NEAL MORSE – Il monaco e l’apostolo

Pubblicato il 10/10/2020 da

Se c’è un artista che certamente non sarebbe mai stato con le mani in mano durante il lockdown, quello è proprio Neal Morse. Il prolifico artista statunitense, infatti, è abituato a ritmi di lavoro incredibili e anche questa volta ha sfruttato al meglio i mesi passati chiuso in casa per mettere temporaneamente in standby la sua band, tornando alle origini della sua carriera solista, quando si occupava quasi in solitaria della produzione dei suoi album. Il risultato di queste sessioni è “Sola Gratia”, un concept album dedicato alla vita di San Paolo, con molti punti in comune con un altro capitolo della discografia di Morse, “Sola Scriptura”, dedicato invece alla vita di Martin Lutero. Abbiamo quindi raggiunto telefonicamente Neal per una chiacchierata sulla musica e, inevitabilmente, sul contesto che ha portato alla nascita di “Sola Gratia”.

CIAO NEAL, IL TUO NUOVO ALBUM “SOLA GRATIA” È STATO PUBBLICATO NONOSTANTE LA PANDEMIA E TU STESSO L’HAI DEFINITO IL TUO “ALBUM DELLA QUARANTENA”. COM’È STATO LAVORARE AD UN ALBUM IN QUESTE CONDIZIONI?
– È stata davvero una benedizione per me avere qualcosa di così coinvolgente da fare. L’album non è nato interamente durante la pandemia, c’erano già dei semi che stavano iniziando a sbocciare intorno a gennaio e febbraio. E avevo iniziato a lavorare al disco, almeno sulla carta, già alla fine di febbraio mentre negli Stati Uniti il Covid-19 ha colpito duramente solo a partire da marzo. Sono stato anche malato in quel periodo, sebbene il mio tampone fosse negativo: per quasi due settimane non ho potuto lavorare e questo mi ha rallentato, pur essendo già nel pieno del processo di composizione. Sono riuscito a completare la scrittura nel mese di marzo e ho iniziato le registrazioni alla fine del mese. Mike Portnoy e Randy George hanno registrato le loro parti nel mese di aprile e poi ho mandato il tutto a Rich Mouser per il missaggio. E’ stato molto interessante avere tutto questo tempo da poter sfruttare interamente nella creazione dell’album, dato che la maggior parte degli altri miei impegni era stata cancellata: si è trattato di un evento più unico che raro. “Non tutto il male viene per nuocere”, come si dice…

HAI DETTO DI ESSERE STATO MALATO PROPRIO IN CONCOMITANZA CON IL DIFFONDERSI DEL COVID-19 NEGLI STATI UNITI: ERI SPAVENTATO O PREOCCUPATO, IMMAGINO, VISTO QUELLO CHE STAVA ACCADENDO.
– Certo, c’è stata la paura, tutto era strano, ma avevo fede nel fatto che Dio ci avrebbe aiutato a superare anche questa prova. Ecco, il momento in cui ho avuto più paura è stato quando mi sono ammalato, perché non sapevo cosa aspettarmi: credo di essere stato una delle prime persone in assoluto a venire testate a Nashville. Eravamo davvero all’inizio e i medici stessi non sapevano ancora bene come comportarsi, le informazioni cambiavano di giorno in giorno. Però superato quel momento non posso dire di essere stato troppo spaventato, confidavo che ce l’avremmo fatta, anche se mi dispiace molto per tutti coloro che hanno sofferto molto più di me e la mia famiglia.

