Da sedici anni ormai in attività, i My Dying Bride non hanno bisogno certo di presentazioni elaborate: basti dire che la band rappresenta tuttora un solidissimo punto fermo nella sotterranea scena doom metal, sempre di nicchia ma, grazie a formazioni come loro, ogni tanto capace di salire alla ribalta. “A Line Of Deathless Kings”, pur non rinverdendo gli antichi fasti di “Turn Loose The Swans” e “The Angel And The Dark River”, oppure quelli più recenti di “The Dreadful Hours”, si è rivelato comunque un bellissimo disco, certo più ispirato del precedente, cupo lavoro. Sentiamo cosa ci racconta in merito un gentile Hamish Glencross, secondo chitarrista della Sposa Morente…
HAMISH, DUNQUE…GUARDIAMO UN ATTIMO AL PASSATO: “THE DREADFUL HOURS” E’ STATO SICURAMENTE UN SUCCESSO, CI PUOI DIRE LO STESSO DI “SONGS OF DARKNESS, WORDS OF LIGHT”?
“Direi proprio di sì! L’album ha ricevuto gran bei responsi, sia dalla critica, sia dai fan, quindi ci possiamo considerare soddisfatti di come sia stato accolto. Abbiamo avuto la possibilità di suonare in posti importanti per supportare il disco e le canzoni, anche sotto l’aspetto live, sono risultate parecchio apprezzate. Purtroppo, per vari problemi che poi ti dirò, non abbiamo potuto fare grossi tour e ci è spiaciuto un sacco doverci limitare”.
COME VI SIETE APPROCCIATI ALLA COMPOSIZIONE DI “A LINE OF DEATHLESS KINGS”? A MIO PARERE SI TRATTA DI UN LAVORO PIU’ ‘SOLARE E POSITIVO’ DEL PRECEDENTE, IL QUALE ERA DECISAMENTE OSCURO E DRAMMATICO…
“Di certo, ti posso dire che abbiamo composto in maniera diversa dal solito, e comunque MOLTO diversa da come scrivemmo ‘Songs Of Darkness, Words Of Light’. Per la maggior parte, il nuovo lavoro è nato direttamente in sala prove, in modo corale e con tutti noi a proporre di continuo nuove idee e soluzioni, mentre il precedente ci ha visto scrivere lontani dal concetto di unità di gruppo, con il sottoscritto ed Andrew (Craighan, l’altro chitarrista, ndR) a lavorare in sede separata. Questo approccio diverso si sente soprattutto a livello di atmosfera, come hai precisato tu. Questa volta volevamo mettere nella nostra musica tutta la nostra pesantezza ed un maggior quantitativo di emozione, spingendo più in là le dinamiche del nostro songwriting. Diciamo che il disco è l’esatta rappresentazione di quello che i My Dying Bride hanno saputo tirar fuori lavorando insieme. Per questo mi sembra giusto dire che ‘A Line Of Deathless Kings’ presenti ripetuti contrasti tra luci ed ombre, mentre magari ‘Songs Of Darkness…’ risultava quasi del tutto angosciante e buio”.
HO SEMPRE AVUTO L’IMPRESSIONE CHE LA VOSTRA MUSICA DIPENDA IN MODO QUASI TRAUMATICO DAL VOSTRO STATO D’ANIMO NEL MOMENTO DELLA COMPOSIZIONE. QUANTO I VOSTRI ‘MOMENTI DI VITA’ DETERMINANO IL MOOD DEI VOSTRI DISCHI?
“Hai perfettamente ragione. Noi scriviamo seguendo le indicazioni del nostro cuore e cerchiamo di trasmettere soprattutto emozioni. Ciò che ascolti di volta in volta è ciò che noi siamo, nel nostro più profondo. Non seguiamo formule, non cerchiamo di vendere più dischi, non siamo una band commerciale; crediamo che l’importante sia essere onesti, sinceri e scrivere album di cui poter essere orgogliosi anche dopo anni, anche nel momento in cui smetteremo”.
MI PIACE MOLTO IL TITOLO “A LINE OF DEATHLESS KINGS”. SUONA QUASI AUTOBIOGRAFICO…NON POTRESTE ESSERE VOI I ‘RE IMMORTALI DEL DOOM METAL’?
“In effetti sì, questa è un’interpretazione che potrebbe calzare a pennello: riguarda sia l’immortalità della nostra musica, sia il fatto che comunque siamo in giro da diversi anni e tutti guardano a noi con una certa riverenza. Come ho detto prima, anche quando i My Dying Bride saranno defunti, le nostre opere resteranno. Il titolo di per sé ci è stato ispirato dai faraoni dell’antico Egitto e ci è piaciuto all’istante, soprattutto perché, appunto, può essere interpretato in più modi”.
