Lo abbiamo scoperto pian piano, con le news incessanti arrivate in redazione… primi posti, dischi d’oro, dischi di platino, record infranti… A dire il vero erano solo conferme, a dire il vero era nell’aria… l’aspettativa della fama, della consacrazione ulteriore, del seguito imponente e dei tributi di stima costante. A sentire cosa scatenano i Nightwish, ovunque, dopo ogni studio-album, vien voglia di credere che esista qualche formula per il sicuro successo. I cinque finlandesi continuano a spron battuto sulla strada tracciata, lanciati verso le sfere della celebrità, esuli da un pezzo dall’universo del binomio metal/underground. La gente dimostra di apprezzarli moltissimo e loro, sempre senza tradire le aspettative, sanno perfettamente come conservare un seguito che cresce sempre di più. Metalitalia.com ha incontrato il loquace drummer Jukka Nevalainen e lo storico mastermind Tuomas Holopainen, per sviscerare insieme quello che si cela dietro “Once”:ambizioni, speranze, orgoglio, conferme… Ma soprattutto per scoprire cosa pensano due ragazzi, vissuti tra le contraddizioni dei ponte tra il Nord e l’Est, a cui la fama è piovuta addosso mentre si preoccupavano solo di fare musica per far sognare. Senza vergognarsi di essere catchy.
“ONCE” E’ IL SESTO STUDIO-ALBUM DELLA CARRIERA DEI NIGHTWISH: POSSIAMO CONSIDERARLO COME IL LAVORO DELLA MATURITA’ STILISTICO-COMPOSITIVA?
JUKKA: “Probabilmente sì, se per maturità si intende l’aver portato ad un grado di equilibrio più che soddisfacente le peculiarità già espresse dalla band nei precedenti lavori. ‘Once’ è l’ideale prosecuzione di ‘Century Child’ e di tutta la nostra discografia. E’ indubbiamente un grande passo in avanti, un’opera in cui tutti gli elementi caratteristici del Nightwish-sound sono stati spinti al limite massimo, non senza qualche piccola sperimentazione. ‘Once’ riflette, in modo assolutamente spontaneo, il nostro modo di suonare e di comporre attuale. Ci siamo concentrati molto sui suoni, prima di entrare in pre-produzione abbiamo discusso per giornate intere, specialmente sulle chitarre! E durante le recording-sessions abbiamo ottenuto esattamente ciò che volevamo: impatto, potenza, suoni vasti e maestosi. A proposito della batteria ti posso dire che ho optato per soluzioni non eccessivamente ‘leccate’ e perfezioniste, privilegiando una certa aggressività e un’attitudine tutto sommato grezza e primordiale (per quanto possa risultare da una canzone dei Nightwish!). Alla raffinatezza ci ha pensato la London Session Orchestra, utilizzata abbondantemente (decisamente più di quanto preventivato e con risultati lusinghieri), tanto che è diventata come un sesto membro per la band. A mio parere questa ricchezza di elementi rende ‘Once’ molto interessante, personale e decisamente maturo”.
DUNQUE PENSI ANCHE TU CHE CON “ONCE” I NIGHTWISH ABBIANO DIMOSTRATO DI SAPER BILANCIARE EFFICACEMENTE I LORO CARATTERI USUALI E ABBIANO SAPUTO PORTARLI AD UN’EVOLUZIONE INTELLIGENTE?
JUKKA: “Beh, sì! Come ti dicevo ‘Once’ è un po’ il marchio della nostra evoluzione, non sarà il nostro album definitivo di sempre (altrimenti come musicisti saremmo finiti), ma siamo riusciti a creare un bel lavoro ricco ed equilibrato come lo definisci tu. Ormai i Nightwish sono una compagine molto affiatata anche a livello personale, Marco si è integrato perfettamente nel tessuto della band, abbiamo fatto già parecchi show insieme e condividiamo le esperienze dello studio di registrazione: tutto questo accordo creatosi negli anni non può che riflettersi positivamente sulla nostra musica, in crescita con noi. Adesso che ci aspetta un lungo tour mondiale abbiamo cercato un equilibrio maggiore tra le componenti, fondamentalmente per dare spazio a tutti e per mettere in risalto come merita ciascun singolo membro della band”.
QUALI SONO LE AMBIZIONI CHE ACCOMPAGNANO “ONCE”?
JUKKA: “A livello emotivo è tutta farina del sacco di Tuomas, come sai. Penso che lui veda il disco come una mini-soundtrack della vita, tanti brani per esprimere belle sensazioni, dolore, più in generale emozioni forti… La sua ambizione è di raggiungere il cuore di chi ascolta questi frammenti di sentimento… dopotutto, arrivare nel profondo è un po’ il senso e la capacità della buona musica”.
