NEKOMATA – Tra originalità e cultura pop

Pubblicato il 22/12/2022 da

Oggi trattiamo nuovamente il progetto Nekomata, descritti nella recensione del loro esordio, “…And Then, The Abusement Park Left Town”, come una formazione dedita ad una proposta davvero particolare, contemporanea e destinata a far discutere tutti coloro che avranno modo di imbattersi in uno qualsiasi dei brani da loro composti, frutto di una commistione di influenze provenienti sia dal panorama musicale cosiddetto ‘powercore’, sia da un certo tipo di cultura pop. Il loro chitarrista e fondatore Andrea Cappellari, ex chitarrista solista dei power metaller liguri Skeletoon, è l’uomo perfetto da interpellare in questo caso, essendo noi in presenza di un prodotto che non somiglia pressoché a nulla di specifico, e che quindi ci rende tremendamente curiosi di conoscere i retroscena che hanno portato alla fondazione di una realtà promettente e di cui sentiremo probabilmente parlare in futuro. Buona lettura!

CIAO ANDREA, È BELLO RISENTIRTI DOPO TUA SEPARAZIONE DAGLI SKELETOON. L’IDEALE SAREBBE COMINCIARE QUESTA INTERVISTA PARTENDO DA QUELLO CHE È IL NOME STESSO DELLA NUOVA CREATURA.
– Ciao! Il nome deriva da quello che era il nome della fase embrionale del progetto, ovvero Project Kasha, che di fatto si poneva come il working title, un po’ come funziona ad esempio per i videogiochi o i prodotti informatici. A seguito di varie vicissitudini ci siamo dedicati interamente all’album dando alla line-up un nome che è la diretta maturazione di quello prima: il Kasha è uno Yokai, ossia un demone giapponese, che funziona in maniera similare a Caronte, mentre il Nekomata è una figura rappresentata come un gatto che cresce e si ingrossa fino a diventare una divinità vera e propria. Il senso era quello di prendere una figura comunque caotica e fiammeggiante, rendendola qualcosa di equiparabile ma molto più ragionata ed equilibrata, ovviamente mantenendo inalterato il simbolismo di provenienza giapponese.

CI SONO DELLE MANIFESTAZIONI VISIVE DI QUESTO CONCETTO, MAGARI NELL’ARTWORK?
– Sì, il gatto che si intravede nelle nuvole in copertina – e peraltro è il mio gatto – rappresenta proprio la figura appena menzionata. La scelta di voler utilizzare un animale reale e a me vicino è stata fatta con la volontà di inserire quel piccolo dettaglio sregolato e inaspettato, in grado potenzialmente di dare un tocco extra ad un piatto potenzialmente prelibato. Una mossa simile a quanto fatto dallo sviluppatore del videogioco “Demon’s Souls” al tempo della sua uscita, che per l’appunto utilizzò una piccola immagine raffigurante il suo gatto per indicare l’utilizzo dell’apposito anello all’interno del gioco.

PASSANDO OLTRE IL DISCORSO NOMINALE/ILLUSTRATIVO, CI RACCONTERESTI LE ORIGINI DELLA BAND IN QUANTO TALE?
– La fondazione del progetto si deve a me e all’ex bassista dei Frozen Crown, Filippo Zavattari, con cui è nata l’idea di dare vita a un sound difficile da catalogare e basato su una commistione di generi. In origine coi Project Kasha il risultato si è avvicinato molto al death metal melodico, ma in seguito la line-up è cambiata parzialmente così come il sound dominante, che pur dovendo suonare come un muro doveva essere replicabile fedelmente in sede live, risultando anche cantabile, catchy e difficile da catalogare in un filone predefinito, pur senza avere l’arroganza di arrivare ad inventare direttamente un genere nuovo. Essere originali è a tutti gli effetti un obiettivo che vogliamo perseguire.

COME DEFINIRESTI TU PERSONALMENTE LA PROPOSTA DEI NEKOMATA?
– La definizione che ci si addice maggiormente è quella che è stata diffusa in fase di promozione e poi utilizzata anche dai giornalisti, ovvero ‘powercore’, in quanto ascoltando l’album è possibile scorgere sprazzi importanti di power metal e metalcore, ma c’è anche una forte componente pop, melodic death e persino rimandi al sound tipico di alcune line-up nipponiche. Questo deriva anche dal mio gusto per filoni musicali molto diversi, con anche principi piuttosto distanti sul versante compositivo ed esecutivo. Come si suol dire, si è ciò che si mangia e rinnegare parte dei propri affetti musicali per inseguire una nomenclatura sarebbe risultato sminuente. Il cantante Olly è perfetto per questo scopo, in quanto è capace di modulare tra un growl moderno ruggente sullo stile dei Periphery e una timbrica non lontana da quella di un Michael Jackson. In generale, eravamo determinati a stupire l’ascoltatore, esponendoci e rischiando anche, considerando che difficilmente si può piacere a tutti quando si osa.

LA CRITICA PIÙ GROSSA CHE HO MOSSO ALL’ALBUM È UNA ECCESSIVA COERENZA DI FONDO PER GRAN PARTE DELLA TRACKLIST, COME RITERRESTI OPPORTUNO ARGOMENTARE QUESTA CONSIDERAZIONE?
– Diciamo che c’era l’intenzione di essere polivalenti e poliedrici, ma considerando che si tratta dell’esordio avevamo il timore di non riuscire a dare una faccia alla band, e questo ci ha portato a spingere forte appunto su una coerenza compositiva e su una linea conduttrice ben nitida in grado di unire tutta la tracklist, lasciando le sferzate vere e proprie in dei momenti relativamente isolati. Questo chiaramente può portare alcuni brani ad avere un’impronta simile, tuttavia si tratta di una caratteristica che abbiamo inserito con la volontà di mettere bene in evidenza quello che è il nostro stile.

