Quando malinconia e disperazione alimentano la creatività. I Mourning Beloveth ne sanno qualcosa, avendo basato tutta la loro produzione – compreso il recente “Rust & Bone” – su un’atmosfera cupa e su un profondo senso di disillusione che a tratti può persino sembrare tangibile. I doom metaller irlandesi vedono grigio da sempre, tanto che negli anni le loro pubblicazioni sono diventate una assoluta certezza e un vero punto di riferimento per tutti quegli ascoltatori che in questo filone non amano compromessi, superficialità e vari annacquamenti nella proposta musicale e nell’immaginario ad essa da sempre correlato. Le risposte del chitarrista Pauric Gallagher ogni tanto lasciano emergere un certo humour (nero, ovviamente), ma l’attitudine alla base della band rimane chiara anche in sede di intervista: parole dure, concetti essenziali e grande consapevolezza dei propri mezzi. Un gruppo che indubbiamente si prende sul serio.
“RUST & BONE” SUONA ASSOLUTAMENTE MOURNING BELOVETH, MA AL CONTEMPO MOSTRA UN VOLTO DIVERSO DELLA BAND. CREDO CHE IL DISCO SIA VENUTO UN POCO PIU’ “ORECCHIABILE” E DINAMICO DEL SOLITO. SEI D’ACCORDO? QUANTO DI QUESTO E’ ACCADUTO NATURALMENTE E QUANTO E’ STATO STUDIATO IN ANTICIPO?
“La verità sta nel mezzo. Volevamo provare alcune soluzioni nuove su questo album ed esplorare meglio degli spunti affrontati in passato. Le dinamiche sono cose a cui abbiamo pensato di continuo durante la lavorazione di ‘Rust & Bone’. Volevamo passare da dei momenti lievi e sentimentali a qualcosa di totalmente folle e penso che l’obiettivo sia stato raggiunto. Tuttavia, non posso dire che avessimo un piano vero e proprio per questo disco: Frank e io abbiamo composto alcuni riff come al solito e il sogwriting si è evoluto sino a prendere la forma di ‘Rust & Bone’. Il piano è stato quello di provare a fare qualcosa di nuovo, ma senza avere chiari in mente dei risultati precisi”.
NONOSTANTE I MOURNING BELOVETH ABBIANO SVILUPPATO UN LORO STILE NEL CORSO DEGLI ANNI, LE INFLUENZE DEI PRIMI MY DYING BRIDE E ANATHEMA SONO RIMASTE SEMPRE ABBASTANZA PERCEPIBILI NEL VOSTRO SOUND. SU QUESTO NUOVO ALBUM, TUTTAVIA, SI SENTONO ANCHE ALCUNE INFLUENZE DEI VOSTRI CONNAZIONALI PRIMORDIAL, NON TROVI?
“Credo che avremo sempre uno stile vagamente simile al vecchio doom britannico, ma, al tempo stesso, continueremo a sperimentare nuove soluzioni per creare qualcosa di davvero nuovo. Per quanto riguarda la tua impressione, nel disco ci sono senz’altro sezioni doom e altre più ‘irlandesi’, ma secondo me non sono direttamente ispirate ai Primordial. Questi ultimi sono influenzati dal folk irlandese, così come noi a volte. Personalmente ci terrei a restare il più lontano possibile dallo stile dei Primordial e da quello dei My Dying Bride. Parliamo di formule rivisitate ormai migliaia di volte”.
VI CAPITA DI LASCIARVI INFLUENZARE DAL VOSTRO VECCHIO REPERTORIO? CI SONO ELEMENTI IN QUESTO ALBUM CHE POSSONO RIMANDARE AL PASSATO?
“No, cerchiamo sempre di guardare avanti e di ignorare il passato. Certo, alcune vecchie idee tornano a galla ogni tanti, ma non vogliamo rifare le stesse canzoni o gli stessi dischi. Sono cose già fatte e devono restare nel passato. Vi sono dei riff che in sala prove vengono suonati da anni e che non sono mai stati utilizzati in dei brani… forse un giorno verrà il loro turno, o forse resteranno per sempre in un limbo, a gridare per un minimo di riconoscimento”.
COSA PUOI DIRMI INVECE DELL’IRLANDA? IL LUOGO IN CUI VIVETE VI INFLUENZA ATTIVAMENTE?
“Non so rispondere con esattezza perchè ho sempre vissuto qui e non sono in grado di potere fare paragoni. Forse il luogo in cui abitiamo esercita qualche effetto sulla nostra musica a livello inconscio. So per certo però che non ho registrato cambi di ispirazione quando mi sono mosso dalla città alla campagna”.
QUAL E’ LA COMPOSIZIONE DEI MOURNING BELOVETH DI CUI TI SENTI PIU’ FIERO?
