Con il loro mix tradizionale e al contempo particolarmente ispirato di death-doom melodico, i Mother of Graves si stanno affermando come una delle band più autentiche di questo filone underground.
Dopo il loro debutto “Where the Shadows Adorn”, la band è tornata di recente con “The Periapt of Absence” su Profound Lore Records, un album che amplifica le atmosfere malinconiche e le composizioni profonde che li contraddistinguono. Abbiamo avuto il piacere di parlare con Chris Morrison, chitarrista e fondatore della band, per esplorare il processo creativo dietro la loro musica, le influenze che li ispirano e le emozioni che permeano ogni nota.
In questa intervista, Morrison ci guida attraverso il viaggio emotivo e artistico che ha portato alla nascita dei Mother of Graves, raccontandoci delle loro origini, del loro approccio alla scrittura e delle visioni per il futuro: dalla devastante perdita personale che ha dato vita al gruppo fino al desiderio di creare musica che riecheggi il dolore e la speranza, i Mother of Graves si dimostrano non solo musicisti, ma veri e propri narratori di emozioni.
COME SI È FORMATA LA BAND? C’ERA UN’IDEA PRECISA DEL SOUND CHE VOLEVATE CREARE? OLTRE ALLO STILE MUSICALE, C’ERA UN’IDEOLOGIA CHE RITENEVATE FONDAMENTALE CONDIVIDERE TRA I MEMBRI?
– Nel 2016, uno dei miei migliori amici, Jeremy, è tragicamente scomparso. Suonavamo insieme in una band, ed era davvero una persona incredibile. La sua morte ci ha colpiti molto duramente. Per elaborare il lutto, ho ricominciato a suonare la chitarra.
Ne sono nati dei passaggi malinconici che riflettevano il dolore che provavo e si ispiravano a molta musica doom melodica più vecchia che stavo ascoltando in quel periodo. Col tempo, ho iniziato a trasformare quei passaggi in canzoni e ho deciso di registrarle per documentare quel periodo della mia vita. Ho chiesto a Ben, un vecchio amico, di aiutarmi a finire di scriverle e a registrarle nel suo studio. Facendo questo, ci siamo resi conto che erano canzoni valide, degne di essere supportate da una vera band.
Così, nel 2019, abbiamo ufficialmente dato vita ai Mother Of Graves. L’unica condizione per farne parte era essere amici e lasciare l’ego fuori dalla porta. Ci conosciamo tutti da anni e siamo stati coinvolti nella scena metal locale per molto tempo. Alcuni di noi avevano già suonato insieme in altre band. L’amicizia, la fiducia e la familiarità sono ciò che rende questa avventura speciale per me.
“THE PERIAPT OF ABSENCE” È UN RITORNO NOTEVOLE. LO STILE CHE CARATTERIZZA OGNI BRANO DEI MOTHER OF GRAVES È SEMPRE PRESENTE, MA È EVIDENTE COME IL NUOVO ALBUM ABBIA UN’ATMOSFERA PIÙ COESA E UN SOUND PIÙ DOOM RISPETTO AL DEBUTTO. ERA UN OBIETTIVO PRECISO O È SUCCESSO NATURALMENTE?
– Grazie! Penso che ciò che rende speciale – e più coeso – questo nuovo album sia il fatto che siamo cresciuti come compositori. Indipendentemente da chi scrive la maggior parte di una canzone, tutti i membri della band sono coinvolti e danno il loro contributo.
Passare tempo insieme come band ci avvicina personalmente e ci rende più armoniosi nella scrittura. Abbiamo lavorato molto per garantire che le canzoni avessero un flusso naturale, che fossero sempre d’impatto e che avessero lo spazio necessario per respirare. Non abbiamo intenzionalmente cercato di immergerci più nel doom, ma volevamo che le emozioni che cercavamo di trasmettere emergessero chiaramente.
Accade che spesso proviamo a esprimere sentimenti di perdita e disperazione, il che si presta naturalmente a un sound doom malinconico. Tuttavia, se ascolti bene, troverai anche momenti in cui si intravede un barlume di speranza all’orizzonte.
NEL NUOVO ALBUM CI SONO TUTTAVIA ANCHE MOLTI MOMENTI CONTRASTANTI: PARTI PIÙ DIRETTE ACCANTO A SEZIONI PIÙ DEPRESSIVE E MALINCONICHE. AVETE SENTITO IL BISOGNO DI PRENDERVI QUALCHE RISCHIO NEL CORSO DEL PROCESSO CREATIVO?
– Sì, penso che abbiamo corso alcuni rischi a livello creativo, includendo idee particolari nell’album o sperimentando con la struttura delle canzoni.
