I tunisini Myrath hanno pubblicato il loro nuovo album “Karma”, un disco che, come abbiamo avuto modo di evidenziare nella nostra recensione, segna alcuni cambiamenti, confermati anche dal nuovo tastierista ufficiale del gruppo, Kévin Codfert, già produttore e co-compositore, tanto che è risultato quasi scontato che fosse lui ad occuparsi delle tastiere dopo la separazione con Bouchoucha.
Questi ha evidenziato alcune differenze molto importanti rispetto ai precedenti lavori e al rapporto tra le parti più folkeggianti e quelle più metal, e con lui abbiamo analizzato alcune problematiche che si trova a dover affrontare quotidianamente per la band, tanto che abbiamo avuto modo di addentrarci in alcune loro dinamiche ma anche nelle reali e concrete aspirazioni di questi musicisti.
IL PRECEDENTE ALBUM DELLA BAND, “SHEHILI”, E’ STATO PUBBLICATO NEL 2019: COME SONO ANDATE LE COSE IN QUESTI ULTIMI ANNI? AVETE AVUTO QUALCHE PAUSA A CAUSA DEL PERIODO DELLA PANDEMIA?
– Dopo la pubblicazione di “Shehili” abbiamo avuto l’opportunità di andare molto in tour, suonando tanti concerti in tutto il mondo. Quando è scoppiata la pandemia in Europa, noi stavamo suonando a Lipsia, una piccola città in Germania, quando improvvisamente tutti i confini sono stati chiusi ed è stato un gran casino perchè io, essendo francese, sarei potuto tornare nella mia città entro ventiquattro ore, ma si è posto il problema per i tre ragazzi tunisini (il cantante Zaher Zorgati, il bassista Anis Jouini e il tastierista Elyes Bouchoucha, ndr), perchè il governo tunisino ha cancellato alcuni voli e loro si sono trovati completamente bloccati.
Così mi hanno chiesto: “Kevin, cosa facciamo adesso? Non possiamo tornare a casa” e io ho risposto loro: “Venite nella mia casetta e penseremo ad una soluzione“, ma per sei mesi non abbiamo trovato alcuna soluzione, perciò immagina cinque persone in una casa piccola – c’erano anche mia moglie e il mio cane – è stato un incubo, è stato davvero un caos, però allo stesso tempo abbiamo colto quest’opportunità per comporre insieme.
Fondamentalmente per gli album precedenti tutto il processo è stato digitale, nel senso che io mandavo alcune canzoni a loro tramite Gmail e magari dopo due o tre giorni mi tornavano indietro con un’idea e così via, questo era il nostro modo di lavorare. A causa del Covid-19 ho avuto l’opportunità di svegliarmi, sedermi al piano e dire loro: “Potete provare qualcosa? Potete provare questo, potete provare quello?“, così è stato un processo compositivo in tempo reale. Insomma, a causa del Covid-19 il processo compositivo del nuovo album è cambiato, perciò questo è quello che è successo tra “Shehili” e “Karma”.
NEL 2023 SIETE STATI IN TOUR CON I KAMELOT E IL VOSTRO NUOVO ALBUM S’INTITOLA “KARMA”, COME UN GRANDE ALBUM DEI KAMELOT: SI TRATTA DI UNA SEMPLICE COINCIDENZA?
– Sì, assolutamente. La principale ragione per cui si chiama “Karma” è dovuta ai testi. Quando abbiamo iniziato a scrivere i testi, volevamo affrontare molti argomenti come la discriminazione, il razzismo, il cambiamento climatico, i fallimenti della vita e Zaher, che è una persona molto spirituale, è venuto da me e mi ha detto “Kevin, penso che ‘Karma’ possa abbinarsi a quello che abbiamo scritto e possa essere un buon nome“. Io gli ho confermato che si tratta di un nome che possa rappresentare tutte le tematiche trattate, perciò sì, è solo una coincidenza e comunque non ascoltiamo molto metal, in quanto cerchiamo di trarre ispirazione da altro.
PENSAVO CHE MAGARI FOSSE ANCHE UN MODO PER OMAGGIARE QUESTA BAND, RICONOSCENDO COME POSSA ESSERE STATA UN’IMPORTANTE INFLUENZA PER VOI, MA OK, A QUANTO MI DICI E’ STATA UNA SEMPLICE COINCIDENZA.
– Sì, ma mi piacciono molto i Kamelot, naturalmente.
