NEL BUIO – Grida dal cemento

Pubblicato il 02/08/2024 da

Sono arrivati un po’ come un fulmine a ciel sereno, guadagnandosi immediatamente l’attenzione di pubblico e critica grazie ad una proposta dall’indole scura e densa come il cemento fuso ma al contempo fresca e accattivante nell’esecuzione – merito soprattutto della commistione tra pesantezza black/death metal e melodie darkwave che si insinuano sottopelle.
Il contratto con Avantagarde Music ha certamente aiutato a dare visibilità al gruppo, ma la realtà è che il terzetto lombardo-emiliano ha fatto tutto da sé: nonostante “Nel Buio” sia ‘solo’ un EP, si tratta di un esordio curato nei minimi dettagli – dal concept all’aspetto grafico – eppure non è un disco ‘di maniera’, anzi.
Proprio per questo abbiamo deciso di intervistare Clod The Ripper (al secolo Claudio De Rosa), mente e voce di questo nuovo progetto che vuole regalare una diversa prospettiva sul ‘gotico urbano’, tra malessere esistenziale e metallo estremo.

CIAO CLOD, SAPPIAMO DALLE TUE PAROLE CHE NEL BUIO È UNA CREATURA NATA IN UN MOMENTO DI ISPIRAZIONE NOTTURNA: COSA DI PRECISO TI HA FATTO SCATTARE LA MOLLA PER PROVARE QUALCOSA DI NUOVO?
– “Nel Buio” è nato in un periodo di profonda frustrazione nella mia carriera musicale, segnato da un lungo silenzio con i Blasphemer. Oltretutto da tempo sentivo il bisogno di esplorare nuovi territori sonori, come forse qualcuno avrà notato nell’ultimo disco dei Blasphemer, che si discosta molto dai nostri lavori precedenti.
Con “Nel Buio” ho potuto finalmente esplorare appieno il mio percorso evolutivo e osare maggiormente in una forma più personale, introspettiva e oscura.

LA STESURA DEI PEZZI È STATA RAPIDISSIMA, IMMAGINIAMO QUINDI CHE L’INTESA CON VELLACIFER E NEIL SIA STATA IMMEDIATA. QUANTO HANNO CONTRIBUITO LORO IN FASE DI SCRITTURA?
– Sì, è vero. In soli tre giorni abbiamo composto lo scheletro dei brani che formano il nostro primo EP. Non mi sarei mai aspettato una sinergia così forte tra di noi, nonostante i miei trent’anni di collaborazioni con molti musicisti.
Principalmente le canzoni sono composte da me e Neil, io porto un’idea di base e una visione d’insieme, mentre Neil è una macchina da riff. Insieme, non riusciamo a smettere di comporre musica, chiusi in studio senza mai vedere la luce del sole, lavorando finché occhi, orecchie e testa non ci dolgono, una sigaretta dopo l’altra.
Ovviamente, anche Vellacifer ha contribuito con suggerimenti e idee, inoltre lui è già batterista con me in Blasphemer e con Neil negli Electrocution, dunque conosciamo bene le sue eccelse doti dietro le pelli.

AVETE TUTTI ALLE SPALLE DEI LUNGHI PERCORSI NELL’UNDERGROUND, A CAVALLO TRA DEATH, THRASH ED HEAVY METAL: È POSSIBILE CHE PROPRIO L’AVERE UN BACKGROUND LONTANO DAL BLACK METAL ABBIA AIUTATO A DARE VITA A COMPOSIZIONI FRESCHE ED INTERESSANTI?
– Effettivamente credo tu abbia ragione, anche se in realtà nel lontano 1998 registrai un disco di symphonic black metal con alcuni compagni di scuola: la band si chiamava Darkness Thy Counts, poi ci furono gli Alice In Darkland, band più goth/death sinfonico, sempre di fine anni ‘90.
In generale proveniamo tutti da lunghi percorsi nell’underground e credo proprio che questo storico variegato ci abbia permesso di portare una prospettiva unica nel nostro approccio al black metal.
Semplicemente non volevamo somigliare a nessuno, ma solo comporre musica oscura, senza limitazioni di genere: in studio ci siamo lasciati guidare dall’istinto e dalle emozioni, cercando di catturare l’essenza dell’oscurità e della malinconia, ma con quella rabbia che serve a non lasciarsi mai andare allo sconforto, e anzi è il motore che permette di lottare ancora e ancora.