Niente di troppo audace, ma, ad esempio, uno dei brani più aggressivi, “Shatter the Visage” (per cui abbiamo girato anche un video), alterna momenti molto accesi a sezioni doom malinconiche che potrebbero sembrare difficili da amalgamare. Credo però che siamo riusciti a far suonare il tutto naturale.
Ci sono anche passaggi che, ascoltati da soli, potrebbero non sembrare ‘pesanti’, nel senso tradizionale di un album doom o death metal, ma sapevamo che appartenevano a queste canzoni. La pesantezza non è sempre un riff brutale e accordato in basso; può essere qualsiasi cosa che ti faccia provare un’emozione intensa.
Un esempio è la strofa della stessa “Shatter the Visage”, che musicalmente è più vicina a un rock malinconico, ma si inserisce perfettamente dopo un riff death metal veloce. Non abbiamo cercato di reinventare un genere, ma al tempo stesso non abbiamo esitato a scrivere ciò che volevamo sentire, anche se non rientrava in determinati confini immaginari.
TROVARE UNA PROPRIA VOCE IN QUESTO RAMO DEL DEATH-DOOM, CON UN GENERE GIÀ COSÌ CONSOLIDATO A LIVELLO DI FORMULE E SONORITÀ, È UNA SFIDA PER VOI?
– Con questo album credo che abbiamo iniziato davvero a trovare la nostra voce. Non direi che sia difficile per noi, perché ognuno di noi ha esperienze di vita e influenze uniche. Non ci imponiamo di suonare in un certo modo. Certo, abbiamo dei riferimenti per il nostro sound, ma non abbiamo paura di essere noi stessi.
Penso che questo emerga in “Periapt…”: sebbene possano esserci altre band nel panorama death-doom melodico con un’atmosfera simile, credo che abbiamo trovato una nostra identità che ci differenzia. Abbiamo già molte idee per il prossimo album, e personalmente non vedo l’ora di scoprire come ci evolveremo.
L’ORIGINALITÀ È SOPRAVVALUTATA NELLA MUSICA METAL DI OGGI? UNA BAND PUÒ ESSERE ECCEZIONALE ANCHE SENZA ESSERE TROPPO ORIGINALE? SE SÌ, QUAL È L’INGREDIENTE ESSENZIALE, OLTRE ALL’ORIGINALITÀ, PER DISTINGUERSI DAVVERO?
– Sì e no. Penso che una band possa essere assolutamente valida anche senza essere troppo originale: serve suonare con il cuore e scrivere buone canzoni.
Per me tutto si riduce alla composizione. A conti fatti, le band che si distinguono sono quelle che scrivono brani che ti catturano e che ti fanno venire voglia di riascoltarli. È facile seguire uno stile, scrivere riff e assemblare canzoni. Molto più difficile è scrivere un brano che ti coinvolga davvero. Poi, se riesci a creare grandi canzoni con un tocco originale, allora puoi portare le cose a un livello superiore.
Alla fine tutto può avere un suo posto: la familiarità di uno stile può essere confortante tanto quanto l’originalità può essere stimolante.
QUALI BAND CONSIDERERESTE COME LE VOSTRE PRINCIPALI INFLUENZE? PERSONALMENTE, NOMINEREI I KATATONIA DELLA METÀ DEGLI ANNI ’90 E GLI OCTOBER TIDE DEI PRIMI TEMPI COME DUE DELLE VOSTRE ISPIRAZIONI PRINCIPALI. INOLTRE, PERCEPISCO GLI EDGE OF SANITY NEI MOMENTI PIÙ DURI, MENTRE PENSO CHE LA TITLE-TRACK DEL NUOVO ALBUM SIA ISPIRATA AI MY DYING BRIDE. SEI D’ACCORDO?
– I Katatonia dei primi tempi sono una grande influenza, e sì, anche il primo album degli October Tide è fantastico. Decisamente anche Edge of Sanity e altri progetti di Dan, come Moontower. Il suo repertorio è sempre incredibile e influente.
Tutti noi abbiamo influenze diverse, ma ci sono alcuni nomi che abbiamo in comune: Katatonia, Edge of Sanity, Paradise Lost, Rapture, My Dying Bride e Tiamat. Concordo sul fatto che la traccia che dà il titolo al disco abbia un’influenza dei My Dying Bride: Ben ha scritto la maggior parte di quella canzone ed è un grande fan dei MDB fin dagli inizi.
