Il 2020 in campo estremo è iniziato sotto il segno di “Immoto” dei Nero Di Marte, altisonante squillo di tromba nel segno di inclassificabili sonorità ombrose, che dilatano la possibilità espressive del metal verso una dimensione formale e concettuale abbondante di estro, profondità e sentimento. Un album impressionante, per come riesce a superare le convenzioni, a uscire dalle nostre aspettative e costruire uno scenario inedito, senza riferimenti chiari ad altri discorsi, senza palesare somiglianze né riferimenti. Uno di quei dischi per cui è arduo trovare aggettivi, vaghe descrizioni, tanto va lontano da quello che ci immaginiamo si dovrebbe trovare in una pubblicazione metal. Per capirci qualcosa e avere un aiuto nell’inoltrarci fra le dense spire di “Immoto”, è meglio allora dare la parola a uno dei suoi autori e protagonisti, il cantante/chitarrista Sean Worrell, interlocutore altrettanto profondo e appassionato quanto lo è la sua musica.
CON “DERIVAE” SEMBRAVATE IN RAMPA DI LANCIO, ERAVATE USCITI CON UN DISCO MOLTO PERSONALE E ARRIVATO ANCHE AL MOMENTO GIUSTO, SE VOGLIAMO GUARDARE A QUELLI CHE ERANO I GUSTI DEL PUBBLICO ALL’EPOCA. UN APPREZZAMENTO PER SUONI DENSI E COMPOSITI AUMENTATA ADDIRITTURA NEGLI ANNI SUCCESSIVI. IN SEGUITO, AVETE TENUTO ALCUNI TOUR E SINGOLI CONCERTI, MA SIETE FORSE RIMASTI PIÙ SOTTOTRACCIA DI QUELLO CHE CI SAREMMO ATTESI. COS’È SUCCESSO NEL FRATTEMPO? COME MAI NON SIETE RIUSCITI, SULLA SCIA DI “DERIVAE”, A ‘COGLIERE L’ATTIMO’ E METTERVI MAGGIORMENTE IN LUCE NEL PANORAMA EXTREME METAL INTERNAZIONALE?
– Dopo l’uscita di “Derivae” abbiamo suonato dal vivo il più possibile, cercando di coordinare al meglio l’attività live con i nostri impegni lavorativi individuali. Penso siamo riusciti a trovare una nostra nicchia, con un gruppo di ascoltatori molto eterogeneo come età e gusti. La cosa di cui sono però consapevole è che la nostra musica è poco diretta, poco definibile e necessita di un grado di interpretazione che va assolutamente controcultura. L’importante è gettare il seme di qualcosa che forse col tempo verrà colto; sinceramente non penso ci faccia troppo bene ragionare in termini di successo commerciale, visto che l’esistenza di profondità nell’arte di oggi è più un’eccezione che una regola. Tutto deve passare in secondo piano rispetto all’atto creativo, è l’unico modo per poter fare cose significative per sé stessi e si spera anche per chi ascolta. E giustappunto è proprio questo il tema centrale di “Immoto”.
LA SENSAZIONE DI ‘ANDARE ALLA DERIVA’ CHE DURANTE “DERIVAE” ERA COSÌ EVIDENTE NELLE FLUTTUAZIONI DELLA MUSICA, SI È ADDIRITTURA ENFATIZZATA IN “IMMOTO”, CHE VEDE IL DEATH METAL RELEGATO A POCHE PARENTESI, UN SEMPLICE COLLANTE FRA SEZIONI SPESSO TENUI, DELICATAMENTE OMBROSE, SOSPIRANTI. ERA UNA DIREZIONE IN CUI PENSAVATE DI ANDARE FIN DALL’INIZIO, OPPURE QUESTE TENDENZA ATMOSFERICA SI È ACCENTUATA IN CORSO D’OPERA PIÙ DI QUANTO VI IMMAGINASTE?
