A cura di Maurizio Borghi e Giovanni Mascherpa
Fa un caldo assassino nel pomeriggio del secondo giorno dell’In.Fest, quando abbiamo il nostro appuntamento per intervistare Chris Cerulli. Il frontman dei Motionless In White, dovendo adempiere a numerosi impegni promozionali, è già vestito di tutto punto per andare sul palco, cerone in faccia compreso. Immaginiamo stia soffrendo assai, considerato anche che l’intervista si tiene in un piccolo container adibito a camerino, all’interno del quale l’umidità sale a livelli da foresta equatoriale. La sua band ben si sta comportando sui mercati delle sonorità ‘giovani’, il mix di gothic rock, industrial, alternative, scampoli di metalcore riscuote consensi diffusi, complice l’immagine vistosa e caratteristica dei musicisti. Chris, scatenato animale da palco, fuori dalla dimensione live si presenta con modi miti e voce gentile, piuttosto ciarliero, a suo agio nel raccontare i fatti del gruppo come poi lo sarà, con toni ben più veementi, sul palcoscenico al momento di cantare e far muove il pubblico.
POSSIAMO DIRE CHE “GRAVEYARD SHIFT” RAPPRESENTI IL VOSTRO TENTATIVO DI DISTACCARVI DALLA SCENA METALCORE?
“Sì, anche se siamo sempre stati inseriti in questa categoria, credo che l’ultimo album si discosti da questo genere, ci siamo spinti un po’ oltre. Rimango un grande fan del metalcore, più che altro di un determinato periodo storico del metalcore. So che per alcuni il solo accostamento al metalcore viene visto in maniera negativa, ma non me ne preoccupo, fa parte della nostra storia e non lo rinnego. Con l’ultimo disco, comunque, abbiamo fatto anche molto altro”.
IN “GRAVEYARD SHIFT” AFFRONTATE UNA MOLTEPLICITÀ DI SOLUZIONI, L’ALBUM GODE DI UNA FORTE VARIETÀ STILISTICA. QUALI SONO I PUNTI IN COMUNE FRA CANZONI MOLTO DIVERSE COME “SOFT”, “ETERNALLY YOURS” E “NOT MY TYPE…”?
“Le canzoni arrivano da momenti diversi, ciò che hanno in comune è il loro essere una valvola di sfogo, un motivo d’evasione e divertimento per chi ci ascolta. Non dobbiamo essere presi troppo sul serio, speriamo che i pezzi dei Motionless In White facciano ridere e suscitino buonumore, non bisogna porsi nei nostri confronti cercando chissà cosa in quello che suoniamo”.
NON AVETE MAI NASCOSTO DI LAVORARE CON DIFFERENTI COMPOSITORI FUORI DALLA BAND. COME FUNZIONANO DI SOLITO QUESTE COLLABORAZIONI?
“Abbiamo un paio di produttori nostri amici con cui lavoriamo spesso, c’è molta sintonia e da tempo hanno voce in capitolo in quello che facciamo. Ci aiutano ad avere molteplici approcci alla musica e a trovare il giusto mix fra tutte le influenze che abbiamo. Mick Kenney (sì, proprio lui, il chitarrista degli Anaal Nathrakh, piuttosto noto anche per il suo ruolo di produttore, ndR) ci aiuta molto nell’utilizzo dell’elettronica, ci supporta nel songwriting, dando suggerimenti su possibili esperimenti che potremmo tentare e sulle melodie vocali”.
NELL’ULTIMO ALBUM GLI INFLUSSI GOTHIC METAL SONO PIÙ FORTI CHE MAI, SOPRATTUTTO PER L’USO MASSICCIO DEI SINTETIZZATORI. A CHI VI SIETE ISPIRATI MAGGIORMENTE PER LE PARTITURE DI QUESTO STRUMENTO?
“I synth sono sempre stati importanti per la musica dei Motionless In White. Siamo influenzati da band che contemplano i synth nel loro sound in modi molto differenti fra loro, parlo di gente come Bleeding Through o Rob Zombie, per i quali i sintetizzatori aiutano a dare un’identità molto forte. Lo stesso accade per noi, adoro come i synth riescano a colorire il suono e a metterlo in una prospettiva così caratteristica”.
COME SIETE RIUSCITI AD AVERE JONATHAN DAVIS SUL NUOVO ALBUM?
“Siamo stati in tour con i Korn circa due mesi prima che Jonathan cantasse con noi sul disco. Ci siamo trovati molto bene con tutti loro sul piano umano, parlando del più e del meno abbiamo chiesto a Jonathan se gli sarebbe piaciuto fare qualcosa assieme e lui ha risposto di sì. Non ci aspettavamo che avrebbe accettato, fa impressione sapere che nell’album della tua band canta un artista che ha contribuito a creare un genere, a definire un tipo di suono che noi poi abbiamo seguito”.
CHE TIPO DI RAPPORTO AVETE CON MICK KENNEY?
“Abbiamo un rapporto molto stretto, Mick, nonostante suoni musica molto estrema, è bravo nel lavorare praticamente su qualsiasi cosa. È una persona che esprime grande creatività, ha sempre nuove idee da proporre. Quando siamo assieme, c’è una tale sintonia che è come se invece di due cervelli che collaborano, ve ne fosse uno solo all’opera. Stare con lui è stimolante, continua a dire ‘potremmo provare questo, proviamo a inserire quell’altro’, le idee scaturiscono dalla sua mente a getto continuo. Non c’è limite alla sua creatività e il mettere assieme le nostre idee ci consente di avere un approccio multidimensionale alle canzoni, che da solo mai potrei avere”.
