MYRATH – Tante influenze, un solo stile

Pubblicato il 27/05/2019 da

I Myrath sono una band particolare, sia perchè hanno saputo creare un proprio stile, sia per il fatto di essere uno dei pochissimi gruppi metal finora emersi con discreto successo dall’Africa. In occasione dell’uscita del loro nuovo album, “Shehili”, abbiamo fatto una chiacchierata con il singer della band, Zaher Zorgati. Il cantante ci ha raccontato tutto il lungo processo produttivo che ha accompagnato la realizzazione di questo disco, passato, di fatto, sotto tre produttori, allo scopo di ottenere un risultato finale che fosse assolutamente perfetto e soddisfacente per tutti. Ha poi sottolineato come spesso vengano tacciati erroneamente di essere una oriental metal band (ad esempio, li abbiamo visti talvolta accostati agli Orphaned Land o ad altre band mediorientali): in effetti, se ad un profano possano suonare simili o ci possano essere elementi in comune, ci sono poi di fatto differenze profonde che Zaher in breve ha provato a spiegare, evidenziando quelle che sono le particolarità del loro stile. A tal riguardo, ci ha raccontato con molta sincerità le ragioni che hanno portato alla svolta stilistica avviata con “Legacy” e che li ha portati ad essere decisamente meno progressive rispetto ai loro primi dischi. Ancora, abbiamo approfondito alcuni aspetti legati ai loro videoclip, ai progetti per il futuro, nonchè ai legami tra le proprie origini e le proprie influenze musicali.

IL VOSTRO NUOVO ALBUM E’ INTITOLATO “SHEHILI”, CHE E’ IL NOME TUNISINO PER IL VENTO SCIROCCO: COME MAI AVETE SCELTO QUESTO TITOLO? COSA RAPPRESENTA PER VOI?
– E’ una sorta di rappresentazione del nostro retaggio culturale e “Shehili”, oltre ad essere il nome tunisino del vento scirocco, è anche il titolo di una canzone presente nell’album e abbiamo trovato che fosse un bel nome e una bella rappresentazione di tutto l’album, così in effetti abbiamo scelto questo titolo per dare il nome all’intero album.

COME AVETE LAVORATO PER IL SONGWRITING?
– Abbiamo iniziato due anni fa a produrre l’album e ciascuno di noi ha apportato il suo contributo, poi Kevin Codfert è venuto in Tunisia e ci siamo incontrati tutti insieme in una stanza d’albergo per due settimane per mettere insieme tutte le nostre idee. Poi ha portato tutte queste idee con sè in Francia, ha approvato alcune di esse e ha curato gli arrangiamenti, quindi è tornato in Tunisia per registrare gli strumenti tradizionali tunisini, tra cui (dice un nome che non siamo riusciti a comprendere con certezza, nonostante un paio di ripetizioni, ndR) violini tunisini e anche clarinetti, poi è tornato in Francia e ha portato tutto in Svezia, infine è andato ad Amburgo per ri-registrare la batteria.

OK, HAI SINTETIZZATO AL MASSIMO, MA CERCHIAMO DI METTERE ORDINE. INTANTO SO CHE AVETE LAVORATO CON TRE DIVERSI PRODUTTORI, COME MAI AVETE AVVERTITO QUEST’ESIGENZA?
– Come ti stavo dicendo, è stato un processo naturale perchè la produzione è stata curata intanto da Kevin Codfert, che poi si è incontrato con Jens Bogren in Svezia per il mixing ed il mastering. Jens ha apprezzato molto l’album e ha curato il corpo, la struttura delle canzoni e il mixing, così Kevin Codfert ha potuto completare il mixing ed il mastering ed è andato in Germania ad incontrare il boss della Edel per fargli ascoltare l’album. Lui l’ha ascoltato e gli è piaciuto molto, ad eccezione del suono della batteria che non ha trovato adeguato, così gli ha dato l’opportunità di ri-registrare la batteria con Morgan (Berthet, il batterista francese che suona con i Myrath, ndR). Morgan perciò ha preso un volo per Amburgo e ha registrato nei Chameleon Studios con il giovane produttore Eike Freese, che ha collaborato con Deep Purple, Alice Cooper, Gamma Ray e altre band. Alla fine perciò abbiamo avuto tre diversi produttori e tre differenti modi di pensare e di lavorare, tre differenti act ma comunque una sola visione.

SIETE FAMOSI PER LA VOSTRA ABILITA’ NEL MESCOLARE MUSICA ARABA E DELLA TRADIZIONE MAGREBINA…
– (Ci interrompe subito, ndR) E’ la cultura tunisina, la musica tunisina. Molta gente dice che siamo una band orientale, noi non siamo una band orientale, siamo nordafricani e quella che suoniamo è musica nordafricana con influenze andaluse e mediorientali, perchè come sai la Tunisia è stata conquistata dall’impero musulmano, quando gli Arabi si sono stanziati in Nord Africa e abbiamo ereditato qualcosa dalla loro cultura, o, ancora, dalla musica nera africana, perciò è un buon mix. Abbiamo influenze anche dalla musica occidentale, per esempio dalla Francia e dall’Italia, che sono i paesi occidentali che più ci hanno influenzato, perciò è una grande mescolanza di culture musicali e così abbiamo creato un nuovo stile che è il ‘blaze desert metal’.