TUOMAS: “Risposta perfetta, non avrei saputo fare di meglio! (Ride n.d.a.)”.
PERCHE’ PROPRIO UN TITOLO CHE RIMANDA AD UNA SPECIE DI SOSPENSIONE TEMPORALE, DA FIABA?
JUKKA: “E’ vero, in effetti sembra di sentire raccontare ‘once upon a time…’, sa di racconto fantastico, forse anche di ricordo… ma non vorremmo addentrarci troppo nel merito della definizione, vorremmo piuttosto che ciascuno trovasse a ‘Once’ il suo personale significato, a seconda di ciò che il lavoro gli trasmette. D’altra parte noi stessi abbiamo dato a questa parola diverse accezioni, a seconda della canzone in cui è inserita”.
NELLA VOSTRA IDEALE GRADUATORIA DI GRADIMENTO, CHE POSTO OCCUPEREBBE “ONCE” RISPETTO AI SUOI PREDECESSORI?
JUKKA: “L’ultimo nato di solito è universalmente considerato il lavoro di cui ritenersi più soddisfatti. Noi non facciamo eccezione, ‘Once’ è indubbiamente il nostro album migliore, siamo completamente appagati. C’è voluto più di un anno per realizzarlo, ma ne è valsa la pena. Nonostante la fatica, tutto è scaturito in maniera spontanea. Ci bastava trovarci a suonare e le canzoni prendevano forma molto naturalmente, senza stress. E’ stata una gestazione tranquilla e consapevole, molto più delle precedenti, per questo siamo così felici del risultato”.
PARLIAMO UN PO’ PIU’ DIFFUSAMENTE DEL MAKING-OF E DELLA SCELTA DELLA LONDON SESSION ORCHESTRA…
JUKKA: “Durante la fase compositiva Tuomas ha man mano acquisito la consapevolezza che, per riuscire come se li immaginava, i brani avrebbero avuto bisogno di interventi orchestrali abbastanza massicci. Sarebbero serviti a dare atmosfera, ad incrementare la potenza e il pathos. Il nostro ingegnere del suono, Mikko Karmila, ci ha fornito il contatto con Pip Williams, direttore della prestigiosa London Session Orchestra. Tuomas gli ha esposto dettagliatamente le sue idee su come avrebbero dovuto risultare gli inserti orchestrali e Pip si è messo al lavoro con entusiasmo. Pensa che ha collaborato anche con gli Uriah Heep! Completate le partiture, Tuomas è volato a Londra per seguire le recording-sessions…”.
TUOMAS: “E’ stata un’esperienza pazzesca… vedere le mie canzoni prendere vita così perfettamente alla prima esecuzione… Musicisti di una professionalità e di un talento fuori dal comune.”
JUKKA: “Per quanto riguarda le registrazioni, abbiamo scelto come sempre la garanzia dei Finnvox, in cui lavorano i nostri collaboratori e i nostri tecnici abituali, sin dai tempi di ‘Oceanborn’. Non avevamo motivo di cambiare, considerato che lì troviamo tutto quello che ci serve per realizzare perfettamente le nostre idee”.
DOMANDONE: VI VA DI FARE UNA BREVE ANALISI TRACK-BY-TRACK DEI BRANI PRESENTI SU “ONCE”? OPPURE, SE PREFERITE, VA BENE ANCHE IL COMMENTO DELLE CANZONI CHE RITENETE PIU’ RAPPRESENTATIVE DELLO STILE NIGHTWISH ATTUALE.