– Non credo ci fossero obiettivi ben precisi studiati a tavolino. Sicuramente in questi anni il nostro modo di suonare è diventato più dinamico e questo ci ha portato a sviluppare una sensibilità maggiore verso parti più tenue e atmosferiche. Ogni canzone è una narrazione che ha preso forma col passare del tempo; svilupparla con dei contrasti e dei silenzi è ormai diventato un processo naturale e necessario per noi. Se suonassimo tutto in maniera ‘forte’, quello che suoniamo verrebbe percepito meno ‘forte’ nel contesto.
VI TENETE IN UNA DIMENSIONE DI OMBROSO CROONING CHE PUÒ QUASI RICORDARE L’INTIMISMO DI CERTO PROG METAL NORDICO, SE NON ESULARE QUASI COMPLETAMENTE DAL METAL PROPRIAMENTE DETTO, E DIBATTERSI IN SPAZI CHE NON SONO PROPRIAMENTE DI ALCUN GENERE PRECISO. DA COSA PROVENGONO QUESTI MOMENTI LENTI, AVVOLGENTI, PLUMBEI MA DIFFICILMENTE OPPRIMENTI E SOFFOCANTI, PIUTTOSTO PENSIEROSI ED ELEGANTI?
– Non ti so ben dire da dove provengono queste idee; sicuramente dalla necessità di esplorare più a fondo sensibilità di un certo tipo, magari vicine emotivamente ma allo stesso tempo distanti perché mai provate prima. Scrivere musica e testi per i Nero di Marte è diventato un processo fortemente subconscio e l’unica spiegazione che riesco a darmi è che la musica ha voluto svilupparsi così tramite noi quattro in questo momento. Non metto in dubbio che i miei e i nostri ascolti siano cambiati negli anni. Personalmente sono diventato molto più selettivo nella musica pesante che ascolto tutti i giorni, mentre il jazz, la musica contemporanea e quella sperimentale rappresentano una fetta molto più grossa dei miei ascolti attuali.
LEGGENDO LA PRESENTAZIONE DEL DISCO, MI PARE CHE UN TITOLO COME “IMMOTO” STIA A SIGNIFICARE IL DESIDERIO DI CREARE UNO SPAZIO DENTRO SE STESSI, IMMOBILE APPUNTO, PER DARE MAGGIOR RISALTO E SIGNIFICATO ALLA PROPRIA CREATIVITÀ, ALLE AZIONI E ALLE RELAZIONI DELL’INDIVIDUO. VOLENDO AMPLIARE ED APPROFONDIRE IL DISCORSO, COME PENSATE SI POSSA CREARE PER UNA PERSONA UN LUOGO IMMAGINARIO DI QUESTO TIPO?
– A mio parere non è un luogo immaginario, ma una realtà estremamente vera. Viviamo oggi in maniera assolutamente distratta, tribalizzata e istintiva, dove l’ego individuale è padrone sovrano della maggior parte dei processi economici (e di conseguenza sociali) che governano il mondo. La domanda è: come possiamo creare significato all’interno di un paradigma del genere, assolutamente poco florido per creatività e sviluppo di relazioni più profonde? Per me non si può e non si deve farlo. Bisogna creare un nuovo paradigma partendo da se stessi, con nuove connessioni, nuove percezioni e andando oltre alla familiarità. Il modo più scontato per cominciare a raggiungere questo stato è fare meditazione; dobbiamo allenare la mente a scollegarsi dalla nostra totale identificazione nei pensieri, che spesso sono distruttivi, egoistici, di aspettative o di rimorsi, che ci fanno vivere nel consumismo di situazioni e persone.
I TESTI SONO RICCHI DI ALLUSIONI, ENIGMI, COSE NON DETTE, COME LASCIATE VOLUTAMENTE A METÀ, IN RIFLESSO A QUELLA CHE È LA MUSICA, CHE SFUMA CONTINUAMENTE IN UN ALTROVE MAI PERFETTAMENTE DELINEATO. GLI SPUNTI E I PENSIERI CHE VI HANNO CONDOTTO A QUESTE LIRICHE DA COSA SCATURISCONO? LE INTUIZIONI PER SCRIVERLE ARRIVANO DA FONTI GROSSO MODO ASSIMILABILI A QUELLE DEI DUE ALBUM PRECEDENTI, O CI SONO DELLE NOVITÀ DA QUESTO PUNTO DI VISTA?
