NERO DI MARTE – Esplorando l’ignoto sotto un terribile diluvio

Pubblicato il 03/01/2015 da

Tenendo fede alle speranze generate dall’omonima opera prima, i Nero Di Marte hanno ulteriormente sviluppato l’interessante discorso artistico allestito nell’esordio, sondando nuovi territori e concetti sonori fino al punto da staccarsi in buona parte dalle influenze di partenza. L’hype generatosi in questi due anni attorno alla band bolognese non ha fortunatamente schiacciato le velleità sperimentatrici del quartetto, uscito ancora più forte dalle avversità incontrate nel corso del 2014 per sfornare un album denso, stratificato e sfuggente, quasi un organismo vivente in costante e inesorabile mutazione. Della parabola ascendente vissuta finora, delle riflessioni attorno alla propria musica, degli aneliti e dei proposti futuri abbiamo parlato con il chitarrista Francesco D’Adamo e il cantante/chitarrista Sean Worrell, mai banali nelle risposte e desiderosi di far capire ai lettori come funziona la complessa “macchina” a nome Nero Di Marte.

nero di marte - band - 2014

FRA “NERO DI MARTE” E “DERIVAE” PASSA CIRCA UN ANNO E MEZZO, EPPURE C’È UN’EVOLUZIONE FORTISSIMA FRA I DUE LAVORI: ALCUNI RIFERIMENTI PALESI DELL’ESORDIO SONO DIVENTATI PIÙ VAGHI, È ORA DIFFICOLTOSO ACCOSTARVI PIENAMENTE AD ALTRE REALTÀ IN CIRCOLAZIONE. QUALI PENSATE SIANO STATI I MOTIVI FONDAMENTALI DI QUESTO CAMBIAMENTO?
Sean Worrell: “Sicuramente sono frutto del suonare in modo continuo e l’aver maturato una maggiore coesione e intesa musicale fra di noi. Inoltre il materiale di ‘Derivae’ ha avuto una gestazione di circa tre anni, quindi direi che un certo livello di evoluzione è dato sicuramente anche dal tempo.
Francesco D’Adamo: “Con il tempo, suonando e ascoltando, continui ad andare in profondità in quello che desideri creare come band, ed è naturale che il materiale diventi più organico e solido. Sei più focalizzato su ciò che ti appartiene e su ciò che desideri raggiungere musicalmente. Per maturare tutto ciò ci vogliono tempo, riflessioni, stimoli ed ovviamente molte ore insieme in sala prove”.

SULLA COVER DI “DERIVAE” ABBIAMO UNA PLUMBEA E TEMPESTOSA IMMAGINE OCEANICA. COSA SIGNIFICA PER VOI LA VASTITÀ DEL MARE APERTO IN BURRASCA? COSA DOVREBBE COMUNICARE L’ARTWORK?
Francesco D’Adamo: “Penso che l’artwork sia un’efficace trasposizione di ciò che accade nell’album. Con Alex Eckman-Lawn (l’autore dell’immagine di copertina e del libretto, ndR) abbiamo cercato di lavorare su delle maree cupe e pericolose, a tratti agitate, a tratti calme e minacciose, prive di una chiaro orizzonte. Non volevamo ci fosse un soggetto dominante, così come accade nella musica, ma un’unica vasta massa d’acqua che non trova pace. Musica e grafica si completano a vicenda a mio avviso”.

