Alex DeLarge e la sua amata ultraviolenza; Alex DeLarge e il suo amato Ludovico Van. Ingredienti fondamentali e immortali che rimandano ad un’opera, letterale e cinematografica, davvero unica. “Arancia Meccanica”, nella versione su pellicola del maestro Kubrick, è qualcosa di più di un cult: ha ispirato teorie, altrettante riflessioni e pure revisioni o rivisitazioni. Ed è proprio in quest’ultima espressione che si sono imbattuti i Necrodeath: replicando in musica alcune scene del celebre film, i quattro ‘drughi’ liguri hanno deciso di omaggiarlo a modo loro, riportando nell’ultimo “Singin’ In The Pain” quella sana follia ed immoralità che permea il film. Un’operazione nata dalla passione viscerale nei confronti del lavoro messo in scena dal regista statunitense, e che ha portato la band di Genova a bollare la casella numero tredici all’interno della propria carriera discografica. Del nuovo album e non solo, ne abbiamo parlato insieme a Peso, Flegias e Pier Gonnella. Buona lettura!
CIAO RAGAZZI E BENTORNATI TRA LE PAGINE DI METALITALIA.COM. A FINE NOVEMBRE (L’INTERVISTA SI È SVOLTA NEL MESE DI OTTOBRE, NDR) USCIRA’ IL VOSTRO ALBUM NUMERO TREDICI, “SINGIN’ IN THE PAIN”. DOMANDA OVVIA: DA DOVE E’ NATA L’IDEA DI METTERE IN MUSICA UN’OPERA LETTERARIA, E CINEMATOGRAFICA, DEL CALIBRO DI “ARANCIA MECCANICA”?
Peso: – “Arancia meccanica” mi ha sempre sbalordito; è il capolavoro di Kubrick, a mio avviso. L’uso del grandangolo, la prospettiva, la trama, le distanze e le proporzioni sfalsate, la violenza e l’ironia miscelate perfettamente, la fotografia e naturalmente tutto il messaggio che si nasconde tra le righe, che potremmo riassumere in un ‘le apparenze ingannano’ o in un ‘siamo veramente liberi nella nostra società?’. Per anni mi sono sempre detto che mi sarebbe piaciuto, da musicista, ritrasportare in musica tutte le mie sensazioni assorbite in questo film iconico, e quando l’ho proposto ai miei drughi – scusa, agli altri Necrodeath – hanno tutti accettato volentieri la mia idea. Abbiamo affrontato così il nostro tredicesimo album con il concept che si basa essenzialmente sulla vita di questo ragazzo Alex (anche il nome non è casuale a mio avviso, visto che dal latino si deduce che ‘a-lex‘ significa ‘senza legge’), che non vuole rinunciare a nessun piacere e obbedire a nessuna regola, andando per cui al di là della morale inglese, che censurerà il film per oltre venticinque anni. Reinterpretare in musica certe scene è stato emozionante e faticoso, un lavoro iniziato qualche giorno dopo la nostra reclusione in lockdown, nel marzo del 2020, e durato un paio d’anni. Ne siamo fieri e consapevoli di aver gestito al meglio che potevamo le nostre capacità musicali rispettando il marchio Necrodeath, e speriamo dunque che anche i nostri affezionatissimi possano apprezzare.
IN EFFETTI, ORA CHE CI PENSO, IN OCCASIONE DELL’USCITA DEL SINGOLO “TRANSFORMER TREATMENT” A MARZO, E’ INIZIATA A CIRCOLARE UN’IMMAGINE DI VOI QUATTRO MENTRE CAMMINATE IN FIANCO AD UNA SORTA DI PISCINA (A PROPOSITO, DOVE ERAVATE?) IMITANDO ALEX E I SUOI DRUGHI IN UNA DELLE SCENE PIU’ FAMOSE DEL FILM.
