MOS GENERATOR – La musica prima di tutto

Pubblicato il 22/10/2016 da

Chi ha avuto il piacere di ascoltare il nuovo lavoro dei Mos Generator, “Abyssinia”, si è trovato tra le mani un piacevolissimo concentrato di hard rock, stoner e soul, ottimamente composto e suonato. Un album che coinvolge e fa divertire dalla prima all’ultima nota. Non potevamo quindi esimerci dal contattare il mastermind del gruppo, che risponde al nome di Tony Reed, cantante e polistrumentista che si è costruito una carriera con convinzione e sacrificio. Nella chiacchierata avuta con lui abbiamo conosciuto un musicista disponibile che, prima di tutto, è un grande appassionato di musica e che fa di tutto per perseguire il suo sogno, anche a costo di prendere decisioni difficili e combattutte come quella di abbandonare i due terzi della vecchia formazione, tutti amici di vecchia data, per far fare il salto di qualità ai Mos Generator.

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CIAO TONY, BENVENUTO SU METALITALIA.COM, TI VA DI PRESENTARE IL VOSTRO NUOVO ALBUM AI NOSTRI LETTORI?
“Ciao Metalitalia, ‘Abyssinia’ è il sesto album in studio dei Mos Generator e mostra la crescita continua della band verso altre aree rispetto all’heavy rock per il quale siamo conosciuti”.

COSA SIGNIFICA ‘ABYSSINIA’?
“‘Abyssinia’ nello slang americano è un modo per salutarsi, vuol dire più o meno ‘ci vediamo’. Dato che ci sono stati dei cambi di line-up, così come anche alcuni elementi nuovi nel sound della band, ho pensato che sarebbe stato un buon titolo, suona bene!”.

A PROPOSITO DEI CAMBI DI LINE-UP, VUOI RACCONTARCI QUALCOSA DI PIÙ?
“La line up originale, che è durata quattordici anni, era composta dai miei migliori amici, musicalmente erano la mia anima gemella, ma non potevano sostenere i tour che sono invece necessari per far emergere la musica underground. È stato molto difficile prendere questa decisione, ma era necessario e a conti fatti non me ne pento. La nuova sezione ritmica, che è composta da Sean Booth al basso e Jono Garrett alla batteria, è formata da grandi musicisti, con i quali è semplice andare in tour. Andiamo d’accordo e si è creata un’ottima alchimia, che è molto importante”.

LA VOSTRA È UNA FORMAZIONE ESSENZIALE, QUALI SONO I VANTAGGI DELL’ESSERE UN TRIO?
“Per la maggior parte della mia carriera sono stato il frontman di un trio. Mi piace la libertà che ti dà l’essere un trio, credo che le canzoni abbiano un più ampio respiro sul palco. In studio spesso faccio un sacco di sovraincisioni, per cui non possiamo suonare dal vivo tutte le canzoni dell’album, ma solitamente mi metto al lavoro sulle linee per una sola chitarra e questo dà un approccio diverso alle canzoni dal vivo. Mi piace sia suonare che registrare, allo stesso modo, sono situazioni che mi soddisfano in maniera diversa: lo studio soddisfa il maniaco del controllo che è in me, mentre suonare dal vivo soddisfa il mio bisogno di mostrare alle persone quello che faccio e ricevere una reazione immediata da parte loro”.

LA COPERTINA DI ‘ABYSSINIA’ È PIUTTOSTO INUSUALE RISPETTO AL CLASSICO IMMAGINARIO HARD/HEAVY. COSA RAPPRESENTA?
“L’immagine mi ha colpito fin dalla prima volta che l’ho vista. Penso che rappresenti il mio stato d’animo mentre scrivevo il disco: mi sentivo come se mi scoppiasse la testa. Mi sentivo in colpa per aver abbandonato la vecchia sezione ritmica, avevo la pressione di dover far venir fuori un bell’album dai demo che avevo preparato, dovevo lavorare con i nuovi ragazzi senza conoscerli davvero musicalmente e venire a patti con i miei demoni personali. Tutto questo l’ha reso un album molto difficile da portare a termine”.

