NAPALM DEATH – Analisi Interne

Pubblicato il 07/03/2012 da

Chi pensa che coloro che suonano grindcore o, in generale, musica estrema siano tutti degli zoticoni ignoranti dovrebbe provare a fare quattro chiacchiere con Mark “Barney” Greenway. Persona colta e sempre posata, il frontman dei Napalm Death dovrebbe essere eletto come primo testimonial di una scena musicale che troppo spesso viene vista dai più con sufficienza e presa scarsamente sul serio. Intervistando Barney si riceveranno di rado risposte scontate e sarà d’obbligo prestare un orecchio alle sue riflessioni, queste ultime sempre in grado di fornire ulteriori spunti per alimentare la conversazione e di invogliarci a porre grande attenzione sui testi ogni volta che si avrà a che fare con un album della sua band. Giunto di recente a Milano per promuovere il nuovo “Utilitarian”, il cantante britannico si è gentilmente prestato a una ennesima chiacchierata, accettando anche di venire ripreso dalle nostre telecamere. Di seguito potete quindi trovare sia il resoconto scritto, sia il video dell’intervista.

SE NON RICORDO MALE, “SMEAR CAMPAIGN” ERA UN CONCEPT ALBUM SULLE RELIGIONI ORGANIZZATE, MENTRE “TIME WAITS FOR NO SLAVE” ESAMINAVA LE ESIGENZE E LE PRIORITA’ DELL’UOMO COMUNE. COSA PUOI DIRCI DI “UTILITARIAN”? DI COSA PARLANO I TESTI QUESTA VOLTA?
“‘Utilitarian’ (da ‘utilitarista’/’utilitarismo’, ndR) è un concept filosofico abbastanza complesso. Non ho voluto semplicemente parlare di esso… piuttosto, ho preso come base uno dei suoi concetti primari – ovvero ‘una buona azione genererà una buona conseguenza’ – e ho cercato di vedere come questo si applicasse alla mia vita e a quella di altre persone. Sono una persona che riflette sempre se le sue azioni possano avere un impatto negativo su qualcuno: ad esempio, mi posso domandare se i vestiti che compro sono stati prodotti in una fabbrica dove vengono sfruttate delle persone. Insomma, ho cercato di svolgere una ricerca su quel concetto, così come sull’idea di riflettere sempre sulle proprie azioni, di dubitare di sè stessi… una cosa che molti esseri umani a un certo punto fanno. Le persone possono essere molto impazienti, vogliono subito vedere il risultato concreto di un’azione, ma ovviamente ciò arriva solo in maniera graduale. Quindi ci si chiede: è giusto quello che sto facendo? Che cosa sto ottenendo? Ha senso andare avanti? La conclusione è che, secondo me, si deve sempre persistere in tutto questo, perchè alla fine dei conti è una forma basilare di protesta contro il sistema. Se non vai avanti a pensare con la tua testa, puoi rischiare di venire manipolato dalle stesse cose contro cui stavi protestando. In sintesi, l’album si intitola ‘Utilitarian’, ma non sto affermando che io in prima persona sia un utilitarista: ho solo cercato di tracciare un parallelo tra questo pensiero e la vita. E’ un concetto sicuramente complesso, ma, se si procede un passo alla volta, può essere compreso”.

CONTINUANDO SUL TEMA LIRICO, HAI MAI AVUTO L’ASPIRAZIONE DI DIVENTARE UNO SCRITTORE DI ALTRA NATURA? HAI MAI PENSATO DI SCRIVERE UN LIBRO, DI FARE IL GIORNALISTA O DI APRIRE UN BLOG SU INTERNET?
“Sì, ho pensato di scrivere un libro anni fa, ma è un progetto che richiederebbe molto tempo, cosa che non sempre ho. L’idea del blog è buona, perchè con esso sei completamente libero, puoi fare più o meno quello che ti pare e non devi pensare troppo alla struttura o alla forma. Scrivere su un blog sarebbe insomma più facile, ma il problema è che non passo tanto tempo su Internet. Facebook, ad esempio, non mi piace affatto: ci tengo alla mia privacy. Un blog mi porterebbe a essere esposto e quindi non so che dire… sì, potrei scrivere qualcosa ogni tanto, senza impegno, ma chissà… resta comunque una possibilità per il futuro”.