Flegias: – Sì, volevamo ricreare una sorta di trailer del nuovo album scimmiottando una famosa scena del film, quella dove Alex impone il suo status di comando sugli altri drughi. L’illuminazione mi è venuta guardando una foto che aveva pubblicato un nostro amico sui social mettendo in bella mostra la sua nuova moto. Gli telefonai subito e gli chiesi dov’era questo posto, perfetto per noi: c’era la passerella, l’acqua a filo camminata e l’ambiente urbano. Il problema nacque quando scoprimmo che si trattava di Padova… non proprio dietro l’angolo, per noi, e in più si trattava di una zona privata facente capo una società alberghiera. Non demordo e faccio un sopralluogo, scatto le foto di prova con uno smartphone e le sottopongo agli altri. Una volta avuto il benestare della band e organizzata una trasferta, chiamo il direttore della società e gli chiedo formalmente il permesso di filmare un scena lì in tal giorno. Otteniamo il nullaosta e ci rechiamo tutti agghindati per lo shooting. Peccato che una volta lì l’acqua l’avevano tolta per permettere dei lavori di pulizia. Immaginate il mio sconforto di fronte a quella situazione… fatto sta che abbiamo girato la scena lo stesso e una volta arrivato a casa mi sono subito messo alla post-produzione inserendo l’acqua grazie ai prodigi della tecnologia (e all’abilità del videomaker).
ANCHE IL TITOLO DEL DISCO E’ PARTICOLARE, FACENDO IL VERSO AL “SINGING IN THE RAIN” CHE ALEX CANTICCHIA DURANTE LA SUA INTRUSIONE IN CASA DELLO SCRITTORE FRANK ALEXANDER. COM’E’ NATO IL PARALLELISMO TRA I DUE TITOLI?
Peso: – E’ una scena incredibile, quella: Kubrick riesce a far diventare grottesco uno degli atti più vili e deplorevoli che l’uomo può compiere. Lui era così perfezionista che sottoponeva gli attori a giornate estenuanti prima di ottenere la scena come l’aveva in testa, e questa fu girata talmente tante volte che l’attrice protagonista decise di abbandonare il set al secondo giorno di riprese, per cui quella che vediamo nel film è la sostituta. Alla fine Kubrick chiese a Malcom McDowell di canticchiare qualcosa di allegro per rendere il tutto ancora più deforme e surreale e lui improvvisò appunto “Singin In The Rain” di G. Kelly; Tarantino ci abituerà in seguito più volte ad accostare scene di pura violenza pulp a musiche felici e spensierate. “Singin’ In The Pain” è ovviamente un gioco di parole che riassume però il concept del romanzo, del film e a questo punto del nostro album, ovvero il dolore sia fisico che psicologico.
ALTRA NOTA PARTICOLARE E’ SICURAMENTE LA VOCE NARRANTE, QUELLA DI TONY DEMOLITION MAN DEI VENOM INC.: COM’E’ NATA LA COLLABORAZIONE CON LUI?
Peso: – Tony è un caro amico con il quale, oltre ad aver diviso il palco diverse volte, abbiamo già collaborato; in particolare ricordo volentieri quando con Mantas sono venuti a Rapallo nei nostri studi della Musicart per registrare le loro parti, come ospiti nel singolo “Headhunting”. Detto ciò e ricollegandoci al film, notiamo sin dalle prime immagini che Kubrick fa una cosa geniale, usando la voce narrante di Alex verso noi spettatori come in una sorta di confessione, creando così una vera e propria empatia. Questa voce fuori campo ci ha dato lo spunto nel collegare i vari brani per coinvolgere ulteriormente il nostro ascoltatore in tutto l’album, per cui ho iniziato nella fase di pre-produzione a riprendere delle citazioni e usarle come introduzione alle varie canzoni, ma il mio inglese non è credibile. Ho rifatto tutte le parti in italiano e la cosa ci aveva quasi convinto, ma era evidente che stava diventando un po’ forzata, in quanto certe interpretazioni vanno fatte come si deve. Un bel giorno Flegias mi chiama e mi dice, con mia grande sorpresa, che il nostro amico Tony non è solo un cantante e bassista ma è anche un attore e che lui avrebbe potuto fare il caso nostro. Appena abbiamo spiegato il tutto a Tony, lui si è subito messo a disposizione fino ad ottenere il risultato che senti sul disco, e alla fine di mio è rimasto solo il canticchio iniziale.
COME SI SONO SVOLTE LE REGISTRAZIONI DI “SINGIN’ IN THE PAIN”?
