MY DYING BRIDE – Il teatro degli errori

Pubblicato il 23/10/2012 da

Aaron Stainthorpe è un’icona del doom metal, poco ma sicuro. Con la sua band, i My Dying Bride, ha contribuito a creare, formare e far sviluppare un certo modo di intendere la musica lenta e oscura, (quasi) mai perdendo un’oncia di integrità stilistica, morale e attitudinale. Il mito del personaggio disturbato, sofferente quando sulle assi di un palco e tormentato da incubi è reale…o perlomeno reale quanto può essere reale un mito, una costruzione umana, la Bibbia. Avere la possibilità di scambiarci quattro chiacchiere dal vivo e trovare una persona che appare affabile, moderata, pacata e ironica, non ci stupisce più di tanto, anzi…ci conferma esattamente ciò che chi scrive si aspettava di trovarsi di fronte ad uno dei suoi idoli dell’adolescenza metallara. Il nuovo “A Map Of All Our Failures” – Top Album su Metalitalia.com – lo abbiamo definito come il disco migliore della band albionica dai tempi di “The Dreadful Hours” e ne restiamo pienamente convinti, a distanza di una trentina di ascolti almeno. Nel tepore della hall di un albergo milanese, in una scostante giornata di inizio settembre, abbiamo interrogato il singer e la bassista della Sposa Morente, Lena Abé, su tutto quello che c’è da sapere sull’ennesimo centro discografico del gruppo. A voi!

 

 

BENE, INIZIAMO SUBITO A PARLARE DEL NUOVO ALBUM, “A MAP OF ALL OUR FAILURES”. COME VI SIETE APPROCCIATI AL SONGWRITING? QUALI SONO STATE LE IDEE DI BASE?
Aaron: “Ebbene, ti confesso che alcuni dei riff composti per il nuovo disco sono decisamente vecchi. Abbiamo semplicemente cominciato a raccogliere le idee buttate giù negli ultimi anni. Devi sapere che noi scriviamo sempre, non siamo il tipo di band che si mette a tavolino e dice ‘ok, adesso scriviamo un album’; no, noi continuiamo ad assommare idee. Quando sentiamo che è tempo di registrare qualcosa, allora non ci resta da fare che prendere le nostre idee e metterle assieme, cercando di ricreare il tipico feeling My Dying Bride in ogni brano. Quindi ogni volta ci troviamo ad avere un vasto collage di soluzioni a cui attingere, e ad esempio in questa occasione puoi trovare alcuni pezzi con al loro interno riff nuovi di zecca oppure altri che risalgono magari a due anni fa. Non credo funzioni così per tante band, ma per noi è un ottimo metodo”.

BE’, A QUANTO PARE FUNZIONA DAVVERO BENE, IN QUANTO A PARER MIO IL VOSTRO NUOVO LAVORO E’ IL PIU’ VALIDO DA “THE DREADFUL HOURS” IN AVANTI. VI SIETE AFFIDATI, DOPO LA SCELTA PER IL PRECEDENTE “FOR LIES I SIRE”, DI NUOVO AI FUTUREWORKS STUDIOS. DUNQUE VI SIETE TROVATI A VOSTRO AGIO?
Lena: “Sì, abbiamo registrato ai Futureworks Studios di Manchester. Il nostro ingegnere del suono, Mags, è da sempre una sorta di membro aggiuntivo dei My Dying Bride. Senza di lui non riusciremmo a fare un soundcheck ai concerti e conosce il nostro sound meglio di chiunque altro. Ecco, Mags lavora full-time ai Futureworks, che è un complesso di studi davvero all’avanguardia, che offre molteplici possibilità a chi fa musica, non solo in ambito di registrazione. Abbiamo avuto l’opportunità di andare a visitare il posto e crediamo abbia tutto quello che serve per far risaltare al meglio le nostre sonorità. Quindi ci siamo tornati, ovvio”.

AARON, COSA PUOI DIRCI A RIGUARDO DI TESTI, TITOLO E ARTWORK DEL DISCO? OVVIAMENTE NON LI HO AVUTI SOTTO MANO FINORA…
Aaron: “Be’, io cerco sempre di scrivere i migliori testi possibili per la musica della band. Cerco sempre di essere il più espressivo possibile. E credo onestamente di aver raggiunto un livello di maturità mai ottenuto nel resto della mia carriera; in questi testi rivedo molto della mia identità, molto più che nel passato. Per quanto riguarda il titolo…a dire la verità abbiamo avuto diversi titoli in ballo, c’era un’ampia scelta. Ho proposto ai ragazzi tre o quattro titoli, ma quando hanno sentito ‘A Map Of All Our Failures’, subito hanno detto ‘ok, ecco l’immagine perfetta per rappresentare la musica!’. L’artwork invece è opera di Rhett Podersoo, lo stesso ragazzo che si era occupato di ‘For Lies I Sire’. Ha creato davvero dei bellissimi lavori: per ogni singola pagina del booklet ci sarà un disegno diverso, dedicato alla canzone descritta nella pagina. E, in risposta a quei fan che già criticano il fatto che non ci sia il logo vecchio sulla cover dell’album, dico loro: si tratta di una questione non relativa alla musica, semplicemente sul nuovo artwork secondo noi stava meglio il logo meno aggressivo; vedete, non è neanche questione di logo…My Dying Bride tanto si pronuncia uguale e questa è la vera cosa importante!”.