LA COVER HA UNA STRANA ATMOSFERA TRA LO SPETTRALE ED IL FUTURISTICO, QUASI COME SE I NAZGUL FOSSERO STATI PENSATI DAI FEAR FACTORY (!!!). CHI L’HA REALIZZATA E COME E’ NATA L’IDEA DI QUELLA RAPPRESENTAZIONE?
“E’ una cover molto cupa e, contemporaneamente, sembra provenire da enormi profondità. Ancora una volta, mi stupisco di quanto diverse possano essere le interpretazioni di una singola immagine…io non avrei mai collegato quel disegno a qualcosa di futuristico! L’artwork è stato preparato da un artista di nome Matt Vickerstaff, il quale ha già lavorato per qualche band della Peaceville: gli abbiamo dato il titolo e gli abbiamo descritto il mood e l’atmosfera del disco. Il risultato ci piace moltissimo!”.
TORNANDO A PARLARE DELLO STILE, MI SEMBRA CHE ABBIATE RECUPERATO LA VOSTRA CLASSICA MALINCONIA UNITA A DOLCE TRISTEZZA, CHE UN PO’ MANCAVA NEL PRECEDENTE. IN PRATICA, IL DISCO RISULTA PIU’ MELODICO ED ORECCHIABILE. SEI D’ACCORDO?
“Per certi versi, direi di sì. Ci sono certamente alcune sezioni molto melodiche delle quali chi ascolta si può innamorare subito, e sì, è anche presente una forte tristezza che contrasta apertamente con la brutalità di certi passaggi. Io credo, comunque, che anche per ‘Songs Of Darkness…’ non ci siamo certo risparmiati in quanto a malinconia e tristezza: il brano ‘A Doomed Lover’ ne è pieno testimone”.
SE TI CHIEDESSI DI DIRMI I DUE VOSTRI ALBUM CHE PIU’ SI AVVICINANO A “A LINE OF DEATHLESS KINGS”, QUALI NOMI FARESTI?
“E’ una domanda difficile…penso che ogni nostro lavoro abbia una precisa identità e, come ci sono aspetti del nuovo disco che certamente si rifanno ai dischi vecchi, è anche vero che abbiamo inserito alcune strutture che sono piuttosto innovative. Comunque, se vuoi due nomi, allora dico ‘Like Gods Of The Sun’ e ‘The Dreadful Hours’”.
NON HO ANCORA LETTO LE LYRICS, DELLE QUALI SE NE SARA’ OCCUPATO CERTO AARON… TU COSA MI PUOI DIRE IN MERITO?
“Sì, ovviamente le ha scritte Aaron (Stainthorpe, cantante, ndR). Non ti posso dire molto, ma, come potrai immaginare, ha trattato temi di interesse e riflessione universale, quali possono essere amore, morte, disperazione, speranza. Guarda, di particolare ti posso dire che, personalmente, mi piace vedere il testo di ‘The Blood, The Wine, The Roses’ come parte di una trilogia lirica, che inizia con ‘A Kiss To Remember’ e prosegue con ‘Black Heart Romance’, due tracce di dischi passati…”.
SO CHE DI RECENTE IL VOSTRO BATTERISTA, SHAUN STEELS, HA DEFINITIVAMENTE LASCIATO LA BAND. COS’E’ SUCCESSO? AVETE GIA’ UN SOSTITUTO?
“Sì, Shaun purtroppo ha dovuto abbandonare il gruppo, dopo che praticamente per due anni non ci ha potuto seguire in tour; è una situazione che è nata in seguito ad un paio di seri problemi fisici. Già durante il songwriting di ‘Songs Of Darkness…’, soffriva di una fastidiosissima tendinite e, rifacendomi a quanto dicevo prima, questa è la causa della nostra poca attività live di supporto al disco. Poi, l’anno scorso Shaun ha avuto problemi anche ad entrambe le caviglie, per cui abbiamo chiamato John Bennett in sua sostituzione per gli show di fine anno; con John ci siamo trovati bene e gli abbiamo chiesto di registrare le parti del nuovo album, in quanto Shaun non era ancora a posto. Attualmente, John è ancora un session, in quanto ha altri impegni da rispettare che noi comprendiamo…essendo soddisfatti del suo operato, speriamo che la collaborazione possa diventare ufficiale a breve”.
UNA CURIOSITA’: SIETE ANCORA IN CONTATTO CON I VECCHI MEMBRI DEL GRUPPO? CALVIN, MARTIN, RICK…SAI COSA FANNO ORA?
“Be’, per quanto riguarda Calvin (Robertshaw, membro fondatore e chitarrista fino a ’34,788%…Complete’, ndR), siamo tuttora in forti rapporti, dato che è stato il nostro tour manager negli ultimi anni e ci ha assistito anche nella produzione di ‘A Line Of Deathless Kings’; Calvin è sempre stato vicino a noi, anche se ora, non fungendo più da tour manager, crediamo che voglia stare più vicino alla famiglia per un po’ di tempo. Martin (Powell, tastierista/violinista fino a ‘Like Gods Of The Sun’, poi anche con i Cradle Of Filth, ndR) lo considero ancora un mio buon amico e ci sentiamo spesso; so che ha un nuovo progetto musicale in corso e spero presto di poter ascoltare qualcosa di suo. Rick (Miah, batterista fino a ‘Like Gods Of The Sun’, ndR), invece, è l’unico con cui nessuno di noi è più in contatto regolare; lo vidi l’ultima volta qualche anno fa, ma poi più nulla”.