Pier Gonella: – Diciamo in tranquillità. Buona parte delle riprese e del mixaggio sono avvenute nel periodo Covid, per cui abbiamo dedicato allo studio tempo che solitamente dedicavamo alle prove ed ai concerti. Per quanto riguarda l’aspetto più tecnico siamo rimasti il più possibile nella ‘vecchia scuola’, quindi senza troppe ‘quantizzazioni’ o aggiustamenti al computer che spesso ‘asciugano’ il lavoro rendendolo privo di dinamica. Curando personalmente la registrazione, ho fatto largo uso di preamplificatori e compressori valvolari tipici degli anni 80 per compensare a maggior ragione la perfezione esagerata dei software.
ANDIAMO NEL DETTAGLIO DI ALCUNI BRANI. UNO DEI PEZZI PIU’ TIRATI È “THE (IN)SANE ULTRAVIOLENCE”. COSA STA A SIGNIFICARE QUELLA PARENTESI? L’ULTRAVIOLENZA E’ SANA? INSANA? O ENTRAMBE LE COSE? VI SENTITE IN QUALCHE MODO DEGLI AMBASCIATORI DELL’ULTRAVIOLENZA SONORA ALL’INTERNO DEL PANORAMA ESTREMO ITALIANO?
Peso: – Il film di “Arancia meccanica” è stato censurato in Inghilterra per oltre venticinqueanni, è stato vietato ai minori di diciotto anni in Spagna e in Corea del Sud, e anche in Italia ha subìto da parte della censura una denuncia dalle autorità giudiziarie per le scene di sesso e violenza, fortunatamente senza successo qui da noi, in quanto le prime sono ottenute dal genio di Kubrick con ‘effetto Ridolini’ o con l’uso dello slow motion, per cui non idonee a suscitare lussuria, mentre le seconde servono allo spettatore a mostrare la personalità del protagonista, in modo da affrontare con consapevolezza la seconda parte del film, per cui mai fine a se stesse e mai ad esaltare una apologia di violenza. Personalmente reputo altri migliaia di film molto più violenti, ma Kubrick, maestro della provocazione, fa diventare con la sua sfacciataggine, la sua ironia e il suo eccesso, tutto un circo, creando così un vero disagio allo spettatore. Violenza ‘sana e amata’ per citare il film, insana invece per condannarla sempre e in tutte le sue forme. Ma qual è il vero messaggio del film? E soprattutto, è solo Alex l’artefice di così tanta violenza? Completando la risposta alla tua domanda, quello che penso dei Necrodeath, specialmente riguardo a un genere musicale estremo e violento, è che siamo stati dei pionieri e che ancora oggi proviamo passione per questo genere musicale di nicchia; non c’è nessuna carica istituzionale, nessun ambasciatore, nessuna gerarchia: siamo solo degli appassionati, che continuano nonostante l’età a proporre la musica con la quale siamo cresciuti.
PURE “THE SWEET UP AND DOWN” BALZA ALL’ORECCHIO PER IL SUO ANDAMENTO OSCURO E AMMALIANTE. COME AVETE DECISO LA STRUTTURA DEI VARI PEZZI?
Pier Gonella: – Anche qui siamo andati a ruota libera. Come facciamo di solito, le prime idee a livello compositivo arrivano da Peso, seguite da Flegias e dagli altri. Di solito Peso si affianca a me facendomi sentire col basso (come in tutto il brano “Oomny-ones”) le varie idee che gli frullano in testa, e da lì ottimizziamo la struttura del brano. “The Sweet Up and Down” ha una sonorità diabolica ed intrigante. Mentre prendeva forma abbiamo capito che poteva avere una sorte di onda alla Celtic Frost nell’apertura del chorus, per cui abbiamo chiamato Valentina Rose, una nostra amica musicista, nonché insegnante qui della nostra scuola Musicart, che con i suoi archi ha cosi arrangiato tutti i ritornelli.
ANCHE “OOMNY-OMNES” E’ MOLTO INTRIGANTE: SEMBRA IN ALCUNI PUNTI, SOPRATUTTO NELLA FASE INIZIALE, DI ASCOLTARE UN PEZZO DEI DEATH SS. E’ SOLO UNA MIA IMPRESSIONE?