A LIVELLO MUSICALE, DOVE COLLOCHERESTI “UTILITARIAN” NELLA VOSTRA DISCOGRAFIA? TUTTI I VOSTRI MARCHI DI FABBRICA SONO PRESENTI, MA RISPETTO ALL’ALBUM PRECEDENTE PARE CHE ABBIATE CERCATO DI COMPORRE TRACCE PIU’ BREVI E DI SPEZIARLE CON ELEMENTI DIVERSI, SOPRATTUTTO A LIVELLO VOCALE…
“Beh, direi che sta esattamente dove dovrebbe stare. E’ molto difficile collocare qualcosa… un album, in un posto che non sia quello in cui è per natura. Credo che segua ‘Time Waits For No Slave’ in maniera piuttosto naturale, non c’è una maniera esatta e matematica per descrivere la progressione, anche se certamente è diverso in alcune parti. Riguardo i nuovi elementi, ho solo cercato di prendere delle influenze che abbiamo sempre avuto ma che non sono note ai più – come gli Swans, i My Bloody Valentine, i Joy Division, i Jesus And Mary Chain e tutto il nostro lato alternative/ambient che è da sempre molto importante per noi – e di inserirle nelle parti più veloci e tradizionali, dove di norma avremmo avuto le solite voci. Questo è essenzialmente ciò che rende il disco differente. All’inizio non sapevo se la cosa avrebbe funzionato, ma mi sembra che il risultato finale sia abbastanza buono”.

AVETE INVITATO QUALCUNO AD AIUTARVI CON LE VOCI? CI SONO DEGLI OSPITI SULL’ALBUM?
“Le voci sono solo opera mia e di Mitch, ma c’è John Zorn ospite al sassofono su uno dei pezzi. L’esperimento è venuto bene”.

STA DIVENTANDO DIFFICILE PER VOI CREARE QUALCOSA DI NUOVO SUONANDO GRINDCORE, VISTO CHE NEL GENERE E’ GIA’ STATO DETTO MOLTO (ANCHE GRAZIE A VOI!)?
“E’ impossibile scoprire nuove cose, ma la vita è senza limiti, almeno a livello creativo. Tutto è possibile… ovviamente non so dirti che cosa accadrà in futuro, ma, ad esempio, quando mi sono unito alla band ci stavamo muovendo in una certa direzione e ora abbiamo raggiunto un punto in cui non riesco a immaginarmi a suonare quel tipo di pezzi. Tuttavia, siamo pur sempre arrivati da là, il che significa che tutto è possibile”.

L’ESSERE TALMENTE COINVOLTO NELLA SFERA MUSICALE ENTRA MAI IN CONFLITTO CON L’AVERE UNA FAMIGLIA, UN LAVORO O SEMPLICEMENTE AMICI FUORI DALLA MUSICA? COME BILANCI IL FAR PARTE DI UNA BAND SPESSO IN TOUR CON LE ESIGENZE DI UNA VITA NORMALE?
“Buona domanda… è difficile, in effetti, perchè i Napalm Death sono spesso un grosso impegno. Il problema è che in Europa e in alcune zone degli USA oggi è difficile andare in tour come eravamo soliti fare una volta: 5 settimane all’inizio dell’anno e magari ritornare sei mesi più tardi più o meno negli stessi luoghi. Questa è una cosa che non possiamo più fare: la gente potrebbe venire la prima volta, ma non la seconda, e ciò è totalmente comprensibile. Questo significa che il modo in cui suoniamo dal vivo deve adattarsi alla situazione: ora teniamo tre o quattro concerti attorno a un weekend, torniamo a casa e magari facciamo lo stesso il weekend successivo. Poi basta per un po’. Tutto questo per dire che al momento trascorriamo più tempo a casa rispetto a prima e che abbiamo una certa libertà. Tuttavia, sono nei Napalm Death sin da quando avevo 19/20 anni e questo ha avuto in’influenza gigantesca sulla mia vita… non ho sperimentato cose che alcuni vecchi amici di scuola hanno vissuto, ad esempio. Ma non c’è problema: la vita è diversa per ciascuno di noi. Capita che la gente pensi che una vita normale debba avere una certa struttura, ma non è vero, ci sono tanti modi di vivere la propria vita. Finchè dai a te stesso il tempo per scoprire la vita, di essere felice e in pace, allora il modo in cui essa è strutturata non ha troppa importanza”.