DI SOLITO COME TI MUOVI PER COMPORRE UNA CANZONE?
“È raro che mi metta a comporre con la band. Se mi viene in mente un buon riff, lo registro sul telefono, oppure in studio, se mi trovo lì, e poi inizio a lavorarci per creare una traccia demo. Non appena inizio a lavorare sugli arrangiamenti, poi, mi occupo di tutte le parti della canzone, solitamente registrando da me tutti gli strumenti. A quel punto entra in gioco la band, che registra le sue parti sulle mie tracce demo, oppure registriamo nuovamente tutto dal principio. Non funziona sempre in questo modo, ma nella maggior parte dei casi, il processo è quello”.

TI RICORDI LA PRIMA VOLTA IN CUI HAI PENSATO ‘VOGLIO FARE IL MUSICISTA’?
Ho sognato di diventare un musicista la prima volta che ho ascoltato ‘Alive’ dei Kiss! Nel 1977 avevo 8 anni e mio cugino venne a trovarci d’estate e si portò dietro la cassetta. Mi piaceva la musica e avevo già una piccola collezione, ma fu quello il momento in cui mi venne davvero voglia di imparare a suonare. Un sacco di musicisti della mia età (ho 47 anni) citano i Kiss come una grossa, se non la prima, influenza”.

ECCO, CHI ALTRI HA AVUTO UNA GROSSA INFLUENZA SULLA TUA MUSICA? DIREI DECISAMENTE I BLACK SABBATH…
“Oltre ai Kiss e i Black Sabbath, altre mie influenze all’inizio sono state Rush, Iron Maiden e Judas Priest. Poi sono passato a cose più veloci e sono diventato un fan dell’hardcore. Punk inglese e hardcore: Subhumans, Discharge, Crass, Rudimentary Peni, cose così. Da adolescente ho scoperto molte band gothic: Bauhaus, Christian Death, The Cure, Joy Division ecc. Subito dopo sono passato al progressive rock: King Crimson e Yes erano due delle mie band preferite, ma mi piacevano anche formazioni che suonavano prog influenzato dal punk: band come No Means No e Victims Family. Mi piacevano anche Husker Du, Dinosaur Jr., Bad Brains, Sonic Youth. Mi piacevano davvero tutte queste band della SST Records. Era il 1990 quando iniziai ad esplorare un miscuglio di tutti questi stili, con l’aggiunta del soul/funk. L’esperimento era interessante ma non ero ancora un compositore sufficiente esperto per farcela. Ora sono tornato a mescolare tutto ciò che amo nella musica in una sola band. Procedo con più calma, però”.

A PROPOSITO DEI BLACK SABBATH, SEI RIUSCITO AD ASSISTERE AL LORO ‘THE END TOUR’?
“No, ero in tour quando sono passati da Seattle”.

TORNIAMO UN ATTIMO AD ‘ABYSSINIA’, VORREI SAPERE QUALCOSA DI PIÙ SU UN PEZZO IN PARTICOLARE, ‘OUTLANDER’.
“Ho scritto ‘Outlander’ nel 2008. Cercavo un sound simile al periodo delle colonne sonore dei Pink Floyd. Ho rispolverato tutte le mie tastiere vintage per quel pezzo. Parla di una persona che lentamente scivola in una profonda solitudine. L’abbiamo provata in trio ed è stato divertente, ma non l’abbiamo ancora proposta dal vivo. Solo una volta per un concerto che abbiamo filmato dove avevamo due musicisti in più ad accompagnarci. E’ stata una bellissima esperienza”.

COSA NE PENSI DEI SERVIZI DI STREAMING, COME SPOTIFY O APPLE MUSIC?
“Tutto ciò che riesce a portare la musica alle persone, soprattutto quella di band piccole come la nostra, è d’aiuto”.

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