QUANTO È STATO DIFFICILE RIMPIAZZARE JOSHUA BALZ, RIMASTO NELLA BAND PER OLTRE DIECI ANNI?
“Abbiamo provato a fare un tour con un rimpiazzo; non è andata male, però ci siamo accorti che non funzionava. Non tanto dal punto di vista strettamente musicale, quanto del feeling che si era instaurato. Arrivati in questa fase della vita della band, mi sento di dire che per il momento non cercheremo un nuovo tastierista. Non sentiamo il bisogno di avere qualcuno in quel ruolo, possiamo andare avanti anche senza. Il disco è stato scritto da me e Ryan Sitkowski, siamo in grado di gestire la cosa, altre band che prevedono tastiere nel loro sound non hanno un tastierista fisso, quindi anche noi possiamo andare avanti così come siamo adesso”.
NON PENSI CHE A VOLTE LA VOSTRA MUSICA POSSA ESSERE FIN TROPPO SIMILE A QUELLA DI ARTISTI CHE VI HANNO INFLUENZATO, COME SLIPKNOT O MARILYN MANSON?
“So che a tante persone non piacciamo proprio per questo fatto, perché rintracciano troppe similitudini fra il nostro sound e quello di altre band famose. Non ho mai compreso questa situazione, dal mio punto di vista se scovi un gruppo con un suono simile a quello di qualcuno che ti piace, anche il nuovo gruppo che hai scoperto dovrebbe piacerti, no? Penso anche che molti non vogliano che noi gli piacciamo, quindi usano l’argomento delle eccessive somiglianze per giustificare il loro punto di vista. È abbastanza triste questa cosa. È anche vero che abbiamo molti fan che ci amano proprio per questo motivo, perché richiamiamo altri musicisti che loro seguono con passione”.
COME SI È EVOLUTO DAL TUO PUNTO DI VISTA IL MODO IN CUI STAI SUL PALCO, IL TUO COMPORTAMENTO ON-STAGE?
“Riguardando alcuni concerti del passato, mi rendo conto che mi comportavo in maniera troppo carina e gentile, discordante a quanto esprimeva la musica. Ora da parte mia e degli altri musicisti c’è più aggressività, ci esprimiamo coerentemente a quello che suoniamo. Anche dal lato visivo impersoniamo perfettamente la nostra musica. Suono e look sono una cosa sola adesso”.
AVESSI BUDGET ILLIMITATO, COSA PORTERESTI SUL PALCO PER LE ESIBIZIONI DEI MOTIONLESS IN WHITE?
“Oh, potessimo spendere quanto vogliamo avremmo tantissimi fuochi d’artificio e fiamme sul palco! Visivamente sarebbe uno spettacolo grandioso. Probabilmente cercheremmo di avere uno stage simile a quello di Rob Zombie, con molti personaggi che si avvicendano e impersonano ciò di cui si parla nelle lyrics. Investiremmo molto nelle scenografie, sicuramente, l’allestimento del nostro stage diventerebbe memorabile”.
AVETE GIRATO VIDEO PROMOZIONALI PER “ETERNALLY YOURS” E “LOUD (FUCK IT)”. VORREI SAPERE PERCHÉ AVETE SCELTO PROPRIO QUESTE DUE CANZONI E COME DIALOGANO MUSICA, IMMAGINI E TESTI.
“’Loud (Fuck It)’ è stata designata come singolo, mentre ‘Eternally Yours’ è la canzone che all’interno del gruppo raccoglie i maggiori consensi, per questo abbiamo deciso di girarci un video. Per entrambe abbiamo lavorato ai video prima che il disco uscisse. Ci pareva bello regalare un extra ai fan. Invece, non abbiamo granché tenuto conto del rapporto fra parole e immagini, sappiamo bene che le prime, per quella che è la nostra proposta, sono dimenticate in fretta”.
IL VOSTRO MERCHANDISE CONTIENE UNA QUANTITÀ INFINITA DI OGGETTI. IN QUESTI TEMPI TUTTO CIÒ HA QUASI LA STESSA IMPORTANZA DELLA MUSICA, QUINDI VOLEVO SAPERE QUANTA ATTENZIONE METTETE IN QUESTO ASPETTO DEL BUSINESS E QUALI SONO GLI ARTICOLI CHE PREDILIGI DEL MERCH.
“Con le vendite dei dischi in picchiata, il resto del materiale legato al nome del gruppo serve a sostenere tutta la sua attività, l’andare in tour e tutte le spese connesse alla vita della band. Mi sembra assurdo che a volte vai a vedere cosa vende l’headliner di un tour al suo banco del merchandise, e scopri che hanno solo tre tipi di magliette diversi. Ok, bene, mi accontento, però mi piace che si possa offrire di più, una tazza per il caffè ad esempio, un pendaglio, anelli, cose così. I fan non vogliono solo magliette legate alla band, quindi cerchiamo di accontentarli e di andare incontro alle loro esigenze”.