TU SEI STATO AIUTATO DALLA TUA FEDE, MA È ANCHE VERO CHE NON TUTTI RIESCONO AD AVERE QUESTA STESSA VISIONE DELLE COSE. AD ESEMPIO, ANCHE TRA CHI CREDE IN DIO, CI SONO PERSONE CHE CONSIDERANO LA MALATTIA COME UNA PUNIZIONE DIVINA, ALTRI CHE INVECE SI CHIEDONO COME DIO POSSA PERMETTERE CHE MIGLIAIA DI PERSONE MUOIANO SENZA INTERVENIRE. QUAL È LA TUA OPINIONE IN MERITO?
– Questa è proprio la sfida insita nell’avere fede. Ed è difficile quando c’è di mezzo la sofferenza, ad esempio quando ci si trova a perdere una persona cara dopo aver pregato tanto per lei. E’ difficile ogni volta in cui le tue preghiere non portano al risultato sperato. Ma d’altra parte saremo d’accordo sul fatto che nel mondo ci siano tante, tantissime cose, relative alla vita, all’universo, che non siamo in grado di comprendere. Quello che posso fare è fidarmi di Dio e sperare che tutto quello che accade alla fine sia indirizzato ad un Bene che ancora non riusciamo a vedere. E’ la sfida della fede e non esiste qualcuno che abbia la risposta perfetta per questo genere di domande.

TORNIAMO A “SOLA GRATIA”: CREDI CHE LA PANDEMIA ABBIA INFLUITO SUL PROCESSO DI COMPOSIZIONE DELL’ALBUM?
– Onestamente non penso nemmeno che sarebbe uscito quest’anno, se non fosse stato per questa situazione. Come dicevo ho una vita piena, con numerosi impegni… Ad esempio entrambi i miei figli si sono laureati quest’anno, quindi ci sarebbero state delle celebrazioni che invece abbiamo cancellato, viaggi che abbiamo dovuto annullare, ci siamo ritrovati così, di punto in bianco, a casa per mesi. Poi un’altra cosa che ha influito sull’album è stato il fatto di non poterci incontrare di persona, come invece facciamo abitualmente. Alla fine, però, sono convinto che l’album sia venuto così come sarebbe dovuto essere.

QUINDI POSSIAMO DIRE CHE IL RISULTATO FINALE È UGUALE A QUELLO CHE AVEVI IN MENTE QUANDO HAI INIZIATO A PENSARE A QUESTO NUOVO ALBUM.
– A dir la verità non ho mai un risultato finale in mente, è più una progressione graduale, che si modifica giorno dopo giorno. Hai un’idea, la trasformi in un frammento musicale, che poi si va a sommare ad altre idee ed altri tasselli… Quello che posso dire con certezza è che il risultato finale, quando l’ho potuto ascoltare nella sua interezza al termine dei lavori, non mi ha lasciato deluso. La batteria suona alla grande – Mike l’ha registrata a casa sua – e non smetterò mai di dire quanto sia eccezionale Rich Mouser, che è stato capace di prendere tutti questi suoni, provenienti da luoghi diversi, e trasformarli in qualcosa di coeso. Sono rimasto io per primo senza parole sulla qualità di un lavoro che è stato registrato in maniera completamente diversa rispetto a quella a cui siamo abituati. Sono molto contento e credo che la mia visione iniziale si sia realizzata in pieno.

SO CHE I TUOI COMPAGNI DI BAND, NEL REGISTRARE LE LORO PARTI, SI SONO LIMITATI AD ESEGUIRE QUANTO AVEVI GIÀ COMPOSTO, SENZA SOSTANZIALI VARIAZIONI, TANT’È CHE L’ALBUM È USCITO SOLO A TUO NOME E NON COME NEAL MORSE BAND. VUOI RACCONTARCI COM’È ANDATA?
– Devo dire che mi stimolava l’idea di realizzare un album come ero solito fare tanto tempo fa, all’epoca di “Testimony”, “One”, “?” e “Sola Scriptura”. Questi concept album sono stati scritti interamente da me e poi ci limitavamo a trovarci in studio e lavorare un po’ sugli arrangiamenti, sistemando alcuni dettagli, facendo un po’ di taglia-e-cuci… Quando ho mandato il materiale che avevo composto agli altri, avevo pensato di fare una riunione online, per discutere insieme dell’album, ma loro mi hanno risposto che gli piaceva così e che avrebbero suonato le loro parti così come erano state scritte. Questa è un’altra prova del fatto che l’album è venuto esattamente come doveva essere e spero che la gente lo apprezzi allo stesso modo.

