MY DYING BRIDE – La Musica nelle parole di Aaron

Pubblicato il 05/10/2001 da


Il sottoscritto era decisamente emozionato all’idea di parlare con uno dei personaggi più profondi e filosofici della scena metal. Non se lo sa spiegare, ma per chi scrive Aaron ha sempre rappresentato lo stereotipo dell’artista ermetico, che dicendo una frase ne sottintende molte altre. Quindi, considerato che ad inglese non siamo a livelli tali da poterci permettere un dialogo con un personaggio così ‘difficile’, che spesso va ben oltre le classiche risposte comuni, ci siamo avvalsi dell’ottima collaboratrice Angretta, adattatasi a fare da interprete. Senonchè, al momento della fatidica telefonata, ecco l’attimo di smarrimento: Aaron parla un buon italiano. Nonostante ciò, abbiamo deciso comunque di fare l’intervista in inglese, in modo da permettere al cantante una più ampia “libertà di movimento”; e così, ecco che ad ogni domanda Aaron è partito come un fiume in piena, tirando fuori parecchi concetti interessanti anche dalla domanda più banale, confermandosi realmente una persona al di sopra della media…

PUOI DESCRIVERE “THE DREADFUL HOURS” AI VOSTRI FAN?
“E’ la più difficile domanda che tu potessi farmi! E’ più o meno una combinazione di tutti i dischi fatti dai My Dying Bride: da una parte, può essere considerato come un classico lavoro della band, ma per altri aspetti è un disco molto diverso dal solito; l’esecuzione dei pezzi è migliorata ed il feeling generale è molto più claustrofobico”.

COSA INTENDI ESATTAMENTE PER CLAUSTROFOBICO?
“Chiedersi se uno vuole essere veramente vivo. Inoltre, più in generale, tutto il disco è oscuro e senza speranza, anche se alcune volte si scorge il lieto fine…ma molto, molto raramente (ride, ndR)! E’ un disco molto potente e molto diretto”.

SEI SODDISFATTO DI QUESTO NUOVO ALBUM?
“Finora sì. Il problema è che, appena finito di registrare, pensiamo sempre che questo sia il miglior album che abbiamo fatto. Il che è ovvio, visto che comunque è il coronamento di un lavoro di sei mesi. Poi, in generale, tutte le band dicono di essere soddisfatte: bisogna poi vedere se e quanto stiano mentendo, oppure se e quanto sono oneste. Se poi tu ci dovessi fare la stessa domanda tra sei mesi, di sicuro avresti una risposta diversa. Non per forza totalmente negativa, ma di certo ci sarei più critico”.

C’E’ UNA CANZONE PIU’ IMPORTANTE DELLE ALTRE IN QUESTO ALBUM?
“Al momento, per me, no. Se intendi invece se ho una mia canzone preferita…be’, per ora mi piacciono tutte, ma in particolare ti direi che adoro proprio la title-track “The Dreadful Hours”! E’ un brano molto vario, con le chitarre e la pioggia in sottofondo all’inizio, il crescendo potente e poi pian piano sfumante alla fine. E’ molto bella questa evoluzione, prima crescita e poi scomparsa. Credo sia una delle canzoni migliori proposte dai My Dying Bride in tutta la loro carriera”.

QUALI SONO I VOSTRI PROGETTI FUTURI?
“Al momento stiamo provando per i nostri futuri concerti: non faremo un tour vero e proprio, ma solo delle date selezionate. Sinceramente, abbiamo dei problemi per la scelta della scaletta, in quanto vorremmo fare molti pezzi nuovi, ma necessariamente molte cose dovranno essere lasciate da parte…è molto difficile scegliere quali brani non proporre. Il prossimo passo della band, invece, sarà l’uscita di un DVD, sempre per la Peaceville Records, e poi ci concentreremo su un album live, anche se non penso che il live sia il mezzo migliore per comprendere i My Dying Bride. Comunque vedremo se riusciremo a fare qualcosa d’impatto”.

DA DOVE PRENDETE LA VOSTRA ISPIRAZIONE?
“Dall’Inghilterra. Sai, qui è sempre buio, nuvoloso, piovoso, nebbioso… Un po’ come le sorelle Bronte, traiamo ispirazione dall’ambiente circostante. Siamo inglesi e quindi qualunque cosa rappresenti quest’atmosfera, questo buio, questa oscurità, l’abbiamo nel sangue. Cerchiamo di esprimere il lato migliore della musica, quello oscuro e malinconico, ma in effetti non esiste una precisa motivazione. Personalmente, cerco di comprendere ed esplorare me stesso e tutto ciò mi diverte. Musicalmente poi, sono influenzato da tutte le band che fanno questo tipo di ‘ricerca’ e che hanno questo feeling che ci accomuna…e di sicuro è più di un feeling o di una semplice attitudine, è qualcosa di più intenso e profondo”.

FIN DALL’INIZIO DELLA VOSTRA CARRIERA, AVETE AVUTO MOLTI CAMBI DI LINE-UP. QUALI SONO STATI I PIU’ IMPORTANTI, QUELLI CHE HANNO INFLUENZATO DI PIU’ LA VOSTRA MUSICA?
“Dici in modo positivo o negativo?”.