IN “DERIVAE” LE STRUTTURE SONO DIVENTATE ESTREMAMENTE FLUIDE, SPESSO SFUGGENTI E ANNEGATE IN UNA MELASSA NERASTRA, DOVE L’AMBIENT E LE DISSONANZE GIOCANO UN RUOLO IMPORTANTE NEL DELINEARE UN FLUSSO EMOTIVO SIMILE A QUELLO DI UNA COLONNA SONORA. E’ COME SE, MENTRE SUONAVATE I NUOVI PEZZI, VI FOSTE PERSI A VOSTRA VOLTA NELLA MUSICA, E L’AVESTE LASCIATA SCORRERE COSÌ, SENZA DARLE LIMITI. E’ ACCADUTO QUALCOSA DEL GENERE MENTRE COMPONEVATE E PROVAVATE IL NUOVO MATERIALE?
Francesco D’Adamo: “Sì, è proprio quello che abbiamo cercato di fare. Cosa che nell’atto pratico del suonare si traduce nel non aver paura di provare soluzioni e sonorità nuove, di non cristallizzare la musica se non dopo molto tempo e ascolti, di lasciare spazio alle idee di ognuno. Significa non ricondurre tutto a ciò che già conosci o padroneggi e provare al contrario tante soluzioni diverse e ascoltarle tutte per capire quale sia la più adatta. Spero davvero che questo sia solo l’inizio di un processo di apertura ed esplorazione musicale più ampio”.

DOPO MOLTI ASCOLTI, HO AVUTO LA SENSAZIONE CHE “DERIVAE” SIA UNA MATERIA IN CONTINUO DIVENIRE, MAI FERMA, UN ORGANISMO MUTEVOLE COME UN CAMALEONTE. HO IL SOSPETTO CHE L’IDEA CHE HO OGGI DEL DISCO POSSA CAMBIARE PARECCHIO DA QUI A QUALCHE MESE, COME SE NEL FRATTEMPO AVESSE ASSUNTO UN NUOVO ASPETTO E FOSSERO DIVENUTE PALESI NUOVE PECULIARITÀ DI CUI NON CI SI ERA PRECEDENTEMENTE ACCORTI. ANCHE A VOI DÀ QUESTA SENSAZIONE?
Francesco D’Adamo: “È esattamente quello che ci è successo tornando a suonare il materiale in sala prove subito dopo averlo registrato. E continua ad accadere, ascoltandolo o suonandolo, anche ora a distanza di alcuni mesi. Penso sia dovuto principalmente all’avere conservato le peculiarità dei suoni dei nostri strumenti, rendendo l’ascolto ricco di dettagli, e per l’avere scritto linee musicali che non si raddoppiano quasi mai, creando tra batteria, due chitarre, basso e voce cinque livelli musicali diversi tra loro. Ogni ascolto ne può mettere in evidenza un aspetto diverso”.

ANDARE ALLA DERIVA È UN PROCESSO FUORI DAL NOSTRO CONTROLLO, UNA CONSEGUENZA DI QUELLO CHE ACCADE ALLA VITA DELL’INDIVIDUO, O UNA SITUAZIONE VOLUTA E CERCATA PER SFUGGIRE A DOGMI E IMPOSIZIONI ESTERNE? O QUESTO È SOLO UN PIPPONE SENZA SENSO DELL’INTERVISTATORE?
Francesco D’Adamo: “Penso che tutti gli aspetti di cui parli coesistano. Che siano collegati e che si influenzino l’un l’altro. Sono in fin dei conti una sola cosa, anche se nel tempo un tratto può prevalere sugli altri, non pensi”?