AVETE PUBBLICATO UN EP DAVVERO MOLTO BUONO, TANTE CHE L’UNICA CRITICA CHE ABBIAMO POTUTO FARE IN SEDE DI RECENSIONE RIGUARDA PROPRIO LA DURATA: COME MAI NON AVETE ASPETTATO DI AVERE PIU’ PEZZI PER USCIRE CON UN FULL-LENGTH?
– Sinceramente, non avevo voglia di aspettare troppo tempo nel buio prima di uscire alla luce. Siamo una band nuova e se avessimo dovuto attendere di comporre un intero disco, per poi affrontare le lunghe tempistiche delle etichette discografiche, forse ci saremmo trovati nel 2026 a fare quest’intervista e a quarantatre anni non posso permettermi di perdere ulteriore tempo.
Molte sono state le label interessate al nostro sound, ma non volevano stampare un EP e per un full-length ci avrebbero fatto attendere circa un paio d’anni. Volevamo che la nostra musica fosse ascoltata subito, senza ulteriori ritardi e l’EP è stato il modo migliore per farlo, per farci conoscere e per iniziare a costruire la nostra identità musicale. Siamo stati fortunati ad incontrare l’interesse di un pioniere nel black metal, che ha creduto in noi lasciandoci massima libertà in tutto: Roberto Mammarella di Avantgarde Music, una label che nell’ambiente non ha bisogno di presentazioni.

UNO DEGLI ASPETTI MIGLIORI DI QUESTO LAVORO RIGUARDA LA VARIETA’ DI INFLUENZE CHE AVETE MISCELATO RIUSCENDO AD ESSERE SEMPRE PERSONALI. “MI AVVELENA” MI HA RIPORTATO (CON MOLTO PIACERE) AI KATATONIA PIU’ SCARNI ED ACIDI DI FINE ANNI ‘90, TI TORNA COME RIFERIMENTO?
– Devo farti un appunto: “Mi Avvelena” è una cover dei Twin Tribes dal titolo “Monolith”, tratta dal loro ultimo disco e riarrangiata da noi.
Tuttavia, sono felice che tu abbia percepito quelle vibrazioni, i Katatonia di fine anni ’90 sono stati sicuramente un’influenza per me, lasciando un’impronta indelebile con capolavori come “Brave Murder Day”, “Discouraged Ones” e “Tonight’s Decision”, E tra l’altro anche loro sono stati scoperti e prodotti da Roberto Mammarella con la sua Avantgarde Music.
La scelta di una cover di una band darkwave moderna è fondamentale per lo sviluppo del nostro sound che amo definire ‘Pure Italian Black Wave’ sia per omaggiare il celeberrimo ‘True Norwegian Black Metal’, ma anche per sondare territori ancora da esplorare all’interno del panorama black.

RESTIAMO PROPRIO SU “NEL BUIO”: I TITOLI DEI BRANI SONO IL FILO CONDUTTORE CHE RACCONTA UNA REALTA’ DI DECADENZA URBANA. COME MAI NON HAI UTILIZZATO L’ITALIANO ANCHE PER I TESTI?
– L’inglese resta la lingua più parlata e conosciuta, e non volevo rischiare che solo in pochi capissero i nostri testi. Tuttavia, unire le due lingue può incuriosire l’ascoltatore straniero, che non è costretto a tradurre tutto il testo, ma solo qualche parola chiave. Questo mix linguistico crea un ponte tra diverse culture, mantenendo l’identità della nostra lingua, ma rendendola accessibile a tutti.

HO TROVATO INTERESSANTE NON TANTO L’IDEA DI ADOTTARE UN PUNTO DI VISTA FEMMINILE, QUANTO LA MOTIVAZIONE, LEGATA AL VOLER ANDARE OLTRE I CLICHÈ DEL METAL ESTREMO, CHE SPESSO RELEGANO LE DONNE AL MERO RUOLO DI VITTIME DI MANIACI PSICOPATICI. FA SEMPRE PARTE DELLA VOLONTA’ DI SUPERARE ALCUNI STILEMI TANTO CLASSICI QUANTO ORMAI TRITI, O C’È ANCHE ALTRO?
– È proprio come dici tu, unito alla voglia di sperimentare anche dal punto di vista dei testi. Amo le donne, la loro sensibilità, la loro forza, la loro bellezza.
Volevo andare oltre i cliché del metal estremo, soprattutto death/brutal/grind, che troppo spesso relegano la donna in ruoli stereotipati.
Adottare un punto di vista femminile mi permette di esplorare nuove dimensioni emotive e narrative, rompendo con le convenzioni e offrendo una prospettiva più ricca e complessa.

ANCHE IL VOSTRO LOGO È MOLTO ESPRESSIVO RISPETTO ALLE DIVERSE SFACCETTATURE CHE CARATTERIZZANO IL PROGETTO: LA FIGURA FEMMINILE RIMARRA’ ANCHE IN FUTURO? CHE SIGNIFICATO HA INVECE PER TE LA CROCE ROVESCIATA?
– Grazie, disegno e tatuo loghi da anni e volevo anche in questo caso qualcosa di particolare, seppur in linea con l’estetica black metal, dunque ho scelto un font come una vecchia macchina da scrivere e l’ho sviluppato in verticale piuttosto che, come spesso si vede, in orizzontale.
La figura femminile all’interno di esso è il perno della nostra musica, quindi posso dirti che rimarrà anche in futuro protagonista dei miei testi: la donna per me rappresenta la sensibilità, la forza e la bellezza che voglio trasmettere attraverso le nostre composizioni.
La croce rovesciata è un simbolo che mi porto dietro da sempre e che non posso abbandonare. La mia avversione verso le religioni istituzionali è il fondamento della mia vita. La religione cattolica, in particolare, ha vessato e umiliato le donne per secoli, e tutt’ora non le considera al livello degli uomini. Questo simbolo rappresenta tutto il mio sdegno, disgusto e totale rifiuto verso qualsivoglia forma di religione creata dall’uomo.