COME IN “LEGACY” LE NUOVE CANZONI HANNO UNA STRUTTURA PIU’ SEMPLICE E MENO PROGRESSIVA RISPETTO AL PASSATO: COME MAI AVETE OPTATO PER QUESTO CAMBIAMENTO? E’ UNA SVOLTA DEFINITIVA NEL VOSTRO STILE?
– Sarò onesto con te. “Legacy” e “Shehili” sono più commerciali. So che la musica è più semplice, troppo più semplice rispetto ai dischi passati, ma ti assicuro che è più difficile avere un mix di qualcosa che sia semplice e catchy allo stesso tempo, senza perdere del tutto la nostra connotazione progressive. Tuttavia, abbiamo dovuto cambiare il nostro modo di scrivere perchè se avessimo continuato ad essere una band tunisina puramente progressive, non avremmo mai avuto un contratto o un accordo con una major, perchè avrebbero continuato a vederci come i Dream Theater tunisini o i Dream Theater nordafricani. Abbiamo dovuto cambiare perciò e creare musica metal con la nostra identità e ci siamo riusciti con “Legacy” e specialmente con “Shehili”, abbiamo trovato la nostra identità e abbiamo trovato davvero il nostro modo di scrivere.

QUALI SONO I PRINCIPALI ARGOMENTI CHE AVETE AFFRONTATO CON I TESTI DI “SHEHILI”? AD ESEMPIO, SE NON SBAGLIO, “DANCE” RIGUARDA IL CONFLITTO SIRIANO.
– Sì, diciamo che tratta di quelle persone cattive che gettano merda contro i migliori amici, ma “Dance” riguarda in realtà tutto quello che c’è in questa vita, non abbiamo scelto in modo particolare la guerra, abbiamo scelto un messaggio che voglia dire qualcosa di diverso da: ‘Combatti con me ora”, nella canzone invece dice: ‘Danza con me ora (Dance with me now)’, danza per la vita, danza per la gioia, danza per i tuoi principi, danza contro il male, danza per tutto e non solo contro i malvagi come nel video, dove la storia è una metafora di quello che sta succedendo in questo pazzo mondo e riguarda la battaglia tra la luce ed il buio, affrontata in un modo magico.

SIA NEL VIDEO DI “DANCE” CHE IN QUELLO DI “NO HOLDING BACK”, CI SONO MOLTI RICHIAMI AL VOSTRO GRANDE SUCCESSO “BELIEVER” E IN PARTICOLARE SONO LEGATI TRA LORO DA UNA STORIA FANTASTICA: QUESTA SI CONCLUDERA’ QUI O CI SARA’ UN ULTERIORE SEGUITO, MAGARI CON UN ALTRO BRANO TRATTO DA QUEST’ALBUM?
– Penso di no per adesso, perchè abbiamo prodotto un video live di ‘Born To Survive’, dal DVD registrato dal vivo al teatro di Cartagine, perciò pubblicheremo un altro video ma non seguiremo la story line. Forse usciremo con un’altra canzone che non seguirà la story line o forse faremo qualcosa di collegato nel prossimo album, ma per adesso è tutto in stand-by.

A PROPOSITO DI VIDEO MI SONO PIACIUTE MOLTO LE SPETTACOLARI TASTIERE UTILIZZATE DA ELYES BOUCHOUCHA: ESISTONO DAVVERO O SONO STATE REALIZZATE SOLO PER DARE UN ASPETTO SPETTACOLARE A QUESTI VIDEO?
– Devo dire che la ragione principale è che sono state realizzate per questi video, ma pensiamo che queste tastiere siano un bello strumento. So che sarà estremamente difficile realizzare davvero qualcosa del genere ma stiamo provando ad averle per i nostri concerti.

SAREBBE FANTASTICO! RIGUARDO AI TOUR COSA AVETE PIANIFICATO?
– Abbiamo pianificato due grossi festival, lo Sweden Rock Festival ed il Wacken e avremo un mini-tour giapponese (quest’ultimo già avvenuto qualche settimana dopo la nostra intervista di inizio aprile, ndR) e poi faremo un tour con tanti concerti a Novembre.

IN CHE MODO PENSI CHE IL POSTO DOVE VIVI ABBIA INFLUENZATO IL TUO STILE E I TUOI GUSTI MUSICALI?
– Beh, certo, mi ha influenzato al 100%, è tutto un insieme, i posti, la gente, la musica, la cultura, le radici, è come per il metal italiano, puoi ascoltare band metal italiane e le riconosci come metal italiano perchè è melodico, è qualcosa di correlato all’Italia, per questo è così caratteristico, così lo stesso avviene con i Myrath, quando ascolti i Myrath puoi star certo di riconoscerli e di distinguerli dalle altre band.

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