NEL PRESENTARE IL DISCO AI NOSTRI LETTORI, MI SONO AZZARDATO A DIRE CHE HA UNO SVILUPPO SIMILE A QUELLO DI UN FILM D’AUTORE. NEL CASO LA VEDESTE, IN QUALCHE MODO, NELLA STESSA MANIERA, SAPRESTE IDENTIFICARMI UN’OPERA FILMICA NEL QUALE LE VOSTRE MUSICHE CALZEREBBERO A PENNELLO?
Sean Worrell: “Mi fa piacere, anch’io vedo ‘Derivae’ come un album molto cinematico, però non so esattamente in che modo si intende ‘film d’autore’, essendo una definizione un po’ vaga che per quel che so non determina lo sviluppo di un film. Accostare dei film alla nostra musica mi risulta veramente difficile, ma è anche vero che alcune atmosfere sonore dall’album sono state influenzate proprio da alcune sensazioni date da film… L’atmosfera aliena e monolitica del trailer di ‘Prometheus di Ridley Scott ha per esempio influenzato la parte centrale di ‘Pulsar’”.
Francesco D’Adamo: “Ad eccezione di ‘Those Who Leave’ e alcune sezioni più atmosferiche, i brani di ‘Derivae’ hanno troppo materiale all’interno per poter costituire lo sfondo sonoro di un film, a mio avviso. Però percepisco l’album in maniera molto cinematografica, per le sue sonorità. Ci piacerebbe tantissimo scrivere della musica per un film. In tal senso la mia massima ambizione sarebbe rimusicare un film di ‘Tarkovskij’ o lavori espressionisti come ‘Il Gabinetto Del Dottor Caligari’, ‘Metropolis’ o ‘M – Il Mostro di Dusseldorf’.

IL CANTATO MI PARE SIA DIVENTATO PIÙ SOFFERTO, INTIMISTA E PERSONALE. NON PENSATE CHE IN ALCUNI MOMENTI SIA UN PO’ “LEGGERO” PER LA VOSTRA PROPOSTA? NELLE PARTI PIÙ AGGRESSIVE NON SENTITE IL BISOGNO DI UNA MAGGIORE SPINTA E BRUTALITÀ?
Sean Worrell: “Ci ho messo molto tempo ad assimilare ed interpretare vocalmente la musica di ‘Derivae’, non è stato assolutamente immediato. Se avessi scelto di fare tutto più aggressivo sarebbe stato più facile ma sicuramente, come dici tu, meno personale, drammatico e pregno di significato. Non ho voluto esplorare voci estremamente urlate o in growl anche perché non rientrano più molto nei miei gusti di ascoltatore, e credo avrebbero affossato la musica non lasciandole lo spazio necessario in questo album. Poi in futuro chissà, il materiale che stiamo scrivendo in questi giorni pare essere a tratti più aggressivo di ‘Derivae’, quindi forse questo potrebbe corrispondere a voci più brutali”.

NEI TESTI ALTERNATE INGLESE ED ITALIANO. COSA CAMBIA NEL COMPORRE PER L’UNA O PER L’ALTRA LINGUA? CHE COSA HA GUIDATO LA SCELTA DI USARE UNO O L’ALTRO IDIOMA NEI PEZZI DI “DERIVAE”?
Sean Worrell: “I testi di Francesco nascono solitamente in italiano e poi vengono tradotti in inglese, mentre invece i miei solitamente partono direttamente dall’inglese. Quando Francesco ha scritto il testo di “L’Eclisse” il significato era così personale e profondo che ci siamo resi conto che tradurlo in inglese lo avrebbe snaturato moltissimo. Il cantato di quel brano poi si prestava a qualcosa di più teatrale, quindi l’italiano combaciava perfettamente con l’idea. Discorso simile per “Il Diluvio”, che ho scritto di getto in italiano e così è rimasto per più o meno gli stessi motivi. Si tratta semplicemente di vedere come funziona meglio il testo, in italiano o in inglese”.

I TESTI MI SEMBRANO ABBASTANZA CRIPTICI E MOLTO PERSONALI, DIFFICILI DA DECIFRARE IMMEDIATAMENTE. PENSATE CHE TRA I VOSTRI ASCOLTATORI IL VOSTRO MESSAGGIO LIRICO POSSA PASSARE, OPPURE RIMARRÀ DECISAMENTE IN SECONDO PIANO RISPETTO ALLA MUSICA?
Sean Worrell: “Spero che le liriche lascino qualcosa all’ascoltatore, non importa poi se ad arrivare sia esattamente il nostro messaggio o una suggestione dell’ascoltatore. La musica comunque prevale sull’aspetto testuale, e anche io nell’ascolto prediligo sempre questo aspetto. Credo però che si raggiunga un livello di ascolto molto più profondo se questa scissione tra musica e testi non ha luogo”.