LA COPERTINA, NELLA SUA SEMPLICITA’, EVOCA PAESAGGI SUBURBANI REALI MA ANCHE SCENARI POST APOCALITTICI DA FILM HORROR: SEI UN AMANTE DI QUESTO TIPO DI PELLICOLE E MAGARI DI FARE URBEX?
– Amo i film horror sin da bambino e ne ho una folta collezione a casa. Sono particolarmente legato a quelli degli anni ’80, i classici slasher, ma apprezzo qualsiasi horror se ben fatto.
L’ambientazione urbana della copertina è strettamente legata al mio vissuto. Essendo di Milano, ho sempre percepito le grandi città come luoghi alienanti, degradati, tristi e sovrappopolati, e questo rigetto verso le metropoli si riflette nella nostra musica e nelle scelte estetiche. La decadenza urbana che rappresentiamo è una critica a questo stile di vita, un grido sordo attraverso le strade e i palazzi delle grandi città.
Non capisco sinceramente come si possa vivere in una metropoli, soprattutto superati i venti/trent’anni.

ESISTE SECONDO TE UN ANTIDOTO ALL’ALIENAZIONE E ALLA MALINCONIA CHE DERIVANO DALLA VITA NELLE PERIFERIE DELLE GRANDI CITTA’? È POSSIBILE UNA FORMA DI SALVEZZA?
– Il lago, la montagna, il mare. I piccoli paesi o quelle città a misura d’uomo.
Più natura e meno esseri umani sono la chiave del vivere bene. Personalmente, aggiungo anche gli animali.
La connessione con la natura e la semplicità della vita lontano dal caos urbano possono offrire un rifugio dall’alienazione e dalla malinconia. Trovare un equilibrio tra il mondo naturale e quello umano è essenziale per la nostra salute mentale e spirituale.

L’ALBUM STA VENDENDO MOLTO BENE (SE NON SBAGLIO IL VINILE COLORATO È GIA’ COMPLETAMENTE SOLD-OUT). VE LO ASPETTAVATE CONSIDERANDO ANCHE QUANTO È SATURO IL MERCATO ATTUALE?
– Sì, pare stia andando particolarmente bene e la cosa ci riempie il cuore.
Sperimentare è sempre un rischio, può portare a un fallimento. Ero consapevole che la nostra musica potesse non piacere e invece sembra stia trovando il suo pubblico.
Come hai sottolineato il mercato è saturo ad ogni livello e in ogni genere, proprio per questo motivo prima di mettere in piedi una nuova ennesima band clone, ho pensato e riflettuto attentamente, decidendo di sperimentare rischiando di fallire, ma sicuramente non di essere la copia sbiadita di qualche altro gruppo.
Colgo l’occasione per dire che tramite noi sono ancora disponibili anche i vinili viola (l’intervista risale inizio luglio di quest’anno, ndr).

AVETE ORMAI FATTO ANCHE IL VOSTRO DEBUTTO IN SEDE LIVE, COM’È ANDATA?
– Anche in questo caso è andata molto bene. Non ti nascondo che, nonostante abbia calcato palchi molto grandi tra Stati Uniti, Russia ed Europa, suonando tour interi e festival con migliaia di spettatori, sia open air che indoor, questo concerto mi ha stressato molto.
Era la nostra prima uscita live, oltretutto vicinissimo a casa mia, quindi sono arrivati molti amici e clienti: l’ansia era palpabile, ma anche l’eccitazione; volevamo dare il massimo e non deludere chi era venuto a vederci.
Nonostante qualche ‘solito’ problema tecnico dovuto al fonico del locale, che non ha permesso di portare con noi la nostra fonica di fiducia, è filato tutto liscio e il pubblico era lì più per noi che per gli headliner… sentire il calore e il supporto della gente, soprattutto in un contesto così intimo e familiare, è stato emozionante.
Colgo l’occasione per ringraziare la mia amica e grandissima ballerina Telly Lale che con la sua performance ha decisamente dato una marcia in più al nostro show.

GUARDANDO AL DOMANI: STATE GIA’ LAVORANDO SU NUOVI BRANI? PENSATE DI MANTENERE ANCHE IN FUTURO LA FORMULA DEL CONCEPT ALBUM?
– Abbiamo già una manciata di brani pronti, ma negli ultimi mesi ci siamo dovuti dedicare alla promozione dell’EP e a prepararci per il live. A breve riprenderemo in mano i nuovi pezzi e inizieremo a chiuderli, perché l’obiettivo è uscire col primo disco nel 2025.
Amo i concept album: non riesco più a concepire un disco come un insieme slegato di canzoni. Per me, ogni album è un’unica storia che si sviluppa attraverso le singole tracce, alle quali darò titoli che comporranno nuovamente una poesia.

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