JUKKA: “Mi offro io per un track-by-track, è dura scegliere due o tre canzoni da commentare in una rosa di brani così diversi tra loro. ‘Dark Chest Of Wonders’ è un brano in stile Nightwish abbastanza canonico e tradizionale, se mi passi il termine. Ci sono molte parti differenti, molte orchestrazioni. Nonostante la sua complessità di fondo, ci è venuta molto semplicemente. Eravamo davvero sorpresi della gioia di suonare che ci ha risvegliato. ‘Wish I Had An Angel’ contiene un inedito elemento per i Nightwish: alcune suggestioni elettroniche ispirate ai Rammstein, che adoriamo. Volevamo provare una piccola sperimentazione e sembra aver funzionato. ‘Nemo’ è l’ovvia scelta per il singolo di lancio, un brano abbastanza catchy, abbastanza corto, abbastanza semplice. Non manca nulla per renderlo un eccellente apri-pista, ci sono belle orchestrazioni, belle linee vocali. ‘Planet Hell’ è per me la tipica canzone da film, un tema da soundtrack, con splendide parti orchestrali. ‘Creek Mary’s Blood’ è certamente molto insolita per noi. Parla del genocidio degli indiani d’America. Tuomas ha cercato su google.com notizie sulle tribù massacrate, sui loro canti tipici. Così ha trovato l’home-page di John Two-Hawks, della tribù dei Lakota, che si è detto molto interessato alla collaborazione. Il risultato è pieno di feeling. ‘The Siren’ rimanda ad atmosfere orientaleggianti, su cui signoreggiano gli intrecci vocali di Tarja, che ha creato e sovrapposto parecchi cantati di diverso tipo. ‘Dead Gardens’ riprende ancora le sperimentazioni rammsteiniane citate in precedenza, mentre ‘Romanticide’ è forte di un mood aggressivo e un po’ selvaggio. ‘Ghost Love Score’ è la composizione più imponente, un microcosmo dominato dall’orchestra, al suo massimo, e da continui cambiamenti di stili e di atmosfere. ‘Kuolema Tekee Taiteilijan’ è una ballata acustica di facile presa, il cui testo fu composto da Tuomas ai tempi di ‘Angels Fall First’. Significa ‘la morte fa un artista’. Infine ‘Higher Than Hope’, in assoluto la mia preferita. E’ quella che trasmette più sentimento, che ha i testi più profondi e sinceri. Le parole vengono da un’esperienza vera, di cui però preferirei non parlarvi più diffusamente.”
COSA DIRESTE DELLE FONTI DI ISPIRAZIONE PER LYRICS E MUSICA?
TUOMAS: “Mi occupo personalmente di entrambe, seguendo diversi stili a seconda delle sensazioni e delle esperienze che voglio comunicare. Fare musica è un modo per liberarmi dai pesi dell’esperienza o per trattare temi che mi affascinano, dalla storia al fantasy. Le song sembrano frammenti di racconti, con una loro identità emozionale precisa. A livello compositivo ho sempre le idee di base, che propongo alla band per modifiche e arricchimenti. Tarja si fida ciecamente della mia musica, su cui costruisce perfettamente le sue vocals. Nella mia testa ‘Once’ è nato con estrema spontaneità, volevo molte chitarre e, come contraltare, molta orchestra. Penso che sia un album organico, con suoni naturali e vivi, senza artifici e soprattutto dinamico e pieno di potenza espressiva.”
JUKKA: “Per quanto mi riguarda partecipare a ‘Once’ è stato un arricchimento musicale e personale infinito. Abbiamo preso tutto molto seriamente e con impegno… ci siamo veramente scervellati per mettere in questo album più idee e più emozioni possibili. E’ di una ricchezza inattesa!”.
E A PROPOSITO DELL’ART-WORK?
TUOMAS: “Anche il cover art-work di ‘Once’ viene da una mia intuizione. L’ho comunicata al nostro disegnatore abituale Markus Meyer, il quale ha realizzato la tavola che conosciamo. Esprime abbastanza bene i concetti dell’album… sonno, sogno, ricordo… finestra o specchio sul mio universo”.
ABBIAMO PARLATO SPESSO DI COMPLESSITA’, DI EVOLUZIONE. COSA SONO GENERALMENTE PER VOI?
JUKKA: “Sono l’impegno che mettiamo perché ogni nostra prova in studio sia un passo in più verso l’armonia dei nostri elementi caratterizzanti e l’organicità della nostra proposta. Evoluzione è impegnarci a non essere eterne repliche di noi stessi, a non annoiare i nostri fan, a superarci in ciò che sappiamo fare. Tendere costantemente al nuovo è una spinta a migliorare. Noi lo facciamo rispettando quanto fatto in precedenza, adattando di volta in volta elementi diversi al nostro trademark. Realisticamente, coscientemente, è la via di mezzo che preferiamo”.
NON AVETE PAURA DI PERDERE I VOSTRI FAN, SE IN FUTURO DECIDERETE DI CAMBIARE, UN PO’ PIU’ PESANTEMENTE, LE CARTE IN TAVOLA AL VOSTRO SOUND?