LA QUALITÀ DEI SUONI È ALTISSIMA, LA NITIDEZZA E LA POTENZA SONO IMPRESSIONANTI. COME AVETE LAVORATO IN STUDIO DI REGISTRAZIONE? QUALI ACCORGIMENTI AVETE MESSO IN OPERA PER OTTENERE UN RISULTATO DEL GENERE?
Francesco D’Adamo: “Ovviamente dietro questo risultato c’è l’abilità di Riccardo Pasini dello Studio73 di Ravenna. Dal conto nostro quello che abbiamo cercato di fare è mantenere tutto ciò che ci caratterizza nel suonare, come musicisti. Questo significa non omogeneizzare le nostre esecuzioni, mantenere la strumentazione ed i suoni di ciascuno, lavorare molto sulle dinamiche e ascoltare come quello che stai registrando interagisce con il resto. L’esperienza di Riccardo Pasini ci ha permesso di non limitarci, sicuri che avremmo trovato un modo per tenere assieme tutta questa mole di suoni”.

SIETE STATI ACCOSTATI A BAND DIVERSISSIME QUALI ULCERATE, GORGUTS, GOJIRA, MASTODON, SCARVE, MESHUGGAH, ISIS, NEUROSIS… DOVESTE FARE VOI I CRITICI DELLA VOSTRA MUSICA, CHE COSA VI TROVERESTE DENTRO? C’È UNO STILE MUSICALE DA CUI SIETE STATI INFLUENZATI E CHE NESSUNO HAI NOMINATO IN SEDE DI RECENSIONE?
Francesco D’Adamo: “Hai nominato tutte band che in tempi recenti abbiamo ascoltato molto, forse alla lista mancano solo i Tool e gli Zu, almeno come ascolti condivisi da tutti noi, quindi senza dubbio avranno avuto un’influenza di qualche tipo. A questi gruppi vanno ad aggiungersi poi tutte le band che ascolti e suoni nei primi anni con il tuo strumento e che inevitabilmente finisci per assorbire in qualche modo. Più che da stili musicali, però, siamo influenzati dalle identità di alcune band o musicisti, del loro modo di fare musica, di scriverla, suonarla, di come l’hanno descritta o anche solo immaginata. Da questo punto di vista per noi sono importantissimi King Crimson e Pink Floyd, per esempio, o compositori come Scelsi, Bartok, Schinntke, Penderecki, Shostakovich, Stravinsky. Seppur seguendo una via meno diretta, penso che la loro influenza rimanga molto forte in quello che suoniamo insieme”.

SIETE UN GRUPPO MOLTO SPERIMENTALE E IN CONTINUA TRASFORMAZIONE. DA DOVE TRAETE QUESTA SMANIA DI CAMBIARE, GUARDARE OLTRE, MUTARE PELLE INCESSANTEMENTE?
Francesco D’Adamo: “La tua domanda già di per sé è un complimento, e per questo ti ringrazio. Penso che la smania di cui parli nasca dallo scarto, la distanza reale o solo immaginaria che senti tra la ‘forma’ attuale di ciò che hai creato e quella che potrebbe avere. Quando individui in maniera più o meno consapevole qualche requisito, qualche aspetto di quest’altra ‘forma’, senti di dover coprire la distanza che ti separa da essa. Diviene un’urgenza. Il confronto con lavori ed opere, non necessariamente musicali, che avverti più forti delle proprie creazioni (o delle proprie esperienze in generale) è fondamentale nel rigenerare di continuo questo processo”.