Flegias: – Spero sia solo una tua impressione, senza nulla togliere a questo grande gruppo della quale posseggo anche dei dischi, la nostra fonte d’ispirazione per questo brano ha avuto origini ben diverse… ascoltando roba tipo i The Cure. Abbiamo osato, cercando di fare un brano che nulla avesse a che vedere con noi ma mantenendo la nostra identità. Infatti nella sua struttura sono assenti tutti i nostri classici elementi compositivi, anche Peso ha rinunciato a qualsiasi tipo di fill di batteria. A fine registrazione mi sono reso conto che questo brano non mi usciva più dalla testa e ho insistito affinché lo scegliessimo come video di lancio per quest’album. Sono perfettamente conscio che esordire con un brano così potrà sembrare fuorviante rispetto al contenuto molto più violento dell’intero album, ma spero che risuoni in testa a tutti questo pezzo, così come è capitato a me.
OGNI BRANO COMUNQUE RIESCE A RICALCARE L’EPISODIO RIPORTATO IN PELLICOLA, APPLICANDO IL TRADEMARK DEI NECRODEATH. UNA PICCOLA NOTA: ALCUNI PEZZI LASCIANO FORSE UN PO’ DI ‘AMARO IN BOCCA’ SUL FINALE, SFUMANDO ALL’IMPROVVISO, UN PO’ BRUSCAMENTE (PENSO ALLA STESSA “TRANSFORMER TREATMENT”, “REDEMPERDITION” OPPURE “655321”). COSA PENSATE A RIGUARDO?
Peso: – Si ogni pezzo è un riferimento a una delle scene del film, escluso forse “Anti-hero” dove, ripartendo dal concetto di un trattamento forzato che doma il protagonista dall’istinto della violenza, andiamo a fare un’analisi su Alex e su ognuno di noi, come una sorte di riflessione finale del concept, dove il cameo di Eric Forrest in lingua francese esalta questo aspetto ponendoci così la domanda: “lo perdoniamo o lo condanniamo?”, “Alex è un carnefice o una vittima?”. Per cui, ritornando alla tua domanda, mi fa molto piacere che ogni traccia ti abbia riportato alle scene del film e fatto così viaggiare in quel mondo distopico. Riguardo ai finali di canzone da te citati, capisco che il fade-out non appartenga molto al mondo metal, ma il fatto che tra un pezzo e l’altro non ci sarebbe stato mai un solo secondo di silenzio, visto anche il collegamento della voce di Tony; invece ci piaceva il fatto che, mentre un capitolo svaniva, l’altro appariva incrociandosi, ed ecco perché in quei tre pezzi la nostra scelta – che è puramente artistica e soggettiva, per cui criticabilissima – si è mossa in questa direzione.
RIMAMENDO IN AMBITO CINEMATOGRAFICO, “ARANCIA MECCANICA” USCI’ NEL 1971 (BASATO SUL ROMANZO DISTOPICO DI BURGESS DI NOVE ANNI PRIMA), PREFIGURANDO UNA SOCIETA’ BASATA SULLA VIOLENZA, SOPRATTUTTO GIOVANILE. ORA, A CINQUANT’ANNI DALLA SUA USCITA, CON I DOVUTI PARAGONI ED ECCESSI, COME SIAMO MESSI RISPETTO AL QUADRO PRESENTATO DA BURGESS PRIMA E DA KUBRIK POI?
Peso: – Quella in cui viviamo è la vita di tutti i giorni, non visionaria ma reale, che messa a confronto con la visione distopica dei due autori considero peggiore sotto tutti i punti di vista, con l’aggravante, che a quei tempi era impossibile da attuare, del cyberbullismo. Oggi quante iene da tastiera passano la loro giornata a denigrare e offendere tutto e tutti? C’è la presunzione di saper tutto e di più, di volertelo scrivere quasi addosso, brutalmente, a volte dietro un ridicolo nickname per non farsi rintracciare… La violenza ha tante sfaccettature: considero quella attuale la più subdola di esse; un tema che avevamo già affrontato in “The Age of Dead Christ” con il brano “The Whore of Salem”.
NON E’ LA PRIMA VOLTA CHE VI APPROCCIATE ALLA STESURA DI UN CONCEPT ALBUM, O COMUNQUE, AD UN LAVORO, COME DIRE, ‘RICERCATO’. QUAL ERA IL VOSTRO OBIETTIVO CON “SINGIN’ IN THE PAIN”?