RICORDO CHE PER “SHEHILI” LA BAND HA AVUTO UN PROCESSO DI REALIZZAZIONE ALQUANTO COMPLESSO, TANTO CHE ALLA FINE HA LAVORATO CON TRE PRODUTTORI: COME SONO ANDATE LE COSE QUESTA VOLTA?
– Io ero il produttore ma abbiamo utilizzato tre differenti studi di registrazione, sì, per “Legacy” (in realtà si trattava di Shehili”, ndr) ho registrato la batteria a Parigi ma per l’etichetta non suonava abbastanza acustica, così abbiamo cercato di provare qualcosa di diverso e abbiamo mixato due canzoni con Jens Bogren, io ne ho mixate, non so, quattro o cinque o forse qualcuna in più e un altro produttore in Germania (Eike Freese, ndr) ha mixato le altre, così è stato un modo per provare a sperimentare (evidentemente Codfert tende a ridimensionare un po’ il ruolo degli altri due, addirittura neanche cita Freese, ma la storia è stata un po’ più complessa, come ci raccontò allora il cantante Zaher Zorgati in una nostra intervista, che potete rileggere qui ,ndr).
Questa volta è stato un po’ più facile, ho volato fino allo studio di Jacob Hansen – desideravo lavorare con Jacob da molto tempo perchè riesce ad avere una precisa visione delle canzoni e sa come far lavorare insieme i diversi strumenti – e mi ha detto che avrebbe voluto provare qualcosa di diverso per i Myrath. In particolare, mi ha detto che gli esseri umani non riescono ad ascoltare milioni di note e in effetti io avevo esagerato con gli arrangiamenti, dato che gli avevo portato qualcosa come cinquanta tracce per canzone, così mi ha suggerito di provare a ridurre tutto il resto mentre ci sono le lead vocals o mentre c’è un assolo di chitarra, creando qualcosa di più ‘minimalista’: così, abbiamo dato più spazio al riverbero e a al delay e proprio soprattutto grazie al delay e al riverbero abbiamo ottenuto un gran risultato e un suono più espanso.
Il risultato finale è che meno è meglio (letteralmente, “meno è di più”, “less is more” in lingua originale, ndr). Sono molto orgoglioso di aver lavorato con Jacob, perchè mi ha dato una differente visione rispetto a quella che avevo in precedenza.
QUESTO E’ IL PRIMO ALBUM SENZA ELYES BOUCHOUCHA ALLE TASTIERE: COME MAI HA LASCIATO LA BAND? POSSIAMO CONSIDERARTI UN MEMBRO UFFICIALE DELLA FORMAZIONE O SI TRATTA SOLO DI UNA SOLUZIONE TEMPORANEA?
– Prima di tutto, naturalmente io ho lavorato con la band sin dagli inizi ma ho preferito rimanere dietro le quinte e non sono stato sul palco con loro ma poi, per molti anni, specialmente Zaher e Anis, mi dicevano che volevano che suonassi le parti di piano da me composte sul palco con loro, perchè si sarebbero sentiti più a loro agio, così questo è un primo aspetto.
Riguardo Elyes, che è ovviamente un grande tastierista, purtroppo avevamo differenti visioni e siamo arrivati ad un punto in cui le sue idee non erano compatibili con le idee della band. A volte è difficile nella vita di una band e lui è stato nei Myrath per quindici anni, perciò queste situazioni sono sempre difficili ma diciamo che tecnicamente il processo realizzativo per ogni cosa non è cambiato più di tanto, però dal punto di vista del pubblico, di fatto, c’è in qualche modo un nuovo membro che suona il piano sul palco.
COLLEGANDOMI A QUANTO DICEVI, TROVO CHE NEL NUOVO ALBUM LE TASTIERE ABBIAMO UN RUOLO PIU’ IMPORTANTE NEL VOSTRO SOUND RISPETTO AL SOLITO E ANCHE CHE CI SIANO MENO STRUMENTI ETNICI, CHITARRE MENO PESANTI E PIU’ ORCHESTRAZIONI: QUESTO E’ DIPESO DAL TUO CONTRIBUTO O DALLE TUE IDEE PER IL SOUND DELLA BAND?
– Sì, penso perchè il processo prima di quest’album era che io generalmente componevo le parti orchestrali e dicevo ai ragazzi e a Elyes se potevamo arrangiare questa parte orchestrale in un modo, diciamo, più orientale, perchè loro sono specialisti in questo, ma ora mi sto concentrando maggiormente su quello che mi piace fare e provo a concentrarmi su quello che so fare meglio, per cui il risultato è: più parti di piano, forse anche più velocità, più orchestrazioni e un po’ meno arrangiamenti orientali. Considero questa come un’evoluzione, ho iniziato a suonare il pianoforte quando avevo cinque anni e ho suonato musica classica per decadi, sono stato un musicista classico prima di suonare metal e questa è la mia specialità.