ALTRA CURIOSITA’: LESSI TEMPO ADDIETRO CHE IL TITOLO DI “34,788%…COMPLETE” FACEVA CAPO AD UNA TEORIA PER CUI QUEL NUMERO DOVREBBE ESSERE LA QUANTITA’ DI ‘VITA VISSUTA’ DAL PIANETA. CI CREDI DAVVERO? E A QUANTO POTREMMO ESSERE ORA, FORSE AL 35%?
“(ride, ndR) …Sì, quella teoria, in verità, venne ‘rivelata’ a Calvin in un sogno. E si riferiva, per la precisione, all’esistenza dell’Uomo sulla Terra, non all’esistenza della Terra. Credo sia realmente affascinante e svilupparne le tematiche avrebbe potuto essere una buona idea. Non mi sono mai chiesto dove potremmo essere ora come specie, a livello di percentuale intendo, ma, grazie al sogno di Calvin, ora so con certezza che il nostro cervello ha un enorme e spaventoso potenziale inespresso (ride di nuovo, ndR)!”.
AVETE CERTAMENTE UN AMPIO PARCO-SONG… RIUSCIRESTI A DIRMI LE CINQUE CHE RITIENI SIANO LE PIU’ AMATE DAI FAN E CINQUE CHE MAGARI REPUTI UN PO’ MENO RIUSCITE?
“Dunque, le cinque più amate dai fan: obbligatoria al primo posto, ti devo mettere ‘The Cry Of Mankind’. Non può davvero mancare ai nostri concerti, è una canzone unica ed è il nostro classico più apprezzato. ‘She Is The Dark’ è un altro punto fermo dei nostri spettacoli, un brano divertente da suonare. Anche ‘Sear Me’, in tutte le sue incarnazioni, è un’altra canzone davvero amata, e suonare la sua prima versione per il DVD ‘Sinamorata’ è stato semplicemente grandioso! Poi, moltissimi fan sono stati felicissimi di aver visto recuperata ‘The Forever People’ nel nostro live-set, dopo una lunghissima assenza. Infine, cito ‘The Dreadful Hours’, un brano molto intenso che davvero coinvolge emotivamente l’audience, anche perché Aaron la interpreta sempre in maniera splendida. Per quanto riguarda le canzoni meno ispirate, mi trovi in difficoltà, dato che ogni nostra composizione significa per me qualcosa e cerca di raggiungere determinati scopi. Ad essere sincero, però, devo ammettere che aver avuto la possibilità di rivedere ‘The Raven And The Rose’, per il boxset ‘Anti-Diluvian Chronicles’, mi ha fatto molto piacere: morivo dalla voglia di aggiungere un solo di chitarra in quel pezzo fin da quando la componemmo…volevo un bell’assolo brutale, vista la cattiveria del brano! E finalmente, in quell’occasione, ho avuto la mia chance!”.
SIETE GIUNTI ORMAI AL NONO ALBUM: NESSUNO DI ESSI E’ UGUALE AGLI ALTRI, SEBBENE ENORMI SPERIMENTAZIONI (ESCLUSO L’EPISODIO “HEROIN CHIC”) NON SIANO MAI STATE PRESENTI NEL VOSTRO DNA. QUAL E’ IL SEGRETO DI UNA BAND COME LA VOSTRA, CAPACE DI RINNOVARSI SEMPRE, SENZA MAI VENDERSI ALLE MASSE?
“Noi abbiamo sempre scritto per noi stessi. E quando l’ispirazione parte direttamente dal tuo cuore, allora la tua musica sarà sempre onesta e sincera. Per il resto, siamo solo fortunati ad avere fan che ci apprezzano sempre e comunque”.
ABBIAMO QUASI FINITO, HAMISH…PROGRAMMI PER TOUR FUTURI?
“Certo…speriamo di poter raggiungere qualche nuovo posto per supportare il nuovo disco ed ovviamente tornare dove già siamo stati e dove non siamo presenti da un po’. Niente di pianificato ancora, prima vediamo se e dove l’album verrà recepito in modo positivo”.
OK, E’ DAVVERO TUTTO! GRAZIE MILLE! LASCIA PURE UN MESSAGGIO PER I TUOI DISCENDENTI…
“Grazie mille a voi per l’intervista! Spero i fan italiani apprezzino ‘A Line Of Deathless Kings’. Ai miei discendenti dico: la vostra Arte necessita intelligenza”.