon Carlo Meroni, il nostro producer, ci ha messo tutti nelle perfette condizioni per esprimerci al massimo, divertendoci: io, in primis, ho praticamente ‘giocato’ sulle vocals, senza quasi nessuna palestra vocale antecedente, puro rock’n’roll style come dicevo in precedenza!
VENENDO AL TITOLO: CHI E’ “RUPERT THE KING”?
– Mr.Rupert è la mia licenza poetica nel chiamare il sovrano assoluto del nostro piano fisico e non: ossia messer Satanasso! In realtà il nome è legato alla password wi-fi associato ad una storica birreria in quel di Berlino dove finimmo per caso con gli Extrema all’inizio del tour ‘finito male’ con i Death Angel.
Ho ancora il foglietto che ci portò al tavolo la proprietaria del locale: in realtà, essendo tedesca, la vera dizione sarebbe Rupercht che, ora so essere stato uno storico Re germanico. Io ci ho ricamato un po’ sopra e ne ho fatto lo scopo di questo album.
ASCOLTANDO L’ALBUM CI SI RENDE CONTO COME IL VOSTRO (O IL TUO IN PARTICOLARE) SIA UNA SORTA DI VIAGGIO ALL’INTERNO DELLE INNUMEREVOLI SFACCETTATURE DELLA MUSICA METAL; UN OMAGGIO CHE AVETE VOLUTO RENDERE A QUESTO GENERE. CONFERMI?
– Bravo, ci hai preso in pieno! E questo è dovuto al fatto che tutti i brani registrati hanno già parecchi anni: “In The Middle Of The Night” per esempio ne ha trenta buoni. L’unico ex novo, per quanto riguarda i miei, è “No Escape”, composto alla fine del 2017. Una composizione che ha spazia quindi in tutto il mondo del metallo pesante. Un mio personalissimo tributo al Dio Metallo, dopo trentacinque anni di ascolti e di pratica sul campo.
CI SONO BRANI PIU’ DIRETTI, ALCUNI PIU’ ‘COMMERCIALI’ SE VOGLIAMO, ALTRI QUASI SPIRITUALI (VEDI “THE GREAT SPIRIT”): COME SONO NATI I VARI PEZZI?
– Come spiegato in precedenza, tutti i brani erano nel mio personale cassetto della memoria. Per “The Great Spirit” invece devo fare un discorso a parte, nel senso che lo abbiamo praticamente improvvisato in studio e letteralmente preso per buono alla prima prova. Mancava del materiale e del minutaggio per chiudere l’album ed allora ho ripescato dal solito famoso cassetto un mio antico arpeggio. Insieme a Manuel lo abbiamo registrato dandogli giusto una struttura; il resto, ognuno, lo ha fatto direttamente in studio. Un vero e proprio tributo ai nativi americani, popolo per cui nutro una grande stima e commiserazione visto quello che gli ha fatto il maledetto governo Massonico/Sionista USA. A tal proposito vi consiglio un paio di libri eccezionali sull’argomento: “Gli Spiriti non dimenticano” e “Alce Nero parla”.
PROPRIO PER LA VARIETA’ DEI BRANI, COME TI SEI TROVATO A LIVELLO DI LINEE VOCALI: IL TUO TIMBRO PASSATO ERA SOSTANZIALMENTE ‘PANTERIANO’. QUI INVECE OGNI CANZONE HA LA “SUA” VOCE.
– In realtà penso di aver sempre avuto il mio timbro personale anche se, come dici, devo ammettere che nel tempo mi sono un po’ troppo ‘panterizzato’. Sono un amante del bel canto e credo di essere dotato di una buona intonazione oltre che di una discreta estensione vocale. Il primo ad averci creduto è stato proprio Tommy (Massara, leader degli Extrema, ndr) nel lontano 1987 al primo provino che mi fece. Ero grezzo, ma lui capì subito le mie potenzialità e mi chiese di rimanere come cantante, visto che come chitarrista facevo pena. Mi ha sempre detto nel tempo che Gianluca era in fondo molto più bravo di GL, non so se mi spiego…..ed aveva ragione! Già con i Rebel Devil avevo utilizzato un diverso modo di cantare che aveva spiazzato non poca gente. In “Rupert The King” sono semplicemente tornato ad essere me stesso, al 100%, e penso che il risultato sia ottimo. Mi sono davvero divertito, a parte le prime ore di ‘sgrezzatura’ vocale in studio, a spaziare da cantati in stile growl a cantati diciamo melodici, ma, se ci pensi bene, è proprio il mio stile usato in molti album passati. Lo Yin e lo Yang… tutto quì!
E VI E’ PURE UN PEZZO DEGLI EXTREMA, “DOUBLE FACE” DIRETTAMENTE DAL PRIMISSIMO ALBUM. COME MAI LA SCELTA DI INSERIRE UNA COVER DEGLI EXTREMA? E PERCHE’ PROPRIO QUESTO BRANO?