MA QUINDI…LA DONNA VELATA CHE SI VEDE SULLA COPERTINA…POTREBBE ESSERE LA TERRA, STANDO AL TITOLO?
Aaron: “Bella domanda, ma tutto sta alla tua/vostra interpretazione. Ti posso rispondere spiegandoti il significato della title-track, che parla di desolazione e solitudine. Perciò, chiunque al mondo può dare un diverso senso a queste due parole. Ognuno può vederci la metafora che preferisce”.

UNA DOMANDA SULLE PARTI DI VIOLINO E TASTIERA, SUONATI DA SHAUN MACGOWAN. A ME PARE EVIDENTE CHE QUESTI STRUMENTI VENGANO USATI ORMAI SOLO QUANDO LA CANZONE LO RICHIEDE. SIETE D’ACCORDO?
Aaron: “Sì, è così, anche perché non funzionerebbe altrimenti. Se mettessimo violino o tastiere in ogni canzone, diventerebbe una forzatura”.
Lena: “Esattamente. Credo ci tireremmo anche un po’ la zappa sui piedi, perché faremmo quello che la maggior parte della gente si aspetta dai My Dying Bride. Invece l’inserimento di quegli strumenti deve avere un senso innanzitutto all’interno della canzone. Ci deve essere lo spazio, musicale e atmosferico, affinché un giro di violino non risulti fuori posto. In fin dei conti sono strumenti d’arrangiamento, almeno all’interno del nostro suono. Se fossero ovunque, perderemmo un po’ la loro particolarità”.
Aaron: “Inoltre, lasciamelo dire: ormai ci sono un sacco di band che propongono l’uso di uno strumento addizionale poco convenzionale, giusto? E io noto che queste band lo usano e ri-usano in continuazione, in ogni canzone, sempre…e magari poi dal vivo…questo strumento non esiste! La trovo una forzatura, quasi una fregatura in verità. Noi, quando in ‘For Lies I Sire’ abbiamo riproposto il violino dopo più di dieci anni, non l’abbiamo gridato ai quattro venti in anteprima. L’abbiamo messo, punto e basta. E vale lo stesso anche oggi. Il violino e le tastiere sono degli abbellimenti al nostro sound e se non servono non li inseriamo”.

A PROPOSITO DI VIOLINI…COSA SUCCESSE VERAMENTE CON KATIE STONE, LA VOSTRA VIOLINISTA PRECEDENTE? RICORDO CHE LESSI ALL’EPOCA DELLE DICHIARAZIONI PIUTTOSTO ARRABBIATE DI ANDREW (CRAIGHAN, CHITARRISTA) CHE MI FECERO STORCERE UN PO’ IL NASO, IN QUANTO POCO LIGE AL VOSTRO USUALE BASSO PROFILO…
Lena: “Mah…in poche parole, quello che successe con Katie fu che probabilmente lei non si aspettava un così forte e intenso coinvolgimento nella band. Finché si trattò di provare in studio e registrare, non ci furono grossi problemi, sebbene si percepiva che il gruppo non rientrava esattamente nelle sue priorità. Poi, quando è stata la volta di prepararsi per una serie di concerti, forse la pressione su di lei, che è studentessa e consapevole di voler farsi una carriera al di fuori della musica, è stata troppo forte. Fortunatamente conoscevamo già Shaun da qualche tempo, un ragazzo che, oltre al violino, poteva portarci in dote anche le tastiere, e quindi alla fine tutto si è risolto nel migliore dei modi. Almeno credo!”.
Aaron: “Sì, il fatto che Andrew sia un po’ andato sopra le righe con quelle dichiarazioni è stato dovuto al momento in cui Katie ha deciso di lasciarci, ovvero a pochi giorni da un tour. Era semplicemente deluso e si è dovuto sfogare. Poi, in effetti, abbiamo trovato Shaun nell’arco di ventiquattr’ore, quindi tutta la situazione è rientrata a posto in pochissimo tempo”.

