I dischi postumi sono spesso sorgente di infinite discussioni, sia per il loro valore intrinseco che per questioni relative ad una sorta di etica legata alla loro pubblicazione, più o meno opportuna e non sempre condivisa. Senza andare a scomodare chissà quali vicende, le controversie legate alle pubblicazioni postume dei Death di Chuck Schuldiner – che sono arrivate anche ad investire sfere legali – sono state materia ampiamente dibattuta.
Un disco postumo dei Necrophagia ha un suo sapore nostalgico, è vero, e crediamo (ma soprattutto speriamo) che la componente controversa stavolta sia assolutamente minoritaria se non inesistente. Musicalmente parlando “Moribundis Grim”, come detto in sede di recensione, ci da la possibilità di risentire in qualche modo Killjoy (scomparso nel 2018 per problemi cardiaci) e soci, anche se si tratta di un disco per collezionisti e fan accaniti e non un nuovo album.
Chiarito questo, non è assolutamente mal fatto, anzi, ed esibisce un paio di chicche come la title-track (dove appare John McEntee degli Incantation) e gli strumentali conclusivi, arricchiti da dei buonissimi suoni di tastiera a cura, tra l’altro, di Mirai Kawashima dei giapponesi Sigh. Ne abbiamo parlato con Titta Tani, membro della formazione negli anni Duemila.
PRIMA DI TUTTO CREDO SIA IL CASO CHE CI SPIEGHI PER BENE LA GENESI DI “MORIBUNDIS GRIM”, SOPRATTUTTO LA PARTE TECNICA. E’ EVIDENTE CHE SI TRATTI DI MATERIALE NON FINITO CONCLUSO IN SEGUITO CON L’AIUTO DI ALTRI MUSICISTI TRA CUI JOHN McENTEE, MA CI PIACEREBBE CHE SCENDESSI MEGLIO NEI DETTAGLI, ANCHE TEMPORALMENTE.
DAL PUNTO DI VISTA TECNICO, TRA L’ALTRO, CON LE TECNOLOGIE DI OGGI DOVREBBE ESSERE MOLTO PIÙ SEMPLICE REALIZZARE DISCHI COME QUESTO…
– Grazie in anticipo per lo spazio concessoci! In “Moribundis Grim” ci sono delle registrazioni risalenti al 2017, anno in cui Killjoy stava scrivendo musica inedita e, come in tutte le situazioni di questo tipo, il materiale poi è rimasto nel famoso ‘cassetto’. Ci sono anche delle cover ed un pezzo live preso dal tour sempre del 2017. Per la title-track, è dovuto intervenire John per delle parti di voci mancanti ed Il risultato dell’intero disco comunque è ‘marcio’ al punto giusto, nel classico stile dei Necrophagia.
PERCHÉ PROPRIO JOHN MCENTEE?
– John e Killjoy erano legati da una profonda amicizia, rispetto e stima reciproca. Appena Serge mi ha coinvolto nel progetto per riesumare – solo ed esclusivamente per questo disco – alcuni brani dei Necrophagia, per risolvere il problema di alcune parti di voce mancanti, l’idea di coinvolgerlo mi è subito balenata, visto che io e John ci conosciamo da un po’.
L’ho contattato e dopo un po’ mi ha dato il suo benestare. Ci ha pensato molto, soprattutto per il legame che c’era tra loro, in modo da riuscire a dare il giusto ‘rispetto’ al lavoro di Killjoy.
NELL’EPOCA DEL DIGITALE – CHE COINCIDE ANCHE CON IL PERIODO DI ‘INVECCHIAMENTO’ DEGLI ARTISTI ROCK E METAL – LE OPERAZIONI POSTUME SONO ORMAI DIVENTATE ABBASTANZA COMUNI. COME POSSIAMO INQUADRARE QUESTA? PERSONALMENTE, ANCHE DA FAN DEL GENERE, MI ERO COMPLETAMENTE PERSO CHE CI FOSSE DEL MATERIALE NON FINITO DEI NECROPHAGIA: FINO A POCHISSIMO TEMPO FA NON SI ERA MAI PARLATO DI UN ‘DISCO PERDUTO’…
– Guarda, non ci sono cose strane sotto, c’era solo la voglia di far sentire ai fan più accaniti alcuni brani che erano rimasti nel cassetto: grazie alla Time To Kill siamo riusciti nell’intento. I diritti vanno alla famiglia quindi la cosa è per la maggior parte una questione di ‘cuore’.
SEI STATO PARTE DELLA BAND PER DIVERSI ANNI: NON ERANO PERO’ GLI ANNI MIGLIORI PER IL DEATH METAL, RINATO SOLAMENTE DOPO (SI DICE DAL 2016, DI SOLITO, COL SUCCESSO DEI BLOOD INCANTATION). CHE RICORDI HAI DI QUEL PERIODO A LIVELLO DI POPOLARITA’ DEL GENERE?
– Sono stato membro effettivo dal 2002 al 2005 con due album, un EP, un DVD live, un tour in America ed uno in Europa. In quei tre anni di cose ne abbiamo fatte anche se la band era quasi tipo la barzelletta: “c’è un giapponese, un americano ed un italiano” (ride, ndr). Il periodo non era male, ma ovviamente ne abbiamo risentito con concerti belli e brutti – come succede spesso a tutti, a meno che non ti chiami Metallica!