Pier Gonella: – La scommessa, quando ci dedichiamo ad un album nuovo, è sempre la stessa: mantenere il trademark Necrodeath ed il suo stile estremo cercando di inserire qualcosa di nuovo ed originale nelle musiche e nelle tematiche dei testi. Il disco doveva ‘musicare’ al meglio l’intreccio di violenza, assurda ironia e particolarità del film “Arancia Meccanica”. Ogni brano racconta qualche momento saliente del film riproponendo le stesse emozioni.
AVETE INTENZIONE DI PORTARE ON STAGE L’ALBUM, MAGARI CON LA PROIEZIONE DI QUALCHE SPEZZONE DI FILM O, PERCHE’ NO, VESTENDOVI ANCHE VOI DA DRUGHI?
Flegias: – A parte l’anteprima del nostro nuovo video, che proietteremo al concerto del 29 ottobre al Midnight Club di Grassobbio (BG), non faremo operazioni di travestimento o di creare artifizi visivi. Il nostro show è nudo e crudo, questo i nostri fan lo sanno bene. Non cambieremo il nostro approccio on stage.
A PROPOSITO DI LIVE, QUEST’ESTATE AVETE PRESENZIATO AL CERNUNNOS ROCK FEST, DURANTE IL QUALE LE COSE NON SONO ANDATE PROPRIO COME CE LE SI ASPETTAVA. COSA POTETE DIRE A RIGUARDO?
Flegias: – Per noi è stato un concerto come tanti altri. Addirittura avevamo un contratto firmato già da un anno prima. Anzi, con noi la produzione è stata più che onesta, onorando ogni punto del contratto senza dover andar a rincorrerli. Poi c’è stata tutta questa shit storming (o come si dice), che ci ha preoccupati al punto che ci siamo anche chiesti se andare o no, ma noi avevamo preso un impegno e non vedo perché non avremmo dovuto rispettarlo. Peccato, perché alla fine c’era poca gente in un ambiente così grande e così ben strutturato, in un’area magnifica. Ma i Necrodeath non si sono mai tirati indietro a suonare, fosse anche di fronte a una persona. Con questo non voglio giustificare nessuno, immagino ci siano stati dei grossi problemi per non far suonare alcune band arrivate dall’estero, ma ribadisco: per noi non c’è stato nessun problema.
NECRODEATH CHE NON INTENDONO INDIETREGGIARE DI UN PASSO, DA CUI ANCHE LA RECENTE FIRMA CON LA TIMETOKILL RECORDS. COME GIUDICATE QUESTO NUOVO CONNUBIO?
Flegias: – Ho conosciuto la Time To Kill tramite la mia collaborazione con il progetto benefico Sabbatonero, disco tributo ai Black Sabbath. Ho scoperto che alle redini si trovava un nostro caro amico di vecchia data, per cui è stato facile iniziare questo rapporto nel migliore dei modi. La collaborazione è entusiasta, ci capiamo al volo: pochi fronzoli e tanta sostanza. L’etichetta sembra crescere a vista d’occhio ed è piena di iniziative. Il fatto che ci sentiamo e ci confrontiamo periodicamente ci fa sentire in buone mani.
ULTIMA DOMANDA: COME VEDETE LA SCENA ESTREMA ITALIANA? C’E’ QUALCHE BAND CHE VOLETE SUGGERIRE E CHE MERITA PARTICOLARE ATTENZIONE?
Flegias: – La scena italiana ormai è stracolma di valide band ed è difficile seguirla con attenzione per noi che ormai siamo prossimi alla pensione (ride, ndr). Porto acqua al nostro mulino e quindi mi sento di riportare i nomi di gruppi nella quale militiamo, se qualcuno non li conoscesse ancora: i Cadaveria dove suono sia io che G.L., Giulia and the Roofers con Peso alle pelli, Mastercastle e Vanexa con il nostro Pier. Giusto per non essere troppo di parte e visto che sto seguendo con attenzione il loro nuovo lavoro, mi sento anche di consigliarvi il nuovo Death Dies (ex Evol) presto in uscita.