“SOLA GRATIA” È UN CONCEPT ALBUM CHE RUOTA INTORNO ALLA FIGURA DI SAN PAOLO. COSA TI COLPISCE DI QUESTO PERSONAGGIO DELLA BIBBIA E COME MAI HAI SCELTO DI RACCONTARE LA SUA STORIA?
– Paolo è una figura molto interessante e controversa. La sua storia è unica, con episodi davvero drammatici. Mi è sempre piaciuto trattare questo genere di storie, sono una fonte inesauribile di musica: la battaglia tra la carne e lo spirito, cose così. Insomma, Paolo mi ha sempre affascinato ma non avevo mai preso in considerazione l’idea di scrivere un album sulla sua vicenda. A febbraio, invece, ho iniziato a fare dei tentativi, provando a scrivere qualche pezzo e a vedere quali sensazioni mi davano. Ovviamente la cosa ha funzionato, tant’è che sono andato avanti fino a completare un album.

PAOLO, PRIMA DI CONVERTIRSI, ERA UN PERSECUTORE DEI PRIMI CRISTIANI. COME HAI AFFRONTATO QUESTO ASPETTO DELLA SUA VITA?
– Questa è una tematica che ha avuto nell’album uno spazio di parecchio maggiore rispetto a quello che avevo immaginato all’inizio. A volte la musica è come se prendesse una vita propria e forse non è un caso che la prima canzone che ho composto per l’album sia stata proprio “In The Name Of The Lord”, che racconta di Paolo che si mette in viaggio verso Damasco per uccidere i cristiani. Poi mi sono ritrovato in molti altri passaggi a raccontare ciò che erano i farisei dell’epoca, il loro sentirsi dei prescelti, la luce degli occhi di Dio, e di come questo li facesse sentire talmente superiori da poter decidere di distruggere gli altri. Ovviamente questo non vuole essere un giudizio rivolto agli ebrei, questa è una descrizione di quello che succedeva all’epoca di Paolo, non ha nulla a che vedere con i giorni nostri. Non sto puntando il dito contro nessuno, sto solo raccontando una storia.

L’ALBUM NON RACCONTA L’INTERA VITA DI SAN PAOLO, MA SI CONCLUDE CON LA SUA CONVERSIONE SULLA VIA DI DAMASCO. CI POSSIAMO ASPETTARE DI ASCOLTARE UN SECONDO CAPITOLO IN FUTURO?
– Potrebbe anche essere! (Ride, ndR) Non mi dispiacerebbe dargli un seguito. Se Dio lo vorrà, magari tra qualche tempo avrò l’occasione di pubblicare un altro album solista. Di certo c’è ancora molto da raccontare.

IN QUESTO CASO, LO PUBBLICHERESTI SEMPRE COME ALBUM SOLISTA O VORRESTI COINVOLGERE TUTTA LA BAND?
– Visto che la prima parte è nata come album solista, credo che anche la seconda prenderebbe la stessa strada. Mi sembrerebbe strano cambiare a metà. Però ovviamente se gli altri fossero interessati a partecipare sarei molto aperto e vorrei ascoltare tutte le loro idee in merito. Si sa che a Dio piace mescolare le carte in tavola e noi dobbiamo essere elastici ed aperti al cambiamento.

“SOLA GRATIA” SI COLLEGA AD UN ALTRO TUO ALBUM, “SOLA SCRIPTURA”, CON IL QUALE HA DIVERSI PUNTI IN COMUNE. TI VA DI APPROFONDIRE QUESTO LEGAME?
– Ci sono diversi riferimenti musicali a “Sola Scriptura”. Se conosci l’album te ne sarai accorto in diverse occasioni. Nella mia testa, però, c’è anche un collegamento tematico, che potrebbe non essere così immediato: “Sola Scriptura” ha come tematica fondamentale la persecuzione di un uomo di fede genuina. In quell’album Martin Lutero rappresentava l’uomo di fede e la Chiesa cattolica dell’epoca era il persecutore. In quest’album, invece, Paolo è inizialmente il persecutore, ma dopo la sua conversione è lui a subire lo stesso destino, praticamente da parte di tutti gli altri! Alla base di tutto c’è sempre qualcuno che crede di essere il prescelto, di avere la verità e di dover fermare qualcuno che non la pensa allo stesso modo. Questa è la connessione che vedo tra i due album.