“Non sono nei Mourning Beloveth da sempre, quindi la risposta è abbastanza semplice: tutto il nuovo ‘Rust & Bone’ con ‘A Terrible Beauty is Born’ come highlight. Andate tutti a comprarlo, così potrò spendere i vostri soldi in droga”.
TROVATE DIFFICILE COMPORRE NUOVA MUSICA E MANTENERE ALTI I VOSTRI STANDARD QUALITATIVI CON IL PASSARE DEL TEMPO?
“Non sono nel gruppo dagli esordi, ma credo che i Mournig Beloveth, come ogni altra band, abbiano iniziato limitandosi a suonare la musica che volevano ascoltare, senza preoccuparsi di altro. Poi, man mano che il nome ha iniziato a circolare, è sorta la necessità di comporre musica più personale e rifinita. L’idea è ancora oggi questa: cercare di proporre qualcosa di interessante in un genere inflazionato. E’ sempre una grossa sfida, esattamente come suonare a tempo…”.
LA RECENTE RINASCITA DELLA SCENA DOOM VI STA SPRONANDO A FARE SEMPRE DI MEGLIO? SENTITE UN SENSO DI COMPETIZIONE FRA VOI E LE ALTRE BAND DEL FILONE?
“Non ho mai prestato troppa attenzione alla cosiddetta scena e alle nuove uscite. Le altre band possono fare ciò che più aggrada loro. Non mi interessa, tanto tutto è già stato fatto. In ogni caso, ho molto apprezzato gli ultimi lavori di Hooded Menace e Skepticism, mentre ho trovato debole il nuovo My Dying Bride, esattamente come tutta la loro produzione degli ultimi dieci/quindici anni”.
QUINDI CHE COSA ASCOLTI DI SOLITO NEL TEMPO LIBERO?
“Negli ultimi tempi soprattutto Tom Waits, Nick Cave, Chelsea Wolfe, Mirel Wagner, Wovenhand e Gunship”.
I MOURNING BELOVETH SONO SPESSO DEFINITI UNA DELLE BAND PIU’ DEPRIMENTI DELLA SCENA DOOM METAL…
“Credo che un senso di miseria viva in ognuno di noi, da sempre. Alcune persone sono più abili ad affrontarla di altre. Le emozioni di tristezza, disperazione e miseria sono inseparabili dall’essere umano. Vivere è soffrire e la morte è l’unica vera via di fuga. O almeno credo… magari il nostro subconscio è in grado di vivere anche dopo la morte e tutti siamo destinati a riflettere per l’eternità su quante cose abbiamo sbagliato nella vita e sulle cose che avremmo o non avremmo dovuto fare. In ogni caso, sono emozioni che da sempre ci affascinano e che stimolano la nostra vena creativa. Esprimere questi sentimenti in musica è la cosa migliore al mondo. Se non avessimo avuto modo di farlo saremmo tutti dei serial killer a quest’ora…”.
TORNANO A “RUST & BONE”, QUALI ARGOMENTI AVETE AFFRONTATO NEI TESTI QUESTA VOLTA? ESISTE UN CONCEPT ALLA BASE DEL DISCO?
“Il mondo intorno a noi oggi si è perso in un mare di mediocrità, Facebook e X Factor. La maggior parte delle persone sono felici di assorbire idee senza qualsiasi pensiero critico su ciò che stiamo facendo. Una corsa al ribasso in cui l’automobile migliore e la Kardashian sembrano governare l’offerta in TV. Viviamo in un mondo dove il giornalismo è ora uno strumento di propaganda utilizzato dai governi per mascherare le loro menzogne. Dove sono finiti i giornalisti? Sono schiacciati da quelli con il denaro e il potere. I nostri testi si sono sviluppati dal microcosmo al macrocosmo: i vecchi approcci lirici più romantici si sono fusi con la realtà che ci circonda. Viviamo in un mondo dove il paese più potente è dominato da una massa di guerrafondai, un mondo dove il livello tecnologico mostrato da bombe ‘intelligenti’ e droni non viene utilizzato per fare qualcosa di generoso ed esaltante per tutta l’umanità. Potremmo inviare i primi rappresentanti della terra a camminare su un altro pianeta (oltre alla Luna), potremmo fare atterrare delle persone su Marte… invece sviluppiamo solo macchine di morte. Noi non abbiamo tutte le risposte, ma dovremmo avere le domande. Quindi cerchiamo di liberare la mente da tutto e di concentrarci su questo obiettivo: scrivere una canzone che faccia riflettere. Se tutte le guerre cessassero e tutta la tecnologia che abbiamo sviluppato per quelle guerre venisse utilizzata per il bene, immagina dove la razza umana potrebbe arrivare. Ricordiamoci sempre di questo vecchio detto indiano: ‘quando l’ultimo albero viene tagliato e l’ultimo pesce mangiato, solo allora ci si rende conto che il denaro non può essere mangiato'”.