NARRATIVAMENTE PARLANDO INVECE, QUALI SONO GLI EPISODI PIÙ BELLI, BRUTTI O BUFFI DI QUEGLI ANNI IN STUDIO E IN TOUR?
– In studio in Norvegia ci siamo divertiti molto, in un clima davvero gioviale, anche se non ci conoscevamo così bene (ognuno di noi aveva fatto i compiti a casa). Quando si suona si instaurano bei rapporti: i chitarristi ed il bassista erano norvegesi, al tempo, e quindi diciamo un po’ freddi di natura, anche se successivamente ci siamo un po’ tutti rilassati.
In tour la faccenda è differente: è necessario dare comunque sempre il massimo, con musica ‘bella tosta’; oltre a questo, sia che si suoni davanti a cento o mille persone si deve spaccare! Highlight del tour europeo è stato di sicuro lo slot da headliner all’Inferno Fest ad Oslo, con poco prima di noi addirittura i Children of Bodom!
CI FAI UN RITRATTO DI KILLJOY PERSONA E MUSICISTA? I ‘COCCODRILLI’ LASCIANO IL TEMPO CHE TROVANO, MA IN TANTI ANNI NON ABBIAMO DAVVERO MAI SENTITO ALCUNA POLEMICA LEGATA A LUI, SEMBRAVA DAVVERO PIACERE A TUTTI…
– Le sue origini italiane lo facevano essere sempre bello sorridente, ma anche molto severo in alcune situazioni. Era di statura molto bassa, ma l’energia che sprigionava era chiara a tutti. Era un gran collante per tutta la band e per me una gran bella amicizia.
Siamo riusciti a re-incontrarci nel 2017, fortunatamente: io per un concerto con i Goblin e lui di spalla agli I Am Morbid di David Vincent. Mi sono sparato ottanta chilometri dopo il mio sound-check, solo per dargli un saluto: col senno di poi, ho fatto davvero bene alla luce di quello che poi gli è successo.
E’ PREVISTO UN QUALCHE TRIBUTO DAL VIVO AI NECROPHAGIA? ANCHE SEMPLICEMENTE IN CONTESTI/DATE UNICHE? SE NE È MAI PARLATO?
– Siamo d’accordo con la famiglia che “no Killjoy, no Necrophagia”. Detto questo, la voglia di risuonare dei brani che io ho suonato al tempo è tanta, quindi chissà…
TU SEI UN MUSICISTA PARTICOLARE: O VOCE O BATTERIA, E NON INSIEME (COME AD ESEMPIO FA CHRIS REIFERT, PER CAPIRCI). COME È MATURATA QUESTA TUA EVOLUZIONE COME MUSICISTA NEL TEMPO? SCOMMETTO CHE SAI SUONARE ANCHE ALTRO…
– Chris Reifert (degli Autopsy, ndr) suona e canta allo stesso tempo e a dir la verità io ho fatto lo stesso suonando i Dream Theater con una delle prime cover band a loro dedicate. Ora faccio o l’uno o l’altro perché sono vecchio (ride, ndr). Suono anche basso, chitarra e pianoforte (e questo mi aiuta con gli allievi quando faccio lezioni).
DI TUTTE LE ESPERIENZE MUSICALI TUE CONCLUSE, CE NE SONO ALCUNE CHE TI MANCANO PARTICOLARMENTE E VORRESTI IN QUALCHE MODO RIAPRIRE SE POTESSI?
– I Necrophagia sono stati un progetto davvero particolare e sarebbe sicuramente l’unico che mi darebbe ancora delle belle emozioni. Ma “no Killjoy, No Necrophagia”, come detto.
UN ALTRO CELEBRE PROGETTO IN CUI SEI STATO COINVOLTO SONO I GOBLIN DI CLAUDIO SIMONETTI. LA MIA DOMANDA È: AVRESTI MAI OGGETTIVAMENTE PENSATO CHE AD UN CERTO PUNTO LA MUSICA METAL, ADDIRITTURA QUELLA ESTREMA, POTESSE INCROCIARSI COSÌ TANTO CON MUSICA DI TRADIZIONE CINEMATOGRAFICA E VIRTUALMENTE ABBASTANZA LONTANA DAL METAL? SU QUALI PRESUPPOSTI CULTURALI SECONDO TE SI È CREATA QUESTA “UNIONE”?
– Non suono più nei Goblin dal 2019, ma ho messo su un progetto che si chiama The Horror Legacy, con Giacomo Anselmi (Goblin Rebirth) e Roberto Fasciani (dalla band di Fabio Frizzi) con cui abbiamo rilasciato un disco (“Days Of Horror”, ndr) su Time To Kill con un sacco di ospiti, tipo Chuck Sherwood degli Incantation, Dave dei Dog Eat Dog e Stian ex Immortal/Necrophagia, Mirai Kawashima dei Sigh/ex Necrophagia e Fabio Frizzi stesso.
Con loro abbiamo rivisitato un sacco di colonne sonore horror in versione metal! Tra un po’ faremo uscire, sempre con Time To Kill, un progettone che continuerà in futuro, una sorta di concept con un sacco di ospiti ‘metallozzi’ internazionali e non! Grazie ancora per lo spazio concessoci, Killjoy R.I.P.!