E’ STATO UN BIENNIO INTENSO QUELLO CHE AVETE VISSUTO, SEGNATO DA MOLTI CONCERTI, APPREZZAMENTI ED ELOGI ARRIVATI UN PO’ DA TUTTO IL MONDO, UN HYPE ABBASTANZA CLAMOROSO ANCHE IN ITALIA, E UN EVENTO ASSOLUTAMENTE CATASTROFICO COME IL FURTO DELLA STRUMENTAZIONE A ROMA DI QUESTA PRIMAVERA. CHE BILANCIO POTETE TRARRE DA TUTTO QUELLO CHE VI È SUCCESSO? PARADOSSALMENTE, CREDETE DI AVERE RICEVUTO UN’ULTERIORE SPINTA DAL DANNO ECONOMICO E MORALE SUBITO QUEST’ANNO?
Francesco D’Adamo: “E’ vero, l’ultimo anno è stato molto intenso, ma potrebbe essere stato ancora più forte se avessimo avuto più occasioni di suonare all’estero, cosa che speriamo accada con il nuovo album. Quello che ci è successo con il furto ci ha aiutato per certi versi a rafforzare la nostra identità come band e rendere ancora più intenso quello che facciamo. Ti aiuta, per assurdo, a ricordarti e a renderti più chiaro quello che stai facendo. E la frustrazione per aver perso tutto quello acquistato, cercato ed assemblato in anni ed anni l’abbiamo superata proprio rimettendoci subito all’opera, che è ciò che ci viene meglio e che più amiamo fare come collettivo”.

LA VICENDA DI MARZO HA MESSO CRUDAMENTE IN LUCE I RISCHI CHE UNA BAND DEVE NORMALMENTE SOPPORTARE PER PORTARE AVANTI LA PROPRIA ATTIVITÀ. I SACRIFICI E GLI SFORZI DA COMPIERE PER SUONARE OVUNQUE POSSIBILE CHE COSA VI LASCIANO DI POSITIVO E DI NEGATIVO? QUALI SONO GLI ASPETTI PIÙ APPAGANTI E QUELLI PIÙ FRUSTRANTI DELLA VOSTRA ATTIVITÀ?
Francesco D’Adamo: “Se ami la tua musica qualsiasi sforzo o sacrificio lascia sempre qualcosa di positivo e appagante. Poi, certo, conciliare live e lavoro, i costi dei viaggi e una non sempre impeccabile organizzazione dei concerti non è mai semplice. Con il tempo, però, impari a ricoprire (e ti viene riconosciuto) un ruolo diverso nel mettere in piedi una data, diventi più chiaro su alcune richieste e cerchi maggiore precisione e maggiori delucidazioni in altri aspetti. Divieni più selettivo. Questo riduce la possibilità di avere esperienze negative”.

NEL DIFFICILE MOMENTO CHE AVETE VISSUTO CON IL FURTO DELLA STRUMENTAZIONE, AVETE DECISO DI LANCIARE UNA CAMPAGNA DI CROWFUNDING, LEGATA A UNO SPLIT COI VOID OF SLEEP, PER CERCARE DI RECUPERARE, ALMENO IN PARTE, IL DANNO SUBITO. COME È ANDATA QUESTA OPERAZIONE? SIETE RIUSCITI, IN QUALCHE MANIERA, A RITROVARE PARTE DI QUANTO VI AVEVANO RUBATO?
Francesco D’Adamo: “Purtroppo, tuttora non abbiamo ritrovato nulla dell’attrezzatura rubata, nonostante molta fosse anche piuttosto rara e non facilmente commercializzabile. Da un punto di vista economico la raccolta fondi ha pagato solo una piccola parte dell’attrezzatura persa, ma ci è servita anche in altri modi: abbiamo registrato un 7” con i Void of Sleep (http://www.nerodimartevoidofsleep.bandcamp.com) del quale siamo molto orgogliosi, ci ha aiutato ad incontrare persone che ci hanno prestato la propria attrezzatura musicale per farci ripartire subito e soprattutto ci ha mostrato il supporto di tantissime persone da ogni angolo del mondo, in un momento davvero critico”.