COME AVETE GESTITO LA CONSAPEVOLEZZA DEI PREVEDIBILI SCHIERAMENTI CHE SI SAREBBERO FORMATI TRA GLI ASCOLTATORI?
– Come sempre, gli schieramenti risultano essenzialmente due: chi a tutti i costi cerca una ricercatezza al limite del scervellotico, e chi di fatto stressa gli artisti spinto dal bisogno spasmodico di catalogare tutto in un filone predefinito. Nel nostro caso, come ti dicevo prima, ci siamo assunti un rischio, sapendo che fare un disco tanto sfaccettato ci avrebbe reso a tratti un po’ indigesti ai fan con la mentalità più inquadrata e indirizzata. Tuttavia, fare un disco appartenente a un filone specifico sarebbe stato più semplice, ma anche meno stimolante e non personale. Il nostro sound è questo, e se qualcuno ci chiedesse quali sono le nostre ispirazioni forniremmo una lista di artisti molto diversi da loro. Il lato positivo è che, vedendo gli andamenti del mercato, il target potrebbero essere gli ascoltatori, spesso giovani, che hanno magari meno interesse nei confronti dell’etichetta, favorendo una varietà negli ascolti potenzialmente stimolante.

POTRESTE PUNTARE FORTE ANCHE SUGLI AMANTI DI VIDEOGIOCHI E FUMETTI, CONSIDERANDO I SIMBOLISMI PRESENTI NEL DISCO.
– Per quanto in maniera un po’ più subdola rispetto ad altri colleghi che magari si possono trovare sul palco del Lucca Comics, o anche banalmente rispetto agli Skeletoon, l’amore per il Giappone, nonché per i videogiochi e in generale per la cultura nerd, è molto presente nelle nostre ispirazioni. Abbiamo scelto di approcciarlo senza utilizzare una vera e propria gimmick o un eccessivo rimando estetico ai prodotti in questione, però si tratta comunque di elementi che occupano un posto speciale nel nostro cuore e anche nei nostri testi. Tuttavia è anche vero che in quel mondo c’è una grande importanza data all’immediatezza pura, mentre noi siamo più introspettivi e meno sfacciati nel manifestare il nostro gusto per i suddetti prodotti. La speranza è ovviamente che gli appassionati se ne accorgano comunque.

PERCHÉ NON TI DIVERTI UN PO’ RACCONTANDOCI QUALI PRODOTTI SONO STATI PRESI COME ISPIRAZIONE E COME SONO STATI IMPLEMENTATI?
– Volentieri! La più evidente, soprattutto in questo periodo, è senza dubbio “Golden Vow”, che prende il nome dal miracolo presente nel videogioco di punta della From Software “Elden Ring”, che tra l’altro ha vinto il prestigioso premio di ‘Game Of the Year’ poco tempo fa. Similmente, ci sono menzioni a “Dark Souls” e tutto il contesto del luna park si ispira ad una sezione particolarmente disturbante e psicologicamente provante di “Nier: Automata”, la cui componente introspettiva rende perfettamente l’idea del titolo di un pezzo come “Abusement Park”. Tuttavia, per quanto le linee guida tematiche siano date da me e Filippo, voglio che sia chiaro che i testi nello specifico sono materiale del cantante, in quanto è lui a dover gestire le linee vocali e ad interpretare quelle che sono le lyrics, e sarebbe quindi sciocco dovergli imporre a tutti i costi delle frasi non spontanee e poco funzionali. Ci sono delle chicche, oltre a quello che ti ho menzionato, ma non vorrei spoilerare troppo ai potenziali ascoltatori ed acquirenti.

VEDRESTI BENE I PEZZI DEI NEKOMATA COME COLONNA SONORA DI UN VIDEOGIOCO?
– Assolutamente sì! Anzi, le situazioni sonore presentate in prodotti come Devil May Cry risultano molto affini a quanto da noi composto. Il groove stesso che una soundtrack incalzante tende a manifestare in un contesto come una boss fight non si distanzia molto da quanto puoi percepire, ad esempio l’intro “5000 MegaPascal” sarebbe ficcante come incipit dello scontro con un nemico importante. Ti dirò di più, il sogno della mia vita è proprio avere la possibilità di scrivere la colonna sonora di un videogioco, dettando io il ritmo e lo stile dominante, ma mi rendo conto che attualmente sia una possibilità ancora un po’ remota, ma non si può mai sapere.

0 commenti
I commenti esprimono il punto di vista e le opinioni del proprio autore e non quelle dei membri dello staff di Metalitalia.com e dei moderatori eccetto i commenti inseriti dagli stessi. L'utente concorda di non inviare messaggi abusivi, osceni, diffamatori, di odio, minatori, sessuali o che possano in altro modo violare qualunque legge applicabile. Inserendo messaggi di questo tipo l'utente verrà immediatamente e permanentemente escluso. L'utente concorda che i moderatori di Metalitalia.com hanno il diritto di rimuovere, modificare, o chiudere argomenti qualora si ritenga necessario. La Redazione di Metalitalia.com invita ad un uso costruttivo dei commenti.