– Il perché è semplice: imbracciando nuovamente la chitarra ho pensato subito di portare l’unico pezzo da me composto ai bei tempi nel nuovo album dei Mortado. Una decisione presa ben prima della stesura dei brani in sala; anche Manuel ha subito accettato visto, che da ragazzo, è stato uno del ‘massacro collettivo’ ed un fan degli Extrema stesso. Il testo poi, è sempre attuale: di doppie facce ne è pieno il pianeta!
FACCIAMO UN SALTO, DALLO STUDIO ON STAGE: NEI PROSSIMI CONCERTI, PORTERETE L’INTERO ALBUM? INSERIRETE PEZZI DEL TUO PASSATO? INSOMMA, AVETE GIA’ PRONTA UNA PRIMA SET-LIST (l’intervista è stata realizzata pochi giorni prima dell’inizio del “No Escape Tour”, ndr)?
– Stiamo ultimando le prove pre-tour proprio in questi giorni e, avendo una quarantina di minuti di musica nostra, tolta “The Great Spirit” che farà da sigla finale, includeremo qualche classico dal repertorio che in qualche modo appartiene anche al sottoscritto. Per cui, dei classici made in Extrema ma anche qualche chicca tributo soprattutto ai grandi del metal che purtroppo ci hanno lasciato troppo presto.
CIRCA DUE ANNI FA TERMINAVI L’AVVENTURA CON GLI EXTREMA. UNA STORIA LUNGA QUASI TRENT’ANNI. COME GIUDICHI, A MENTE FREDDA, QUESTA PARTE, A DIR POCO IMPORTANTE, DELLA TUA CARRIERA MUSICALE E, PER FORZA DI COSA, ANCHE PERSONALE?
– Devo moltissimo alla ‘mia’ ex band: da loro ho imparato tutto: quando sono arrivato ero davvero grezzo, contrariamente a loro, che erano già eccezionali. Ho dovuto imparare in fretta per mettermi al loro passo: mi sono fatto letteralmente il ‘xxxxx’ a tarallo per imparare a suonare e a cantare ‘alla Hetfield’; in poche parole ho imparato a suonare facendo le cover degli Extrema che già seguivo da ragazzo, essendone diventato un fan. Quando mia madre mi disse che un certo Tommy Massara mi aveva cercato, lasciando il suo numero per essere richiamato il prima possibile, le chiesi se stesse scherzando! Se so fare questo mestiere lo devo soprattutto a lui; ed è grazie a lui che ora so quanto impegno ci vuole nel portare avanti una band in tutte le sue sfaccettature; non puoi mollare o distrarti un attimo. Ecco, da Tommy ho imparato ad essere un professionista osservandolo fin dal principio!
QUINDI UNA VOLTA CHIUSO CON GLI EXTREMA HAI PENSATO DI PRENDERTI UNA BELLA PAUSA.
– Sì, come detto prima ho chiuso per un anno buono: niente più metallo, nemmeno un ascolto quasi. Ho avuto un grande momento di crisi e di rigetto. Sono un metallaro da quando avevo quindici anni, ora ne ho appena compiuti cinquanta e, passata la crisi in questione, mi ritrovo ancora con quell’antico entusiasmo. Mi sento pieno di energia e voglia di fare: quell’entusiasmo che stavo via-via perdendo per strada anche a causa del mio vizio di bere fino allo svenimento. Da due anni mi sono completamente ripulito e devo dire che sto davvero meglio!
A FINE APRILE I MORTADO HANNO RILASCIATO “RUPERT THE KING”, DOPO DUE SETTIMANE GLI EXTREMA TORNANO IN PISTA CON IL NUOVO FRONTMAN TIZIANO SPIGNO. HAI ASCOLTATO QUALCOSA DI “HEADBANGING FOREVER”?
– Certo che sì! Cosa dire? Sono davvero contento che abbiano scelto Tiziano alla voce e devo ammettere che riascoltare gli Extrema da esterno dopo trent’anni di militanza mi fa davvero piacere. Penso che alla fine l’aria di cambiamento abbia giovato ad entrambi; forse, avevamo tirato troppo la corda ed io, ad un certo punto, ho deciso di mollare la presa anche perché, mi rendo conto che ero diventato un po’ ‘hostile’.
ULTIMA DOMANDA GIANLUCA: CHI ERA GL PEROTTI NEL 1986 E CHI E’ GL PEROTTI NEL 2019?
– In fondo sono sempre quel ragazzo, né più, né meno. Mi sono ritrovato dopo tanti anni di eccessi e di piccole e grandi pazzie; penso di aver giaciuto sotto ipnosi per troppo tempo ed ora ho semplicemente smesso la maschera di GL e fatto uscire di nuovo il Gianluca del lontano 1986. Questa è la band che non ho mai avuto, che non ho mai ‘messo in piedi’. Credo che le cose dovevano andare proprio così come sono andate: sono uno che non crede nel caos delle casualità, a tutto c’è un perché; ed il mio si chiama Mortado!