Inoltre, ascoltiamo anche altri generi che si insinuano nel nostro sound. Personalmente, amo molto l’hardcore melodico emotivo dei primi anni ’90: il primo album dei Sunny Day Real Estate, ad esempio. E poi ascolto un po’ di tutto, dai The Doors ad Amy Winehouse. Non tutto ovviamente emerge chiaramente con i Mother of Graves, ma una varietà di influenze è comunque presente.
AL DI LÀ DEL TRAGICO EVENTO CHE HA PORTATO ALLA NASCITA DEL GRUPPO, DA DOVE NASCE QUESTA MALINCONIA? AD ESEMPIO, IN CHE MODO IL LUOGO IN CUI VIVETE – O AVETE VISSUTO – INFLUENZA LA MUSICA CHE CREATE O I VOSTRI GUSTI MUSICALI?
– La tristezza fa parte della vita. Ognuno di noi ha i propri sentimenti malinconici dovuti alle circostanze che vive. Non camminiamo tutti i giorni con la testa bassa o bloccati a letto dalla depressione. Tutt’altro. Tuttavia, mi sono sempre connesso con la musica e l’arte malinconica più di ogni altro tipo.
Quando scrivo musica, tendo naturalmente a esprimere quel tipo di emozioni. Non sono sicuro che potrei fisicamente scrivere una canzone gioiosa – non saprei da dove cominciare.
Per quanto riguarda il luogo fisico, non sono così sicuro che abbia un impatto diretto o un’influenza sulla nostra musica. Tuttavia, gli inverni qui sono lunghi, freddi e cupi, il che è perfetto per creare l’atmosfera giusta per scrivere il nostro stile di musica.
PRIMA HAI CITATO DAN SWANÖ, IL QUALE SI È OCCUPATO DEL MASTERING DEL DISCO. AVETE MAI PENSATO DI INVITARLO A CANTARE IN UNA DELLE VOSTRE TRACCE?
– Non lo sa ancora, ma solo una settimana fa tra di noi abbiamo parlato di chiedergli di registrare alcune parti vocali per il prossimo album. È una grande influenza per tutti noi, e conosce la nostra band e la nostra musica. Magari potrebbe accettare? Non lo so (ride, ndr)! Sarebbe davvero fantastico, quindi vedremo cosa succederà.
AVETE UNA VISIONE MUSICALE CHE NON SIETE ANCORA RIUSCITI A REALIZZARE PER QUESTIONI TECNICHE O FINANZIARIE? O UN’IDEA DI COME POTREBBE EVOLVERSI LA VOSTRA MUSICA OLTRE LA SUA FORMA ATTUALE?
– Sono certo che la nostra musica evolverà. Non so esattamente come, non ho una visione definita che possa essere espressa a parole, ma più che altro alcune idee generali che dobbiamo ancora capire come catturare. Sono sicuro che ci riusciremo man mano che inizieremo a scrivere di più per il prossimo album.
A parte questo, mi piacerebbe riuscire a organizzare degli show dal vivo con un budget maggiore per effetti scenici, illuminazione, ecc. Un giorno sarebbe bello aggiungere un elemento visivo alla musica, sia con qualcosa del genere, sia girando più videoclip.
QUALI SONO I VOSTRI PIANI PER I PROSSIMI MESI? SIETE UNA LIVE BAND?
– Siamo una live band, ma non suoniamo molto spesso dal vivo. Preferiamo un approccio più selettivo, puntando a festival, concerti singoli e brevi tour. Abbiamo due concerti per l’uscita dell’album con gli Immortal Bird a novembre, a Indianapolis e Chicago. Inoltre, abbiamo alcuni show previsti per l’inizio del 2025 di cui siamo entusiasti, ma che non possiamo ancora annunciare. Oltre a questi, sono certo che faremo qualche altro tour limitato nel 2025.
Per quanto riguarda il resto, stiamo sempre lavorando a nuove idee. Ci vuole molto tempo per pubblicare un album, e ci piace rilasciare qualcosa circa ogni due anni, se possibile. Abbiamo due brani completi che avremmo voluto includere in questo ultimo disco, ma la durata era eccessiva. Potremmo rielaborarli e usarli nel prossimo lavoro, se si adatteranno alla visione di quel progetto, oppure pubblicarli in un altro modo. Abbiamo anche tantissime registrazioni di bozze e idee che dobbiamo finire di analizzare. Sono sicuro che comporremo molto durante i freddi mesi invernali.
SE POTESTE ORGANIZZARE UN TOUR, CON QUALI BAND VORRESTE CONDIVIDERE IL PALCO?
– Ci sono così tante grandi band là fuori con cui saremmo onorati di condividere il palco, ma se i Katatonia facessero un tour incentrato sul loro materiale degli anni ’90, penso che per noi sarebbe perfetto.