– Come dicevo prima, in questo album il processo di scrittura dei testi è diventato fortemente subconscio, Jungiano. Mi sono lasciato trasportare totalmente dalla musica e dalla formazione anche istintiva di suoni fonetici. Ho scritto qualcosa di molto intimo e personale ma dentro il quale tutti si possono riflettere e trovare il proprio significato. È un approccio un po’ alla David Lynch il dare suggestioni senza troppa forma, con del non detto come dici, per andare a toccare in profondità bypassando il nostro filtro mentale/analitico. Sicuramente cercherò di sviluppare questo modo di scrivere testi molto di più in futuro.
L’ARTWORK DI “IMMOTO” È STATO NUOVAMENTE AFFIDATO AD ALEX ECKMAN-LAWN. POSSIAMO QUASI PARLARE DI UN MEMBRO AGGIUNTO ALLA FORMAZIONE, SI FATICA A IMMAGINARE I NERO DI MARTE SENZA LE SUE DESCRIZIONI IN IMMAGINI DELLA VOSTRA MUSICA. COSA DOVREBBE ESPRIMERE, NELLE VOSTRE E SUE INTENZIONI, LA PARTE VISUALE DI “IMMOTO”?
– L’idea dell’artwork è arrivata molto dopo aver scelto il titolo del disco ed è una riflessione astratta su quest’ultimo. Avevamo delle vaghe intuizioni su quali colori usare e sul fatto che ci immaginavamo qualcosa di gassoso e sulfureo, ma il colpo di genio è arrivato quando Francesco (D’Adamo, chitarrista, a sua volta pittore astratto, ndR) mi ha mostrato un suo dipinto dalle proprietà estremamente ermetiche ed assolute, che abbiamo deciso di dare ad Alex come base dalla quale far partire l’artwork del disco. Quindi a questo giro è stata una sorta di collaborazione a tre (all’interno del disco vi è anche una mia fotografia semi-decostruita). Alex è stato bravissimo a distillare tutte le nostre idee e creare delle immagini che rappresentano in maniera originale l’approccio meditativo/creativo che volevamo esprimere.
NEGLI ANNI FRA “DERIVAE” E “IMMOTO” LO SCENARIO DEL METAL UNDERGROUND È DIVENTATO SEMPRE PIÙ RICCO, VARIEGATO E OBLIQUO, CON LA PRESENZA DI BAND DALLE FONTI DI ISPIRAZIONE E SVILUPPI DI SUONO INCONSUETI A GUADAGNARSI PICCOLE FETTE DI NOTORIETÀ E L’ESPLOSIONE DI FESTIVAL DI SETTORE DI OGNI TIPO. ORA CHE VI RIAFFACCIATE AL MERCATO CON “IMMOTO”, PENSATE CI POSSA ESSERE PIÙ O MENO SPAZIO PER UNA MUSICA COME LA VOSTRA? DA APPASSIONATI, GUARDANDO DA FAN L’ATTUALE UNIVERSO MUSICALE, NON SOLO METAL, AVETE SCOPERTO NUOVI SUONI IN GRADO DI APPASSIONARVI COME QUELLI CHE VI HANNO FORMATO?
– Sicuramente il nostro piccolo spazio ce lo siamo ritagliati e sembra lentamente crescere sempre di più col passare del tempo. Personalmente per trovare nuova musica che riesce ad appassionarmi al livello che dici devo spesso guardare al passato. E’ veramente raro trovare qualcosa di innovativo e profondo oggi che non sia solo un ‘gimmick’, un esercizio di stile o un semplice miscuglio di elementi di diversi generi. Per fortuna le eccezioni ci sono e nel 2019 ho apprezzato tantissimo gli ultimi dischi degli Helium Horse Fly (“Hollowed”) e Fire! Orchestra (“Arrival”), veri capolavori.
