NAPALM DEATH – Una voce dal nulla

Pubblicato il 21/09/2020 da

Sembrano trascorse ere geologiche da quando i Napalm Death hanno esordito e coniato il termine ‘grindcore’. La band di origine britannica non è certamente più quella di dischi come “Scum” o “From Enslavement To Obliteration”, ma si può dire che almeno parte di quell’attitudine audace tipica dei suoi esordi sia sopravvissuta nel corso dei decenni. Del resto, la carriera del gruppo ha più volte fatto registrare cambi di rotta e nuovi esperimenti – alcuni riusciti, altri meno – a dimostrazione di come alla base del progetto vi sia sempre stata l’intenzione di guardare avanti e di non riciclare le solite formule a oltranza. Il nuovo “Throes of Joy in the Jaws of Defeatism”, sedicesimo full-length di una storia lunga ormai quarant’anni, sposa anch’esso questa linea, presentando un lotto di composizioni in bilico fra consuetudine e innovazione, fra death-grind e spunti post punk, industrial e avantgarde. La musica, tuttavia, è solo una parte del mondo Napalm Death: anche in questa occasione l’impegno sociale che da sempre caratterizza la band non viene meno, e brani come “A Bellyful of Salt and Spleen” mettono in primo piano un senso di missione e un desiderio di risvegliare le coscienze che non passano inosservati. Ne parliamo con il frontman Mark ‘Barney’ Greenway, raggiunto per una breve chiacchierata al telefono.

QUESTI SONO TEMPI DIFFICILI: COME AVETE VISSUTO IL LOCKDOWN TU E GLI ALTRI DEL GRUPPO?
– Non ci vediamo da qualche tempo, ad essere onesto, ma so che stanno bene. Ci siamo visti credo un paio di volte da quando è iniziato tutto e abbiamo cercato di rispettare le regole e di mantenere le distanze anche fra di noi. All’inizio del lockdown Danny è tornato negli Stati Uniti perché c’era molta incertezza sul futuro e ovviamente non voleva restare qui senza avere determinate garanzie. È tornato negli USA e ha trascorso il lockdown con la sua famiglia. Shane è stato tutto il tempo con la sua famiglia: ha moglie e figli, si è ben guardato dal muoversi da casa. Io da qualche tempo abito sulla costa meridionale, in un paese vicino a Brighton: vivo solo e non ho dovuto cambiare granché il mio stile di vita. Mi sono goduto la spiaggia e sono uscito di mattina presto per andare in bici quasi ogni giorno. Conduco una vita molto semplice, non è stato un trauma adattarsi al lockdown.

IL VOSTRO ULTIMO TOUR EUROPEO SI È CONCLUSO POCO PRIMA DELL’INTRODUZIONE DEL LOCKDOWN. SIETE STATI FORTUNATI. ORA PERÒ DEVE ESSERE DURA PER VOI: SIETE UNA BAND CHE VIVE DI CONCERTI. COME FARETE NELL’IMMEDIATO FUTURO?
– Non abbiamo idea di dove andremo a parare. Sono moltissime le band nella nostra stessa situazione e credo che nessuna di esse abbia un piano preciso a questo punto. I Napalm Death, come dici tu, sono una band che vive di concerti: al momento è come se ci mancasse la terra sotto i piedi. Abbiamo discusso dell’opportunità di suonare qualche concerto online, ma per ora abbiamo deciso di evitare. Non sembra il contesto adatto per noi. Forse cambieremo idea in futuro, chissà.