TI VEDI A FAR PARTE DI UNA GRINDCORE BAND PER TANTI ALTRI ANNI A VENIRE? HAI PAURA DI INVECCHIARE?
“Non ho paura di invecchiare. L’età non è un problema, anche se viene vista con una certa negatività: la società fa il lavaggio del cervello alle persone e fa loro pensare che quando raggiungi una certa età sei solo parzialmente rilevante. Ma tutto ciò non ha senso. Non ho paura di invecchiare e, per quanto riguarda la mia abilità all’interno della band, devo dire che è esattamente come quando avevo vent’anni… o, perlomeno, è così che io mi sento! Insomma, l’età non conta nulla, anche se, realisticamente parlando, quando entrai a far parte del gruppo non avrei mai potuto immaginare che sarei stato ancora qui vent’anni più tardi. Pensai solo all’immediato, perchè sapevo che sarebbero avvenute delle cose stupende, come il suonare al CBGB di New York… suonare lì poche settimane dopo essere entrato nella band era incredibile, non potevo chiedere di meglio. Ma, realisticamente, pensai che il tutto sarebbe finito nel giro di un paio d’anni. Invece eccomi qui oltre vent’anni dopo. Chissà perciò cosa accadrà in futuro…”.

VEDI POSSIBILI EREDI ATTORNO A VOI? DOVE CREDI CHE IL GRINDCORE STIA ANDANDO A PARARE?
“Beh, la scena è enorme… almeno se paragonata a quella che c’era nel momento in cui io entrai nel gruppo. All’epoca c’era qualche band, ora ce ne sono migliaia. Ci sono persone che suonano questo tipo di musica e che vi aggiungono sopra altri elementi… non sta a me dire chi sia l’erede, tocca a queste band con una certa individualità cercare di fare ciò che fanno al meglio”.

UNO DEI VOSTRI ALBUM PIU’ FAMOSI SI INTITOLA “ENEMY OF THE MUSIC BUSINESS”. IL MUSIC BUSINESS E’ NEL MEZZO DI UNA PROFONDA CRISI: COME CREDI CHE QUESTA SITUAZIONE SI EVOLVERA’? QUAL E’ LA PROSPETTIVA DELLA VOSTRA BAND? VI IMPORTA SE LA GENTE SCARICA ILLEGALMENTE LA VOSTRA MUSICA? CHE MISURE STATE PRENDENDO PER SOPRAVVIVERE? SUONATE LIVE, E POI?
“L’industria musicale doveva cambiare, se non altro perchè le major avevano il monopolio della musica stessa e di come la gente doveva ottenerla. Serviva un cambiamento e internet ha dato alla musica l’indipendenza di cui essa aveva bisogno, e in questi termini la cosa non può che essere positiva. Per quanto riguarda il downloading, ho diverse teorie in merito: ad esempio, se la gente scarica il disco nelle prime settimane di pubblicazione, allora, sì, quello può essere un problema per noi perchè quelle vendite iniziali non sono mai un vero profitto per noi. Esse servono alla casa discografica per rientrare nelle spese che ha dovuto affrontare per noi: se non vede quel denaro, poi per la band è difficile andare in tour per promuovere il disco ed essere in grado di registrarne un altro in tempi brevi. Questa situazione può effettivamente essere problematica. Tuttavia, se un anno dopo qualcuno decide di scaricare il nostro album… beh, allora non è più un grande problema. Inoltre, se vi sono persone che non hanno accesso alle risorse che noi qui abbiamo, persone che non hanno modo di ottenere il disco in altri modi al di fuori del download, allora per me va benissimo se queste decidono di scaricarlo. A differenza di altri, non sono così coinvolto in questa questione, penso che vi siano anche aspetti positivi in questo fenomeno: ci ha reso tutti più liberi. Insomma, tutto sommato, non perdo certo il sonno pensando a questo argomento. Quali misure stiamo prendendo? Come band, credo proprio nessuna in particolare, lasciamo che le cose facciano il loro corso…”.