VALANGHE DI MUSICA IN ARRIVO DA OGNI DOVE, SPOTIFY E ALTRI STRUMENTI DI STREAMING HANNO RESO DI DISARMANTE FACILITÀ ACCEDERE E SALTELLARE IN OGNI SCENARIO MUSICALE POSSIBILE, A VELOCITÀ FRENETICHE. EPPURE, NONOSTANTE LA SATURAZIONE DI SUONI IN CIRCOLAZIONE, MOLTA MUSICA ‘ALTERNATIVA’ VA SEMPRE PIÙ NELLA DIREZIONE DELLA COMPLESSITÀ, DELLA STRATIFICAZIONE E DELL’IMPEGNO. VOI SIETE SICURAMENTE IN QUELLA FASCIA DI BAND CHE COMPONGONO E SUONANO MUSICA ‘DIFFICILE’ PER L’ASCOLTATORE, QUINDI VI CHIEDO: VI È IN EFFETTI UN PUBBLICO CHE SAPPIA DARE LA NECESSARIA ATTENZIONE AD ALBUM COSÌ ‘SFIDANTI’ COME “IMMOTO”?
– Penso che “Immoto” possa essere capito visceralmente, senza bisogno di ‘sovranalisi’ e costruzioni tecniche. Certo, è complesso, stratificato, ma per questo ha più elementi che potenzialmente possono essere recepiti da chi ha un approccio attivo all’ascolto.
GUARDANDO NELLO SPECIFICO AGLI AMBIENTI MUSICALI ITALIANI, CHE TIPO DI SITUAZIONE VEDETE, E SOTTO IL PUNTO DI VISTA DI MUSICISTI, E SOTTO QUELLO DI APPASSIONATI DI MUSICA? COSA C’È DA SALVARE E QUALI INVECE I PRINCIPALI PROBLEMI?
– Ci sono meno contesti, underground e non, dove le band possono suonare in Italia. Questo è un dato di fatto dovuto al minor pubblico ai concerti, alla fruizione digitale della musica, al mancato ricambio generazionale e alla chiusura di spazi comuni, come i centri sociali, che facevano da raccoglitore e luogo di scambio musicale e culturale. C’è tanto da salvare in Italia, forse non ce ne rendiamo conto perché ci diciamo male da soli, ma siamo molto più aperti di quel che crediamo.
IN QUALE PAESE AVETE OTTENUTO I MIGLIORI RISCONTRI SINORA, SIA COME CRITICA CHE COME APPREZZAMENTO DEL PUBBLICO?
– Sicuramente in Italia, USA, Canada, Regno Unito e Australia, ma abbiamo molti ascoltatori anche in Spagna, Polonia, Russia, Turchia e altri paesi in Est Europa . Non ho mai preso per scontato il fatto di poter comunicare qualcosa a delle persone molto lontane da noi geograficamente e culturalmente, la trovo ancora estremamente sorprendente e ne sono infinitamente grato.
AVETE ORMAI UN’ESPERIENZA ANCHE SUL FRONTE LIVE PIUTTOSTO IMPORTANTE. QUALI SONO I CONCERTI CHE VI SONO RIMASTI NEL CUORE? VISTA LA MIRIADE DI FESTIVAL ORA PRESENTI NEL PANORAMA INTERNAZIONALE, VE N’È UNO AL QUALE SARESTE PARTICOLARMENTE INTERESSATI A SUONARE?
– I concerti durante il nostro primo tour in Nord America con i Gorguts ci hanno lasciato un ricordo indelebile, soprattutto quelli a Montreal, New York e Columbus, tutti per motivi diversi. In Europa invece la performance al Metal Royal Fest in Danimarca ed il nostro unico concerto a Londra. Tantissime situazioni e ricordi belli in Italia, a Bologna, Roma, Bari, Milano. Ci sono tanti festival europei al quale vorremmo partecipare. Se ne dovessi scegliere due, in Europa ti direi Roadburn e Hellfest, per eterogeneità e apertura del pubblico.