PIÙ O MENO UN ANNO FA TI ABBIAMO INTERVISTATO PER L’USCITA DI “JESUS CHRIST THE EXORCIST”, PUBBLICATO PER FRONTIERS RECORDS. A DISTANZA DI UN ANNO QUAL È IL TUO BILANCIO DI QUEL DISCO? CAMBIERESTI QUALCOSA?
– No, no, sono molto soddisfatto del risultato finale! La performance dal vivo, anche, è stata grandiosa. Non vedo l’ora che possiate vederla anche voi: è prevista un’uscita in CD e DVD, sempre per la Frontiers Records, e non vediamo l’ora di mostrarlo al pubblico.

ECCO, ALL’EPOCA DELLA NOSTRA INTERVISTA CI AVEVI ANTICIPATO CHE TI SAREBBE PIACIUTO REALIZZARE UN VERO E PROPRIO MUSICAL PER PORTARE IN SCENA LA STORIA NARRATA NELL’ALBUM. OVVIAMENTE ORA DIVENTA ANCORA PIÙ DIFFICILE, MA SEI RIUSCITO A REALIZZARE QUESTO PROGETTO IN QUALCHE OCCASIONE?
– No, non esattamente sotto forma di musical. Quello che siamo riusciti a realizzare al Morse Fest è uno spettacolo che per tre quarti è composto dalla musica e per un quarto dalle parti recitate. Un palco minimale, ma che comunque riesce a rendere l’idea complessiva. Certo, ovviamente mi sarebbe piaciuta una produzione completa, in stile Broadway. Chissà, magari un giorno… Al momento non abbiamo piani, anche perché ovviamente ora sarebbe un rischio organizzare qualcosa di così impegnativo. Ci dovrebbe essere una richiesta davvero molto alta, ma certamente a me piacerebbe moltissimo.

TU SEI UN ARTISTA ESTREMAMENTE PROLIFICO E RIESCI A PUBBLICARE UN DISCO ALL’ANNO, SE NON DI PIÙ. COME TI PONI RISPETTO ALLE DICHIARAZIONI DEL CEO DI SPOTIFY, DANIEL EK, CHE SOSTIENE CHE QUESTO TIPO DI RITMO DI PRODUZIONE DEBBA ESSERE LA NORMA PER POTER FUNZIONARE?
– Francamente non penso che l’attuale modello di business sia sostenibile per la discografia. Non solo per gli artisti, ma per l’intera industria, dagli ingegneri a chi lavora nel marketing. Ho un amico che lavorava alla Warner e mi diceva che dove prima c’erano quattrocento impiegati, ora ce ne sono tre. E’ tutto molto triste, ed ecco perché ho creato Waterfall, la mia app di streaming dove puoi trovare tutta la mia musica, tutti i miei progetti, compreso anche cose che non troverai da nessun’altra parte. Perché sono convinto che lo streaming sia una realtà che rimarrà, non c’è un’alternativa. Penso che sia fantastico per il consumatore finale. Qualche giorno fa ho chiesto a mio figlio: “Se volessi farti ascoltare ‘Sola Gratia’, quale sarebbe il modo migliore per farlo?”. E la sua risposta è stata che avrei dovuto pubblicarlo su Spotify o Apple Music (cosa che tra l’altro succederà, dato che la Inside Out Music si serve di questi servizi). Quindi mi rendo conto di come questa sia una grande risorsa e la mia risposta a questa richiesta è stata la creazione di Waterfall.

PER CONTRO IL GENERE DI MUSICA CHE PROPONI NON SI SPOSA BENISSIMO CON LA FRUIZIONE TIPICA DI SPOTIFY, CHE È PENSATA PIÙ SULLE PLAYLIST CHE NON SULL’ASCOLTO DI UN INTERO CONCEPT ALBUM…
– Sì, ascoltare un mio disco è un’esperienza più simile al sedersi sul divano, con calma, e guardare un film, molte persone invece usano la musica semplicemente come sottofondo. Sarebbe bello se tutti volessero provare ad avvicinarsi ad un ascolto diverso, ma con il tempo ho accettato il fatto che la mia musica semplicemente non è per tutti e va bene così.

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