INVECE RIGUARDO AL POSTO DI BATTERISTA? SIETE ANCORA SENZA UN DRUMMER UFFICIALE, E’ COSI’?
Aaron: “Esattamente. Shaun Taylor-Steels (già batterista dei My Dying Bride su ‘The Light At The End Of The World’, ‘The Dreadful Hours’ e ‘Songs Of Darkness, Words Of Light’, ndR) ha eseguito le parti di batteria sull’album nuovo, mentre per le date dal vivo useremo ancora i servigi di David Gray degli Akercocke. Ma, in effetti, i My Dying Bride non hanno un batterista ufficiale in formazione, come si può anche vedere dalle foto ufficiali, in cui siamo in cinque. E ti dirò che non stiamo neanche cercando attivamente un batterista. La situazione in cui siamo non è certo ideale, ma non è neanche così deficitaria, quindi andremo avanti in questo modo fino a quando un degno batterista non si paleserà autonomamente”.

TORNANDO A PARLARE DELLE VOSTRE SONORITA’, TUTTI I BRANI DI “A MAP OF ALL OUR FAILURES” SONO INEQUIVOCABILMENTE NEL VOSTRO CLASSICO STILE. MA NON VI E’ MAI TORNATA LA VOGLIA, IN QUESTI ANNI, DI SPERIMENTARE UN PO’ COME AVETE FATTO PER “34,788%…COMPLETE”?
Aaron: “Sì, certamente! Abbiamo sempre delle ottime idee che esulano parecchio dal materiale classico My Dying Bride e suppongo ci sarà in futuro un tempo appropriato per pubblicarle. Faremo un album, magari simile a ’34,788%…Complete’, oppure un EP. Vedi, gli EP sono un ottimo terreno di sperimentazione per band come la nostra, con voglia di progredire e fare cose nuove ma anche con uno stile consolidato negli anni. In un EP una band può fare quello che vuole, anche perché solitamente i canali promozionali sono meno invasivi e soprattutto perché questo tipo di pubblicazione viene recensita in modo diverso dalla stampa. Gli album normali devono essere assolutamente perfetti sotto ogni punto di vista, mentre un EP può davvero contenere ogni peggiore schifezza (ride, ndR)! Quindi, se ci sarà una sorta di esperimento come ’34,788%…Complete’, lo vedrete sicuramente sotto forma di EP”.

OLTRETUTTO BISOGNA RICORDARE, SEMPRE RESTANDO IN TEMA DI ESPERIMENTI, IL VOSTRO RECENTE “EVINTA”…
Aaron: “Assolutamente! ‘Evinta’ è stato un gran risultato! Vedere e sentire questa diversa incarnazione dei My Dying Bride, al limite di un side-project, è stato molto soddisfacente. E i fan hanno apprezzato molto, devo dire. A noi, personalmente, è sembrato quasi di scrivere una colonna sonora per un film. E i My Dying Bride sono sempre stati affascinati da questo tipo di composizione”.

LENA, TU SEI ENTRATA NEI MY DYING BRIDE SOSTITUENDO UNO DEI MEMBRI STORICI DEL GRUPPO, ADRIAN ‘ADE’ JACKSON. COME TI SEI AVVICINATA AL COSPETTO DI UNA BAND COSI’ LONGEVA E RISPETTATA E COME TI HANNO ACCOLTO I RAGAZZI?
Lena: “Be’, sicuramente sentivo una certa pressione. Già quando entri in una band di livello underground o comunque anche solo in un gruppo messo su fra amici, c’è un minimo di tensione perché si tratta comunque di una cosa nuova. Figuriamoci se poi si tratta dei My Dying Bride, una grossa realtà storica consolidata in anni di esperienza! Quindi un po’ di pressione e, per certi versi, mi sentivo intimidita, anche se non è esattamente la parola corretta, in quanto Aaron e gli altri hanno fatto tutto per mettermi a mio agio. Poi, chiaro, col passare del tempo tutto si è affievolito: ora sono molto più rilassata, sia sul palco sia in studio, dove posso tranquillamente dire la mia e portare idee per le linee di basso”.