JUKKA: “Non penso che i Nightwish siano un gruppo propenso a snaturarsi. Resta il fatto che non facciamo la nostra musica o le nostre scelte artistiche in funzione dei fan. Le nostre canzoni sono l’espressione di quello che amiamo, resteranno tali finchè per noi sarà stimolante proseguire in questa direzione. Su ‘Once’ ci sono parti di influenza Rammstein: i puristi dei Nightwish avrebbero storto il naso, lo sapevamo dall’inizio, ma ci interessava inserirle nonostante tutto. Ci interessa di più dare un lavoro che sfidi il nostro pubblico a ripetuti ascolti, non abbiamo paura di perdere il confronto. Facciamo scelte artistiche per un’opera d’arte che emozioni, possibilmente, in eterno.”
TUOMAS: “Un artista che si senta tale non si sognerebbe mai di fare musica pensando al pubblico. Onestamente è l’ultima delle mie preoccupazioni, faccio musica per me stesso, con molta sincerità e lucidità. Per questo poi il pubblico la apprezza, perché sente che è onesta e non falsamente composta per compiacerlo”.
DOVE SONO ARRIVATI I NIGHTWISH?
JUKKA: “Dal lontano 1997 hanno fatto molta strada, hanno raggiunto una discreta celebrità ed emozionato moltissimi ragazzi in tutto il mondo. Ma non saranno mai una band arrivata. Abbiamo fiducia nelle nostre capacità di miglioramento, ci impegneremo sempre in questa direzione. I momenti duri, la perdita d’ispirazione, il desiderio di chiudere… sono stalli a cui non siamo immuni. Ma li affrontiamo con ottimismo, perché vogliamo continuare a crescere come artisti e come persone”.
LA FINLANDIA E’ LA TERRA PROMESSA DEL METAL?
JUKKA: “(Ride n.d.a.) Ovviamente! Da noi i gruppi metal arrivano alle major labels e scalano le classifiche fino ai primi posti! E’ una situazione rosea ed incoraggiante, i finlandesi hanno buon gusto in fatto di musica! Forse il fenomeno ha a che fare con la nostra malinconia congenita, che si sposa benissimo ad un certo tipo di metal, oppure con il fatto che tutti suonano qualcosa fin da ragazzini e si avvicinano al metal, spesso solo perché è considerato cool… chi può dirlo?”.
MA SIETE VOI CHE DECIDETE DI PUBBLICARE TUTTO QUESTO MATERIALE DA COLLECTOR’S?
JUKKA: “Tasto dolente, ci hanno contestato in tantissimi, ma non è una nostra scelta. Noi pensiamo solo a comporre e a suonare il meglio possibile; queste cose le impone la casa discografica, per promuoverci in grande stile e per farci apparire come una sua priorità. Ma, al fan medio, tutte queste versioni diverse di album e singoli devono apparire piuttosto inutili e dispendiose”.
NON VI INFASTIDISCE IL FATTO DI ESSERE IDENTIFICATI, COME BAND, ESCLUSIVAMENTE CON L’IMMAGINE DI TARJA?
TUOMAS: “(Ride n.d.a.) Ormai sono anni che ci siamo assuefatti alla cosa! Non ci preoccupa nemmeno, perché siamo convinti di valere qualcosa come collettivo, e questo si capisce ascoltandoci. E’ naturale che copertine e foto-sessions tendano a sottolineare l’avvenenza di Tarja piuttosto che le nostre facce scoppiate! E non nego che la sua presenza sia stata un aiuto per farci conoscere. Ma Tarja è innegabilmente una virtuosa dalla voce molto personale, non solo una bella donna; così come noi siamo ragazzi normali che sanno suonare discretamente! I problemi nascono quando la bellezza maschera il poco talento”.
OBIETTIVI FUTURI IN CASA NIGHTWISH?
TUOMAS: “Promuovere al meglio ‘Once’, un album in cui crediamo tutti fervidamente e che ci auguriamo abbia successo e riscontri positivi. Far conoscere la nostra musica in tutto il mondo.”
JUKKA: “Come obiettivo a breve termine, io direi sopravvivere al tour mondiale che ci aspetta da ottobre prossimo, tornerò morto! (Ride n.d.a.)”.
LE ULTIME PAROLE AI FAN DELLA PENISOLA…
TUOMAS: “Grazie a metalitalia.com per il supporto, grazie ai fan italiani per il loro calore e la loro fedeltà!”
JUKKA: “Non mancate il 28 ottobre al Transilvania Live di Milano, vi promettiamo uno spettacolo indimenticabile! Un grande pubblico e una grande chance per i Nightwish! (Si rimette trionfalmente le scarpe e beve l’ultimo sorso dell’ennesima birra, dopo aver scandalizzato tutte le vecchie snob del Grand Hotel. Sorriso innocente, c’est la Finlande! N.d.a.)”.