NEL FRATTEMPO STATE PUBBLICANDO “THROES OF JOY IN THE JAWS OF DEFEATISM”, IL VOSTRO NUOVO ALBUM. COME AL SOLITO, TITOLO E TEMATICHE SARANNO STATI OPERA TUA…
– Il tema principale alla base di questo album è la discriminazione e la disumanizzazione. Abbiamo sempre avuto testi legati a questi concetti e il clima attuale è stato fonte di ulteriore ispirazione in questo senso. Qualunque cosa scriviamo, cerchiamo di renderla attuale e specifica per i tempi in cui viviamo. In questo momento vi sono governi in Europa che stanno formulando politiche sociali intorno alla disumanizzazione di gruppi come le persone LGBTQ+. In Polonia il governo ha annunciato di avere introdotto cosiddette ‘zone libere dai gay’ in alcune città, praticamente equiparando queste persone a dei fumatori o cose simili. Il fatto che esistano nel 2020 governi in grado di pensare e attuare cose tanto folli è davvero preoccupante per me. È altrettanto attuale la situazione dei rifugiati e delle persone che migrano da un luogo all’altro a causa di guerre e circostanze negative. Penso che il modo in cui questa gente viene apostrofata, il trattamento di queste persone su certi media e la percezione che si ha di esse sia molto preoccupante. Vi sono governi in tutta Europa che hanno trapiantato con successo nelle menti delle persone che questa gente rappresenta una minaccia per molti aspetti culturali ed economici delle popolazioni indigene. Se riesci a fare credere alla popolazione questa roba, poi il passo è breve per arrivare alla violenza effettiva nelle strade. Non dimentichiamoci che il fascismo è arrivato al potere in questa maniera: non sottovalutiamo certe avvisaglie. Insomma, questi sono temi che i Napalm Death hanno sempre trattato, ma il 2020 ce li ha messi sotto il naso con sempre più insistenza, quindi mi è sembrato giusto metterli al centro del nuovo disco.

COME GIUSTAMENTE HAI SOTTOLINEATO, QUESTO TIPO DI TEMATICHE È DA SEMPRE PARTE DELLA PROPOSTA NAPALM DEATH, EPPURE PUNTUALMENTE QUALCUNO SEMBRA SORPRENDERSI DI CERTE VOSTRE PRESE DI POSIZIONE. DI RECENTE È ANCHE CAPITATO AI RAGE AGAINST THE MACHINE, DOPO ALCUNI POST SUL MOVIMENTO BLACK LIVES MATTER. SEMBRA CHE ALCUNI ASCOLTATORI SI FERMINO SOLO ALLA MUSICA E NON SI ACCORGANO DI COSA VIENE DETTO NEI TESTI…
– Ho letto anch’io di quella persona che tutto ad un tratto si è accorta che i Rage Against The Machine sono di sinistra. Mi ha fatto ridere. Anche noi leggiamo commenti simili di tanto in tanto, ma in tono minore. Dopo tutto, se da un lato la nostra posizione su certi argomenti è chiara, dall’altro credo che sia innegabile come il nostro messaggio nei testi sia quasi sempre esposto in un modo meno esplicito di quanto si potrebbe inizialmente pensare. Non mi è mai interessato prendere la mia opinione e ficcarla nella gola di chi ci ascolta. Io uso questa piattaforma per esporre un concetto, poi lascio che il pubblico interpreti le mie parole come meglio crede e formuli una propria opinione a riguardo. L’obiettivo è fare riflettere, non fare cambiare idea a chi sta dall’altro lato. Ho imparato che se sei troppo rigido e ossessivo nell’esporre idee e slogan, poi è facile ottenere l’effetto contrario e attirare antipatia. Per questo non avremo mai testi come “Vaffanculo Trump” o cose del genere. Non ci vediamo come una band politicizzata: la politica divide le persone. Il nostro messaggio è strettamente umanitario.

IL NOME NAPALM DEATH TUTTAVIA PUÒ ISPIRARE ALTRO. SENZA DUBBIO VI SONO PERSONE CHE ANCORA OGGI PENSANO CHE SIATE UNA BAND DAI TESTI TRUCULENTI…
– Assolutamente! Questo luogo comune persiste anche nella scena metal. Capita ancora oggi che, quando suoniamo a quei grandi festival in Europa, qualche musicista si avvicini e, chiacchierando, mi dica cose come “Scommetto che avete tantissimi testi su come decapitare una persona”. E ogni volta devo rispondere che le cose non stanno proprio così. La convinzione che una band che suona il nostro tipo di musica debba per forza trattare certi argomenti è molto antiquata. Se la parola non evocasse immediatamente musica pop sdolcinata, potrei arrivare anche a dire che il messaggio dei Napalm Death è essenzialmente di amore verso il prossimo. Altro che omicidi e massacri.