COME ASCOLTATORE E DI MUSICA E, MAGARI, COLLEZIONISTA, CHE COSA PENSI DELLA MORTE DEL CD?
“Non lo so, è tutto molto divertente, perchè un tempo si diceva che il vinile era morto e invece adesso sta tornando alla grande. E’ divertente anche pensare a quando il CD è uscito e i puristi del vinile non lo potevano vedere, eppure con il passare del tempo il CD è stato accettato ed è diventato un prodotto sempre più amato. A quanto pare, ora le sue vendite sono calate tantissimo, ma credo che, come il vinile, a un certo punto esso tornerà e le persone lo apprezzeranno di nuovo. E’ difficile da spiegare, ma è così che vanno le cose, è abbastanza prevedibile”.

PENSI CHE VI SIA UN COLLEGAMENTO TRA LA MANIERA IN CUI UNA PERSONA VEDE IL MONDO E IL TIPO DI MUSICA CHE QUEST’ULTIMA COMPONE?
“No, perchè ci sono tante persone là fuori che hanno le mie stesse idee, ma che suonano musica pop e tutto ciò che c’è fra essa e i Napalm Death. Alla fine dei conti, la gente è gente, niente è esclusivo per qualcuno e nessuna musica è esclusivamente fatta per un certo tipo di credenze o prospettive. Ognuno di noi ha le sue motivazioni, le sue idee… la vita è una cosa molto complessa, così come la musica”.

PENSI CHE I VALORI DEL GRINDCORE E DEL METAL SIANO CAMBIATI DAGLI ANNI ’80 E ’90?
“Non credo che si possa parlare di valori universali, perchè, dopo tutto, stiamo sempre parlando di individui, di una sottocultura che abbraccia diversi tipi di persone con tantissimi tipi di punti di vista diversi. Non c’è una lista di valori universale. Se parliamo dei Napalm Death, anche all’interno della band abbiamo prospettive differenti: a volte siamo sulla stessa linea, ma siamo persone diverse. Tuttavia, la nostra prospettiva sulla libertà di pensiero, l’indipendenza, ecc è rimasta sempre consistente negli anni e vi sono sia band che possono dire lo stesso, sia band che non si preoccupano di simili questioni e che sono prettamente edonistiche. Come dicevo, lo spettro di valori è molto ampio e non vi è certo una regola alla base di esso”.

QUAL E’ IL POSTO PIU’ INSOLITO IN CUI AVETE TENUTO UNO SHOW O AVETE REGISTRATO QUALCOSA? E COME QUESTO POSTO HA INFLUENZATO LA PERFORMANCE O LE REGISTRAZIONI?
“Non è esattamente inusuale, però abbiamo suonato in un posto in Francia che è un vecchio forte su una collina, a picco sul mare. Il palco è posto esattamente sull’orlo della scogliera e quello ovviamente non è il classico ambiente di un nostro concerto! Ricordo poi una volta in cui eravamo in Italia, nel nostro primo tour dalle vostre parti, e siamo arrivati in questo posto che era un macello per cavalli. La puzza era terribile e ci siamo rifiutati di suonare. Di solito non ci comportiamo così, ma quel luogo era disgustoso… la situazione era deprimente, abbiamo detto ‘Ci dispiace, ma non ce la facciamo’”.

QUALE SAREBBE STATA LA TUA OCCUPAZIONE SE NON FOSSI DIVENTATO IL CANTANTE DEI NAPALM DEATH?
“Probabilmente avrei un ricovero per animali, aperto magari anche a persone desiderose di vivere assieme se si trovano in un momento difficile. Una sorta di comunità”.

QUANDO SEI DIVENTATO VEGETARIANO? QUAL E’ STATA LA TUA MOTIVAZIONE?
“Sono diventato vegetariano a 14 anni, dopo aver visto un video a scuola su un macello. Ho pensato che fosse disgustoso e ho deciso che non avrei più mangiato carne. La Gran Bretagna è sempre stata molto progressiva in termini di vegetarianismo e sono rimasto tale da allora, arrivando anche ai limiti del veganesimo a tratti. Solitamente opto per cose vegan quando mangio, ma mi lascio una seconda opzione vegetariana”.

E’ DIFFICILE ESSERE VEGETARIANO E FAR PARTE DI UNA BAND SPESSO IN TOUR?
“Se credi veramente in quello che stai facendo, è senz’altro difficile, ma ce la puoi fare. Era comunque sicuramente più difficile 15/20 anni fa: ora riesco a trovare più o meno tutto quello di cui ho bisogno”.

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