UNA CURIOSITA’ RIGUARDO IL VOSTRO RAPPORTO CON LA PEACEVILLE RECORDS, PROBABILMENTE UNA DELLE PIU’ LONGEVE PARTNERSHIP IN ASSOLUTO IN AMBITO METAL (MA FORSE ANCHE EXTRA-METAL): COME RIUSCITE A FAR FUNZIONARE TUTTO OGNI VOLTA E SENZA PROBLEMI?
Aaron: “Dunque…normalmente i contratti con la Peaceville Records durano tre o quattro anni. Nel corso degli anni, perciò, abbiamo firmato diversi contratti con l’etichetta. E ti confesso che, alla fine di ogni contratto, i ragazzi della Peaceville ci hanno sempre detto ‘ok, se volete firmare per qualcun altro, non ci sono problemi, sappiamo che altre label vi faranno offerte, andate e valutate’. E noi abbiamo sempre letto con attenzione ogni offerta che ci è stata fatta nel tempo, alcune per nulla valide, altre molto valide. Ma vedi, l’aprirsi ad una label di più alto livello – perché non avrebbe avuto senso, visto il benessere della band e della Peaceville, tornare nell’underground – avrebbe sicuramente voluto dire imposizioni stilistiche e magari pezzi da tre minuti per farci un singolo orecchiabile. E questo…questo proprio non è da My Dying Bride. Con Peaceville Records non abbiamo mai avuto questi problemi; abbiamo la totale libertà artistica sui nostri dischi. Totale. Quindi credo veramente che non faremo mai un disco per un’altra etichetta, perché ci fidiamo ciecamente di quella che abbiamo da tanti anni (quando si dice ‘l’amore eterno’, ndR)”.

VI FACCIO LE ULTIME DOMANDE. LA PRIMA RIGUARDA I MIEI DUE PEZZI PREFERITI DEL NUOVO DISCO, “THE POOREST WALTZ” E “HAIL ODYSSEUS”. POTETE DIRCI QUALCOSA SU QUESTI BRANI?
Lena: “’The Poorest Waltz’ è la canzone che abbiamo scelto come singolo e a ottobre gireremo un video. E’ molto melodica e ha la classica atmosfera agrodolce che spesso ritorna nel suono My Dying Bride. E’ anche il brano più breve del lavoro, quindi è adattissima per farci un video. L’altra, ‘Hail Odysseus’, è anche per me uno degli episodi migliori, anzi…forse il migliore! Adoro l’atmosfera spettrale e spaventosa della parte iniziale, con quel groove pesante e marziale. Poi nella seconda parte diventa più teatrale e romantica, ma penso rappresenti in pieno due delle anime della band”.

SIETE ALLE PORTE DI UN TOUR, IL PRIMO LUNGO TOUR CHE FATE DOPO TANTO TEMPO…
Aaron: “Sì, ti ringrazio per l’aggettivo ‘lungo’, anche se una decina di giorni non credo sia passabile come ‘lungo periodo di tempo’ (risate generali, ndR)…”.

BE’, HAI RAGIONE…PERO’ ALMENO QUESTA VOLTA AVETE RINUNCIATO AI VOSTRI EVENTI SINGOLI E INTRAPRENDERETE UNA SERIE UN PO’ PIU’ ORGANIZZATA DI CONCERTI. COME MAI QUESTA SCELTA?
Aaron: “Appunto perché son passati credo dieci anni da quando abbiamo fatto l’ultimo tour di un certo livello. Evidentemente sentivamo che era ora di rimetterci un po’ in moto. Siamo fondamentalmente pigri, ma non sempre (ride, ndR)! D’accordo, i festival sono carini e tutto quanto, ma, se li guardo sotto il profilo della setlist, siamo sempre costretti a suonare le canzoni che hanno maggiore appeal sulla gente, oppure altre un po’ più ‘facili’ e immediate. Solitamente siamo una sola band su altre quindici o venti, quindi dobbiamo per forza mettere da parte del materiale che non ci farebbe certo guadagnare fan. Alla fine dei conti, anche a noi piace che la nostra musica raggiunga pian piano un sempre più elevato numero di persone. Al contrario, in occasione dei nostri show dedicati, possiamo tirare fuori dal cilindro le cose più oscure del repertorio o semplicemente quello che vogliamo suonare in quella specifica serata. Tanto il pubblico presente è lì per i My Dying Bride e si presume apprezzi tutta la nostra musica. Ci mancava. Ci mancava questa sensazione, questo potere di scelta sulla nostra setlist…e ora torneremo a risentire un buon feeling, finalmente!”.

ULTIMISSIMA DOMANDA, PIU’ CHE ALTRO UNA DIVERTITA CURIOSITA’: COME DIAVOLO FA HAMISH (GLENCROSS, CHITARRISTA) A SUONARE DAL VIVO IL GIRO PORTANTE DI “THE CRY OF MANKIND”, RIPETENDO PER CINQUE-SEI MINUTI LE STESSE NOTE SENZA MAI PERDERE LA CONCENTRAZIONE?
Aaron: “Ha! Ma è chiaro: è un fottutissimo, ottimo chitarrista, che altro? Davvero, noi tentiamo di distrarlo sul palco ogni tanto, ma lui va avanti imperterrito, si guarda in giro, si guarda i piedi, parla col tecnico di palco…niente da fare, continua a suonare quel giro maledetto!”.

 

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