DI “SHEHILI” MI ERA PIACIUTA MOLTO LA CAPACITA’ DI MESCOLARE INFLUENZE DIVERSE: METAL EUROPEO, BELLE MELODIE, INFLUENZE DALLA CULTURA NORD AFRICANA E ARABA, ANCHE PIU’ DI QUANTO SI POTESSE ASCOLTARE SU “LEGACY”. CONSIDERI DUNQUE “KARMA” UN’ULTERIORE EVOLUZIONE DELLA VOSTRA MUSICA?
– Non più di tanto, nel senso che la principale differenza, come ti dicevo prima, sta nel processo compositivo, eravamo tutti insieme e questo non era mai successo prima di “Karma”, perciò sotto questo punto di vista è un po’ diverso. Per il prossimo album abbiamo giù iniziato a comporre alcune canzoni, abbiamo provato a sperimentare molte influenze indiane, africane e quando parlo di Africa mi riferisco all’Africa del Sud, non del Nord, perciò proveremo a continuare ad innovare. Così il nuovo album dopo “Karma” rappresenterà un ulteriore sviluppo, ma non stiamo comunque provando ad ‘intellettualizzare’ il processo, non ho idea di come lo finiremo, non saremo mai del tutto felici del risultato (risate, ndR).
TRA LE CANZONI MI E’ PIACIUTA MOLTO “HEROES”, COSA PUOI DIRMI RIGUARDO AL TESTO?
– Penso che sia rivolta soprattutto alle persone che stanno soffrendo per la discriminazione, noi diciamo che non hai bisogno di eroi perchè tu sei un eroe, sono semplici parole ma penso che ogni persona che soffra una volta nella sua vita per colpa della discriminazione possa prenderla per sè e dare la sua interpretazione al testo.
I VOSTRI CONCERTI SONO SEMPRE SPECIALI E SAPETE OFFRIRE GRANDI SHOW: HAI GIA’ IN MENTE QUALCOSA PER I VOSTRI PROSSIMI SHOW CHE PUOI ANTICIPARCI?
– Non ne ho idea perchè ogni volta, diciamo che sfortunatamente devo organizzare ogni cosa (risate, ndR). Ti dico questo perchè mi piacerebbe essere solo un musicista ma il fatto di organizzare gli show mi sta davvero uccidendo, specialmente quando portiamo lanciatori di fuoco e trucchi magici è un vero casino organizzare ma comunque so che questa roba sul palco porta un tocco diverso e naturalmente proverò a implementarla.
A volte non è possibile fare uno show completo quando suoni in un festival e ti devi ricordare che due membri della band vivono in Tunisia, uno in Georgia, il resto in Francia e i tecnici in Svezia, perciò il costo dei voli è molto caro e in alcuni casi può arrivare anche ad incidere per l’80% del budget della band. Così spendendo questo per i voli, ti resta solo un 20% per fare qualcosa, perciò può essere difficile ma per i grandi festival quando il budget ce lo consente utilizzo tutto il denaro per innovare e fare il massimo possibile.
Posso farti un esempio: con l’ultimo Sweden Rock Festival ci hanno dato l’opportunità di fare qualcosa di grande, così ho pensato a dei ballerini classici, li ho trovati in Serbia, abbiamo parlato a lungo con i ballerini su una coreografia da sincronizzare con il fuoco e le fiamme e abbiamo anche usato fuochi d’artificio: hai bisogno di programmare tutto ed è un processo molto lungo ma diciamo che, anche quando mi dovessero dare un milione di budget, io lo consumerei tutto, un budget di un milione per fare qualcosa di grande (risate, ndR).
CI SONO DEI PROGETTI O DEGLI OBIETTIVI CHE VORRESTE RAGGIUNGERE COME BAND?
– Sicuramente il primo obiettivo della band è quello di poter vivere della nostra musica, perchè purtroppo tutti nella band hanno un secondo lavoro: io mi occupo di IT (Tecnologia dell’informazione, ndR), roba di computer, PHP e cose del genere tutto il giorno, Zaher è in una cover band e anche gli altri ragazzi hanno bisogno di mantenere le loro famiglie con altri lavori, perciò l’obiettivo principale sarebbe di vendere di più, non dico milioni di album, ma sarebbe sufficiente vendere due volte di più per poter guadagnare a sufficienza e poter vivere solo facendo musica dei Myrath.