FACCIAMO NEGATIVO…
“OK…è molto difficile da dire, considerato che i membri originali della band, Rick, Martin e Calvin, hanno avuta una massiccia influenza sullo stile dei My Dying Bride. No, non penso sia possibile dire quali sono stati i cambi più significativi, perchè ognuno è stato qualcosa di unico all’interno della formazione, per cui proprio non mi è possibile risponderti. In generale, ogni cambio di line-up non è mai una cosa buona, perchè sai che una parte della band non ci sarà più e che comunque non condividerai più la tua musica con alcune persone. Inoltre, nel nostro caso, dopo sette anni di convivenza è stato veramente difficile: ad esempio Martin (ex violinista/tastierista della band, ndR) non e’ stato rimpiazzato…abbiamo deciso di prendere un tastierista ma non un violinista vero e proprio”.

SIETE DA SEMPRE SOTTO CONTRATTO CON LA PEACEVILLE RECORDS, CHE HA PRODOTTO TUTTI I VOSTRI DISCHI FINO A QUEST’ULTIMO “THE DREADFUL HOURS”. TUTTO CIO’ E’ MOLTO PARTICOLARE IN UN MONDO, QUELLO DEL MUSIC BUSINESS, DOVE ORMAI I GRUPPI PASSANO CON ESTREMA FACILITA’ DA UN’ETICHETTA ALL’ ALTRA…
“Certo, lo è…o almeno dall’esterno può apparire molto strano. Noi abbiamo sempre rifiutato di firmare per una major, perchè non potevamo dargli ciò che chiedevano, noi non vogliamo fare musica per vendere. Se osservi le band sotto contratto con le major, noterai che sono molto differenti da noi e quindi ci è sembrato intelligente non snaturare la nostra anima. Questa è la chiave di una così lunga relazione tra noi e la Peaceville Records: loro hanno capito cosa stiamo cercando di fare, cosa vogliamo proporre, e non ci chiedono nulla in particolare… Non abbiamo mai mandato loro un promo o un advanced-tape, ma sempre e solo il CD quando ormai era bello e pronto da commercializzare, senza quindi la loro minima interferenza nella fase artistica. E poi ormai abbiamo una relazione da così lungo tempo che perderli sarebbe come perdere un altro membro della band credo…”.

NEL VOSTRO GRUPPO CI SONO GROSSE DIFFERENZE DI ETA’, AD ESEMPIO TRA TE ED HAMISH CI SONO PIU’ DI 10 ANNI DI DIFFERENZA. TUTTO CIO’ VI HA MAI CREATO PROBLEMI?
“Cosa intendi dire esattamente? Intendi dire che il più vecchio non riesce a tenere il passo del più giovane? (ride, ndR)”.

NO NO, NON IN QUEL SENSO…INTENDEVO SE MAGARI CI SONO STATE INCOMPRENSIONI CAUSATE DA DIFFERENTI MODI DI FARE, DIFFERENTI MODI DI DIVERTISI, DI PENSARE…
“No, decisamente no. Ho capito cosa intendi, ma fortunatamente non abbiamo mai avuto problemi; tutti i nuovi arrivi hanno capito subito cosa volevamo da loro, di cosa i My Dying Bride avevano bisogno, ovvero di persone serie e intelligenti, ancor prima di musicisti, perchè i My Dying Bride sono un band seria e intelligente. E ciò è stato un bene per tutti”.

COSA PENSI A PROPOSITO DI INTERNET?
“Internet…Internet è bianco e nero, molto semplice. Da una parte è una gran cosa: utile, comodo, una conquista. Viceversa, può essere una cosa molto negativa e degenerante. C’è la completa libertà: se vuoi vedere qualsiasi cosa, ti connetti e la vedi ma, ad esempio, un lato negativo di ciò è che non c’è un controllo sui bambini…non c’è possibilità di controllare cosa sia adatto o meno a loro. Di sicuro, la possibilità di comunicare in tutto il mondo è una grande cosa e in generale mi piace, ma sinceramente non so dire se sia una buona cosa o meno, dipende dall’uso che ne viene fatto”.

PRIMA HAI ACCENNATO AL VOSTRO FUTURO LIVE: QUALE PENSI SIA LA DIMENSIONE PIU’ ADATTA ALLA VOSTRA MUSICA? DAL VIVO O IN STUDIO?
“Be’…questo dovresti chiederlo a qualcuno a cui piacciano i My Dying Bride…”.

APPUNTO…PENSO CHE A TE PIACCIANO I MY DYING BRIDE, NO?
“Sì, certamente…comunque é una domanda particolare. Per gusto personale, ti direi in studio, perchè lì c’è più controllo, si possono modificare i pezzi, si possono suonare e risuonare, finchè non sono perfetti; invece, dal vivo, una volta suonati, rimangono così e non si possono correggere evantuali errori. Poi, in generale, penso che ad un concerto la cosa più importante sia l’adrenalina…ed io, invece, dò più emozioni che adrenalina”.

BENE, GRAZIE PER L’INTERVISTA E SPERIAMO DI VEDERVI PRESTO DA QUESTE PARTI!
“Sì, se non sbaglio dovremmo avere gia confermata una data a Roma. Comunque grazie per il vostro tempo!”.

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