COSA CI POTETE RACCONTARE DELLA VOSTRA ESPERIENZA LIVE AMERICANA? COSA VI HA COLPITO DEGLI STATES? COME HANNO REAGITO GLI ASCOLTATORI ALLA VOSTRA MUSICA?
Francesco D’Adamo: “È stata un’esperienza incredibile. La risposta è stata eccellente e grazie alla presenza di Gorguts e Origin siamo riusciti a suonare in locali ottimi e davanti ad un pubblico sempre estremamente numeroso, partecipe ed entusiasta. Nonostante condizioni climatiche davvero estreme e distanze enormi tutto è andato per il verso giusto e attraversare gli Stati Uniti in macchina senza mai stare fermi è un’esperienza fortissima, anche per chi non ama Kerouac. L’ho trovato un luogo estremamente diverso da come l’ho sempre immaginato: molto dinamico e aperto, con un entusiasmo ancora palpabile per numerose cose, e tra queste la musica dal vivo, e in posti impensabili puoi trovare persone sempre disposte a darti una mano. Stesso discorso, ma al quadrato, per il Canada”.

DOMANDA PER FRANCESCO. SO CHE TI OCCUPI DI ARTE ASTRATTA E HAI GIÀ TENUTO ALCUNE MOSTRE PERSONALI. COME INTERAGISCE QUESTA TUA ATTIVITÀ CON LA MUSICA DEI NERO DI MARTE? VENGONO VEICOLATE EMOZIONI MOLTO DIVERSE NELLA PITTURA E NELLA MUSICA?
Francesco D’Adamo: “Sì, dipingo e negli ultimi anni mi sto dedicando sempre più alla pittura, portando anche all’esterno i miei lavori con delle mostre. E’ un’interazione che osservo molto, quella tra musica e pittura, e sulla quale ci sarebbe tantissimo da dire. Ho capito che le emozioni veicolate sono estremamente simili, che tantissimi aspetti musicali plasmano ciò che dipingi e che i movimenti della pittura cambiano il gesto sullo strumento mentre suoni. In alcuni momenti, quelli più profondi, è una vera e propria sinestesia, e l’una si descrive con le sensazioni dell’altra. Hanno movimenti quasi speculari. Sono due terribili sorelle”.

E ADESSO, CHE SUCCEDE? STATE PIANIFICANDO QUALCHE MOSSA PER OTTENERE UNA DIMENSIONE INTERNAZIONALE ANCORA PIÙ AMPIA? MI PARE CHE IL VOSTRO SEGUITO SI STIA ESPANDENDO PARECCHIO ANCHE OLTRE CONFINE…
Francesco D’Adamo: “E’ tempo, come sempre d’altronde, di proporre dal vivo la nostra musica, in Italia e all’estero. E’ vero, il nostro seguito si sta senza dubbio allargando, ma ci vorrà tempo affinché il nuovo album venga ascoltato (e assimilato). Rimaniamo un gruppo molto underground e aldilà di internet e relativi benefici nella diffusione di ciò che facciamo, tutto ha dei tempi piuttosto lunghi”.

VISTO CHE SEMBRATE UN VULCANO IN CONTINUA EBOLLIZIONE, STATE GIÙ LAVORANDO SU DEL NUOVO MATERIALE?
Francesco D’Adamo: “Sì, stiamo riprendendo il materiale che non è confluito in ‘Derivae’ per svilupparlo e dargli forma definitiva. Stiamo inoltre scrivendo dei brani per una pubblicazione un po’ particolare, che ci piacerebbe realizzare prima di concludere un vero e proprio nuovo album. Infine stiamo lavorando ad un cortometraggio per il brano ‘Those Who Leave’ con una regista italiana i cui lavori potrebbero sposarsi benissimo con la nostra musica. E’ un periodo estremamente creativo”!

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