TORNIAMO AL NUOVO ALBUM: HO VISTO CHE LE FOTO PROMOZIONALI A CORREDO NON VEDONO MITCH HARRIS ACCANTO A VOI. È ORMAI UFFICIALMENTE FUORI DAL GRUPPO?
– No, Mitch è ancora parte del gruppo, ma non in maniera attiva. Non c’è stato modo di includerlo nella foto session per il nuovo album, però è venuto a registrare con noi. Ci ha chiesto se avevamo bisogno di lui per registrare le chitarre e ovviamente siamo stati felici di averlo in studio. Tuttavia è ormai stabilmente negli Stati Uniti, ha una famiglia e il suo stile di vita non si concilia con i nostri impegni. Non ha composto niente per questo disco, ma saremo sempre aperti ai suoi input se in futuro avrà voglia di contribuire. So che non gli è passata la passione per la musica, ha altri progetti a cui sta lavorando, ma non si tratta di band che andranno in tour.

JOHN COOKE VI SEGUE IN TOUR COME CHITARRISTA ORMAI DA PARECCHI ANNI. NON AVETE MAI PENSATO DI RENDERLO UN MEMBRO UFFICIALE?
– John è un grande, ma è da tempo che io, Shane e Danny abbiamo deciso di non avere in line-up nuove persone. Se Mitch non rientra a tempo pieno, vogliamo restare un trio. John ha suonato qualcosa sul disco e anche in studio ha fatto il suo lavoro splendidamente. Ha i suoi progetti e su quello fronti può dare sfogo a tutta la sua creatività. Con noi invece suona la musica che noi prepariamo. A livello umano andiamo d’accordissimo e sono felice che faccia parte della nostra famiglia da così tanto tempo.

LA VOSTRA DETERMINAZIONE AD ANDARE AVANTI E A FARE GRUPPO FRA DI VOI DOPO TUTTI QUESTI ANNI È AMMIREVOLE. DOVE CONTINUATE A TROVARE FORZA E ISPIRAZIONE?
– Non è facile spiegarlo. So però che se un giorno non mi sentissi più completamente coinvolto nell’universo Napalm Death non esiterei a ritirarmi. Andrei a fare qualcos’altro della mia vita perché sono il tipo di persona che non è interessata a fare le cose al 50%: se faccio qualcosa voglio farla al 100%. Fortunatamente ho ancora quell’entusiasmo, che potrebbe cambiare un giorno, ma posso assicurarti che qualsiasi persona nella band al momento ha un entusiasmo e un impegno che non possono essere messi in discussione. Io personalmente nutro un reale amore per ciò che stiamo facendo: in alcune occasioni mi è capitato di pensare a cosa farei se non avessi il gruppo e non sono mai riuscito a trovare una risposta. I Napalm Death rappresentano ciò che sono, racchiudono tutta la mia vita. Non è solo musica o una forma d’arte, ma anche l’espressione del mio essere. Lo puoi capire leggendo i testi. Parlo di cose che penso e provo, non di fantasia. Se la band non ci fosse più mi troverei in difficoltà.

L’ENTUSIASMO SI PERCEPISCE ANCHE DALLA VOSTRA VOGLIA DI CAMBIARE E GUARDARE AVANTI. “THROES…” PRESENTA PIÙ DI QUALCHE BRANO LONTANO DAL MONDO DEATH-GRIND CHE VI HA RESO CELEBRI…
– Come band vogliamo stuzzicare e fare riflettere. Puoi dirlo per i testi – ne abbiamo già parlato – e puoi dirlo anche per la musica. Credo che non vi siano enormi differenze fra i primi album e il nuovo lavoro a livello di attitudine. Cerchiamo sempre di proporre musica che desti attenzione e che risulti fresca alle nostre orecchie. Ci sono persone che vorrebbero che facessimo un altro album di canzoni da venti secondi, ma che senso avrebbe? Lo abbiamo già fatto. Ci sono un milione di altre band che lo fanno là fuori. Non abbiamo interesse a ripeterci. In questi ultimi anni ci siamo avvicinati al sound di Swans, My Bloody Valentine, Sonic Youth… ma tutte queste influenze sono state mescolate alla classica impronta Napalm Death. Siamo sempre noi. Non vogliamo snaturarci, perché è imperativo per noi essere ruvidi e rumorosi alla base. Alcuni dischi degli anni Novanta erano sperimentali ma mancavano di anima, erano troppo puliti e innocui. Non puoi dire lo stesso dei nostri ultimi album. Anche quando la melodia o altri tipi di ritmiche entrano in gioco, la musica resta minacciosa.

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